Haiku
Ciao
Tiziana
barra Harry,
questa
storia è
dedicata
completamente
a
te.
Sorridi,
sei una
meraviglia.
Lo haiku è
una fragile essenza di apparizione:
un sasso
lanciato nella mente di chi ascolta,
solo il
silenzio porterà alla sua completa
comprensione.
Louis Tomlinson era
un ragazzo che
si poteva definire diverso.
La sua famiglia lo
aveva da sempre
chiamato sognatore, i suoi
professori
sostenevano che avesse la testa costantemente tra le nuvole, il suo
compagno di
banco al liceo era sicuro che non fosse normale per un maschio
disegnare tutti
quei cuori sui quaderni, il suo migliore amico sapeva che a volte si
estraniava
dai discorsi per perdersi nelle sue fantasie.
Louis pensava
solamente che fosse
in cerca dell’amore: l’amore vero, quello delle
fiabe, quello che riportava in
vita le persone con un solo bacio (come era successo per la Bella
Addormentata
e Biancaneve), quello dei libri, dei film e dei sogni.
Ma, mentre lo
cercava, si doveva
accontentare di lavorare in una piccola libreria in centro, vicino
all’appartamento che divideva con il suo migliore amico
citato prima, scrivendo
qualche poesia o haiku – di cui si era appassionato da poco
– e lasciando le
penne in giro, aspettando che Liam Payne – migliore amico e
coinquilino –
puntualmente mettesse in ordine al posto suo.
“Sono a
casa, Tommo!”
Louis distolse lo
sguardo dal
taccuino che teneva in grembo, infilandosi la penna blu dietro a un
orecchio e
guardando Liam entrare.
Viveva con lui da due
anni –
ovvero, dall’ultimo anno di liceo – e a volte
assomigliavano terribilmente a
una vecchia coppia sposata, con i loro battibecchi e lanci di cuscini,
ma
entrambi erano felici così.
“Ho una
novità” trillò
allegramente, sedendosi sul divano vicino a Louis, che si
colpì teatralmente la
fronte con il palmo della mano.
“Dimmi che
non è quello che penso”
borbottò, contrariato.
“Se pensi
che sia un altro
appuntamento programmato, allora sì, è quello che
pensi.”
“Ti avevo
detto di non dirmelo!”
Liam gli sorrise
dolcemente. Louis
non aveva mai avuto una ragazza, né un ragazzo, e a ventidue
anni la cosa
poteva essere preoccupante; il problema era che nessuno corrispondeva
al
concetto di amore per Louis, che
si
rifiutava categoricamente di mettersi con qualcuno che non gli piacesse
fino in
fondo.
Così, Liam
Payne e Zayn Malik – il
suo ragazzo da quasi un anno, incontrato
all’Università – avevano iniziato a
organizzargli degli appuntamento da qualche settimana. Inutile dire che
tutti
si era conclusi drasticamente.
“Andiamo
Lou, la ragazza dello
scorso sabato non era male” replicò Liam,
posandogli una mano sulla spalla.
“In effetti
Elizabeth era
simpatica, ma –”
“Si
chiamavano Eleanor.”
Louis
aggrottò la fronte. “Ah.”
L’amico
ridacchiò, mettendosi in
piedi. “Vedrai che questa volta funzionerà:
è un amico di Zayn e secondo i suoi
racconti è molto carino e dolce” alzò i
pollici con aria incoraggiante.
Louis
roteò gli occhi e sbuffò,
prendendo la penna e puntandola sulla carta bianca del taccuino con
delicatezza, come se potesse ferirla in qualche modo.
Sua sorella una volta
gli aveva
chiesto perché maneggiasse le matite e le penne con
così tanta cura, Louis
aveva risposto solo che doveva trattarle bene visto che sanguinavano
inchiostro
per lui.
“Vedrai che
ti piacerà” affermò
Liam, convinto, mentre Louis si concentrava sul suo haiku.
Appuntamenti.
Voglio solo amore,
portami via.
-
Il locale era pieno.
Louis si
passò una mano tra i
capelli, leggermente teso – non si era ancora abituato a
quelle serate –
camminando insieme a Liam verso un tavolo da quattro occupato da un
ragazzo
moro di schiena e uno biondo, di cui si intravedeva il profilo.
Louis sorrise appena.
“Zay”
esclamò Liam, piegandosi
verso il suo ragazzo e posandogli un bacio sulle labbra socchiuse. Il
moro
sorrise, salutando i nuovi arrivati.
“Io sono
Niall” si presentò il
biondo – aveva gli occhi azzurri e una camicia bianca – stringendo la
mano a Louis.
“Io mi
chiamo Louis, ma
probabilmente lo sai già” sorrise, sedendosi
davanti a lui e vicino a Liam, che
aveva preso posto di fronte a Zayn.
Niall
ridacchiò. “In effetti, Zayn
mi ha parlato di te. Lavori in una libreria, se non sbaglio.”
Il castano
annuì, sciogliendosi un
po’. “Mi piacciono i romanzi e alla libreria Wonderland – è
nella stessa via dell’appartamento mio e di Lee –
cercavano un dipendente, così mi sono offerto io.”
“Ti piace
anche scrivere, vero?”
“Adoro
scrivere con tutto me
stesso” gli occhi di Louis brillarono. “Mi
piacerebbe scrivere uno di quei
romanzi d’amore lunghi e strappalacrime, ma per farlo mi
serve ispirazione e
‘sta stronza non arriva” sospirò,
mettendo il broncio, Niall rise.
Zayn
pizzicò piano il braccio di Liam,
appoggiato sul tavolo. “Sono una coppia bellissima o
sbaglio?” sussurrò, per
non farsi sentire dai due.
Liam
annuì. “Questa volta potrebbe
funzionare.”
Zayn sorrise,
orgoglioso di se
stesso.
Aveva conosciuto
Niall Horan
quando era bambino: erano nella stessa classe alle elementari e si
erano
giurati di rimanere amici per sempre, ma
poi Niall era dovuto tornare in Irlanda – era nato
lì – e si erano persi di
vista; qualche settimana prima, però, un ragazzo chiassoso e
irlandese si era
trasferito nel suo condominio e Zayn non aveva potuto credere ai suoi
occhi
quando aveva visto il suo migliore amico delle elementari
nell’ascensore al
quarto piano. Aveva scoperto che Niall fosse single e il biondo aveva
accettato
con piacere di conoscere questo Louis – strano e sicuramente
simpatico – di cui
gli parlava Zayn.
“Tu,
invece, che fai?” s’interesso
Louis, curioso.
Niall
scrollò le spalle. “Studio,
sostanzialmente; sto ripetendo per la seconda volta la quinta liceo e
ho
intenzione di impegnarmi, quest’anno. A volte,
però, nei fine settimana vado in
qualche locale a suonare la chitarra e a cantare, con un mio
amico” sorrise.
“La musica è la mia passione, come la tua
è scrivere.”
Louis
ricambiò il sorriso. “Mi
piacerebbe ascoltarvi.”
L’arrivo
del cameriere bloccò Niall
e la sua imminente risposta, ma Zayn trovò il tempo per
mormorare a Liam
“secondo appuntamento” con un espressione
soddisfatta, in mezzo all’ordinazione
di una pizza e di una birra.
La serata
passò tranquillamente,
tra le risate e racconti generali, finché Liam si
alzò per andare in bagno e
Zayn gli corse dietro con la scusa di tenergli chiusa la porta. Louis e
Niall
si scambiarono un’occhiata per poi scoppiare a ridere, mentre
il moro si
allontanava con un sorrisetto malizioso.
