I personaggi
non mi appartengono, sono tutti maggiorenni e comunque di pura invenzione. La
fan fiction non è stata scritta a scopo di lucro.
Frammenti d’anima.
Itachi non ricordava, con precisione, in quale momento
si accorse che Lui aveva qualcosa di strano. Forse fu verso i cinque anni,
quando sempre più spesso lo sorprendeva con lo sguardo perso nel vuoto ed un
vago sorriso sulle labbra, o accadde prima, ai tempi in cui si occupava di lui
ogni qual volta i suoi genitori erano impegnati con qualche importante missione
o con gli affari del Clan.
Non lo ricordava – importava?
Dopotutto la cosa divenne palpabile solo dopo che agli
sprazzi di soffusa malinconia seguirono gli scatti nervosi, attimi di pura ira
dove tutto ciò che egli sfiorava veniva fatto a pezzi – e se non aveva nulla
accanto a se prendeva a pugni i muri sino a farsi sanguinare le mani.
Stava male – eppure nessuno sembrava accorgersene e lui,
del resto, era solo un bambino la cui voce sarebbe rimasta inascoltata, così per
anni si limitò ad osservarlo a pochi passi di distanza, avicinandosi solo
quand’era certo che la sua stranezza si acquietasse mostrandogli la
persona con cui era avvezzo a trattare, l’amico che per lui avrebbe dato la
vita.
Solo dopo anni capì la sua immaturità in tal gesto – il
dubbio che se gli fosse stato vicino, aiutandolo senza pretendere nulla, neppure
una vaga spiegazione sul perché, avrebbero potuto limitare il suo male,
evitandogli le tenebre che sembravano lambirlo ogni giorno con parole sempre più
soavi, con dolci carezze degne della migliore delle amanti.
Ovviamente la possibilità più accreditata era che a
nulla sarebbe valso il suo gesto, ma quel tarlo rimase aggrappato nella sua
anima anche dopo ch’egli morì – che lo uccise.
Così come rimase il dolore di quella confidenza mai
fatta – perché? Che cosa ti ha ridotto in questo stato?
Solo una volta osò iniziare quello scomodo discorso.
All’epoca aveva nove anni, un fratello rumoroso di cui occuparsi e lui aveva
appena iniziato a nascondere gli specchi, nauseato dalla propria immagine.
Se i ricordi non lo ingannavano quel giorno si erano
ritrovati seduti del cortile della residenza principale del quartiere Uchiha,
dove abitavano Itachi e i suoi genitori; era stato chiesto ad entrambi di badare
a quella curiosa peste di Sasuke mentre giocava nell’erba – era una giornata
troppo luminosa per lasciare che un bambino già così poco abituato ai giochi
all’aria aperta e al sole sulla pelle fosse segregato in casa.
Itachi, dopo aver controllato l’occupazione del fratello
con un’occhiata veloce, gli si avvicinò pian piano, studiando la sua espressione
ed i suoi gesti come avrebbe fatto con il più temibile degli avversari.
-Ti serve qualcosa Itachi-kun?- gli aveva sorriso senza
neppure girarsi verso di lui, lo sguardo incatenato dalle piccole increspature
del laghetto generate dai salti di qualche pesce vivace.
-Niente.-
-Come preferisci.-
-Veramente – sospirò piano:- vorrei sapere che cosa ti
sta succedendo.-
-A che riguardo?-
-Lo sai.-
L’altro si girò piano verso di lui, un malinconico
sorriso ad incurvargli le labbra facendolo sembrare più grande di quello ch’era
in realtà:- Immaginavo che il primo, se non l’unico, a pormi questa domanda
saresti stato tu. La tua curiosità non ha limiti, ma suppongo che più che altro
tu sia preoccupato, giusto?-
-Sì.-
-Non eluderò questa domanda, né ti mentirò per quanto la
mia risposta potrà sembrarti sciocca: sono solo nervoso e stanco.-
-Davvero?- sibilò il bambino inarcando un sopraciglio:-
E perché la stanchezza dovrebbe comportare il rifiuto verso tutto ciò che
rifletta la propria immagine?-
-Quando si è disgustati di se stessi è normale che sia
così.-
-Disgustati da se stessi?- soppesò le parole,
ripetendole con studiata lentezza, tentando si assaporarle il più possibile così
da apprenderne appieno il significato – che restò eccessivamente vago ed
inafferrabile.
-Sì- gli sorrise:- ma non credere che sia stato un mio
errore o una qualche azione che, con il passare del tempo, mi ha levato il
sonno. No, non ho un animo abbastanza grande per farmi sconvolgere da una cosa
del genere.-
-E allora cosa…-
-Nulla- gli scompigliò i capelli in un gesto fraterno:-
semplicemente odio questi occhi e quello che mi rendono in grado di vedere.-
-Se non c’è niente a pesarti sulla coscienza, perché
odi…-
-Non ho detto questo, non ho mai insinuato di avere la
coscienza a posto, fa attenzione a quello che ti dicono, Itachi-kun.-
-In definitiva- sospirò:- non vuoi spiegarti, altrimenti
lo avresti già fatto.-
-Ma io ti ho risposto- ribatté:- solo ti ho rivelato
quello che desideravo tu sapessi, non tutto.-
Itachi sospirò piano, non riuscendo a capire la ragione
di tutti quei misteri, ma lasciò cadere la questione, conscio che l’altro non
era disposto a rivelargli oltre.
