_Angolo Autrice_
Ciao! Allora,
prima di tutto ci tengo a ringraziare chiunque abbia già
letto la mia storia (che come ho detto nell' introduzione ho dovuto
ricominciare per problemi "tecnici"), spero che la leggerete comunque e
fatemi sapere se questa "nuova versione" vi piace come la precedente,
ho modificato molte cose ma la storia e i personaggi sono gli stessi
solo descritti meglio, spero!! >.<
Comunque
chiunque la stia leggendo per la prima volta spero che non vi fermiate
al prologo, è stato scritto un po' alla veloce! E spero che
la mia storia vi piaccia e che melo facciate sapere!
Commenti-Critiche-Consigli (le tre "C") sono sempre ben accetti!!
Buona lettura
e grazie a tutti!! Un bacio.
M.H.
1.Prologo: Il mio
inizio
Nella mia vita ho imparato solo una cosa: tutto ciò che si
ama, prima o poi ci viene portato via ecco perchè ho deciso
di lottare per quello che mi è rimasto.
Quando hai sei anni tutto ti sembra più grande di te, i
palazzi, le auto, le persone.
Puoi fingere di sapere quello che ti sta accadendo intorno ma la
verità è che non vedi l' ora che tutto passi per
tornare a giocare, o per tornare dalla mamma.
Io avevo una mamma ma una cosa l' avevo capita: non potevo tornare da
lei, perchè lei non c' era più.
Mi portarono via dalla mia casa dicendo che ne avrei avuta una nuova e
che mi avrebbero trovato anche una nuova famiglia presto.
Avevo chiesto perchè ma non avevano voluto rispondermi.
Alla fine la donna che mi aveva portato via mi lasciò in un
posto che i grandi chiamavano "orfanotrofio".
Non mi piaceva quel posto, era triste e anche i bambini lo erano.
Solo dopo qualche giorno mi dissero che la mia mamma era morta in un
incidente.
All' epoca la notizia non mi fece l' effetto che avrebbe fatto ora, ero
ancora piccola e secondo me una persona morta era semplicemente
qualcuno che era volato in Paradiso ma che presto avrei rivisto.
Passai una settimana da sola in quel posto grigio circondato da un
cancello e con i giochi vecchi e rotti, i bambini più
piccoli non giocavano con me e quelli grandi mi picchiavano
perchè ero l' ultima arrivata.
Piangevo sempre e avevo paura,dovevo sempre scappare e nascondermi.
Poi, un giorno, arrivò un bambino più grande di
me, lui aveva quattordici anni ma sembrava più piccolo,
forse perchè era tanto tanto magro. Aveva la pelle chiara e
i capelli lunghi e biondo scuro ma sembravano sporchi, aveva gli occhi
blu un po' tristi.
Quando era entrato dal cancello teneva la testa bassa e uno dei
ragazzini più grandi, Pitt lo aveva preso in giro
perchè indossava dei vestiti enormi e pieni di sporcizia, il
bambino aveva alzato gli occhi e aveva guardato quel ragazzo che smise
subito di ridere, i suoi occhi erano intensi e non promettevano niente
di buono, perfino io mi ero spaventata di quello sguardo anche se lui
non l' aveva rivolto a me.
Ma non potevo credere che quel bambino magro era riuscito a zittire
Pitt con una sola occhiata.
Era Pitt quello che voleva sempre picchiarmi e sapevo che dopo di me
sarebbe toccato a quel nuovo bambino.
Lo guardai preoccupata, sembrava davvero tanto triste, non volevo che
si facesse del male, ad un tratto anche lui mi guardò e lo
sguardo cattivo sene andò e mi fece un piccolo cenno con la
testa, come a salutarmi.
Io non capii ma non cene fù il tempo, dopo che i grandi sene
furono andati lasciando quel bambino da solo in mezzo a noi, Pitt e
altri due dei suoi amici gli si erano avvicinati e avevano iniziato a
picchiarlo, quello non fece una piega, come se ci fosse abituato ma io
non volevo vedere che gli facevano male, così andai incontro
a Pitt e lo affrontai.
-Lasciatelo stare!-, gridai prima di saltargli addosso, Pitt era
grande, aveva sedici anni ed era tanto più forte di me.