“Senti,
Lou” Niall si torturò
nervosamente le mani. “Visto che siamo soli, volevo dirti che
io – beh, non
sono gay.”
Louis rimase bloccato
per qualche
secondo.
Cosa?
“Cosa?”
ribatté, appunto,
sorpreso.
Niall
sospirò. “Zayn ne è convinto
perché in quinta elementare gli ho detto di avere una cotta
per un bambino, ma
poi ho capito che non fosse vero, che mi ero solo fatto influenzare da
un film visto
con mio fratello, solo che a Zayn non l’ho mai detto
perché non ci siamo più
sentiti e non sapevo come dirglielo quando ha organizzato
quest’uscita a
quattro” spiegò, velocemente, giocando con la
forchetta abbandonata nel piatto.
“Quindi se ti stai – ehm – interessando
a me in quel senso, sappi che mi piace una ragazza.”
Louis si
sforzò di non ridere,
perché in tutti gli appuntamenti che aveva avuto ultimamente
non c’era mai
stata una situazione tanto assurda, e sorrise.
“Sta’ tranquillo, non mi sto
interessando” mimò due virgolette con le dita
mentre diceva quella parola, “a
te in quel senso, anzi, sono contento che possiamo essere amici e
basta.”
Niall
respirò profondamente,
sollevato, Louis ghignò divertito.
“Questa
ragazza, chi è?” chiese il
castano per annullare quell’atmosfera imbarazzata che si era
creata.
“Si chiama
River – non ridere, so
che è un nome strano – e viene in classe con
me” sorrise, arrossendo. “Ha i
capelli ricci e biondi, è così bella
e...” Niall continuò a parlare di lei,
gesticolando, mentre Louis si ritrovava a pensare che forse lui era
stato
vittima di un sortilegio quando era piccolo, perché Liam il
vero amore l’aveva
trovato ed era Zayn, Niall si era sicuramente innamorato di questa
River, ma
lui? Perché lui non ci riusciva?
“Comunque,
domani suono nel Lift me up”
Niall cambiò argomento, notando che il
volto di Louis si era intristito. “Potresti venire, ti
divertirai, così magari
conosci anche il mio amico di cui t’ho accennato
prima.”
Il castano sorrise e
annuì; in
quel momento, Zayn e Liam spuntarono dal bagno.
“Avete
avuto problemi? Siete stati
lì dentro per più di venti minuti”
sogghignò Niall, divertito.
Liam
arrossì. “Uh, non si apriva
più la porta.”
“E Zayn ti
ha salvato dal
gabinetto brutto e cattivo togliendosi la maglia?” li prese
in giro Louis,
notando che la t-shirt del moro fosse al contrario.
-
Una
mezz’ora abbondante dopo, Liam
e Louis erano già nel loro appuntamento. Il primo si era
sdraiato sul suo
letto, ancora vestito, le mani intrecciate dietro la testa e lo sguardo
al
soffitto; il secondo, invece, si era già armato del suo
taccuino, le gambe
incrociate, seduto vicino a lui.
“È
simpatico, Niall” iniziò Liam,
aspettando che l’amico continuasse.
“È
molto simpatico” confermò
Louis, distrattamente.
“Ed
è anche divertente, non è
così? Poi sa ascoltare, è attento, inoltre
è bello esteticamente e –”
“Liam?”
lo interruppe Louis, senza
alzare gli occhi dal taccuino.
“Sì?”
“Hai
intenzione di tradire Zayn
con lui?”
Liam gli
lanciò il cuscino in
faccia e Louis si mise a ridere.
Parla veloce,
ragazzo irlandese.
Liam dorme
già.
*
Louis si
infilò le chiavi in una
tasca della giacca di jeans, uscendo di casa.
Quando era tornato
dalla libreria
aveva visto un biglietto sul tavolo della cucina, scritto ovviamente da
Liam,
dove lo informava che sarebbe tornato tardi perché usciva
con Zayn; così decise
di andare davvero in quel locale in cui si sarebbe esibito Niall, tanto
per
dare un’occhiata. Salì sull’autobus
sfregandosi le mani, ché il freddo di
Novembre lo stava congelando, e si guardò intorno;
individuò un posto libero –
vicino a un ragazzo con i capelli quasi completamente rosa,
all’insù – e si
sedette.
Neanche dieci minuti
dopo scese
dal bus, cercando con gli occhi il locale, e subito trovò la
scritta accecante Lift me up.
Entrato, si fece spazio tra le persone accalcate,
raggiungendo il palco –
in fondo e attaccato alla parete – dove un ragazzo con una
chitarra sulle
spalle ticchettava il dito su un microfono.
“Ciao”
lo salutò Louis, quando fu
abbastanza vicino da sovrastare la musica. “Conosci
Niall?”
Il ragazzo
alzò lo sguardo su di
lui, mentre la massa di capelli in testa veniva colpita dalle luci
colorate che
pendevano dal soffitto, rendendo quei ricci ancora più
arancioni.
“Niall
l’irlandese?” replicò
quello, Louis annuì.
“Si
esibisce con me” lo informò,
sorridendo. “Mi chiamo Ed, suoniamo la chitarra e cantiamo
insieme.”
Il castano
annuì di nuovo. “Oh,
sì, Niall mi aveva detto di te. Io sono Louis.”
“Piacere,
Louis!” commentò
allegramente l’altro. “Niall starà
divorando qualcosa al bancone del bar, puoi
dirgli di venire sul palco? Dobbiamo iniziare e questa cosa
che esce dalle casse mi sta distruggendo i timpani!”
Louis
ridacchiò, salutandolo con
un gesto della mano, mentre l’altro canticchiava tra
sé delle parole con un
accenno di melodia.
Chitarra con
sé.
Capelli arancioni.
Versi in rima.
Louis raggiunse a fatica il bancone,
appoggiandosi con i gomiti
e sporgendosi in avanti quando non vide nessun barista; la figura in
ombra di
un ragazzo era accovacciata per terra.
“Cerchi
qualcosa?”
Il ragazzo alzò la testa
verso di lui, mettendosi un indice
sulle labbra in un muta richiesta di stare in silenzio.
“Ma che...?”
replicò Louis, perplesso.
“È
qui!” squittì la sua voce –
incredibilmente roca e nervosa
– che fece sussultare il
castano.
“Chi è
qui?” aggrottò la fronte. Il ragazzo
sbirciò da sotto
il bancone, per poi tirarsi su ed essere illuminato dalle luci.
Louis deglutì.
Il ragazzo in questione aveva degli
occhi verdi, la bocca lucida
e rossa, i capelli ricci color nocciola che gli cadevano sulla fronte e
ai lati
del viso; una camicia a cuori – a
cuori?
– blu e bianchi gli avvolgeva il busto, lasciando scoperto il
collo, e si
intravedevano due rondini di inchiostro sotto le clavicole.
“Nick!”
esclamò, sbuffando.
“Chi è
Nick?” si costrinse a dire Louis, mentre in realtà
voleva chiedergli chi sei tu?.
L’altro si morse il labbro
inferiore. “Ci siamo lasciati due
settimane fa” si interruppe e sospirò.
“In realtà mi ha lasciato lui. Ho visto
che è entrato, prima, e se venisse qui gli scoppierei a
piangere in faccia e –”
guardò lui, sorpreso. “E perché ti sto
raccontando questo? Non ti interessa
nemmeno.”
Louis scosse con convinzione la
testa. “No, no, no, mi
interessa!” agitò le mani davanti a sé
e arrossì appena. “Cioè, intendevo che
se ne vuoi parlare io posso ascoltarti, lo faccio con piacere,
sì” sorrise
imbarazzato, passandosi una mano tra i capelli e abbassando lo sguardo.
