Buongiorno gente! Qui mi chiamano malpensante (ho un account
da qualche parte, ma non riesco a mettere il link nelle note
dell'autore - ci riproverò quando il computer funziona
decentemente)
Questa è la prima fanfiction che traduco, ed
è presa dalla fantastica, fantasmagorica autrice smak978 su
fanfiction.net: andatela a trovare e lasciatele una recensione se
masticate un po' di inglese! Altrimenti se volete posso tradurre o
contattarla io ;)
Per me The List è un bijou, spero che piaccia
anche a voi quanto piace a me, io la amo e per questo ho deciso di
tradurla.
Prima di cominciare, un po' di formalità:
Quest'autore è straniero e a gestire questo
account è chi lo traduce. (cioè me medesima,
potete contattarmi quando volete :D )
Inoltre, questi personaggi non mi appartengono, ma sono
proprietà di J.K.Rowling; questa storia è stata
scritta senza alcuno scopo di lucro. (seeee, se i fan guadagnassero
dieci centesimi per ogni parola che scrivono in una fanfic saremmo
ricchi sfondati!)
Fine comunicazioni di servizio :)
Comunque, ditemi cosa ne pensate, e se vedete che ho fatto
errori grammaticali o trovate una frase pesante ditemelo subito, la
pondererò (pfff che paroloni che uso) e
modificherò la frase se lo ritengo opportuno.
Sappiate però che pubblicherò
sporadicamente, faccio la seconda liceo classico, quindi la quarta, e
non sono proprio liberissima.
Lasciatemi una recensione, non basta tanto, solo poche
parole :)
Spero vi piaccia,
malpensante
P.S. pubblicherò i link originali di smak978 e
The List sulle NdA non appena potrò.
P.P.S. E attenti al linguaggio pesante, lei non si
è trattenuta e neanche io ^^"
E ora, on with the story!
Capitolo Uno – Non doveva cambiare niente
Madama Chips amava il suo lavoro. Amava rimettere in sesto gli
studenti, mandarli via felici e comandare l’infermeria con
una sola occhiata. Dopo la guerra aveva deciso di usare il suo tempo
per rendere gli alunni di nuovo felici, curare quelli depressi e
assicurarsi che ogni singolo studente si diplomasse nel perfetto
ritratto della salute. Era una donna in missione. Avrebbe tollerato
anche i Serpeverde, pensò accigliata, e avrebbe curato ogni
ferita che si fossero procurati; ma che fosse dannata prima di
sorridergli. Era un oltraggio anche solo che avessero avuto il permesso
di tornare a scuola e Madama Chips aveva fermamente espresso i suoi
dubbi alla preside, ma ormai erano tornati per rimanere. Beh, lei
avrebbe dedicato il suo tempo agli studenti e li avrebbe fatti
sorridere di nuovo; dopo la guerra, avevano bisogno di festeggiare e
sorridere il più possibile.
Mentre tutti erano al banchetto nella Sala Grande a
festeggiare l’inizio di un nuovo anno, Madama Chips era
occupata a pulire l’infermeria, ricontrollando le pozioni e
soppesando anche un rinnovamento delle pareti. Magari giallo, il colore
della felicità? Nonostante sapesse di essere considerata una
donna austera, poteva ancora sorprendere gli studenti. Si prospettava
un bell’anno.
Il suono della porta che si chiudeva le disse di non essere
più sola. Sorprendentemente, o anche no, per quanto la
riguardava, Harry Potter era in piedi davanti alla porta, esitando
impacciato prima di attraversare la stanza. C’era qualcosa di
diverso in lui, ma Madama Chips scacciò il pensiero. Harry
sarebbe stato il più forte quest’anno, il
più spensierato, senza la minaccia costante di
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato sopra la testa. Semmai, si meritava
più gioia di chiunque altro qui, studente o insegnante.
Lui sorrise, ma la felicità non raggiungeva gli
occhi. Qualcosa non andava.
Le porse una lettera, rifiutandosi di incrociare lo sguardo.
Il sigillo aveva una bacchetta e un osso incrociati, il
simbolo di San Mungo.
Madama Chips odiava il suo lavoro. Specialmente quando si
doveva occupare di un paziente senza speranza.
.
.
.
