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Non
questa volta
L'Istituto
era avvolto dal silenzio e dalla tensione.
William
ci si aggirava inquieto senza trovare pace: i suoi genitori erano
svaniti nella notte insieme a Cecily, senza dare alcuna spiegazione e
mille scenari catastrofici si affollavano nella mente del giovane.
-Perché
non ci fanno sapere qualcosa, maledizione!- urlò, picchiando un
pugno alla parete. -Non pensano che magari ci stiamo preoccupando per
loro?!
-Will,
forse ci stiamo fasciando la testa per nulla- tentò di calmarlo
Catherine. -Forse tua sorella ha più sangue angelico rispetto a
te.
-Fantastico,
così il Conclave le farà tutti i folli esperimenti che
non ha
potuto fare su di me.
-Isabelle
non lo permetterebbe mai, lo sai- ribatté il suo parabatai.
-Ma
chi vogliamo prendere in giro, Ron? Non ha alcun potere in quella
gabbia di matti, è solo un bersaglio per le accuse.
I
due ragazzi si zittirono, incapaci di replicare: come potevano
placare la tempesta nell'animo dell'amico se loro erano i primi ad
essere spaventati? Il ricordo di quel pianto ghiacciava loro il
sangue nelle vene: non era affatto quello di un neonato ma pareva
più
il verso di un demone che veniva ucciso.
-Cecily
ha qualcosa che non va- disse infine il Nephilim, posando la testa
contro il muro. Era quella la verità, era inutile girarci
intorno e
fingere che ci potessero essere altre ragioni: interrompere un
rituale era sinonimo solo di una cosa grave e seria. Sua sorella
aveva un problema, anche se Will non aveva idea di quale fosse.
-Qualcosa
a parte un fratello come te, intendi?- affermò Ronald con un
sorriso. -In questo caso non c'è che una soluzione: restare
uniti,
come sempre, perché siamo una famiglia e anche lei ne fa parte.
Se
il Conclave ha in mente di usarla come cavia, noi gli faremo cambiare
idea: non ci fanno paura.
-Ron
ha ragione: Cecily è una di noi.
William
li fissò: il suo parabatai, suo fratello, una parte della sua
anima,
e la sua amica più cara, sua sorella, l'unica che potesse
tenergli
testa. Per lui si sarebbero gettati all'Inferno e ne sarebbero
tornati, così come Will avrebbe fatto lo stesso per loro. Ma
stavolta la loro lealtà e il loro coraggio non bastavano a
scacciare
i suoi timori: la sua sorellina era chissà dove, magari stava
piangendo e nessuno la consolava. E se avessero rinchiuso di nuovo i
genitori nella Città Silente o ad Alicante? Se il Conclave si
fosse
già impadronito di Cecily?
Lui
doveva scoprirlo o sarebbe impazzito.
-Voi
restate a guardia dell'Istituto- ordinò, lasciando il salotto a
passo svelto. -Io torno il prima possibile.
-Will!
Dove stai andando? Will!- esclamò Cat, tentando di inseguirlo.
Ma
Ron la trattenne, scuotendo la testa: per quanto gli volessero bene e
fossero decisi ad aiutarlo, c'erano cose che doveva fare da solo e
luoghi in cui non potevano accompagnarlo. Dovevano solo aspettare ed
avere fiducia, in lui e nell'Angelo.
Jace
teneva Clary tra le braccia, senza pronunciare parola: le aveva
consumate tutte ormai e nessuna era servita a dargli delle risposte.
Nessuna aveva lenito il dolore del suo cuore.
“-Cecily
è un demone.
Il
tempo parve fermarsi a quella frase pronunciata con una
semplicità
disarmante: come poteva essere? Al massimo poteva essere un angelo,
non certo un demone... era impossibile.
-Fratello
Zaccaria, se è uno scherzo non mi fa ridere.
-Vorrei
che lo fosse, Jonathan, ma purtroppo non è così. Vostra
figlia ha
una natura demoniaca che rifiuta il rituale- rispose l'uomo.
-Continuare con gli incantesimi la ucciderebbe.