Il ragazzo ricambiò il
sorriso, un po’ divertito dal quel
tipo strano, e si crearono due fossette sulle sue guance. “Io
mi chiamo Harry,
comunque.”
“Io sono Louis e quel Nick
è uno stupido ad averti lasciato”
esclamò con convinzione, il sorriso di Harry si
allargò.
“Perché
mai?” ribatté, incuriosito.
Louis si morse la lingua –
parlava sempre troppo, dannazione
– non sapendo cosa rispondere.
“Perché...” si guardò in giro
in cerca di un
suggerimento e gli occhi finirono sui tatuaggi dell’altro.
“Perché mi piace
l’inchiostro.”
Il riccio inarcò un
sopracciglio, ma poi sbiancò
improvvisamente.
“Harry?”
Un ragazzo con i capelli rosa
all’insù – quello del pullman!
– arrivò vicino a Louis, posando le braccia
incrociate sul bancone. “Non sapevo
lavorassi anche le domenica, ora.”
“Lavorare
mi aiuta a
non pensare” borbottò piano Harry, cercando
l’aiuto di Louis con lo sguardo.
“Non pensare a
cosa?”
Il castano simulò un colpo
di tosse per portare l’attenzione
di Nick su di sé e distrarlo dal riccio – solo che
quando l’ebbe ottenuta non
seppe che dire, di nuovo. E rimanere a corto di parole era davvero
incredibile
per uno come lui.
“Lui è
Louis!” trillò Harry, agguantandogli una mano.
“E
stiamo insieme.”
Sia Louis che Nick si voltarono verso
di lui, uno più
shockato dell’altro, ma Louis si affrettò a
riprendersi. “Sì, gliel’ho chiesto
io. Di diventare il mio ragazzo. Proprio ora.”
Nick spostò gli occhi da
uno all’altro, poi si tirò su.
“Meglio che vada, allora, vi lascio soli” fece un
sorriso tirato prima di
sparire tra le altre persone.
Harry e Louis rimasero per qualche
attimo con le mani
intrecciate, prima di allontanarle di colpo. “Beh”
ridacchiò il castano,
completamente rosso in faccia.
Il riccio iniziò ad
agitare dei contenitori colorati per non
guardarlo. “Uhm, grazie, Louis.”
“Grazie a te”
replicò Louis, mentre due voci diverse e i
primi accordi di una chitarra si diffondevano nel locale.
Harry si fermò, alzando lo
sguardo. “Per cosa?”
Louis si morse il labbro.
“Non ne ho idea” farfugliò,
sentendosi un idiota, prima di correre via e uscire da lì.
Prese grandi boccate
di aria fresca per raffreddare il calore che si sentiva addosso,
soprattutto
sulle guance e... nel cuore?
-
Prese il pullman con ancora la
sensazione di quegli occhi
verdi addosso, lasciandosi cadere in un posto libero e abbandonando la
testa
contro il finestrino. Cosa gli prendeva? Era solo un ragazzo
– un bel ragazzo,
d’accordo – ma cosa aveva di diverso rispetto al
fioraio sotto casa o un
giovane passante o il tizio intorno ai vent’anni che era
salito sul bus in
quell’istante?
Louis sospirò, confuso, e
cercò di estraniarsi da quei
pensieri.
Poco dopo arrivò alla sua
fermata e scese in corsa, non
vedeva l’ora di distendersi sul letto e dormire,
però quando aprì la porta si
trovò davanti un Liam in pigiama sdraiato sul divano.
“Lou?”
domandò quello, perplesso. “Non dovevi andare a
vedere Niall?”
Louis emise un gemito strozzato.
Potrebbe, oppure
non
potrebbe, essersi dimenticato di lui per colpa di quel
barista.
“È successa una
cosa stranissima, Lee” soffiò, lasciando
perdere l’irlandese.
Liam spese la televisione, mettendosi
seduto e allargando le
braccia. Louis si rifugiò al suo intorno, come faceva sempre
quando aveva
bisogno di aiuto, e appoggiò la testa sul suo petto; Liam
gli accarezzò lentamente
la schiena.
“Harry è
diverso.”
Liam si fermò, confuso.
“Harry?”
“Sì!
È diverso, con i suoi occhi verdi, i ricci, le labbra,
la voce – Dio, la sua voce,
meglio di
qualsiasi canzone avessi mai ascoltato – e le
fossette” Louis guardò il suo
migliore amico negli occhi, smarrito. “Lee, che
succede?”
Liam sorrise, allegro. “Oh,
ma non è ovvio? Lui ti piace!”
Louis trasalì.
“Piacermi?”
L’altro
ridacchiò. “E dimmi, chi è questo
Harry?”
“Il barista del locale dove
si esibiva Niall...” Louis si
bloccò, aggrottando la fronte. “Aspetta, tu non
dovevi uscire con Zay?”
“Gli è venuta la
febbre” bofonchiò Liam. “Però
non cambiare
discorso, stavamo parlando della tua cotta per Harry. E a lui tu
piaci?”
“Lui non mi
piace!” trillò l’altro, arrossendo.
“E io non
piaccio a lui, certo che no, come potrei piacergli?”
Liam fece per replicare, ma Louis gli
stampò un bacio sulla
fronte e andò nella sua camera, con già in mano
il taccuino e la penna.
Luna nel cielo.
Rondini di
inchiostro.
Che mi succede?
Liam lo
osservò chiudersi la porta
alle spalle e si affrettò a prendere il cellulare,
appoggiato sul tavolino del
salotto.
Da: Liam
A: Zayn
Louis ha una cotta
per Harry, il barista che
lavora nel locale dove c’è Niall questa sera;
dobbiamo farli
incontrare di nuovo, Louis è
troppo timido per cercarlo!
Da: Zayn
A: Niall
Nì, Louis ha conosciuto il barista – un certo
Harry, lo conosci? –
del locale in cui sei
‘sta sera e gli piace,
aiutami a combinare un incontro.
Da: Niall
A: Harry
Ehi Haz! Oggi hai incontrato
un ragazzo di nome Louis, vero?
*
Louis si
alzò presto quella
mattina.
Di solito ci
impiegava minuti
interi a svegliarsi, alzarsi, trascinarsi in bagno, vestirsi, fare
colazione
con Liam e andare in libreria, dove per poco non arrivava in ritardo;
quella
mattina, invece, era già pronto alle otto e mezza in punto
– probabilmente
perché non aveva praticamente dormito e aveva saltato la
colazione per un nodo
allo stomaco.
“Mancanza
di fame” sbadigliò Liam,
arrancando come una mummia nel salotto e posandogli una pacca sulla
spalla.
“Secondo sintomo del prendersi una cotta.”
Louis scosse la
testa, divertito.
“E quale sarebbe il primo?”
“Insonnia”
sorrise bonariamente
Liam – che lo aveva sentito rigirarsi nel letto – e
Louis roteò gli occhi.
“Vado in
libreria” borbottò,
prendendo la tracolla blu – con dentro il suo taccuino, due
penne (nel caso
finesse una) e un libro sempre diverso ogni giorno – e
uscì di casa.
Liam sorrise.
Da: Liam
A: Zayn
Niall ha dato
l’indirizzo ad Harry?
-
La mattinata di Louis
era
trascorsa come tutte le altre.