“Che c’è, Harry? Lo so,
c’è Pozioni come prima lezione dell’anno
ma… oh Merlino… è molto deprimente,
vero?” La voce si affievolì, il ghigno
improvvisamente vacillante. Harry fece un sorrisetto a Ron, sapendo che
non raggiungeva gli occhi ma provando lo stesso. Non sorrideva
più veramente, sembrava più una smorfia o un
sorrisino incerto. Mai un sorriso.
“Grazie per l’incoraggiamento, Ron. Mi fa
sentire molto meglio.”
“Quando vuoi, amico… Pozioni.
È più di un anno che non faccio una pozione!
Farò schifo! È ridicolo… Come si
aspettano che recuperiamo? Sono a malapena al livello del sesto
anno!”
Harry sospirò tra sé e sé,
osservando come Ron si facesse venire un attacco di nervi. Stava
andando in panico per Pozioni. Pozioni. Come se essere bocciato in
quella classe fosse la fine del mondo, come se quell’unica
materia potesse realizzare ogni sogno e tenere il futuro su un vassoio
d’argento. Come poteva consolare il suo amico quando voleva
solo sbuffargli in faccia? Harry quest’anno quasi non vedeva
l’ora di fare schifo in Pozioni; poteva anche far esplodere
di proposito un paio di calderoni, giusto per tormentare tutti gli
altri. Seriamente, preoccuparsi per Pozioni. Harry riuscì a
malapena a non alzare gli occhi al cielo.
Harry sapeva che non era colpa di Ron. Sapeva che
probabilmente avrebbe dovuto dire a Ron e Hermione appena
l’aveva scoperto che qualcosa non andava le settimane dopo la
battaglia. Avrebbe dovuto smettere di far finta di essere felice, dir
loro di piantarla di parlare di Pozioni, e dire
ad alta voce ‘Hey ragazzi, volete chiedermi dove sono
scomparso dopo la guerra, o no? Perché vorrei parlarvi di
questa cosa che sta prendendo controllo del mio corpo, della mia magia
e della mia vita…’. Ma non lo fece. Non poteva. Ed
ora era troppo tardi per dirglielo. Si sentiva solo strano, sapeva bene
che gli avrebbero fatto la ramanzina, e avrebbero pianto, e lui si
sarebbe sentito una merda per settimane. No, non poteva dirglielo. E
come dovevi introdurre l’argomento? A cena? O forse durante
una partita a scacchi? ‘Hey Ron, raccontami cosa è
successo in estate! Davvero, tu ed Hermione vi siete messi assieme?
Cavolo, congratulazioni! Io? Nah, non posso più uscire con
nessuno; salta fuori che sto morendo…’. Non
suonava bene neppure nella testa di Harry, eloquente com’era.
Ne aveva abbastanza di girarsi e vedere che tutti lo
guardavano con reverenza, che quasi si inchinavano
quando passava. Ne aveva abbastanza di guardare la Gazzetta del Profeta
la mattina e vedere la propria faccia stampata su pagine con i titoli
più irritanti possibili. Il ragazzo che
è sopravvissuto scomparso? Harry Potter, nuovo Signore
Oscuro? Un ragazzo con più di una cicatrice?
Merlino, era insopportabile. Spiritoso, mentre era in ospedale. La
storia di come era scappato con un vampiro con un’evidente
ossessione per il collo lo aveva interessato. Quella di come era
diventato un eremita con i capelli lunghi e selvaggi e le unghie gialle
e così lunghe che si arricciavano lo aveva divertito.
Il divertimento però era terminato quando era
salito in treno. Le persone gli lanciavano occhiate al collo, o
sussurravano tra loro e sospiravano davanti alle sue unghie normali.
Il bisbiglio alle sue spalle, gli immediati ssh! quando guardava dalla
loro parte… Era come se non lo avessero mai visto prima,
come se non avesse mai camminato per i corridoi a scuola. La
venerazione che avevano, e spesso la paura, gli facevano saltare i
nervi. Non appena qualcuno a scuola avrebbe sentito di essa,
la notizia di sarebbe diffusa in un lampo. Poteva immaginarsi
già i titoloni. Il ragazzo che non può
più vivere. Salvatore del mondo magico, un
Magonò. Come reagirà Harry il Babbano?
Ecco perché non poteva dirlo a Ron o Hermione. Non
che non voleva, ma fisicamente non poteva.
Ron all’inizio si sarebbe arrabbiato
perché non gliel’aveva detto subito.