Da quel giorno tentò con tutte le sue forze d’ignorare
il problema, evitandolo quando vedeva quello sguardo spento che aveva ucciso
anche la rabbia.
Come potesse la sua famiglia restare all’oscuro di
quella particolarità lo lasciava allibito – oh, certo, l’altro era un ottimo
shinobi, uno dei migliori di tutto il Clan, ma…
Capì d’esser circondato da persona frivole.
E Lui continuava a sprofondare. Non tentò neppure di
porgergli una mano per far si che si rimettesse anche se barcollante in piedi,
per far si che strisciasse fuori dall’abisso in cui stava sprofondando. Sapeva
ch’erano quelle tenebre il desiderio, il fine ultimo dell’altro – glielo leggeva
negli occhi.
Prima ho sbagliato dicendo che Itachi si preoccupò di
parlargli di quel discorso solo una volta, poiché ebbero un altro dibattito
sull’argomento anche se, effettivamente, non parlarono. Itachi si limitò ad
urlargli contro tutta la sua esasperazione, il suo astio, il suo dolore ed il
suo affetto – non voleva perderlo come stava rinunciando a tutto il resto della
sua famiglia.
Era da molto che voleva riaffrontare quell’argomento, ma
vigliaccamente si diceva di dover aspettare il momento giusto, dove l’amico
sarebbe stato più incline a lasciarsi andare, ma si tirava indietro ogni volta
che lo vedeva sereno – come poteva turbare quei pochi attimi di pace che si
concedeva?
La sua disperazione esplose solo al volto ricoperto di
graffi dell’altro e alle braccia da cui scorreva un denso liquido rosso –
ringraziò in eterno il capriccio di Sasuke che lo aveva condotto da lui per
chiedergli se avesse qualche stupido libro per bambini.
Lo curò con esasperante lentezza – quanto tremavano le
sue mani? – conscio che l’altro non si dibatteva solo perché troppo debole, non
per reale rimpianto del gesto o volontà di vivere. Dopo averlo steso sul letto
ed aver ripulito tutto quel sangue dal pavimento si sedette in un angolo, il
volto nascosto fra le braccia ad aspettare – l’odore di sangue iniziava a dargli
la nausea.
-Itachi?- una voce incerta, fievole come un soffio di
vento, ruppe il pesante silenzio della stanza facendogli alzare piano la testa.
Osservò il volto pallido dell’altro per qualche istante,
poi iniziò ad urlare.
Disse cose che non pensava ed altre che covava da fin
troppo tempo dentro il suo animo. Gridò come non aveva mai fatto fino ad allora,
sputandogli in faccia tutto il suo odio, la sua vigliaccheria – non seppe bene
come si ritrovò singhiozzante fra le braccia dell’altro, ma gli credette quando
gli promise che una cosa del genere non si sarebbe ripetuta, che non lo avrebbe
lasciato solo.
Forse erano bugie, ma in quel momento sapeva di averne
un disperato bisogno.
-Perché?- mormorò contro la sua spalla:- Perché?-
-Perché sono pazzo, Itachi-kun.-
Non stava scherzando, ma il più piccolo accettò quelle
parole in silenzio, non osando chiedere altro.
In fondo sapeva che era la verità – la conosceva da
sempre.
Come sapeva che lo sguardo che gli rivolse sentendo il
fiato mancargli ed i polmoni riempirsi d’acqua non fu d’odio, ma di gratitudine.
Gli aveva concesso la libertà esentandolo dalla promessa
che da quel lontano giorno in cui fu stipulata lo aveva solo portato alla
disperazione – legato a quella vita non gli era concesso neppure perdersi nel
limbo della dolce follia. Doveva restargli accanto. Doveva…
Sorrise, mentre gli occhi del cugino si riempivano di
lacrime che non dovevano essere versate.
-Addio Shisui.
Rimpiangerò la persona che mi è sempre stata accanto,
come soffrirò per il te stesso dallo sguardo malinconico. Ma ci rincontreremo,
dopotutto siamo entrambi pazzi, no? Ci sarà anche un girone per quelli come noi
e forse lì mi dirai cos’era che ti ha distrutto a tal punto. Fino a quel momento
lotterò per guidare una persona, come tu hai fatto con me.-
Lo so, non ha senso – colpa di Leopardi. Leo-paaar-di.
Ah, ma finalmente inizio a capire la storia della
“modalità one-shot” ! Wah! Grande conquista!*_*
Ringrazio ryanforever, shooting star, Capitapercaso e
cicoria per aver commentato, chi mi ha aggiunta a preferiti e chi ha solo letto.
A chi interessasse su
http://hiems.iobloggo.com troverete tutte le mie storie e, sopratutto, lì
gli aggiornamenti sono più regolari^^.
26-05-08
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