Quando era entrato,
aveva salutato
in fretta una ragazza – Amelia, chiamata Amy da tutti sotto
suo ordine – con i
capelli lunghi e castani
dietro alla cassa, che stava mettendo in ordine dei segnalibri
colorati, piume
e quaderni; aveva fatto gli scalini a due a due per scendere nel
reparto di
sotto, il proprio reparto
– libri
fantasy, d’avventura, di viaggi e misteri – ovvero
quello di cui si occupava
ogni giorno. Lì sapeva di trovarci John – il
proprietario, un uomo strambo
sulla trentina – che leggeva velocemente qua e là
– Louis era sicuro che li
prendesse a caso, ma secondo John stava
seguendo una logica – dei romanzi, come ogni
mattina, mentre Rory – un
ragazzo della stessa età di Amy, quindi un anno in
più di Louis – si occupava
delle scartoffie di cui avrebbe dovuto occuparsi John chiuso in un
ufficio.
La libreria era
composta da due
piani, con spazio ristretti e pieni di libri; ci lavoravano unicamente
quattro
persone e forse era per il fatto che fosse un ambiente così
piccolo e familiare
che a Louis piaceva tanto.
Come tutte le
giornate, Louis
passava da un reparto all’altro per aiutare i clienti e nei
rari momenti in cui
poteva concedersi una pausa si fermava a sfogliare un libro o
chiacchierare con
Rory; intorno all’una fece per uscire con il compito di
prendere alcuni panini
per tutti dal bar accanto – il lunedì toccava a
Louis andarci, il martedì ad
Amy, il mercoledì, giovedì e sabato a Rory, il
venerdì a John. Inutile dire che
i giorni li avesse decisi Amy – ma l’acchiappasogni
posizionato sopra la porta
d’ingresso tintinnò quando una persona
entrò in libreria, bloccando Louis sul
posto.
Harry gli sorrise,
uno zaino che
penzolava da una spalla, e si passò una mano tra i capelli
ricci. “Ciao.”
Louis
deglutì, sbattendo le palpebre,
incredulo. “Cosa ci fai qui?”
L’altro
ridacchiò, stringendosi
nelle spalle. “Niall mi ha detto dove lavori e, visto che
volevo comprare un
libro, sono venuto a cercarlo qui.”
“Ah”
il castano annuì, cercando di
non mostrarsi imbarazzato. “Vieni”
borbottò, indicando le scale e correndo di
sotto.
Harry
continuò a sorridere mentre
lo seguiva.
“Conosco
quella scintilla negli
occhi di Lou” John si appoggiò con naturalezza al
bancone, vicino ad Amy. “È la
stessa che ha Rory quando ti guarda” sospirò.
“Oh,
l’amore.”
Amy lo
fulminò con lo sguardo.
“Va’ a prendere i panini, piuttosto.”
Mentre
l’uomo usciva –
aggiustandosi il ridicolo farfallino bordeaux che si ostinava ad
indossare – e
Amy sorrideva di nascosto, Louis si fermò girandosi verso
Harry.
“Che
stupido, non ti ho neanche
chiesto che genere cerchi” sorrise, posandosi una mano dietro
la nuca a mo’ di
scusa.
“Fantasy,
magia” Harry scrollò le
spalle, osservando le copertine. “Con un po’
d’amore.”
Louis sorrise.
“Non pensavo fossi
un ragazzo romantico.”
“Io non
pensavo che scrivessi”
ribatté Harry.
Il castano
alzò le sopracciglia.
“Me
l’ha detto Nialler” spiegò,
prendendo un libro in mano e sorridendo di
nuovo.
Gli verrà
una paralisi facciale o
cosa?, pensò Louis, provando ad ignorare il cuore che faceva
i salti mortali
nel petto.
“Quel
ragazzo ti ha detto proprio
tutto” esclamò il castano, beffardo.
“Quando
incomincia a parlare non
si ferma più” confermò Harry,
divertito. “E, uhm, mi ha anche detto che stai
cercando l’amore.”
Louis
annuì con le guance un po’
rosse. “Si può dire che, io e l’amore,
giocando a nascondino da anni; beh, io
sto ancora contando.”
Harry rise,
rimettendo il romanzo
d’avventura – che non aveva neanche guardato
– sul suo scaffale. “Vedrai che
vincerai questa partita, prima o poi.”
“Già”
convenne Louis, affogando in
quegli occhi verdi. “Prima o poi.”
Harry distolse lo
sguardo,
passando un dito sulle copertine lisce e sui titoli rialzati; Louis
scosse la
testa per riprendersi – da cosa, poi? Sinceramente non lo
aveva capito, sapeva
solo di sentirsi un vuoto allo stomaco, come quando vai sulle montagne
russe.
“Quindi”
riprese, schiarendosi la
voce. “Avevi in mente un libro in particolare?”
Harry negò
con il capo.
“Consigliami qualcosa tu.”
Louis fece per
rispondere, ma il
riccio lo interruppe prima che potesse aprir bocca. “Oppure
possiamo parlare.”
Il castano si
accigliò, mentre il
riccio si sedeva su una poltrona blu, una delle tante posizionate
vicino ai
reparti in modo che le persone potessero leggere. “Solo se ti
va” aggiunse, un
altro dei suoi sorrisi ricolmi di fossette bene in mostra.
Louis
aggrottò al fronte. Gli
bastava sapere il suo nome, il colore dei suoi occhi, il fatto che
fosse più
alto di lui, le rondini tatuate e la bocca rossa per mandarlo in
confusione,
figuriamoci cosa sarebbe successo dopo che avessero parlato; ma
ricambiò il
sorriso, ché in fondo voleva sapere tutto il possibile su di
lui.
“Beh,
okay” bofonchiò, sedendosi
su una poltrona identica accanto all’altra.
“Da quanto
tempo lavori in questo
posto?” Harry allargò le braccia, come per
racchiudere al loro interno tutte le
parole stampate, i tappeti, la polvere e i sogni scritti. Louis
sperò –
irrazionalmente – che rimanesse un piccolo posto per lui tra
quelle braccia.
“Quasi due
anni” scrollò le
spalle. “Qualche mese dopo aver finito il liceo, John Smith,
il padrone, un
tipo eccentrico, mi ha assunto qui. Con la mia passione per i libri e
la noia
data dallo studio, questa libreria è il mio Paese delle
Meraviglie.”
“Wonderland.”
“Già,
non è una coincidenza
divertente? Penso sia anche il Paese delle Meraviglie di
John” esclamò Louis,
un sorriso allegro dei suoi stampato in volto. “Tu, invece?
Sei
all’Università?”
Il riccio scosse la
testa. “Quinta
liceo, sono in classe con Niall.”
Louis
trasalì, sorpreso. “Scherzi?
Credevo fossi più grande!”
“Diciannove
il primo febbraio”
ridacchiò Harry.
“Ventitré
il ventiquattro
dicembre.”
Harry si
esibì in una smorfia
ironica. “Ventitré? Sei un vecchio!”
“Come ti
permetti?” Louis emise un
verso indignato. “Non rivolgermi più la parola,
ragazzino” sbuffò, girando la
testa e incrociando le braccia al petto.
Sentì la
risata roca di Harry
entrargli con prepotenza nelle orecchie, poi due mani grandi che si
posavano
sulle sue gambe e un profumo di vaniglia. “Perdonami,
Lou” soffiò, divertito.
Louis alzò
gli occhi al soffitto,
i dinosauri che ballavano la macarena nel suo stomaco dopo essersi
mangiati le
farfalle. “Prima la tua punizione!” e Louis
raggiunse la vita di Harry con le
mani, facendogli il solletico, mentre l’altro sussurrava dei
“scusa”
intervallati da “vecchietto” e soffocati dalle
risate, solleticando la pancia
di Louis.
“Non
è scomodo il tappeto per certe cose?”
