Autrice:
Ayumi Yoshida
Titolo:
La persona importante
Fandom:
Tutor Hitman Reborn
Rating:
giallo
Generi:
introspettivo, angst, romantico
Avvertimenti:
one shot
Introduzione: (Future!fic)
“Quando ho
visto Miura piena di sangue, è strano, è paradossale,
io ho visto te
al suo posto.”
Note: questa fic
partecipa al contest "Seme vs uke - lotta per la verginità"
di HigurashiShinko ^^
Oggi è un
giorno speciale, Tsuna lo sa, e le sue
mani sudate continuano costantemente a ricordarglielo. Haru, che
cammina
accanto a lui quasi saltellando, sembra splendere della luce fortissima
del sole
e continua a sventolarsi con la mano sorridendo. Fa caldo, è un giorno
estivo
come un altro, ma in qualche modo è diverso: Tsuna ha deciso.
Avrebbe da rimproverare mille cose a Reborn per il passato, ma comincia
a
pensare di nuovo che non può farlo per averlo praticamente costretto a
diventare un boss, perché ha permesso a Haru di giocare ad essere la
sua sposa
per tutto quel tempo, e gli scoppia quasi il petto. Oggi glielo
chiederà
davvero, gli chiederà di diventare sua moglie, di vivere per sempre
nella nuova
tenuta in cui si sono trasferiti che gli sembra sempre così vuota, mancante di qualcosa. Hanno superato
entrambi i vent'anni, può farlo. Ed è certo che lei accetterà, perché
non gli è
mai sembrata tanto felice come adesso.
“Haru...” sussurra, e all'improvviso tutta la confidenza e la sicurezza
che ha
acquisito in tutti questi anni sembrano venire meno. La ragazza si
volta verso
di lui e il suo sorriso divertito lo inonda, i suoi occhi scintillanti
lo
affogano piacevolmente. Le prende una mano nella sua in silenzio e la
stringe.
“Haru, io...”
Uno sparo. Tsuna s'irrigidisce e tende le orecchie, ormai gli succede
spesso da
quando è diventato boss, il suo corpo reagisce quasi immediatamente di
fronte
al pericolo e salta davanti a quello di Haru, frapponendosi tra lei e
la casa.
Non si vede fumo provenire dalle finestre, non è stato uno dei suoi a
sparare.
“Haru, stammi dietro!” le ordina, ma ode un altro sparo, gira
leggermente la
testa verso di lei, e sente il corpo della ragazza accasciarsi sul suo,
qualcosa
di umido e appiccicoso tra di loro. Le loro mani ancora intrecciate
sono piene
di sangue, il sangue di Haru gli inzuppa la camicia.
“Haru... Haru! Gokudera, Yamamoto!”
grida con tutto il fiato che ha per cercare aiuto: il terrore lo
paralizza, non
riesce a muovere un muscolo, soltanto le sue dita continuano a
stringere quelle
di Haru fino quasi a spezzargliele.
“Tsuna...” La voce di Haru è flebile, simile ad una fiammella che sta
cercando
di bruciargli il cuore per cicatrizzarlo, ma il ragazzo cerca di
accoglierla
dentro completamente per portarla sempre con sé. Egoisticamente, non
riesce
neppure a dirle di tacere. Urla di nuovo il nome di Gokudera e
Yamamoto, ma
Haru continua a sussurrare cose che non gli ha mai detto, quello che
lui
avrebbe voluto dirgli.
“Haru, io voglio sposarti!” esclama
mentre le lacrime gli bagnano gli occhi: è arrabbiato, disperato, vuole
baciarla. Haru gli sorride in silenzio, fiduciosa, gli sussurra che lo
ama. Gli
stringe le dita con la sua stessa forza.
Gokudera e Yamamoto corrono verso di loro insieme, con l'espressione
scura; poi
Gokudera vede Haru e spalanca la bocca orripilato.
“Salvatela, vi prego!” grida Tsuna senza vergognarsi di piangere
davanti a due
uomini, ma le dita di Haru perdono sempre più la stretta, diventano
sempre più
fredde.
Yamamoto la solleva leggermente tra le braccia e la stende sull'erba:
il foro
del proiettile che le ha perforato la schiena si vede anche sul petto,
è
completamente rosso vivo.
Ha perso troppo sangue.
