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Il quarantesimo compleanno
di Harry
Rose Weasley si svegliò che fuori era ancora
buio pesto, eppure, guardando l’orologio, appurò che erano quasi le cinque e
mezza, e presto, tempo una mezz’ora, la casa si sarebbe svegliata.
Aveva
sete, ecco perché si sentiva del tutto sveglia. Scivolò con leggerezza giù dal
letto, attenta a non svegliare Victoire, che dormiva profondamente, aprì con
cautela la porta della loro camera e se la richiuse alle spalle.
L’oscurità non le faceva paura, anche perché dalla cucina proveniva una luce
molto fioca, e, se la vista non la ingannava, vedeva una figura scura salire le
scale, con passo strascicato, sicuramente dettato dal sonno.
«Rose»
chiamò semplicemente, e lei riconobbe la voce di Albus.
«Al!»
sussurrò a mezza voce «è così presto… come mai sei già fuori dal letto?»
sorrise.
Anche
nel buio riuscì a intravedere il sorrisetto di Albus. Rispose, laconico «Sono
andato a fare gli auguri a papà, è un pezzo che è sveglio» sbuffò.
«E
perché mai?» chiese lei, sorpresa. Non era da zio Harry essere così mattutino,
anche in occasioni come il suo compleanno.
«Va’ a
saperlo» rispose Albus, sorpreso quanto lei. «E tu? Perché sei sveglia a
quest’ora?»
«Avevo
sete» rispose lei con un mezzo sorriso «infatti progettavo di scendere in
cucina, ma se è occupata…»
«Non
sta mica facendo progetti, o piangendo o ingozzandosi» ridacchiò Albus «puoi
sempre scendere, non è mica sua…»
E lì
si interruppe, pensoso. O meglio, tentando di intravederlo nel buio, Rose vide i
suoi occhi verde chiaro, molto simili a quelli della nonna mai conosciuta,
leggermente velati, come se qualcosa lo tormentasse.
Stava
per chiedergli, molto infantilmente, cosa gli avesse regalato, ma lui la
interruppe prima che lei potesse domandargli qualsiasi cosa: «Ascolta, adesso
torno a dormire» borbottò, superandola, e lei sentì qualcosa di strano
irradiarsi dentro di lei, uno strano senso di calore e di fastidio al contempo.
«Al…»
bisbigliò pianissimo, ma lui la sentì, e, giratosi, domandò con un sorriso «Che
c’è?»
Solo
adesso Rose notò che Albus indossava una cannottiera e i boxer, e subito sentì
di nuovo quella sensazione strana alla bocca dello stomaco, quasi avesse
inghiottito un mattone.
«No,
niente» rispose allegramente «adesso scendo, così faccio anche io gli auguri a
zio Harry. Ehm… allora ‘notte» sorrise.
«’Notte anche a te» ricambiò il sorriso Albus, e si
allontanò sempre trascinando i piedi.
«Bah»
pensò lei, scendendo con cautela le scale «maschi… valli a capire…»
Prima
di entrare in cucina bisbigliò, in modo ben udibile «Ciao, zio Harry» in modo da
non farlo sobbalzare qualora fosse entrata senza che lui la sentisse.
Harry
Potter a quarant’anni era ancora l’uomo più affascinante che Rose conoscesse.
Alto, snello, con i capelli nerissimi e ribelli e gli occhi verdi, era una
persona così calma, concreta e leale che la ragazza non poteva non adorarlo.
Harry
si girò e le sorrise, gli occhi ancora un po’ velati dal sonno. «Buonasera,
Rose» le disse «o forse dovrei dire ‘buongiorno’, visto che ormai…» e indicò con
un cenno del capo la finestra, dalla quale cominciavano a entrare i primi fasci
di luce rosata.
Lei
ricambiò il sorriso, senza sentirsi fuori posto o imbambolata. Con gesti
meccanici, prese la brocca dell’acqua e un bicchiere e bevve avidamente. Quando
ebbe svuotato il bicchiere, chiese: «Un po’ d’acqua, zio?»
Lui,
che fino a quel momento aveva guardato fissamente davanti a sé fuori dalla
finestra, si volse e la guardò con i suoi occhi verdi così profondi e rispose
negativamente. «No, grazie, Rose, non disturbarti. Sto a posto così.»
