Distillato di Hunger Games!

di Sheylen
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Sheylen/ Sheylen 

Tributo:11

Turno:1
Note (facoltative): Ho scritto questo brano come una sorta di climax, perché è quasi un percorso logico seguito anche dal protagonista. Nonostante forse la banalità ho preferito che si aprisse e si chiudesse con la stessa parola, dato che è in fondo il tema centrale della storia. L’ho suddiviso in quattro sezioni (divise dalle tre parole che si ripetono) che avessero struttura più o meno simile tra di loro, per dare equilibrio al testo. Mi sono permessa di iniziare alcune frasi con congiunzione, ad esempio la sestultima riga, in quanto conclusioni dopo un ragionamento. Spero però che siate più interessati a quello di cui si parla rispetto a come è stato scritto… In ogni caso buona lettura e mi scuso per le insignificanti delucidazioni tecniche!
 

 
 
 

Eccomi.

 
 
 
Ago. Filo. Taglio.
Seguo linee, curve, disegni invisibili a chiunque, ma non a me.
Le mie mani eseguono movimenti complessi per chiunque, ma non per me.
L’Arte si fa rincorrere per anni, scappando come un bambino ribelle per i campi di frumento, girandosi ogni tanto per guardarti mentre cerchi di prenderla. Solo imparando a superare la fatica, il sudore, le lacrime e le delusioni è possibile non smettere di correre, arrivando infine a sfiorare quel bambino dai riccioli d’oro.
Solo allora quello si ferma, si volta, sorride e ti abbraccia.
E finalmente ti spuntano le ali.
Ago. Filo. Taglio.
La posizione degli spilli può parere casuale a chiunque, ma non a me.
Le pieghe hanno un’aria insignificante per chiunque, ma non per me.
Le biografie dei grandi artisti di Capitol City solitamente recitano sempre la stessa storia. Loro nascono nel lusso assoluto, figli di un gran nome, e devono solo soffiarsi il naso e mostrare il fazzoletto per ottenere il placet della critica. Nessun artista potrebbe accettare di vivere nell’ombra, dietro le quinte della grande scena. Eppure solo chi non rimane accecato dai riflettori impara a riconoscere un lieve sospiro di fortuna ed è capace di afferrarlo.
Ago. Filo. Taglio.
Danzo intorno al manichino, i passi di un ballo sconosciuto a chiunque, ma non a me.
I colori dei tessuti sono ancora indefiniti per chiunque, ma non per me.
Sono il cavaliere che corteggia la sua dama, accarezzandola con lo sguardo e modellandola con le dita. La stoffa obbedisce silenziosa ai miei ordini, fedele compagna di tutta la mia vita. Solo io so in quale spettacolare farfalla si tramuterà questo piccolo bruco. L’unica cosa che gli altri sanno è il nome del fiore sui cui dovrà posarsi.
Ago. Filo. Taglio.
L’abito che renderà famosa Katniss Everdeen come “la ragazza di fuoco” prende vita tra le mie mani, pronto a brillare davanti a tutto il mondo. Splende come la mia fantasia, ammalia come il mio sogno, brucia come la mia passione.
E allora sento di aver finalmente abbracciato quel bambino dai capelli dorati, mi accorgo di aver finalmente spalancato le mie ali, di aver afferrato quel soffio di fortuna che proveniva dal distretto 12. Io sono il mio lavoro, sono ricerca della bellezza, sono declinazione dell’Arte.
Ago. Filo. Ultimo taglio.
Faccio un passo indietro e guardo ciò che tutti conosceranno come il mio capolavoro.
 
Eccomi.




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