Lo dice in un sussurro, ma è certo che nessuno l'abbia sentito: Tsuna è
accasciato sul corpo di Haru, Gokudera guarda con occhi vitrei,
immobile, il
sole che sta tramontando oltre il giardino, cercando in tutti i modi di
non
concentrarsi su di lei. Yamamoto gli posa leggermente una mano sulla
spalla, ma
Gokudera sussulta comunque e lo guarda,
addolorato: Tsuna ha perso la sua persona più importante, sarà
una lunga
notte. Yamamoto lo abbraccia stringendo forte le palpebre: non vuole
piangere a
sua volta.
La persona importante
Haru si
trovava nel mezzo della stanza, avvolta
nel suo kimono a fiori preferito, con gli occhi chiusi e le labbra
semiaperte
in un sorriso che Bianchi non aveva avuto il coraggio di distendere
quando
l'aveva preparata per il rito. Si era occupato Reborn di ogni cosa,
dato che
Tsuna aveva trascorso la maggior parte dei due giorni successivi
all'uccisione
in quella stanza con il cadavere di Haru. Non aveva voluto un funerale
in pompa
magna, anche se forse sarebbe stato più adeguato a lei, ma soltanto una
cerimonia
intima, né all'italiana né alla giapponese, una piccola riunione della
famiglia
e di pochi altri; aveva atteso due giorni per dare il permesso di
procedere
alla sepoltura. Non era ancora pronto a separarsi da lei, Yamamoto
l'aveva
capito immediatamente quando aveva visto come il suo amico aveva
stretto Haru
tra le braccia sul prato. Aveva assistito a qualcosa che non avrebbe
potuto
esprimere a parole, ad un attaccamento che Tsuna non aveva mai
dimostrato
prima. Forse si sarebbe comportato allo stesso modo in una situazione
del
genere: se immaginava la persona a cui teneva di più al mondo cadere
per terra
uccisa durante una passeggiata importante, sentiva già il cuore gridare
disperatamente aiuto e il corpo infuocarsi di rabbia. Era così, allora,
che si
sentiva Tsuna?
La sua persona importante, però, era ancora lì, qualche passo dietro il
suo
adorato boss, immobile. Da quando Haru era stata uccisa, Gokudera
sembrava
legato con un doppio filo all'impasse di Tsuna e se ne stava sempre da
solo da
qualche parte, in silenzio. Non reagiva neanche più alle sue battute
per
alleggerire l'atmosfera, non si lasciava più convincere dai suoi
sorrisi. Stava
morendo con Tsuna, morto in giardino con Haru, stringendole le dita
senza
neppure avere la possibilità di baciarla. Yamamoto non lo voleva.
Tsuna si sollevò finalmente dal pavimento dove se ne era restato
accucciato
tutto il pomeriggio e Gokudera fece un passo indietro automaticamente.
Yamamoto
si fece largo tra Bianchi e Kyoko per raggiungerlo e gli cinse le
spalle con un
braccio. Lui non sobbalzò neppure: Tsuna non accennava a dire nulla e
neanche
lui lo avrebbe fatto. Lottando contro l'istinto di allungare il braccio
attorno
al suo collo, Yamamoto conficcò le dita nella sua spalla con la stessa
forza
con cui Tsuna aveva stretto le dita di Haru fino alla fine: non
l'avrebbe
lasciato andare per nulla al mondo.
“Reborn mi ha detto” sussurrò Tsuna con voce spettrale “che i suoi
informatori
non sanno ancora di chi si tratti, ma che di certo non è un lavoro di
un solo
uomo. È una famiglia. Pensavo che sarei stato ascoltato quando avevo
detto che
avremmo agito soltanto per la pace...” S'interruppe e guardò davanti a
sé, in
silenzio. Gokudera lo imitò. “Due giorni fa è cominciata una guerra.
Lottate
con tutta la vostra forza contro chi vi attaccherà, proteggete con la
vostra
vita quella di chi amate, proteggetela fino alla fine... Perché
potreste
perderla come è accaduto a me.”
Reborn gli lanciò uno sguardo incomprensibile in silenzio, poi si
diresse verso
la porta, e tutti gli altri lo seguirono: soltanto Haru, Tsuna e i suoi
collaboratori più stretti restarono nella stanza. Il boss afferrò
ancora le
dita di Haru e le si inginocchiò accanto.
Yamamoto cominciava a sentirsi di troppo. Sussurrò a Gokudera di
andarsene, ma
lui scosse la testa con forza. Fece un passo verso Tsuna e mormorò
sconvolto,
senza riuscire a trattenersi: “Così, è cominciata la guerra? Per colpa
di quella?!”