-Ma
come può essere?- intervenne Clary, recuperando la voce. Non
potevano dirle che la sua bambina era un demone e pretendere che lo
accettasse senza chiedere una spiegazione. Non era Jocelyn che aveva
semplicemente voltato le spalle al figlio una volta scoperto cos'era.
-Può essere che sia solo... posseduta da un demone... ?
-È
troppo presto per affermarlo con certezza, ma insieme ai Fratelli
troveremo le risposte e una soluzione.
-Me
lo auguro per voi- ringhiò il Nephilim.
Clarissa
gli posò una mano sul braccio: aveva bisogno di lui e del suo
sostegno in quel momento, non potevano permettersi di perdere la
testa e creare altri problemi. Anche se dentro di loro ruggivano come
leoni a cui veniva strappato un cucciolo.
-Fratello
Zaccaria, una volta mi hai confidato di aver amato due persone in
passato. Pensa a Cecily come ad una di queste, ti prego.
-Lo
farò, Clarissa. Gli Herondale avranno sempre un posto speciale
nel
mio cuore.”
Non
avevano avuto né tempo né modo di avvisare i ragazzi e
poteva ben
immaginare quanto dovessero essere preoccupati: William non avrebbe
atteso ancora per molto e a momenti si sarebbe precipitato lì o
avrebbe rivoltato Alicante come un calzino pur di trovarli.
Ma
cosa potevano raccontargli? Anche loro aspettavano da ore che i
Fratelli uscissero dalla Sala delle Stelle Parlanti con un responso,
ma per il momento tutto taceva.
Jace
sopportava quell'attesa snervante solo per Clary, per restarle vicino
e sostenere il suo dolore: non poteva abbandonarla per andare a
sterminare demoni e sfogare quella furia che gli opprimeva il cuore.
Non era più un ragazzino, aveva delle responsabilità e
delle
persone che contavano su di lui.
E,
in ogni caso, estinguere demoni non avrebbe riaggiustato il suo
cuore. Forse Izzy aveva ragione, forse quando un cuore si rompeva non
c'era modo di rimettere insieme i pezzi. Forse quel dolore durava per
sempre.
Improvvisamente
udì della confusione all'esterno della Città e Fratello
Zaccaria
uscì dalla Sala con due confratelli.
-È
arrivato Will- mormorò il Nephilim alla compagna.
Nel
frattempo la notizia del rituale interrotto e del trasferimento di
Cecily alla Città Silente aveva già raggiunto la casa
dell'Alto
Stregone di Brooklyn, come facevano tutte le notizie del mondo
magico.
Come
avevano predetto i tarocchi, le promesse non mantenute e le decisioni
rimandate alla fine si erano rivelate in tutta la loro devastante
potenza.
-Pensi
sia come temiamo?- domandò Alec, torturandosi i capelli neri.
Non
poteva essere così, non voleva nemmeno concepire una simile
eventualità.
-Non
conosco molti motivi per cui non si possa svolgere il rituale, Alec.
-E
ora che facciamo?
Magnus
gli rivolse un'occhiata glaciale, facendo brillare i suoi occhi
felini.
-Secondo
te?-
chiese con tono accusatore, pungendo sul vivo il compagno.
-Pensi
che sia facile? Che mi piaccia questa situazione?
-A
giudicare da come ti comporti, si direbbe di sì, Alec. Quando
Clary
era incinta di Will, hai avuto nove mesi per raccontare loro quello
che avevamo scoperto e non l'hai fatto. Poi tutto è finito bene
e tu
hai preferito tacere. Ora hai avuto altri nove mesi, ma hai trovato
ogni scusa possibile per evitare di parlargliene. Stavolta però
non
ti è andata bene- proseguì inclemente. -Adesso che
intenzioni hai?
Conti di restare lì ad aspettare che passi tutto? In questo caso
la
notizia del giorno è che non passerà, anzi, sarà
sempre peggio. Se
tutto questo ti piace sei libero di crogiolarti in
quest'assurdità:
io vado a parlare con Clary e Jace come avrei dovuto fare
dall'inizio. Sappi però che mi deludi molto: ti credevo
più maturo
e responsabile.
