Questa
FF è arrivata prima al contest NaruSasu indetto da Mikichan17
T h e E n d O f
N o t h i n g
I
La verità che ricordavo
“…spiego
ai miei sogni il concetto di onestà loro che si son
trasformati in una professione adatta voglio la verità
che ricordavo perché questa è troppo brutta…”
[Afterhours - La verità che
ricordavo]
1.1
Appena sollevate le palpebre ebbe la netta sensazione che quella
sarebbe stata una pessima giornata. Il sottile spicchio di cielo che
riusciva a vedere dalle tende leggermente socchiuse era pervaso da
nubi cariche di pioggia e, al di là del vetro della finestra,
il vento fischiava incessantemente.
L’istinto gli suggeriva chiaramente di richiudere gli occhi
ed infilare la testa sotto al cuscino, un po’ come facevano gli
struzzi: magari, se si fosse concentrato, sarebbe riuscito a
convincersi che lui con quella giornata spettrale non aveva nulla da
spartire. Purtroppo la ragione, altrettanto insistentemente, gli
intimava di alzarsi, lavarsi e vestirsi, scendere al piano di sotto
per una rapida colazione e, infine, dirigersi una volta per tutte a
quella dannata riunione. Doveva farsene una ragione: in nessun modo
sarebbe riuscito a sfuggire alle grinfie del gran consiglio di
Konoha.
Sospirò rumorosamente. Voleva rimanere accoccolato nel
confortante tepore delle lenzuola ancora per qualche minuto,
aspettando il momento in cui Sakura avrebbe fatto irruzione nella
camera per rammentargli l’ora e, nella più disastrosa
delle ipotesi, comunicargli che il ramen non era esattamente
l’alimento più adatto per una colazione bilanciata.
Attese qualche istante lo spalancarsi della porta, ma questo non
avvenne.
Sospirò rumorosamente per la seconda volta mentre si alzava
dal letto, per rabbrividire all’improvviso contatto dei suoi
piedi con il freddo pavimento sottostante. Quella sarebbe stata
decisamente una lunga giornata.
Un bigliettino attaccato sulla credenza gli fece capire che Sakura
era uscita di casa due ore prima, diretta all’ospedale, a causa
di un’urgenza improvvisa. Peccato e fortuna. Peccato perché
nessuno gli avrebbe dato il buon mattino con un bacio, l’avrebbe
abbracciato e l’avrebbe coccolato un po’, prima di
mandarlo -quasi a calci- in pasto al consiglio. Fortuna perché,
senza la maniacale precisione e puntualità della compagna,
avrebbe avuto il tempo di prepararsi fisicamente e psicologicamente
alla giornata lavorativa che lo attendeva e, forse, avrebbe avuto
anche l’occasione di fare colazione con una nutriente scodella
di ramen.
Si avvicinò alla credenza, la aprì e sospirò
rumorosamente per la terza volta. Quello non era un buon giorno.
Aveva terminato il ramen istantaneo.
Evidentemente la dea bendata non era dalla sua parte, quel dì.
Probabilmente le forze celesti cercavano di dirgli qualcosa…
ma cosa?
Rassegnato si diresse verso il frigorifero ed estrasse un cartone
di latte, l’unica valida alternativa al ramen che gli venisse
in mente in quel momento, poi agguantò un’inerme
confezione di biscotti che si trovava sul tavolo e si sedette
stancamente su una sedia.
Non capiva se fosse la sua cattiva stella, o il destino avverso,
ma quei biscotti sembravano essere a base di segatura e il latte
stranamente annacquato.
Effettivamente, pensò, tutto fuorché il ramen appare
disgustoso, di prima mattina.
Terminata la sua triste colazione, si diresse di nuovo in camera.
Lavarsi e vestirsi, che fatica. Da tempo prendeva in
considerazione l’idea di andare a letto già vestito per
il giorno successivo, così da evitarsi quell’inutile
fastidio… sfortunatamente Sakura gliel’aveva impedito
-ogni volta-.
Nell’uscire di casa, Naruto, sospirò rumorosamente
per la terza volta.
Non per un motivo ben preciso, per la mancanza del ramen o per il
tempo infernale. Semplicemente una piccola e saccente voce interiore
gli aveva suggerito si sospirare.
E godersi gli ultimi attimi tranquilli della giornata.