L’avrebbe ignorato, si sarebbe agitato e avrebbe detto le
cose sbagliate nei momenti sbagliati. Hermione sarebbe stata peggio,
piangendo, abbracciandolo, e poi dritta in libreria a cercare una cura
o a inventarne una. Harry sapeva della sua genialità, e Ron
era ancora il suo migliore amico, ma a volte, avevi bisogno di
combattere qualcosa da solo. Dio, l’aveva fatto
già abbastanza volte per sapere come fare.
Così, finse di sorridere a Ron, scambiò
un’occhiata d’intesa con Hermione, e spinse il cibo
per il piatto, dato che non era così affamato. Dopo aver
fatto sapere di essa a Madama Chips la sera
prima, la singhiozzante infermiera lo aveva accompagnato dalla Preside,
e anche lei aveva versato una lacrima prima di fingere che non fosse
mai scesa sulla guancia anziana. Pretesero di sapere tutto, che Harry
disse malvolentieri, e giurarono di non dirlo a nessuno studente. Gli
insegnanti sarebbero stati informati, ma tutto lì. Era tutto
a discrezione di Harry. Grazie al cielo.
Poi continuarono a parlare.
Harry non aveva più il permesso di usare magia in
modo eccessivo, solo il minimo indispensabile. Harry aveva obiettato,
dicendo che sarebbe stato evidente che qualcosa non andava se non usava
per niente la magia. Era tornato per una vita di normalità,
e sarebbe stata normale.
Harry doveva presentarsi in Infermeria. Quotidianamente. Solo
per assicurarsi che prendesse le pozioni come stabilito. Dopo tutto, in
questi casi, di solito il paziente smetteva di prendere le medicine o
iniziava ad avere… domande sulla mortalità. Harry
si sforzò di sorridere, scuotendo la testa. Non aveva
intenzione di togliersi la vita, non quando era finalmente a casa.
I suoi compagni di casa dovevano essere informati, per la sua
sicurezza e benessere. Qui, Harry aveva piantato i piedi, smettendo di
sorridere ed essere gentile. Era la sua vita, e
lui voleva normalità. Nessuno, a parte
gli insegnanti, avrebbe saputo di questo, e se fosse successo, lui si
sarebbe ritirato dalla scuola immediatamente. Non sarebbe stato più
l’oggetto di sussurri e pettegolezzi e occhiate preoccupate.
Ora era maggiorenne. Ora prendeva le proprie decisione, e non
c’era niente che potessero fare.
Harry doveva andare a letto. Doveva essere esausto.
Sì, non sapevano neanche quanto.
Harry sospirò di nuovo, affermando finalmente di
essere pieno e seguendo gli amici nei sotterranei. Aveva vissuto della
sottile speranza che una volta tornato ad Hogwarts sarebbe stato tutto
a posto. Era la ragione per cui non era impazzito tutta
l’estate, attraverso gli esami e le medicine. Ora, qui con i
suoi amici e la sua casa, tutto ciò a cui riusciva a pensare
era a quanto voleva essere solo. Sembravano tutti così felici
e riuscivano a ridere come se non fosse niente. E nessuno aveva neanche
chiesto ad Harry della sua smorfia falsa. Non la vedevano, o
semplicemente non se ne importavano? Qual era la risposta peggiore?
I Grifondoro si allinearono fuori dalla classe, le voci scese
a bruschi mormorii dopo che improvvisamente ebbero squadrato trucemente
gli altri occupanti. Anche Harry alzò gli occhi, sorpreso
per la prima volta. Solo metà dei Serpeverde avevano deciso
di tornare quest’anno. Sapere che sarebbero stati
ostracizzati e odiati aveva impedito alla maggior parte di loro anche
solo di considerare un eventuale ritorno a Hogwarts. Che deprimente,
rifletté Harry. Hogwarts era la sua casa. Poteva essere
anche la loro, e i pettegolezzi avevano impedito loro di rientrare. Un
motivo in più per tenere il segreto per sé; non
poteva più affrontare le chiacchiere, e francamente non
voleva.
I Serpeverde erano in piedi, quasi completamente in silenzio.
Parkinson stava palesemente evitando gli sguardi di tutti, con
gli occhi a terra mentre si mordeva preoccupata il labbro. Di solito,
l’irritabile ragazza si sarebbe pavoneggiata davanti agli
altri, ma ora era silenziosa. Allo stesso modo Goyle si rifiutava di
guardare nessuno, ma invece con gli occhi trapanava buchi nella parete.