Alec
scattò: sapeva di essere nel torto e di meritare quelle accuse,
ma
sapeva anche che le sue azioni non erano state dettate dalla codardia
come sembrava credere Magnus. Jace non era solo un amico o un
fratello: era il suo parabatai, il loro era un legame che andava
oltre ogni concezione di affetto o di amore. Lo stregone non poteva
capire, non poteva comprenderlo: Alec stava soffrendo per l'amico,
soffriva di quel dolore che, tacendo, aveva sperato di risparmiargli.
-Scusa
se non ho più di 800 anni e me ne frega qualcosa dei sentimenti
degli altri! Scusa se non ho la tua saggezza secolare e commetto
degli errori!- urlò. -E scusa se sei stato costretto a diventare
mortale per stare accanto ad una delusione come me!
Ma
alle sue provocazioni rispose solo il rumore della porta che veniva
chiusa.
-Questo
non è il luogo adatto ad un bambino.
-Fratello
Zaccaria, spostati o sarò costretto a fare qualcosa di cui poi
mi
pentirò di certo- ribatté William sfoderando una spada.
Pretendeva
delle risposte e non se ne sarebbe andato prima di averle avute.
-Né
tu né gli altri Fratelli mi impedirete di entrare e vedere se
mia
sorella sta bene.
-La
piccola Cecily è al sicuro. Puoi tornare al tuo Istituto.
-Non
puoi aspettarti che mi basti sentirtelo dire! È mia sorella,
dannazione! Al mio posto riusciresti a fare il tuo lavoro come se
niente fosse?!
-William
Herondale... - pronunciò l'uomo con tono paziente. Entrando
nella
Confraternita aveva rinunciato a tutto. Aveva perso tutto. -Non
credere che non sappia cosa stai provando. Ma compiere una strage
nella Città Silente non sarà d'aiuto a tua sorella.
-Non
m'importa quanti cadaveri dovrò calpestare per arrivare a lei.
Io
passerò,
a costo di dover distruggere la Città.
Fratello
Zaccaria si concesse un sorriso tra le pieghe del cappuccio: quella
testardaggine incrollabile, quell'ardore indomito, gli erano ben
noti. Vi aveva combattuto per anni quand'era un ragazzo. E un altro
William si sovrappose a quello che gli stava di fronte, un William
ormai uomo, dalla chioma nera e gli occhi di un blu profondo quanto
il mare in tempesta...
“-Non
mi importa se i Fratelli Silenti dicono che è proibito e non te
lo
permetteranno: tu sarai lì quando nascerà mio figlio, a
costo di
dover distruggere la Città Silente per tirarti fuori.”
Quanti
secoli erano trascorsi? A lui parevano passati pochi istanti e quei
ricordi erano ancora più vividi quando incontrava gli Herondale:
in
ognuno di loro c'era qualcosa dell'amico che aveva amato un tempo, a
cui era ancora legato, quasi che non fosse mai morto.
-I
Cacciatori sono nostri fratelli e tutti loro ci stanno a cuore. Non
hai forse fiducia nelle nostre cure?
-Cure?-
ripeté William con apprensione. -Cecily è malata?
-Non
temere per tua sorella: io proteggerò sempre la vostra famiglia,
anche se questo dovesse portarmi contro il mio stesso Ordine.
Il
ragazzo abbassò l'arma, convinto. Fissò per un attimo la
spada,
chiedendosi cosa diavolo gli fosse saltato in mente: non avevano
abbastanza guai? Avrebbe dovuto dimostrarsi maturo e gestire
l'Istituto in attesa dei genitori, invece si comportava come un
moccioso.
-Perdonami,
non so cosa mi sia preso.
-La
devozione che nutri verso la tua famiglia ti fa onore, non devi
scusartene. Cerca però di non lasciarti travolgere dalle
emozioni.
-Me
ne ricorderò. Ora però voglio la verità.
La
verità.
Era
nei suoi diritti conoscerla. Ma come poteva confessargliela?
William
ne sarebbe stato distrutto, avrebbe di sicuro commesso qualche follia
o si sarebbe gettato in un'impresa suicida. D'altro canto, non
avrebbe mosso un passo senza aver ricevuto quanto aveva chiesto.