Harry e Louis si
fermarono, il più
grande sopra il più piccolo, caduti per terra dalle
poltrone, interrotti dalla
voce di John; l’uomo stava sulle scale con due panini in
mano. “Ovviamente
questi sono tappeti piuttosto morbidi, in effetti potrei provarli, o
farli
provare a Rory ed Amy o a voi due stessi, perché no?, ditemi
cosa ne pensate
dei tappeti!” lanciò i panini ai due, che si erano
alzati in fretta con le
facce rosse. “Ma prima mangiate, mi raccomando, avete bisogno
di energie per quelle cose”
si voltò verso Harry. “Oh,
e a proposito, amico-di-Lou-Lou, mi sono preso la libertà di
prendere un panino
anche per te. Ti dispiace? Immagino di no, buon appetito!” e
tornò al piano di
sopra.
“Lou-Lou?”
ripeté Harry,
mordendosi il labbro inferiore per non ridere e ignorando quello che
quel tizio
aveva detto prima.
“John ha
qualche rotella fuori
posto” si scusò per lui il castano, imbarazzato.
“E, ti prego, non chiamarmi in
quel modo orribile.”
Harry rise.
“Mi piacerebbe
rimanere, ma non posso proprio” fece dei passi verso la
scala, poi tornò
indietro e lasciò un bacio veloce sulla guancia di Louis.
“Torno domani” gli
assicurò con un sorriso, “Lou-Lou”
aggiunse, strizzando un occhio e salendo i
gradini in fretta.
Il panino cadde dalle
mani di
Louis, che, paonazzo, si sfiorò il punto in cui le labbra di
Harry gli avevano
sfiorato lo zigomo.
Capelli ricci,
sorrisi e risate.
Tornerai da me?
-
“Nì,
oggi sono passato da Louis.”
“Allora,
com’è?”
“Diverso.”
“Diverso?”
“Da
Nick.”
“Ed
è un male?”
“Beh,
no.”
-
“Oggi
è passato Harry.”
“Harry? Il
barista?”
“Sì.”
“Quindi, com’è?”
“Sorride e
ride troppo spesso.”
“È
fastidioso?”
“No,
è bello. Dio, Lee, non sai
quanto sia bello.”
-
Bellezza strana;
le mani che tremano,
il cuore pazzo.
*
“Mi ha
detto che ti avrei trovato
qui.”
Louis
sussultò, alzando gli occhi
dai libri, sorridendo di riflesso quando vide quel ragazzo davanti a
lui.
“Dory,
intendo” puntualizzò Harry,
in qualche modo imbarazzato – chissà
perché – pestando il tappeto su cui si
erano ritrovati sdraiati il giorno
prima. “Me l’ha detto lui.”
“Si chiama
Rory” lo corresse Louis
con un ghigno divertito.
“Ah”
il riccio ridacchiò. “In
effetti, mi sembrava strano che avesse un nome da donna.”
Anche Louis rise,
coprendosi la
bocca con una mano, come se non volesse esporsi troppo; Harry sorrise,
guardandosi le punte bianche delle converse.
“Ieri sei
praticamente scappato”
lo rimproverò il più grande con leggerezza.
“Scusami”
Harry face una smorfia
dispiaciuta, subito sostituita dal suo immancabile sorriso a fossette.
“Ma ora
sono qui” ribatté, sedendosi sulla poltrona blu
del giorno prima; Louis
ringraziò mentalmente il fatto che all’ora di
pranzo c’erano pochi clienti da
dover star dietro e occupò quella accanto.
“Ieri non
mi hai spiegato una
cosa” si ricordò Louis, incuriosito. “Se
studi al liceo, perché lavori anche al
bar?”
“Ci lavoro
il lunedì, mercoledì e
venerdì pomeriggio per pagarmi l’appartamento in
cui vivo” spiegò il riccio.
“Mamma mi manda un po’ di soldi al mese per
l’affitto, ma non sono certo
abbastanza da mantenermi. Oh, e ora lavoro anche la domenica sera per,
sai,
tenermi occupato e non pensare a Nick” Harry si
rabbuiò.
“Uh”
bofonchiò Louis, non sapendo
cosa dire, e optò per cambiare argomento. “Quindi
– ti piacciono i tatuaggi?”
buttò lì, ricordandosi delle rondini.
Harry
annuì, sorpreso. “Ho
incominciato a tatuarmi a diciassette anni”
scrollò le spalle, indicandosi un
punto sul braccio. “Qui ho fatto il primo.”
Louis lo
guardò ammirato,
immaginandosi quale schizzo d’inchiostro virile poteva
nascondersi sotto la
felpa – anche se, d’accordo, le rondini non lo
erano granché, ma quelle erano
un eccezione – perché un ragazzo così maschio
doveva per forza averne che simboleggiassero la sua virilità.
“È
una stellina.”
Louis
dissimulò una risata in un
colpo di tosse.
“Cosa
c’è?” Harry aggrottò la
fronte, confuso, l’altro scosse la testa.
“No,
cioè, nulla” borbottò. “Non
ho mai avuto il coraggio di farmi un tatuaggio.”
“Non fa
così male” replicò il
minore, ricevendo un’occhiata da Louis in cui si poteva
leggere chiaramente ‘mi
prendi in giro?’.
“Davvero!”
esclamò. “Uhm, va bene,
all’inizio sì” ammise, passandosi una
mano tra i capelli. “Ma alla fine non fa
così male.”
Louis
sbuffò. “È inutile, non me
ne farò mai
uno.”
Harry alzò
le mani in segno di
resa. “Okay, okay” sospirò, divertito.
“Però secondo me staresti bene, mh?” gli
sorrise.
“L’inchiostro
mi basta sulla
carta” puntò con l’indice la sua
tracolla blu che si intravedeva dalla porta
aperta dell’ufficio di John – fortunatamente vuoto
in quel momento – e Harry
aggottò la fronte.
“Lì
dentro c’è il mio taccuino”
spiegò Louis. “Ultimamente ci scrivo haiku, nulla
di particolare, comunque.”
“È
inutile chiedere se possa
leggere, vero?”
“Totalmente
inutile.”
“Ugh,
almeno ci ho provato.”
Continuarono a
parlare, senza
accorgersi del tempo che passava e degli sguardi inteneriti di John da
sopra la
rampa di scale, finché Harry dette un’occhiata
distratta all’orologio sul polso
e si mise in piedi di scatto.
“Sono
già la due, devo andare”
sbuffò, seccato. “Domani verifica di
inglese.”
Si alzò
anche Louis, annuendo.
Entrambi avevano la stessa luce triste negli occhi ed entrambi decisero
di
ignorarla.
Harry gli
posò in fretta un bacio
su una guancia, come il giorno prima, e Louis si sentì
andare a fuoco, come il
giorno prima. “Torno domani” disse con un sorriso
– come il giorno prima –
che Louis ricambiò subito.
“A
domani” lo salutò, mentre Harry
gli faceva un cenno con la mano e saliva in fretta la scala.
“Ah, la
dolcezza.”
Louis
trasalì, voltandosi di
scatto e trovandosi di fronte a John.
“Ah, gli
infarti” sibilò, piccato;
l’uomo scoppiò a ridere.
“Fa’
pure finta di niente,
Lou-Lou” gli circondò le spalle con un braccio.
“All’amore non si sfugge”
ammiccò con fare cospiratore, lasciandolo confuso.
L’amore?
-
Harry
trasalì quando la tasca dei
pantaloni stretti incominciò a tremare; si
aggiustò lo zaino su una spalla e
prese il telefono – non senza fatica – con la mano
libera.
Notò la
scritta in verde Niall lampeggiare
sullo schermo e se lo
spalmò contro l’orecchio per sentire qualcosa nel
caos dell’autobus.
“Nialler”
esclamò, allegro.