“Gokudera!” Il sussurro di Yamamoto per zittirlo fu udito anche da
Tsuna, che
si voltò verso di loro e abbassò lo sguardo.
“Non per colpa di Haru. Per colpa mia. Perché sono stato così stupido,
così
codardo da metterla in pericolo. Non fate come me, date la vostra vita
per
quelli che amate, non permettete che succeda il contrario.”
Gokudera digrignò i denti, si liberò violentemente della stretta di
Yamamoto e
corse fuori dalla stanza. Yamamoto si morse un labbro.
“Mi dispiace.” tentò di scusarsi, ma Tsuna mormorò: “È colpa mia, sta
così per
colpa mia. Adesso si sente debole, dobbiamo proteggerlo, ma io non...”
“Obbedirò ciecamente alle tue parole.” lo interruppe Yamamoto con un
sorriso, e
Tsuna fu finalmente certo di potersi preoccupare solo di Haru, di
potersi
lasciare affogare nel dolore della sua morte per l’ultima volta.
Ormai
era diventato bravo a rincorrere Gokudera. Lo chiamò
più volte mentre cercava di ritrovarlo tra i corridoi, ma nessuno gli
rispose.
Yamamoto sospirò sconfortato e fece dietrofront.
Gokudera
sentì i suoi passi allontanarsi con il cuore che
batteva a mille schiacciato contro la porta della sua camera: mille
timori lo
stavano bloccando, ma più di ogni cosa non voleva parlare con Yamamoto.
Troppe
volte, negli ultimi tempi, si era mostrato debole davanti a lui, quando
aveva
visto quella donna guardarli per
l'ultima volta, ogni volta che il Decimo le aveva preso la mano. Quando
il
Decimo aveva detto quelle parole. Qualcosa l'aveva sempre bloccato e
non era
riuscito a proteggere la persona più importante per lui.
Anche
lui si bloccava spesso, più frequentemente di un
meccanismo difettoso, e gli succedeva sempre in presenza di Yamamoto:
il
cervello cominciava a fumargli, la lingua gli si impastava e finiva per
infuriarsi come un toro. Yamamoto continuava ad impigliarsi in ogni
rotella di
ogni ingranaggio del suo corpo, lo penetrava troppo facilmente, e lui
si odiava
per questo, si odiava perché si era sentito al sicuro senza motivo
quando
l'altro lo aveva abbracciato, quando gli aveva passato un braccio
attorno al
collo per consolarlo. Quel funerale lo aveva fatto arrabbiare ancora di
più:
vedere il Decimo disperato, sentirsi così disperato a sua volta,
sentirsi al
sicuro accanto a Yamamoto, avere voglia di ricambiare il suo gesto per
non
sentirsi più a disagio lo avevano reso ancora più insicuro.
Quando aveva guardato per l'ultima volta il corpo vivo di Haru, aveva
sentito
un sussulto, perché aveva visto Yamamoto al suo posto, Yamamoto con una
garza
all'altezza del petto per ricoprire la carne lacerata dai proiettili al
di
sotto di una giacca elegante, una cravatta nera stretta alla bell'e
meglio
attorno al collo per concludere un funerale non voluto. Una mano fredda
da
toccare per l'ultima volta, una lapide o un'urna davanti a cui sentirsi
malinconici e tristi, di fronte a cui chiudersi ancora di più in sé. La
consapevolezza
che era Yamamoto, la sua persona più importante.
Era paradossale essersi avvicinato così tanto a lui, aver contato così
profondamente su di lui per uno che faceva tutto da solo sin dalla più
tenera
età.
Il
suo cervello razionale e perfetto si era inceppato come
tutti i meccanismi del suo corpo, e questo lo spingeva a sentirsi fuori
di sé
tanto da mortificare persino il Decimo, da dire cose che non pensava
nemmeno.
Non poteva accettare di avere un rapporto del genere con Yamamoto. Lo
avrebbe
evitato come se fosse stato contagioso, non lo avrebbe mai più neppure
sfiorato. Non gli avrebbe neppure più parlato, se non fosse stato
necessario.
“Reborn
mi ha appena riferito che la soffiata degli uomini di
Dino era attendibile: domani accadrà qualcosa.”
La voce di Tsuna era piuttosto oscura e preoccupata.
“Secondo te cosa succederà?”
Yamamoto lo fissò con gli occhi incuriositi, ma lui alzò le
spalle.