Sembrava squilibrato, come se si stesse a mala pena trattenendo al di
sotto dell’apparenza. Come se avesse sentito il suo sguardo,
Goyle si girò improvvisamente a fissare Harry, subito con le
sopracciglia a coprire gli occhi cattivi. Latrò,
letteralmente, e serrò i pugni prima di girarsi, dando
completamente le spalle a Harry. L’ostilità era da
aspettarsi, ma non fino a questo punto. Harry batté le
palpebre e i suoi occhi guizzarono verso gli altri Serpeverde. Zabini
stava sussurrando a Nott e gli occhi dei due scintillarono quando
incontrarono quelli sorpresi di Harry, prima di parlare di nuovo.
Fantastico. Era iniziato.
Sospirando, Harry lanciò un’occhiata
all’ultimo Serpeverde nella classe, battendo le palpebre
quando incrociò immediatamente gli occhi grigi.
Malfoy era impeccabile come sempre, ovviamente. A testa alta,
considerò pigramente i Grifondoro prima di girarsi con gli
occhi al cielo. Niente irritava Malfoy, era al di sotto di lui. Almeno
alcune cose non cambiavano mai.
Harry sentì il labbro contrarsi, sorprendentemente,
e lo morse per impedirgli di allargarsi. Non un sorriso, e Malfoy
era quello che gli faceva perdere l’abitudine? Forse stava
impazzendo. Beh, più del solito.
Sentì ancora degli occhi su di lui ma tenne lo
sguardo sul pavimento, ignorandoli a bella posta. Non aveva intenzione
di abboccare all’esca, non quest’anno. Aveva altre
cose di cui preoccuparsi. D’altra parte, voleva
normalità, giusto?
La porta si aprì prima che potesse raccogliere le
idee, e Harry riluttante entrò per ultimo in classe.
Fece per andare al solito posto, ma si fermò di
botto quando si rese conto che non c’era
posto. La classe, di solito, era sistemata con tre sedie attorno ad un
calderone… quest’anno, ce n’erano solo
due. Che si stavano riempiendo in modo straordinariamente veloce.
Ron si sedette affianco ad Hermione, naturalmente, facendole
un sorriso a trentadue denti mentre le chiedeva se il calderone era
libero in quella che considerava sicuramente una voce sensuale. Da
quando si erano baciati nella guerra, erano diventati inseparabili, e
quasi insopportabili. Portavano ‘baciarsi’ a nuovi
estremi, e Harry era sorpreso che Hermione non chiamasse già
Ron ‘RonRon’. Non gli dispiaceva che si sedessero
assieme, se l’era aspettato, ma ciò non
impedì al dolore di lampeggiare sul suo viso.
Non lo considerarono nemmeno, non pensarono a lui neanche un
secondo di tempo. E non era tutto. Dean e Seamus erano assieme,
naturalmente, e Harry come al solito puntò a Neville, ma la
sedia vicino a lui era ugualmente occupata… niente meno che
da Calì Patil. Calì a malapena pensava a Neville
una volta al giorno, e di sicuro sapeva della sua reputazione in
pozioni, e tuttavia, eccola là seduta a sbuffare e tirare
fuori i libri.
Okay, poteva capirla. Di solito si sedeva vicino a Lavanda. Di
solito, l’amica le avrebbe sorriso e fatto gesti, disperata
perché non vedeva l’ora di rivelare
l’ultimo gossip. Ora non più.
Harry rimase lì in piedi, esterrefatto. Lui, per la
prima volta, non aveva qualcuno con cui sedersi in Pozioni,
perché non avevano neanche pensato a lui. Il primo giorno, e
nessuno dei suoi amici voleva sedersi con lui? Non una parola tutte le
vacanze, e ora questo a Pozioni?
Ma vaffanculo.
“Hmm, Harry, caro ragazzo! Prego,
siediti.” Lumacorno attese che Harry si sedesse, attirando
l’attenzione della classe su di lui. D’improvviso,
tutti i suoi amici capirono.
“Oh… oh! Scusa Harry, non
pensavo…”
“È tutto a posto.”
Scattò Harry, non importandosi se il tono era un
po’ troppo brusco. Perché non l’avevano
ancora notato? Perché non si accorgevano che non sorrideva?