Rose,
riposto il bicchiere nel lavello e la brocca, gli si sedette accanto. «Come mai
sei così pensoso oggi, zio?» mormorò, studiandosi le mani.
«Beh» rispose
Harry «diciamo pure che lascio vagare la mente, direi fin troppo. Voglio dire,
sono arrivato incolume al mio quarantesimo compleanno dopo aver passato guai per
una vita intera… però, sai com’è, dopo tutta quella serie di peripezie» Rose
annuì, conosceva ciò che avevano dovuto passare i suoi genitori e lo zio quando
erano poco più grandi di lei, diciassettenni «alla fine una persona ci ritorna
sopra, ci rimugina. Forse è per questo che sono sempre così silenzioso e quieto»
sorrise.
«Immagino» disse
Rose, rimproverandosi silenziosamente per non riuscire a dire qualcosa di più
intelligente. Fece per parlare di nuovo, ma Harry la interruppe. «E tu, Rose?»
chiese, guardandola «Stai per iniziare il quinto anno, se non erro. Sei
contenta?»
Lei, contenta di
avere un appiglio al quale aggrapparsi, rispose con foga «Oh, sì, tantissimo!
Voglio dire, è l’anno più difficile, sai, con i G.U.F.O e tutto il resto, però
siamo abituati agli esami alla fine di ogni anno… poi sono contenta di imparare
ancora cose nuove» concluse, arrossendo lievemente.
Harry annuì,
sorridendo. «Tale e quale a tua madre» disse, con un velo di ironia affettuosa
nella voce «e dimmi, hai ancora passato l’anno con il massimo dei voti?»
«Sì» replicò lei
nello stesso tono.
Lui sospirò. «Un
gran bel cervello, Rose Weasley» sentenziò. «Proprio un gran bel… toh! Chi si
vede qui? Il mio primogenito mattiniero?» domandò, rivolto alla porta, sulla
quale era comparso James Potter, bruno, spettinato e in pigiama. Strofinandosi
gli occhi assonnati, entrò in cucina e disse, con voce impastata: «Ciao pa’,
buon compleanno… uh, ciao Rosie.»
«Ciao, Jamie»
rispose lei con un cenno della mano. Si sorrisero.
«Tutto a posto?»
domandò Harry, alzandosi e risistemando la sedia che aveva occupato al suo posto
con un tocco di bacchetta.
James annuì,
soffocando uno sbadiglio. «Ho sentito Al e Lily litigare, prima» ridacchiò,
addentando una fetta di pane tostato sulla quale aveva malamente spalmato della
marmellata, sporcandosi tutte le mani. Sbattè il coltello sul ripiano della
cucina. «Che seccatura non poter usare la magia…»
«Fai piano, la
cucina non è tua» lo redarguì severamente il padre, anche se gli occhi gli
ridevano. «Mi spieghi adesso perché quei due stanno litigando?»
«Boh» replicò
James con un’alzata di spalle. «Lily sostiene che lui ha nascosto il Mantello…»
«Non vi avevo
detto di usarlo a turno?» chiede Harry alzando un sopracciglio, la voce meno
calma di prima.
«Appunto!» e qui
la voce del ragazzo fu sovrastata da dei passi che pestavano pesantemente le
scale, quasi a voler sottolineare la propria presenza. Tutti ne conoscevano la
fonte, e difatti, pochi secondi dopo, Lily Potter si precipitò in cucina, i
capelli rossi sparsi disordinatamente sulle spalle, e il volto acceso dalla
rabbia. «Papà» esclamò, ma si bloccò vedendo anche Rose e James, l’una seduta di
fronte alla finestra, l’altro impegnato a divorare una fetta di pane tostato
accanto alla cucina. Quest’ultimo sbottò, con la bocca piena: «Dai, sorellina,
calmati…» senza convinzione, ma Harry lo interruppe. «Cos’è questa, una riunione
di famiglia? Scommetto che tra breve scenderà anche tuo fratello e come minimo
sveglierete l’intera Ottery St Catchpole.»
Lily alzò le
spalle, con un sorrisetto: «Esagerato… comunque, papà, Al non vuole lasciarmi il
Mantello. Dice che lo deve usare per altri due giorni, ma i patti erano
diversi !»