“Haz! Sei
passato da Louis anche
oggi?”
Harry
annuì, per poi rendersi
conto che l’altro non potesse vederlo e si diede mentalmente
uno schiaffo. “Yep,
perché?”
“Uh, solo
per sapere.”
“Mi stai
nascondendo qualcosa,
irlandese?”
Si
immaginò l’amico scuotere la
testa con convinzione. “Nulla, solo – non prenderlo
in giro, intesi?”
“Di che
parli?”
“È
inutile cercare di dimenticare
Nick con Louis, lo sai.”
Harry
sbatté le palpebre. “Ma tra
me e Lou non c’è niente” si
grattò, perplesso, il labbro inferiore con
l’unghia
corta del pollice, rendendosi conto che mentre era insieme a Louis non
aveva
pensato per niente a Nick – era
grave?
-
“Quel
riccio tornerà anche
domani?”
“Quel riccio ha un nome.”
“Quel riccio che ha un nome
tornerà anche domani?”
“Boh?”
“Puoi anche
fare finta di nulla,
ma lui ti piace.”
“Va’
a casa, Amy, sei ubriaca.”
-
Era ormai passato un mese dal primo
incontro di Louis e
Harry – non che Louis tenesse il conto dei giorni, vorrebbe
precisarlo, andava
solo a intuito. Certo, come no, lo
riprese la voce divertita di Liam nella sua testa, ma Louis la
ignorò
bellamente.
Ogni pomeriggio scolastico, Harry
passava da lui in
libreria; a volte rimaneva solo qualche minuto, altre volte si fermava
ore
intere, ma quei momenti insieme – lunghi o corti che fossero
– erano i
preferiti in tutta la giornata di Louis.
“Quando ti deciderai a
chiedergli di uscire?” domandava Zayn
– sostenuto dal suo ragazzo – appena ne aveva la
possibilità; Louis sbuffava, o
scuoteva la testa, o rideva nervosamente, o arrossiva, ma non
rispondeva mai.
In fondo, cosa avrebbe dovuto dire? Ho
paura di ricevere un rifiuto?
Sospirò, seduto
nell’ufficio di Rory – okay, in realtà
era
di John, ma lì dentro se lo dimenticavano tutti (in
particolare John) – con le
gambe incrociate sulla scrivania, la testa appoggiata allo schienale
della
sedia girevole e un libro tra le mani.
“Disturbo?”
Trasalì leggermente,
alzando gli occhi di scatto verso la
persona entrata silenziosamente nella stanza. “Tu?
Impossibile” replicò
prontamente, un sorriso allegro che gli arricciava le labbra e la voce
felice,
mentre chiudeva il libro per dedicare la sua completa attenzione a
Harry.
Il ragazzo ricambiò il
sorriso, sollevato, chiudendosi la
porta alle spalle e sedendosi con un balzo agile sulla scrivania vicino
ai
piedi di Louis.
“Quante libertà
ti prendi, ragazzino” lo beffò il maggiore,
ghignando divertito.
L’altro
ridacchiò. “Nessuno
lo verrà a sapere, se nessuno parlerà.”
Rise anche Louis, guardandolo poi con aria di sfida. “Chi ti
assicura che
nessuno parlerà?”
Harry interruppe la risata di colpo,
piegandosi
all’improvviso verso di lui e afferrandogli il mento tra
l’indice e il pollice.
“Posso scendere a patti per il silenzio”
ribatté con pacatezza, poco lontano
dalle labbra dell’altro.
Fu la prima volta che il cuore di
Louis smise di battere,
per poi riprendere il secondo successivo all’impazzata.
La loro eccessiva vicinanza venne
presto ignorata da
entrambi: Harry si alzò in piedi e Louis rise a una sua
barzelletta stupida,
come se non fosse accaduto nulla.
Beh, in realtà non era
proprio accaduto nulla.
Ed era questo il problema, per
entrambi.
*
Outside there's a bird
and it is singing,
And outside of my window, there's a life.
I feel like someone's talking to my spirit,
They tell me that there's
reasons to survive.
Louis lasciò perdere gli
haiku e incominciò a scrivere una
storia.
Una storia vera e propria, come una
di quelle che vorrebbe
raccontare in un romanzo romantico e strappalacrime.
L’ispirazione
arrivò una notte invernale senza bussare,
anzi, scardinò la porta e saltò addosso a Louis,
implorandogli di scrivere.
Ovviamente, Louis accettò.
Riempiva le pagine del suo taccuino
da settimane, resistendo
alle suppliche di Liam sul dirgli di cosa parlasse a quelle di Harry
che gli
chiedeva di fargli dare una sbirciata. (“Leggo solo una
pagina!” “No.” “Una
frase!” “No.” “Una parola,
dai!” “Mh, allora va bene.”
“Sul serio?” “No!”)
Approfittò della breve
pausa durante un giovedì mattina per
scrivere, sapendo che Harry sarebbe arrivato solamente ore dopo, che
John si
stava occupando di un cliente difficile e che Amy e Rory erano troppo
impegnati
in battibecchi tra loro per vederlo.
Si immerse nella scrittura,
sporcandosi il volto con le lettere
e il respiro con quei sentimenti forti che trasparivano dalle pagine
piene di
inchiostro nero; era totalmente dedicato alla sua storia da non
accorgersi di
certi passi veloci, che ormai conosceva bene, e del rumore della porta
che si
apriva e chiudeva dell’ufficio di Rory – o di John,
come preferite, insomma.
Harry si fermò a guardarlo
senza dire nulla. Era tentato dal
piano di muoversi in silenzio, arrivargli alle spalle e leggere un paio
di
righe di quella storia che l’altro si ostinava a tenere
nascosta, ma non gli
sembrava una cosa giusta da fare; in fondo, quando Louis glielo avrebbe
dato,
quel taccuino, quando si sarebbe sentito pronto. Bastava solo aspettare.
Harry aspettava, era dannatamente
bravo in questo.
Aspettava tutti i giorni che
arrivassero le due, aspettava
il pullman alla fermata, osservava Louis impegnato a lavorare nella
libreria e
aspettava che il cuore ricominciasse a battere normalmente prima di
entrare,
aspettava che questa cotta passasse
da sola così come era arrivata.
Aspettò anche che Louis
alzasse la testa verso di lui per
sorridergli; il ragazzo lo guardò sorpreso, ma
ricambiò il sorriso senza
neanche pensarci.
“Che ci fai qui?”
Ho finto di
star male
per uscire prima e vederti, non riuscivo più ad aspettare.
Quanto sono stupido,
Lou?
“Gli ultimi due insegnanti
non c’erano, ci hanno fatto
uscire prima!”
Louis sorrise di nuovo e
posò il taccuino sulla scrivania,
lasciando incompiuta una descrizione per perdersi negli occhi di Harry.
“Cosa
ti va di fare?”
Harry si morse forte
l’interno guancia e sospirò. Non
mi va di aspettare.
“Usciamo insieme.”
Il maggiore spalancò gli
occhi perché, no, se lo
doveva essere sognato per forza. “S-scusa?”
L’altro arrossì, sorridendo impacciato.
“Usciamo insieme, ti va?”
Louis boccheggiò a vuoto
un paio di volte perché, cosa,
si era addormentato mentre
scriveva e quello era solo un bellissimo sogno?
“Devo lavorare ora, il
negozio è pieno..” ribatté, il
respiro incastrato in gola, preso dal panico e stupido
rincoglionito Louis, il negozio è vuoto e si vede benissimo.
Harry annuì mestamente,
aggiustandosi lo zaino sulle spalle
e incurvano la schiena, fissandosi le converse per la vergogna. Forse
sarebbe
stato meglio aspettare come aveva sempre fatto, Louis ovviamente
non voleva uscire con lui e gli aveva buttato in faccia
una bella scusa.