Invece si girò verso l’altro lato della stanza,
quasi gemendo. Malfoy e Zabini erano assieme, entrambi con le
sopracciglia alzate quando gli occhi di Harry si fermarono sul loro
tavolo per un secondo in più del necessario. Parkinson era
stravaccata sulla sedia con Nott come partner… il che
lasciava un Goyle incupito tutto da solo. Trattenendo un sospiro, Harry
raggiunse il calderone di Goyle e si sedette con cautela, sentendosi in
un nido di vipere. Davanti a loro, Malfoy e Zabini. Dietro, Nott e
Parkinson. Goyle era a destra, più vicino alla porta. Era
circondato da Serpeverde, e poté subito sentire ogni sguardo
su di sé. Ron condivideva i suoi pensieri. Più o
meno.
“Signore, non può fare sedere Harry
lì! È pericoloso sedersi con un branco
di…”
“Signor Weasley, posso consigliare cautela prima di
parlare della mia Casa.”
“… Andiamo, è Harry! Dovrebbe
essere l’ultima persona a sedersi con loro!”
“Beh, non mi hai dato molta scelta.” Harry
sbottò, vedendo l’espressione assente di Ron prima
di guardare il tavolo. “Lascia stare.”
Calò un profondo silenzio, prima che Lumacorno
iniziasse di nuovo a parlare in tono concitato ed eccitato.
“Bene, ho pensato che prima di iniziare il quadrimestre
dovremmo riprendere le ultime pozioni che abbiamo fatto, giusto?
Quindi, dovete scegliere una pozione, una qualunque del libro, e avete
un’ora e mezza per prepararla. Buona fortuna, il vincitore
guadagna trenta punti per la propria Casa. Via, via! Non perdete
tempo!”
Harry sospirò e si girò verso Goyle, che
lo fissava accigliato. Non lo aveva mai visto così da vicino
prima, a parte le scaramucce per i corridoi. I piccoli occhietti
porcini gli ricordavano quelli di Dudley, e Goyle sovrastava Harry,
senza perdersi niente di quel che faceva mentre lo fissava con rabbia.
Aprì il libro, senza neanche controllare la pagina, e
guardò Harry in cagnesco.
“Facciamo questa. Non parlarmi, non toccarmi. Hai
delle cazzo di domande?” Goyle latrò e lo
osservò furioso quando lui annuì semplicemente e
non ribatté affatto. Si alzò e scrutò
Harry ancora per un momento, prima di prendere d’assalto
l’armadio degli ingredienti.
Harry, ricordandosi di respirare, dovette impedirsi di
sorridere ancora. Era ridicolo. Aveva ucciso il
mago più forte di tutti i tempi… e nonostante
ciò, aveva paura di un compagno che gli aveva detto a
malapena due parole prima di oggi? Era assurdo. Cercando di non
sorridere, si sentì degli occhi addosso e si
irrigidì leggermente. Iniziò a far bollire il
calderone, e diede una scorsa agli ingredienti con sorpresa. Beh, aveva
già fatto questa pozione una volta. Farla una seconda volta
non sarebbe stato così difficile. Dopo tutto, aveva avuto un
ottimo insegnante.
Harry sentì ancora che qualcuno lo fissava, e
finalmente, alzò lo sguardo su occhi grigi. Malfoy
alzò le sopracciglia, come se fosse stato lui a guardare per
primo, e fece un sorrisetto. “Sai, Weasel ha ragione. Non
è sicuro per te sedersi qui.”
Harry non batté ciglio. “ E a me dovrebbe
interessare… perché?” Chiese, guardando
Malfoy fare di nuovo un sorrisino e girarsi verso la parte anteriore
della classe mentre Goyle tornava. Quello scaricò gli
ingredienti sul banco e tirò fuori un coltello, iniziando a
tagliare l’assenzio come se avesse in mano
un’accetta. Harry sospirò, raccolse le radici di
valeriana e iniziò ad affettarla finemente, tenendo
d’occhio Malfoy che ancora sogghignava. Perché gli
aveva lasciato l’ultima parola? Cosa stava progettando?
Il lato Serpeverde della stanza lavorava in silenzio.
Harry prese il fagiolo sopoforoso, lo schiacciò con
il retro della lama e fece per aggiungerlo, ma Goyle
accoltellò il tagliere. Harry tirò via la mano di
scatto e si girò arrabbiato. “Che
problema hai?”