“Cercheranno di sicuro introdursi di nuovo, dato che l'hanno già fatto
una
volta e ci sono riusciti.”
Gokudera espresse la sua opinione a testa bassa, senza guardare il
Decimo. Una
mano che ben conosceva gli diede una poderosa pacca sulla spalla.
“Bene! Dato che già sappiamo come agiranno, sarà più facile difendersi!”
Il sorriso di Yamamoto li colpì entrambi dimostrando tutta la sua
serenità: non
sembrava per nulla teso come Tsuna e Gokudera.
“Scemo.” commentò Gokudera, a disagio. “Qui rischiamo la pelle.”
avrebbe voluto
aggiungere, ma si trattenne per via del Decimo e della sua ferita
ancora troppo
fresca.
Si sottrasse alla mano che era posata sulla sua spalla con un gesto
veloce, e
volse gli occhi verso il Decimo per non guardare Yamamoto.
“Speriamo che sia davvero così.” acconsentì Tsuna con un sorriso tirato
più
simile ad una smorfia, poi prese ad illustrare loro il piano di difesa
a cui
aveva pensato per proteggere tutta la famiglia.
“Se vi posizionaste...”
Quando ebbero terminato, il buio aveva già cominciato ad avvolgere la
stanza, e
finalmente Gokudera staccò gli occhi dalla mappa della tenuta stesa sul
tavolo,
stropicciandoseli. La sua testa, però, continuava a ripetere quel piano
appena
ascoltato come una litania per non perderne neppure una parola. Era
preoccupato, e sicuramente si riusciva a leggerglielo in faccia. Senza
riuscire
a resistere, si voltò verso Yamamoto per vederlo sorridere a suo modo,
certo e
rassicurante, ma si accorse che aveva la fronte contratta dallo sforzo
e
dall'agitazione. Il suo braccio si mosse automaticamente verso di lui,
ma si
fermò per aria a metà del percorso e ricadde lungo il fianco.
Infuriato con se stesso, Gokudera si alzò di scatto e fece per
andarsene, ma la
voce del Decimo lo inchiodò al suolo.
“Yamamoto, Gokudera, voi siete le mie braccia. Conto su di voi.”
“Certo.” replicò Yamamoto tentando di sorridere, ma con una strana
austerità
nella voce, e lo precedette all'uscita.
Prima sorrideva, poi sembrava mortalmente serio: si comportava in modo
strano.
Gokudera annuì all'indirizzo del Decimo e corse fuori dalla stanza
senza
riuscire a trattenere l'ansia, sfilando velocemente tra i corridoi e
ritrovandosi Yamamoto davanti proprio di fronte alla sua camera.
“Entra.” lo invitò, e lui, con un po’ di riluttanza, accettò.
Dall'ultima volta che vi era stato, Yamamoto non si era ancora liberato
dei
poster dei giocatori di baseball della Major League che tappezzavano
ogni
centimetro di muro. Li guardò trucemente, poi riversò lo stesso
sguardo su
di lui.
“Che
hai?” borbottò “Sei strano.”
L’altro
sorrise.
“Potrei
dire lo stesso di te. In questi giorni, mi sembra che
tu mi stia evitando.”
“Scemo.
Il tuo cervello spappolato dal baseball non deve
funzionare tanto bene.”
Yamamoto
sospirò lasciandosi cadere sul letto.
“Può
darsi. Sto pensando a cose strane, ultimamente, e sai
cos’è che mi sorprende? Che non ne
sono affatto sconvolto.”
Gokudera
si portò le mani nelle tasche della giacca a testa
bassa. Anche Yamamoto, allora, aveva avuto molti pensieri, dopo quello
che era
accaduto. A disagio, azzardò: “Che tipo di cose?”
“Preoccupazioni
strane.” Yamamoto sollevò gli occhi al
soffitto, l’unica parte della stanza non tappezzata da poster.
“Pensieri su
cosa conta davvero nella vita, sulle persone a cui tengo di più.”
L’altro
spalancò la bocca senza riuscire a trattenere un
verso sorpreso che attirò la sua attenzione.
“Cosa
c’è? Credi che io sia diventato davvero scemo?”
Il
sorriso largo di Yamamoto gli tolse il fiato, e Gokudera
s’immobilizzò al centro della stanza.