1.2
A pensarci bene venti centimetri non erano poi così bassi
come sembravano, soprattutto se moltiplicati per la miriade di
gradini che conducevano al suo ufficio. Annotò mentalmente che
una delle prime cose che avrebbe fatto non appena terminata la
riunione con il gran consiglio -se solo fosse riuscito ad uscirne
vivo- sarebbe stata spostare l’intera stanza al piano terra,
evitando così quella fatica immane.
In un giorno qualsiasi avrebbe salito le scale saltellando su di
un piede, con un enorme pacco di documenti in equilibrio sul naso e
stringendo tra le braccia svariate copie di “Icha Icha
Paradise”. Ma è anche vero che, benché fosse
Hokage, in un giorno qualsiasi doveva affrontare al massimo cinque o
sei individui altamente fastidiosi, pronti a lamentarsi del suo
operato o del sole che sorgeva troppo tardi o troppo preso per i loro
gusti.
Avere una riunione ufficiale con il gran consiglio di Konoha al
completo equivaleva al suicidio. Avrebbe preferito farsi mozzare
tutti gli arti, piuttosto che passare anche un minuto più del
dovuto in compagnia di quelle mummie. Stranamente non si
accontentavano solamente di fargli notare che Konoha non era
più quella di un tempo -infatti, pensava Naruto, ora
è più forte sia militarmente che economicamente!-
ma non rinunciavano mai a confrontare l’attuale Hokage, ovvero
lui, con quelli precedenti.
Questa era probabilmente la cosa che lo innervosiva maggiormente,
prima di tutto perché di certo non si era auto-investito della
carica, secondo perché era convinto che nonna Tsunade, e
Sarutobi e suo padre, se solo fossero stati vivi,
sarebbero stati decisamente orgogliosi di lui.
Semplicemente non era il burattino che gli anziani volevano che
fosse, non si limitava a chinare il capo e a firmare documenti ed
autorizzazioni senza informarsi od obbiettare. E questo li mandava in
bestia.
Salì i gradini più lentamente possibile, come per
rimandare ulteriormente lo spiacevole incontro. Sarebbe arrivato alla
sommità dell’edificio, avrebbe preso i resoconti che la
squadra ANBU che pattugliava il confine gli aveva spedito il giorno
prima, alcune missive provenienti da Suna e poi avrebbe ridisceso le
scale, fino a raggiungere l’ampia sala utilizzata per le
riunioni. Aveva più o meno ancora dieci minuti di vita,
dopodiché i medici avrebbero potuto decretare la sua morte
cerebrale. O, nel peggiore dei casi, quella di tutti quei viscidi
vecchiacci con la puzza sotto al naso.
Le missive da Suna erano esattamente dove le aveva lasciate il
giorno prima, sulla scrivania, accanto a qualche confezione vuota di
ramen istantaneo. Ora il problema era trovare i resoconti della
squadra ANBU.
La sera precedente, uno dei suoi impiegati l’aveva avvertito
dell’arrivo di quei resoconti, promettendo di lasciarli
nell’ufficio non appena ne fosse stata verificata
l’autenticità. Naruto aveva annuito distrattamente ed
aveva continuato a fingere di compilare importanti
attestazioni. Fare l’Hokage era davvero un lavoro stancante.
Sconsolato prese soltanto le lettere che portavano la firma di
Gaara e si avviò verso la sala del consiglio.
Entrando scoprì con irritazione che tutti i partecipanti
alla riunione erano già presenti, attorno all’ampio
tavolo tutte le sedie erano state occupate dall’élite di
Konoha, eccetto una, quella riservata a lui.
Circa venti paia di occhi lo seguirono fino a quando non si
sedette, studiando con maniacale attenzione tutti i suoi movimenti.
D’altro canto Naruto aveva iniziato a sudare freddo, temendo
d’aver commesso anche questa qualche passo falso.
Probabilmente, si disse nel vano tentativo di calmare i nervi, quelle
cariatidi erano indisposte semplicemente per il suo imperdonabile
ritardo. Di certo quei maledetti quattro minuti persi nel cercare i
resoconti avrebbero potuto permettergli di cambiare il mondo,
concluse mentalmente con sarcasmo, appoggiando sul tavolo i fogli che
stringeva in mano.
- Vi ringrazio per aver presenziato anche oggi a quest’importante
riunione del consiglio, e scusatemi per il ritardo - esordì, con il tono più serio e
ipocrita che conoscesse. Come se dovesse perfino essergli grato per
quella tortura! - All’ordine del giorno ci sono i nuovi
accordi propostici da Suna, per volontà del Kazekage stesso.