“Tu, tu feccia mezzosangue.” Lui gli
ringhiò contro, digrignando i denti. “Segui le
istruzioni.”
“Lo sto facendo.”
“Col cazzo. La prossima volta, il coltello ti prende
la mano.” Ringhiò, liberando la lama con uno
strattone e fissando trucemente Harry. Poteva sentire gli occhi degli
altri occupanti della stanza che lo sfidavano a farlo. Poteva sentire
il calore salirgli alla faccia, e Harry strinse i denti con ira. Poi,
in una mossa audace, prese il tagliere e fece scorrere nella pozione il
succo del fagiolo schiacciato.
Silenzio.
Harry riappoggiò il tagliere e raccolse il mestolo,
iniziando a girare la pozione in senso antiorario e contando sotto
voce. Lanciò un’occhiata a Goyle, mentre ancora
contava, e lo vide stringere il coltello in una mano, la bacchetta
nell’altra. Harry arrivò a sette,
deglutì, e mescolò in senso orario. La pozione
divenne più chiara. E lui fu spinto giù dalla
sedia quando lo sgabello scomparve.
Harry sbatté sulle piastrelle, sentì gli
occhiali spaccarsi e ringhiò, alzandosi in piedi e pulendosi
la mano sbucciata sull’abito. Si levò gli
occhiali, mettendoli in tasca. Non poteva ripararli in modo giusto, non
qui. Stese il braccio, riprendendo il mestolo, e ricominciò
a mescolare. Sette volte. Una oraria.
Non riusciva a vedere cosa succedeva, invece dovette strizzare
gli occhi verso Goyle che sembrava più vicino rispetto a un
secondo fa.
“Goyle, se lo maledici avremo ogni fottuto
Grifondoro sul collo a lanciarci fatture. Metti via quella dannata
bacchetta.” Malfoy parlò lentamente, anche lui
più vicino di quanto Harry ricordasse. Harry
deglutì, sedendosi di nuovo sullo sgabello, con la mano che
indugiava sul mestolo.
“Beh, Potty, hai la nostra attenzione.
Procedi.” Malfoy strascicò le parole, Harry era
sicuro che stesse facendo ancora il sorrisino. Harry sbatté
le palpebre, deglutendo leggermente. Era una specie di test? Come
diavolo si era arrivati a questo?
Deglutì ancora, e cominciò a mescolare
la pozione, contando nella testa. Quando arrivò a sette, si
fermò, e fece un giro orario. Si sentì respirare
sul collo e si girò, stringendo gli occhi per cercare di
distinguere chi era, inutilmente. Tutti i Serpeverde si erano sporti
sui loro banchi, standogli addosso, cercando di vedere cosa stava
facendo. Era snervante che nessuno di loro parlava, guardava e basta.
Goyle stava ringhiando e borbottando da qualche parte alla sua destra e
così Harry, anche solo per infastidirlo, continuò
a girare la pozione. Sette antiorarie, una oraria.
“Hmm, immagino che sia così che ci hai
battuti l’anno scorso.” Harry alzò gli
occhi su Malfoy, aggrottando le sopracciglia. Lui sembrò
notare l’errore e sbuffò, “Intendevo due
anni fa. In Pozioni.”
La situazione era ancora più strana. Harry
continuò a mescolare, notando finalmente che la pozione era
diventata trasparente come acqua. Il perfetto Distillato della Morte
Vivente.
Mise via il mestolo, picchiettandolo con le dita e innervosito
dall’attenzione e da come non gli davano spazio.
“Ma se sei terribile in Pozioni.”
Parkinson fu la prima a parlare ad alta voce, e apparentemente era
quella che gli respirava sul collo. Harry sobbalzò alla
voce, strizzando gli occhi mentre rispondeva.
“Questa è l’unica pozione che
so preparare.”
“Dovresti seguire le istruzioni.”
“Perché i Serpeverde sono così
bravi a seguire le regole, vero?” Sentì una
risatina, girandosi a provare a vedere chi era. Aveva
appena… scherzato con un Serpeverde?