“Okay”
mormorò atono, infilandosi le mani in tasca e andando
via in fretta da quella stanza.
Stupido
piccolo Harry,
perché mai Louis dovrebbe uscire con un ragazzino come te?
Si asciugò una lacrima
mentre correva fuori dalla libreria,
sotto lo sguardo confuso di Amy e Rory.
-
“Sono un fottuto
idiota!” urlò Louis, coprendosi gli occhi
con le mani e battendo i piedi per terra.
Liam – accorso subito,
appena il migliore amico lo aveva
chiamato con tono disperato, saltando la lezione di letteratura
all’Università
– annuì. “Sei un fottuto
idiota!” confermò.
“Come ho potuto dirgli una
cazzata simile? Oh mio Dio!”
esclamò, senza la minima intenzione di abbassare il tono;
non gli importava
affatto di venire licenziato in quel momento e, onestamente, sapeva che
John
non lo avrebbe mai fatto.
“Come hai potuto dirgli una
cazzata simile, vorrei proprio
saperlo pure io!”
Louis sbuffò con l’intenzione di sbattersi la
testa sulla scrivania, ma Liam lo
fermò in tempo prendendolo per le spalle.
“C’è rimasto malissimo – io
– non
credevo che gli importasse sul serio di me!”
balbettò velocemente, girandosi
verso Liam e buttandogli le braccia al collo per abbracciarlo.
Liam lo strinse a sé,
sospirando afflitto. “Certo che gli
importa sul serio di te, perché altrimenti verrebbe in
libreria tutti i
giorni?”
Louis si catturò il labbro inferiore tra i denti,
nascondendo il volto
nell’incavo del suo collo. “E ora che
faccio” biascicò contro la sua pelle.
“Metti da parte il tuo
essere un fottuto idiota e tiri fuori
il tuo lato romantico, ecco cosa fai ora.”
*
Louis non era proprio sicuro fosse
una buona idea.
Anzi, era proprio sicuro che fosse
una pessima idea.
Ma, non aveva altra scelta.
Tira fuori
il tuo lato
romantico, gli aveva detto Liam; certo, per lui era facile
dirlo, la
persona romantica nella sua relazione era Zayn, mica lui.
Louis sospirò a fondo,
sentendosi un po’ stupido – molto,
molto stupido – a essere lì in piedi con una rosa
bianca in mano – “lo so che
può sembrare strano per un ragazzo, ma amo i fiori.
Soprattutto le rose bianche,
nonostante non ne trovi mai!” – sotto gli occhi di
altri ragazzi e ragazze che
lo indicavano, in particolare le ragazze, chiedendosi chi stesse
aspettando un
tipo come lui.
Finalmente, il momento della
verità si avvicinò: la
campanella trillò impazzita e un fiume di studenti si
riversò fuori dalla
scuola, arrivando in cortile dalle altre persone che li aspettavano.
Louis
spostò il peso da un piede all’altro, nervoso
all’inverosimile – ma, ehi, era
lui ad esserci cercato quella situazione, quindi non poteva incolpare
nessuno –
quando Harry si aggiunse alla massa, il capo rivolto verso il basso e
un
sorriso tirato mentre Niall parlava vicino a lui.
“Uh, Harry” lo
chiamò in un soffio quando lo vide arrivare
davanti a sé.
Harry alzò la testa di
scatto, sorpreso di sentire lì quella
voce, e spalancò gli occhi accorgendosi della rosa bianca.
Alcune persone si misero a ridere
– Louis immaginò che
ridessero di lui – ma deglutì e si fece coraggio,
eppure “mi dispiace” fu tutto
quello che riuscì a dire.
Niall lo guardò male,
colpendosi la fronte con il palmo
aperto di una mano. Si accostò all’orecchio di
Harry dicendogli che lo avrebbe
aspettato alla fermata, ma l’altro scosse la testa.
“Non serve, vengo
subito” sibilò, andando dietro
all’amico;
Louis gli afferrò un braccio con la mano libera,
ché una seconda volta non se
lo sarebbe mica fatto scappare.
“Sono stato così
stupido” replicò, torturandosi le labbra.
“E mi dispiace davvero, davvero tanto, non so cosa mi sia
preso – anzi, lo so
eccome, ero solo sorpreso e...” si interruppe davanti a
quello sguardo ferito,
stringendo forte il gambo della rosa e pungendosi con una spina che
sembrava
essere rimasta lì solo per potergli fare del male.
“Porca puttana”
imprecò tra i denti, osservando le gocce di
sangue scivolare fuori dal suo indice.
Harry alzò gli occhi al
cielo. “Aspettami alla fermata”
sbottò a Niall, scrollandosi la mano sana di Louis da dosso
e prendendo un
fazzoletto da una tasca dei jeans. “Possibile che tu sia
sempre così imbranato,
mh?” sospirò, tamponando la ferita con il
fazzoletto mentre gli teneva la mano.
A Louis sembrò che tutto
si fermasse e cosa importava che
fossero sotto gli occhi di tutti, ora che Harry era così
vicino a lui?
“Usciamo insieme”
mormorò, a metà tra una supplica e una
domanda, non sapendo cosa dire.
Harry si lasciò sfuggire
un sorriso, non sapendo cosa dire,
e avvolse il suo dito nel fazzoletto. Gli
prese la rosa, incominciando a camminare dalla parte opposta rispetto
alla
fermata per allontanarsi dal gruppo di persone che li fissavano curiosi.
Louis lo seguì in silenzio
finché non girò l’angolo
dell’edificio scolastico.
“Questo mi ricorda la
storia della rosa bianca e del corvo,
la conosci?” Harry piegò appena il capo,
appoggiando al muro con la schiena.
Louis, fermandosi davanti a lui, si
chiese mentalmente cosa
potesse c’entrare in quel momento. “In
realtà no.”
Il minore sorrise. “Beh, c’era una volta una rosa
bianca, bellissima quanto
pericolosa: il suo gambo era infatti ricoperto di spine, per questo
nessuno si
avvicinava mai a lei e questo la rendeva infinitamente triste;
finché, un
giorno, un corvo la vide e si innamorò perdutamente di
lei” lo guardò negli
occhi, Louis rabbrividì. “Così decise
che non gli importava niente delle sue spine
e si lanciò su di lei, abbracciandola. La rosa
tentò di fermarlo, di fargli
cambiare idea, ma non ci fu nulla da fare: il corvo la strinse tra le
ali e le
spine lo uccisero, macchiando interamente la rosa bianca con il suo
sangue.”
Louis si passò una mano
tra i capelli, nervoso, preoccupato
per il significato delle sue parole, ma non lo fece continuare.
“Allora, in questo
caso tu sei la bellissima rosa bianca” lo precedette,
appoggiando una mano su
quella dell’altro che teneva il fiore. “E io il
corvo che sanguina perché non
sa amare” gli mostrò il dito tagliato, scrollando
poi le spalle. “Però il corvo
ci prova, ad abbracciare la rosa. Lasci provare anche me?”
Harry sorrise, ridendo appena.
“Basta che non mi togli più
le parole di bocca, lo stavo per dire io.”
Louis arrossì con un sorriso felice che gli increspava le
labbra.
-
“Quindi?”
“Questa sera usciamo
insieme.”
“Finalmente, amico! Lo hai
baciato, dietro quel muro?”
“Ma
cosa- no!”
“Cazzo aspetti, un invito
scritto?”
“Oh, Nì,
sta’ un po’ zitto.”