«Sì, certo»
commentò James «vai a prendere accordi con quello…»
«James, silenzio,
tu non c’entri» lo rimproverò seccamente il padre «Lily, gli hai detto cosa lo
aspetta se non obbedisce?»
«Sì!» replicò la
ragazzina, agitata. «Gliel’ho detto chiaramente che tu non gli lasci usare la
Firebolt a scuola, ma non ne ha voluto sapere!» terminò con enfasi.
Harry sbuffò. «E
va bene» borbottò «andiamo da tuo fratello, così gli faccio un bel discorsetto…»
«Bene!» esclamò
Lily, un po’ meno furiosa di prima, e uscirono insieme dalla cucina, ma Rose
avrebbe giurato di sentire lo zio che brontolava: «Bel modo di cominciare un
compleanno, ci fosse stato uno solo dei miei figli che mi ha fatto gli auguri…»
Sorridendo
divertita, Rose si stiracchiò. Ormai dalla finestra entrava a fiotti la luce
dorata del sole, e sentiva distintamente dietro di sé James che masticava. Si
voltò per guardarlo, e gli disse: «Ma a che serve, scusa? Tra un po’ faremo
colazione tutti insieme…»
«Fame nervosa» si
giustificò lui, poi la squadrò per bene. «Obbiettivamente» ridacchiò, con la
bocca piena, agitando un pezzo di pane nella sua direzione «dovresti essere tu
quella che deve mangiare un po’ di più. Sei magra come un uccellino!»
Lei sorrise, non
sapendo se sentirsi più lusingata o più irritata da quello che sembrava un
complimento. Dopotutto James era così spontaneo e diretto da risultare persino
impertinente, a volte. Ma Rose, che lo conosceva da anni, provava per lui un
affetto così grande da considerarlo un fratello maggiore, sebbene tra loro non
ci fossero legami di sangue. Nonostante fosse più grande di lei solo di un anno,
sapeva un mucchio di cose interessanti e a Rose piaceva molto confidarsi con
lui.
«A proposito» si
sforzò di non ridere «come va con quella ragazza di Corvonero? Hallie McDonald,
giusto?»
«Sì» bofonchiò
James, senza guardarla, ma lei scorse un po’ di rossore sulle sue guance
«quella. Oh, beh, l’ho lasciata due settimane e mezzo fa. Beh, era una cosa
così, per gioco, e lei mi si è attaccata come una sanguisuga. Insopportabile. Ma
ti prego» e lì sollevò lo sguardo, supplichevole «non dirlo a papà! Mi ci è
voluto un secolo per farlo smettere di ridere. Credevo che fosse una cosa seria
e gliel’ho detto, però non ci ha creduto e adesso che l’ho lasciata mi riderà
dietro per millenni» bofonchiò contrariato. Anche se non sembrava, James teneva
molto all’opinione dei suoi genitori, soprattutto riguardo le ragazze.
Rose represse un
sorriso. «Non credi di starti facendo troppe nemiche a Hogwarts?» gli
chiese. «Voglio dire, adesso Hallie McDonald. Tre mesi fa era Judy Flechter, che
per poco non ti ha ucciso durante la partita Grifondoro-Tassorosso. All’inizio
dell’anno scorso era…»
«Sì, ok, adesso
basta» biascicò James, rosso come un peperone. «Lo so che mi sto facendo delle
nemiche ma… uffa, non mi piace l’idea di legarmi sempre e per sempre a una sola.
Capisci? Deve ancora arrivare quella che mi farà perdere la testa» dichiarò
fieramente.
Lei scoppiò a
ridere. «Ecco, appunto, e scommettiamo che sarà una Serpeverde?»
James la guardò,
scandalizzato. «Mai sia! Papà mi diserederebbe» scherzò, con un sorrisetto.
«No» replicò lei
quieta. «A differenza di te, tuo padre non ha simili pregiudizi.»
«Non più»
sottolineò il ragazzo «prima però sì.»
Dopodichè gettò
un’occhiata distratta all’orologio al polso e disse: «Sono quasi le sei e dieci,
Rosie, meglio se ci sbrighiamo a tagliare la corda, prima che scenda Molly e ci
affidi compiti ingrati» ridacchiò.