“Ti ha beccato, Pans.” Malfoy
ridacchiò girandosi verso la lavagna, e
all’improvviso l’incantesimo si ruppe. Tutti i
Serpeverde tornarono alle rispettive pozioni, lasciando Harry
dannatamente confuso. Toccò gli occhiali, sentendo il vetro
rotto con un dito e desiderando di poter vedere. Sapeva che Goyle aveva
lasciato la sedia, ma si sentiva più a suo agio quando
poteva vederlo. Goyle era cambiato dopo la guerra, e non per il meglio.
Finalmente Lumacorno annunciò Harry e Goyle come
vincitori, tra la meraviglia dei Grifondoro e l’indifferenza
dei Serpeverde. Malfoy parlò di nuovo, sotto voce anche se
fu sentito in tutta l’aula.
“E inoltre, l’ha
fatto cieco.”
Harry si voltò verso Malfoy, che stava palesemente
guardando da un’altra parte. Era gentile, o era uno scherzo?
Fu un sollievo quando finalmente Lumacorno annunciò
la fine della classe, e Harry si affrettò a prendere le sue
cose e scivolare fuori, strizzando ancora gli occhi verso tutti.
Pensò di vedere dei capelli cespugliosi, e
incespicò verso di essi, ma Hermione gli afferrò
il braccio, tirandoselo dietro.
“… Cos’è successo
agli occhiali?”
“Uh, non mi ricordo il movimento della bacchetta per
l’incantesimo…”
Hermione alzò gli occhi al cielo, o Harry
immaginò che lo facesse, prima di affondare la bacchetta in
avanti per riparare le lenti rotte. Entrambi stavano fissando Harry,
con espressioni impazienti.
“… Uh… Che
c’è?”
“Che c’è? Che
c’è? Harry! Ti abbiamo guardato e
stavano pendendo dalle tue labbra, accidenti! Quella vacca
della Parkinson sembrava che ti stesse per fare un
succhiotto!”
“Beh, non l’ha fatto.” Harry
sbottò a disagio, dirigendosi a fare una pausa prima di
pranzo. “Niente di tutto questo sarebbe successo comunque, se
mi aveste tenuto un posto. Davvero, vi siete dimenticati di me o
l’avete fatto apposta?”
“Sì, certo, dai la colpa a noi, Harry.
Sul serio, cosa stavi facendo?”
“Niente, ho chiacchierato un po’, mi
stavano guardando mentre lavoravo. Era tutto a posto.”
“Oh, davvero, non era niente?” Harry si
girò verso Ron, esitando quando vide la faccia del
famigerato rosso e un’aria di incredulità negli
occhi. Fece una smorfia ad Harry, come se fosse un estraneo.
“Forse dovresti andare a sederti con loro a pranzo allora, se
ti piace così tanto chiacchierare con loro!”
“Oh, ma vaffanculo!”
Harry gridò, girandosi da loro, fregandosene del fatto che
erano in un corridoio affollato e ogni sguardo era incollato addosso a
loro. “Preferiresti che faccia lo
stronzo e mi faccia lanciare maledizioni tutta la lezione, o forse,
solo forse, che passi l’anno senza
passarmela malissimo come al solito, porca miseria? Non
c’erano posti, quindi mi sono seduto là! Oh
Merlino, che gran cosa! Crescete! Un! Po’!” Si mise
la borsa in spalla e si fece strada nella folla, nonostante i bisbiglii
che lo seguivano. Ottimo. Fantastico. Giorno uno, neanche ora di
pranzo, ed era già scattato contro i suoi amici.
Harry ignorò le occhiate che riceveva e invece
corse attraverso la Sala Grande, attraversando il prato come una furia
prima di sistemarsi sotto un albero vicino al lago. Hogwarts non doveva
cambiare. I Serpeverde non dovevano interessarsi
a lui, dovevano combattere e odiarlo. I Grifondoro non
dovevano dimenticarsi di lui, dovevano restargli accanto
fino alla fine e scherzare come facevano sempre. La McGranitt non
doveva piangere! Lumacorno non doveva
lanciargli occhiate compassionevoli per tutta la lezione.
L’unico che si stava comportando normalmente era Goyle, e lui
era un sadico decerebrato del cazzo!
Harry ringhiò tra sé e sé,
asciugandosi frettolosamente gli occhi. Non avrebbe pianto. Non aveva
pianto fino ad ora, giusto? Digrignò i denti con rabbia,
tirando un pugno per terra prima di sbattere la testa
all’indietro contro l’albero.
Hogwarts non doveva cambiare!
…Perché non vedevano che non
riusciva a sorridere?
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