“Io…
Anch’io.” mormorò controvoglia. C’era qualcosa, in
Yamamoto, che lo spingeva ad aprirsi, a parlare, anche se era l’ultima
cosa al
mondo che avrebbe voluto fare. “Anch’io ho pensato a questo, dopo
quello che è
successo a quella donna.”
“Non
avevo mai immaginato che potesse accadere una cosa del
genere. Quando Tsuna è succeduto al nono boss della famiglia Vongola e
ha detto
quelle parole sulla convivenza pacifica delle famiglie mi aveva
convinto…”
“Nella
mafia, la convivenza pacifica non può
esistere. È contraria al significato della mafia stessa.” replicò
Gokudera
spassionato, alzando lo sguardo. “Abbiamo abbassato la guardia, non
dovevamo.”
“Tutto, però, stava andando così bene…”
Yamamoto si perse nella finzione di quelle parole così rassicuranti, e
Gokudera
provò voglia di fare lo stesso, ma si impose di non cedere.
“La mafia” cominciò a dire con voce dura, ma Yamamoto lo interruppe
all’improvviso: “Quando ho visto Miura piena di sangue, è
strano, è paradossale, io ho visto te al suo posto.”
Lo guardò: i suoi occhi erano limpidi, ma la sua voce oscillava ancora
verso
quella serietà che lo spaventava a morte, perché portava Yamamoto al di
sopra
dell’immagine dello stupido patito di baseball che si era fatto di lui,
lo
faceva diventare una persona di carne,
che provava dei sentimenti. E quei sentimenti, l’aveva appena scoperto,
erano
simili ai suoi. C’era qualcosa che li legava indissolubilmente, che
riusciva a
collegare persino i loro pensieri, le loro paure e le loro emozioni.
“Quando Tsuna ha parlato di persone importanti da proteggere, da non
perdere,
io ho pensato a te. Gli ho giurato che ti avrei protetto. Dopotutto, io
sono il
braccio sinistro, devo proteggere e aiutare quello destro. Noi siamo le
braccia
di Tsuna, e le braccia possono toccarsi l’un l’altra, supportarsi.
Credi che io
stia dicendo un mucchio di sciocchezze, non è vero?”
Yamamoto si alzò in piedi e fece qualche passo verso di lui,
fermandoglisi di
fronte: finalmente potevano guardarsi negli occhi dopo giorni di
contatti sfuggenti.
Sorrise.
“Beh, mi dispiace se lo pensi, ma a me non interessa. Tu sei quella persona importante e non voglio
perdere tempo a chiedermi il perché. Non oggi, neanche domani. Domani
non
sappiamo cosa può accadere. Potrebbe accadere come a Miura.”
Con le sopracciglia aggrottate, preoccupato, Yamamoto gli porse una
mano. Di
nuovo quel repentino cambiamento di umore. Disorientato, Gokudera non
la
afferrò, anzi, spinse le sue più a fondo nelle tasche. Quella
confessione gli
aveva procurato una strana agitazione, e sentì che l’ansia gli stava
risalendo
ancora dallo stomaco alla gola.
“Domani… potrebbe accadere come a Miura.” ripeté in un sussurro. Era
quella la
sua nuova litania, una litania odiosa e sconvolgente che lo
terrorizzava.
Avrebbe potuto perdere ogni cosa, avrebbe potuto non vedere più quei
sorrisi
che lo mandavano su tutte le furie. Le braccia di Tsuna avrebbero
potuto non
riuscire più a toccarsi, cravatte e giacche avrebbero potuto essere
stirate di
nuovo per un funerale a cui nessuno
avrebbe voluto assistere.
“Domani dobbiamo mettercela tutta per sopravvivere, per
capire il perché!” esclamò imbarazzato, con lo sguardo torvo,
puntellando il pugno destro sul petto di Yamamoto con tutta la forza
che aveva.
Lui si lasciò finalmente andare ad un sorriso dei suoi, sincero come lo
sarebbe
stato molti anni prima, e lo strinse a sé.
Yamamoto era di certo la sua persona importante, l’aveva capito da come
era
sobbalzato il suo stomaco quando lui l’aveva abbracciato. La sua testa
era in
panne, la sua lingua bloccata sul palato: non avrebbe detto nulla,
forse
avrebbero trascorso la notte in quel modo, e non gli dispiaceva. Non
riusciva a
capirne il perché, ma in quel momento sentì che non gli interessava
più:
l’importante era che Yamamoto fosse lì con lui, l’importante era
riuscire a
proteggersi e sopravvivere.
Avrebbe potuto tornare a ragionare la mattina successiva.