«Tipo organizzare
la festa di compleanno per tuo padre, James Potter? Un compito ingrato,
vero?» la voce di Molly Weasley, sarcastica ed ironica al contempo, fece
sobbalzare entrambi, che si volsero di scatto verso di lei, James leggermente
vergognoso.
«Ma no…» obbiettò
il ragazzo, cercando di darsi un contegno «non intendevo questo…»
Molly sorrise. «E
allora comincia a preparare la colazione, ragazzo, ci sono ventiquattro persone
affamate di sopra.»
James sgranò gli
occhi. «V… venti-quattro?» sillabò, stupefatto.
«Ventiquattro»
ripetè Molly tranquillamente. «Coraggio, al lavoro.» Poi guardò Rose e
bisbigliò: «Non vorrei che James pensasse che faccio favoritismi, ma defilati
più cautamente che puoi fuori di qui. Anzi, già che ci sei, puoi stendere il
bucato sui fili del retro?» Un tocco di bacchetta, e il cesto pieno di
biancheria pulita atterrò tra le braccia della ragazza. «Grazie mille!» sorrise
Molly.
«E di che?»
replicò Rose, e si avviò verso lo spiazzo nel cortile dove c’erano i fili di cui
la nonna le aveva parlato. Mentre stendeva il bucato, la ragazza pensò
stupidamente che l’aveva voluta tenere lontano da James, ma subito si rimproverò
aspramente.
*
Qualche ora
più tardi, tutti lavati e vestiti, avevano sistemato nel cortile della Tana
quattro tavoli e si stavano servendo dell’ottima cucina della signora Weasley,
chiacchierando animatamente tra di loro.
Molly, seduta
accanto ad Arthur, stava spiegando a Fleur: «Non so nemmeno io come siamo
riusciti in realtà a preparare tutte le stanze, voglio dire, come casa è
abbastanza spaziosa, tuttavia non riusciamo a starci in otto, figurati in
ventiquattro! Però Arthur è stato proprio bravo, sai, ha chiamato un dipendente
del Ministero…»
«Incantesimo
Espandente» spiegò il signor Weasley, servendosi di pasticcio «Micheal Honey…
brav’uomo. L’anno scorso mi ha aiutato a risolvere quell’inghippo con un
frullatore impazzito…»
«Micheal Honey del
Ministero?» intervenne Lily, spruzzandosi il vestito di succo di zucca, ma non
ci badò. «Samantha Honey è sua figlia! È nei Grifondoro proprio con me!»
esclamò.
«Sì, tesoro, lo
sappiamo» mormorò Harry, poggiando la bacchetta sul vestito della figlia, e le
macchie sparirono.
«Papà, perché non
posso usare anche io la bacchetta quando sono in vacanza?» chiese Lily,
improvvisamente rabbuiata.
«Perché nessuno al
di sotto dei diciassette anni può, tesoro» intervenne Ginny, poi si rivolse ad
Albus, che stava chiacchierando con Hugo «hai restituito il Mantello a tua
sorella?» domandò, un po’ meno calma di prima.
Albus sbuffò. «Sì»
cantilenò, poi si rituffò nella conversazione. Ginny roteò gli occhi al cielo.
Quando tutti si
furono saziati, la signora Weasley agitò la bacchetta e un’enorme torta di
compleanno, ricoperta di glassa dorata, comparve in mezzo al tavolo, scatenando
la meraviglia di tutti.
«È…» fece per
esclamare James, ma prima che qualcuno potesse profferire parola, una grossa
lince argentea planò verso di loro. Harry, Ron ed Hermione scattarono in piedi
simultaneamente. Avevano riconosciuto il Patronus di Kingsley, Ministro della
Magia.
Molly ed Arthur si
bloccarono nel bel mezzo di una risata, catturati dalla vista dell’animale.
«Sono tornati.
Chi può venire, mi raggiunga immediatamente al Ministero. Restate uniti e
mantenete la calma. Nessuno di noi è più al sicuro.»
E allora,
eccomi qui! ^^ spero che il capitolo vi sia piaciuto, e mi scuso se ci sono
delle somiglianze con il settimo libro ma è importantissimo per il resto della
storia!
Fatemi sapere, sia giudizi
positivi sia negativi, così posso correggermi meglio!
Baci, chronophoenix. |