Dei rivoltosi appartenenti al villaggio della Nebbia stanno facendo
irruzione nella terra del Vento, con il preciso intento di attaccare
il villaggio della Sabbia. Sabaku no Gaara ci chiede di inviare dei
team di supporto alle squadre ninja già presenti sul posto,
certo della nostra collaborazione. Onorevole Kaname, vuole dire
qualcosa? - terminò rivolto ad un uomo sulla settantina,
elegantemente vestito, che stava discutendo a mezza voce con
l’anziana donna seduta accanto a lui.
- Certo - disse l’uomo chiamato Kaname,
alzandosi in piedi e schiarendosi la voce - Parlo a nome mio,
della rispettabile Asako e, credo, di molti altri di noi -.
Naruto fece uno sforzo immane, costringendosi a non roteare gli
occhi. Un classico.
- Come lei ben sa, nobile Hokage, Konoha sta uscendo
da un periodo di grandi disordini e profondi mutamenti - continuò Kaname, guardandosi attorno in cerca di cenni
d’assenso - Sarebbe poco proficuo e alquanto avventato, soprattutto in
questo primo ed instabile periodo di pace, iniziare una nuova faida con il
villaggio della Nebbia; non crede? -.
- Io credo, saggio Kaname - rispose Naruto con
veemenza - Che in nome dell’antica e duratura alleanza
tra il villaggio della Foglia e quello della Sabbia, sia nostro
dovere offrire a Suna l’adeguato sostegno militare che richiede-.
- Rokudaime Hokage, la esorto ad essere
realista -
Intervenne Otsune Nao, matriarca di una delle famiglie più
influenti dell’intera terra del Fuoco, con cipiglio severo,
come se stesse parlando ad un bambino disobbediente e testardo.
- Provi anche solo ad immaginare la perdita che comporterebbe
per Konoha. Se mentre i nostri migliori ninja si trovano nella terra del Vento,
intenti a combattere contro insulsi guerriglieri ribelli, si presentasse uno
serio e concreto problema qui? Chi provvederebbe a proteggere il villaggio? -.
Il Jinchuuriki si morse la lingua, cercando ancora una volta di
darsi un certo contegno di fronte agli anziani. Apparentemente era
calmo, sufficientemente disteso e lucido, ma se solo avesse potuto si
sarebbe alzato, rovesciando sedia e tavolo, e avrebbe avvertito quei
cadaveri ambulanti che aveva intenzione di aiutare Suna, anche a
costo di mettersi in viaggio da solo.
Naturalmente non poteva, costretto a riconosce che era anche
merito del consiglio se lui ora ricopriva quel ruolo, se aveva
realizzato il sogno di una vita.
Ricordava quando, più di dieci anni prima, affermava
soddisfatto ed orgoglioso “io diventerò Hokage!”.
Finalmente ce l’aveva fatta, era il ninja più forte del
villaggio, ma nonostante tutto non era contento. Voleva aiutare
Konoha, proteggerla e proteggere le persone che amava, ma non in quel
modo. Ogni volta che il consiglio prendeva una decisione a cui era
contrario, si opponeva, ma alla fine tutti i suoi sforzi si
rivelavano inutili.
- Infatti non intendo inviare centinaia di uomini,
venerabile Otsune - riprese Naruto, con l'insolito tono educato
- se mandiamo soltanto una piccola rappresentanza, sono certo che il villaggio
non ne sentirà la mancanza. Ma propongo comunque di effettuare una votazione - concluse, vedendo gli
sguardi dubbiosi degli uomini seduti accanto a lui.
- Alzi la mano chi è favorevole
all'invio delle squadre di supporto - annunciò Kaname con solennità.
Naruto alzò la mano e trattenne il fiato, aspettando che che
qualcuno facesse altrettanto.
Il silenzio regnò nella stanza per alcuni minuti, infine
l'Hokage chinò il capo.
- Uno contro venti. Mozione respinta -.
Il bambino fiducioso e un po' spaccone che si trovava dentro
Naruto tacque per un momento. Quello non era il suo sogno. Quella non
era la sua verità.
***
La mia prima NaruSasu, che emozione!
Oggi non è stata esattamente una bella
giornata, mi hanno rubato il portafoglio e altre simpaticherie
simili, quindi spero che almeno questa mia FF vi piaccia ;__;
[si, sto cercando di farvi pena]
...
That's all, folks!
MM
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