Note
Ho voluto
intendere la lotta per la verginità
tema del contest in senso lato, come lotta per “rompere” la verginità
del
pensiero di Gokudera, non ancora pronto a pensare a Yamamoto in un modo
diverso
rispetto ad un semplice amico, mentre quest’ultimo ha già capito tutto
da un
po’ e non si fa problemi ad accettarlo. Mi è piaciuto molto cercare di
ricostruire i caratteri dei personaggi in un futuro neanche troppo
lontano dal
manga, in cui la famiglia vera e propria si è ormai formata, tutti
vivono sotto
lo stesso tetto e nascondere i propri sentimenti è difficile. Ho
cercato
soprattutto di dipingere i due protagonisti come scissi, tormentati,
sia per
via di quello che accade intorno a loro, sia, soprattutto, per quello
che
provano. Spero che la loro evoluzione non appaia tanto differente dalla
direzione presa nel manga. ^^
Per Tsuna,
ho fatto un discorso a parte: ormai è
diventato boss senza perdere quella volontà di fare del bene che lo
caratterizza da sempre, vuole compiere il grande passo, ma qualcuno gli
porta
via Haru, a cui non è riuscito mai a confessarsi, e cade in
depressione, ma non
smette mai di pensare a chi è rimasto rinnegando il suo ruolo.
È la prima
volta che scrivo qualcosa di angst su
Reborn, quindi spero di non aver combinato casini e che i personaggi
siano IC
>.<
Edit
del 31/01/2015:
Qualche
tempo fa (tanto tempo fa XD), siamo riusciti a rintracciare nuovamente
la giudice e finalmente abbiamo avuto i nostri agognati
risultati.
Questa
fic si è classificata terza, con un giudizio che riporto
successivamente! ^^
3a
classificata - Ayumi Yoshida
Grammatica e ortografia: 18,5/20
Stile e scorrevolezza: 10/10
Originalità: 9/10
IC personaggi: 4,5/5
Utilizzo dell’oggetto: 12/20
Giudizio personale: 5/5
Totale: 59/70
Cominciamo con il mio giudizio personale perché,
sinceramente, non riesco a trattenermi.
Mi hai spezzato il cuore. L'inizio è stato straziante,
vedere Tsuna così distrutto è stato un vero pugno
nello stomaco.
E i pensieri di Gokudera e Yamamoto? Mio Dio, erano contemporaneamente
belli (insomma, pensavano all'altro!) e distruttivi al tempo stesso.
Terminare la lettura con il magone (pensare al peggio
col finale così aperto) è stato... wow.
Dovevo aspettarmelo con “funerale”
come prompt.
Mi devi un cuore e uno stomaco, sappilo(?)
Passiamo alle cose serie.
Di errori ne ho trovati pochi, estremamente pochi, il che mi rende
assai felice.
[…] ad
un attaccamento che Tsuna non aveva mai
dimostrato prima. Penso che quel “ad”
non serva ma che vada un semplice “a”.
Almeno a me hanno sempre insegnato che la “d” va
solo quando la parola seguente ha la stessa vocale.
[…] Tsuna ed
se ne stava sempre da solo da qualche parte, in silenzio.
Visto che la parola seguente ha la consonante, la “d”
di “ed” non serve.
Lo chiamo
più volte mentre cercava di ritrovarlo […].
Manca l'accento: “chiamò”.
[…] per l'ultima volta il corpo vivo
di Haru […]. Penso che qui ti sia confusa.
“[...] il corpo privo di vita”,
giusto?
[…] essere stirate di nuovo per un funerale
[…]. Qui c'è semplicemente un doppio
spazio.
Per quanto riguarda lo stile, non ho nulla da dire. Solo una parola:
sublime.
I personaggi sono IC, quasi completamente. Tsuna ce lo vedo
così distrutto dopo aver perso la “persona
più importante”, ce lo vedo moltissimo.
Gokudera e Yamamoto... non mi convince molto Gokudera ma non saprei
dirti il motivo. Sono entrambi IC ma Gokudera lo è
leggermente (ma talmente poco che si nota appena) meno IC.
La storia è originale, pecca per la mancanza della
“lotta per la verginità”. A parte la
fuga iniziale di Gokudera, non c'è stato molto altro ad
accennarla.
L'oggetto, il funerale, è stato usato alla grande. Entrambi
hanno capito chi, per loro, è la persona importante e questa
è una svolta degna di nota.
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