Quando iniziai a picchiarlo lui si mise a ridere con i suoi amici e
allora io lo morsi sul braccio, talmente forte che sentii il sapore del
sangue e dovetti subito lasciare la presa perchè mi veniva
da vomitare.
Pitt si era messo a gridare e mi aveva lanciata via facendomi
atterrare con la schiena sull' asfalto e togliendomi il respiro.
E allora sapevo che stava per picchiarmi e mi spaventai tanto che
sentii delle lacrime uscire dagli occhi. Ma prima che Pitt potesse
colpirmi con un calcio, il bambino che io avevo provato a salvare si
era alzato e lo aveva preso di sorpresa, lanciandoglisi contro e
alzandolo di peso prima di finire a terra con lui.
Iniziò a tirargli pugni sulla faccia finchè non
la riempì di sangue.
Gli amici di Pitt non sapevano cosa fare, non era mai capitato che il
loro capo venisse picchiato da qualcuno e avevano paura, potevo capirlo
dai loro occhi.
Alla fine, a separare i due ragazzi, arrivarono le maestre dell'
orfanotrofio e anche il direttore che sollevò il bambino
biondo di peso e lo trascinò nell' istituto.
E mentre quel bambino veniva portato via, i suoi occhi incontrarono i
miei e dal suo sguardo capii che stava cercando di dirmi qualcosa.
Il giorno dopo decisi di parlare con quel bambino, perchè
lui era stato coraggioso e anche io volevo esserlo.
Mi avvicinai a lui che era seduto per terra, a gambe incrociate, nel
corridoio che portava alle camerate.
Mi guardò con gli occhi socchiusi (l' occhio destro era
viola e gonfio) e io mi misi seduta di fronte a lui.
-Come ti chiami?-, gli chiesi.
Lui mi studiò un attimo prima di rispondere, poi disse:
-Sean-
-Io Sarah-, risposi subito.
-Sei la bambina che ieri ha morso quello che mi picchiava-, disse lui e
non era una domanda, io feci di si con la testa ma non dissi altro.
-Sei una tosta, per essere così piccola, ti sei guadagnata
il mio rispetto-, aggrottai le soppracciglia perchè non
riuscii a capire cosa volesse dirmi.
Capii però che quello Sean mi piaceva, non era come gli
altri bambini, lui era forte ma solo quando serviva e poi mi aveva
difesa da Pitt.
-Anche io voglio essere come te-, gli dissi e stavolta fu lui ad
aggrottare le soppracciglia.
-Voglio essere coraggiosa e voglio picchiare Pitt-, aggiunsi nella
speranza che capisse cosa intendevo.
Lui sorrise. -Ma tu sei già coraggiosa, altrimenti non lo
avresti morso. E comunque non devi avere paura di quelli grandi, ci
penso io a difenderti da loro... Siamo una squadra, ok?-
Mi ricordo che non ero mai stata più felice di
così, Sean aveva detto che ero coraggiosa e che eravamo una
squadra.
Non avrei mai pensato di poter diventare così amica di
qualcuno che non conoscevo ma lui era molto di più di un
amico, Sean divenne mio fratello, nessuno ci poteva fare del male
perchè noi due eravamo coraggiosi.
Non c' era bisogno che arrivassero dei genitori per addottarci, ci
adottammo a vicenda e questo ci bastava. Nessuno poteva separarci.
Ma dopo un anno però venne una coppia che non poteva avere
bambini e tra tutti, scelsero me per portarmi via.
Io la volevo una famiglia ma la mia famiglia era diventata Sean e non
volevo andarmene senza di lui.
Così dissi a quelle persone che non volevo andare con loro,
perchè dovevo restare con mio fratello.
Ricordo gli sguardi perplessi che si scambiarono, la donna si era
portata una mano al cuore e mi aveva sorriso dolcemente, l' uomo le
aveva stretto una spalla e aveva sorriso anche lui.
E allora mi dissero che ci adottavano entrambi. Avrebbero avuto due
figli, una bambina di sette anni e un ragazzo di quindici.
E per molti anni siamo stati felici, come una vera famiglia.
Poi senza che cene rendemmo conto, tutto aveva iniziato a sgretolarsi.
|