-Seguimi,
allora.
-Papà,
mamma.
-Will-
disse Clary, abbracciando il figlio.
Il
ragazzo la strinse a sé, avvertendo il suo dolore in ogni
singolo
muscolo del corpo della madre: le sfiorò piano la schiena,
cercando
gli occhi di suo padre e trovandovi la stessa sofferenza.
-Cosa...
cosa sta succedendo?- domandò. -Dov'è Cecily?
-È
nella Sala delle Stelle Parlanti, con i miei Confratelli- rispose
Fratello Zaccaria, avvicinandosi. -Nessuno di loro le sta facendo del
male: i tuoi genitori possono confermartelo.
-Ma
non mi avete ancora spiegato che diavolo sta accadendo- replicò
William, stanco di quei misteri. Non era più un bambino: voleva
sapere, voleva capire. Quelle mezze frasi gli stavano solo facendo
perdere la pazienza.
Jace
gli si portò di fronte, costringendolo a sedersi con un gesto
deciso.
-Non
ci sono molti modi per dirtelo. Tua sorella... è un demone.
Lo
sguardo smeraldo del giovane si spostò rapido sui presenti,
aspettando che uno di loro scoppiasse a ridere e ammettesse che si
trattava soltanto di uno scherzo. Di pessimo gusto, certo, ma pur
sempre uno scherzo. Ma i secondi scorrevano e nessuno accennava a un
sorriso.
Quella
era la verità che aveva cercato, quella per cui era disposto ad
uccidere.
-Co...
come?- balbettò incredulo. Non poteva essere, lui rifiutava di
crederci: i suoi genitori avevano sangue d'angelo in abbondanza ed
era assolutamente impossibile che dalla loro unione nascesse un
demone.
Lui
non era un demone, tanto per cominciare, quindi non poteva credere
che Cecily lo fosse.
-Però
sta bene? Posso vederla?
Fratello
Zaccaria annuì e lo scortò con gentilezza fino alla Sala:
la sua
sorellina si trovava al centro e dormiva tranquilla in una sorta di
culla un po' rudimentale. Will le accarezzò i capelli scuri e
seguì
i contorni paffuti del suo piccolo volto: come poteva celare in
sé
un demone? Sembrava il ritratto dell'innocenza, non del demonio.
-Troverete
un modo per salvarla, vero?- chiese, senza staccarle gli occhi di
dosso. -Non... non la abbandonerete al suo destino...
-Posso
giurartelo, ragazzo. Io non la abbandonerò mai.
-Allora
posso andare a casa- concluse, separandosi dalla sorella. -E... bhe,
cerca di avere cura anche dei miei genitori: non sono forti come
vorrebbero apparire.
-Cercherò
di fare anche questo, William.
Il
Nephilim lasciò la stanza, congedandosi dai genitori.
-Penserò
io ad avvertire la zia e il Conclave: questo è più
importante dei
loro impegni.
-Will,
so che non ha senso dirtelo, ma sii prudente, mi raccomando.
-Stai
tranquilla, mamma, lo sarò- replicò con un sorriso.
Perché nessun
genitore che si rispettasse, mondano o Cacciatore, sarebbe stato
disposto a farsi da parte e dire: “Certo.
Rischia pure la tua vita. Dopotutto, qui c’è in ballo la
salvezza
del mondo.”
-Voi cercate di darci notizie appena ci saranno dei... cambiamenti.
Li
salutò ancora e poi lasciò la Città, scoprendo di
non essere
l'unico visitatore di quel giorno.
-Magnus?-
lo riconobbe sorpreso. -Sei qui per Cecily?
-In
un certo senso. Sono qui per dare il mio aiuto, anche se non so
quanto sarà gradito.
-Scherzi?
Tu sei l'Alto Stregone di Brooklyn, conosci tutto e sai tutto. Se
c'è
qualcuno che può aiutare mia sorella sei tu.
-Non
questa volta- ribatté con tono stanco, posandogli una mano sulla
spalla e superandolo.
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