*
Louis andò a prenderlo al
bar in cui faceva da cameriere
quel venerdì sera, con il cuore che scoppiava e un sorriso
entusiasta sulle
labbra.
Liam gli aveva raccomandato di non
baciarlo al primo
appuntamento – “ma se noi abbiamo quasi scopato, al
primo appuntamento” replicò
Zayn a quelle parole, perplesso. Liam gli lanciò un cuscino
in faccia – e Zayn
gli aveva assicurato che sarebbe filato tutto liscio. Aveva ricevuto
due
telefonato da due irlandesi, inoltre: il primo, Niall, gli aveva
chiesto cosa avesse
in mente, curioso, e Louis si accorse di essere nel panico
poiché non aveva
nulla in mente, così interruppe in fretta la telefonata con
una scusa; il
secondo, Ed, gli aveva consigliato un paio dei film preferiti di Harry
– ché, a
quanto pare, tutti conoscevano quel ragazzo – e Louis gli era
stato
infinitamente grato per quello.
Così erano andati a vedere
Love Actually, tirandosi i pop-corn
a vicenda e rischiando di
essere cacciati fuori ad ogni secondo; Harry anticipava le battute e
Louis
rideva, guardandolo, come se fossero i particolari sul volto
dell’altro a
comporre il film e non quelle immagini sullo schermo.
“Perché hai
scelto Love
Actually, se non ti interessava?”
Louis aggrottò la fronte,
confuso da quella domanda che
Harry gli aveva fatto quando erano usciti dal cinema.
“Certo che mi
interessava.”
“Ma... non eri molto
attento...” sorrise l’altro, arrossendo
un po’, avendo notato perfettamente tutte le occhiate che
Louis gli lanciava
‘di nascosto’.
Louis si strinse nelle spalle.
“Mi interessi di più tu.”
Il rossore sulle guance di Harry aumentò, Louis
pensò che fosse bellissimo.
-
Dopo il cinema avevano fatto una
passeggiata e Louis lo
aveva accompagnato a casa, come ogni ragazzo per bene e responsabile
che si
rispetti.
In realtà voleva solo
sapere dove abitasse per poterlo
venire a prendere – almeno, lo sperava – per altri
innumerevoli appuntamenti.
“Ti direi di entrare, ma
c’è un casino terribile” sorrise
Harry, fermandosi davanti alla sua porta con le chiavi in mano.
Louis annuì. “Ti
direi che non mi importa del casino, ma è
tardi e Liam mi aspetta a casa mentre spettegola sulla nostra uscita
col suo
ragazzo.”
Harry scoppiò a ridere,
Louis lo osservò come incantato e,
d’accordo, forse quella
era più di
una semplice cotta.
“Domani pomeriggio potresti
venire qui, giuro che metto in
ordine” il minore si passò una mano tra i ricci
spettinati. “Possiamo vedere
Titanic, così io mi metterò a piangere come ogni
volta e tu mi potrai
consolare.”
Louis sorrise, avvicinandosi di un passo a lui.
“Potrò consolarti con un
bacio?”
Harry spalancò gli occhi,
il cuore che batteva
all’impazzata. “Io, beh, penso di sì
– sì, insomma.”
Il sorriso di Louis si
allargò, mentre “posso consolarti
anche ora?” sussurrava, per poi posare le proprie labbra su
quelle dell’altro
senza aspettare una risposta.
Harry gli strinse la vita con le
braccia, come se non
volesse lasciarlo andare mai più.
-
“Com’è
andata?”
“L’ho
baciato!”
“Zay è fiero di
te, Tomlinson!”
“Ma dai, ti avevo detto di
non farlo, possibile che nessuno mi
ascolti mai in questa casa?”
“Sei peggio di una donna
mestruata, Payne.”
“Niente sesso
‘sta notte, Malik.”
“Scusate, si parlava del
mio appuntamento o sbaglio?”
*
Nonostante le repliche di Louis,
Harry alla fine lo aveva
convinto a fargli leggere quel taccuino.
Aveva sorriso incredibilmente,
scoprendo che i protagonisti
si chiamassero Louis e Harry.
Nonostante le parole iniziali di
Louis, alla fine si era
deciso a farsi fare un tatuaggio. C’era andato con Harry
– che gli aveva tenuto
la mano per tutto il tempo – e si era fatto tatuare un corvo
intento ad
abbracciare una rosa, ma questo è inutile dirlo.
Nonostante Louis non sapesse amare
prima di incontrare
Harry, si era innamorato follemente di lui. Non lo capirà
mai il giorno esatto
in cui aveva iniziato, ma si ricorderà per sempre di quella
mattinata estiva –
dopo innumerevoli appuntamenti – in cui si era svegliato nel
letto della loro casa,
un vassoio sul comodino e un biglietto di carta tra una tazza di
tè e una rosa
bianca senza spine.
Louis aveva preso il biglietto tra le
mani, gli occhi
assonnati che si erano spalancati di colpo appena aveva letto
quell’haiku
improvvisato.
Sole su di te,
colazione a letto:
vuoi sposarmi?
Si riparò il volto dalla
luce del sole che entrava dalla
finestra e saltò in piedi, raggiungendo il suo fidanzato in
cucina.
Harry si girò, sorridente,
quando sentì i suoi passi; prese
un anello argentato dal mobile, porgendo il palmo aperto della mano
verso il
maggiore – che ci posò sopra la propria, di mano
– come aveva fatto quel
pomeriggio di tanti anni fa davanti alla scuola.
Louis annuì in risposta
alla sua domanda scritta, non sapendo cosa
dire, e Harry gli
infilò l’anello, non
sapendo cosa dire.
Poi si baciarono in silenzio, visto
che in fondo non avevano
bisogno di parlare per capirsi, per amarsi.
Solo il
silenzio porterà alla sua completa
comprensione.
Non ho la più pallida idea
di dove iniziare!
Okay, allora.
Sono imbarazzata perché
queste note le sta leggendo anche l’amore
mio, lo ammetto ok ora basta mi concentro sì.
Allora pt2.
La frase iniziale
sull’haiku è presa da un blog, non mi
ricordo neanche più bene
quale………
Quelli che scrive Louis e quello che
scrive Harry non sono
haiku veri e propri, perché “l’ultimo o
il primo verso è, tradizionalmente, il
cosiddetto riferimento stagionale (kigo), cioè un accenno
alla stagione che
definisce il momento dell’anno in cui viene composta o al
quale è dedicata” ma
nei loro questa cosa non c’è.
(Io sono innamorata
dell’haiku, perché “i poeti di haiku
(haijin) colgono in 17 sillabe un battito di vita
dell’universo” è meraviglioso,
oddio.)
Allora pt3.
Quei versi in inglese più
o meno nel mezzo della storia sono
presi da una canzone che canta Arthur James, Get Down, e anche il
titolo del
locale in cui si incontrano Harry e Lou è preso da una frase
di quella canzone.
La storia del corvo e della rosa
bianca esista davvero e non
è stupenda? Sì che è stupenda.
È una os un po’
così, diciamo, i nostri Larry sono sempre
stupidi (Louis in particolare) ma noi li amiamo anche per questo, Ziam
è
sinonimo di aiutoquantosonoperfetti e Niall è un figo,
perché sì.
Se qualcuno di voi ha collegato John,
Amy e Rory a Doctor
Who allora deve sapere che la/lo amo. (Mi mancano tanto e dovevo
infilarli!)
Ho una grande passione per Louis
scrittore e lettore, ormai
lo avrete capito, ma non mi stancherò mai di ripeterlo.
E boh, l’amore mio citato
prima mi sta mettendo fretta e
quindi se ho dimenticato qualcosa è colpa sua!
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