sam
Non appena
varcarono il portone della prigione, molte persone uscirono in cortile
per accoglierli e, a giudicare dalle armi che impugnavano, non avevano
intenzioni pacifiche.
Parker picchiettò nervosamente le dita sul voltante.
<< Odio avere ragione >> mormorò riconoscendo sua
madre tra la folla. La donna teneva per mano la piccola Payton e i suoi
occhi si assottigliarono quando la bambina salutò felice la
ragazza seduta al suo fianco. << Perché Pay è con
lei? >> gli chiese Samantha, mentre ricambiava con un sorriso
tirato il saluto della piccola.
<< Non sapevo a chi altro lasciarla >> rispose sincero
spegnendo il motore e con la coda dell'occhio notò la ragazza
mordicchiarsi il labbro, terrorizzata da quel
corteo di benvenuto, ma in quel momento non riusciva a trovare delle
parole di conforto per lei; quella folla innervosiva parecchio anche lui.
<< Aspetta qui >> disse, decidendosi finalmente a scendere dall'autocarro.
Sembrava che tutti fossero in attesa di qualcuno disposto a fare il
primo passo perché, non appena mise piede a terra, tutti si
mossero. Le persone in cortile si avvicinarono ai due grossi veicoli e
i ragazzi scesero dal camion per raggiungerlo.
<< Jack! >> esclamò sua madre correndo ad
abbracciarlo, trascinandosi dietro la bambina che cercava in tutti i
modi di andare da Sam. << Ciao mamma >> disse ricambiando
la stretta. << Vedo che hai detto a tutti di Samantha >>
La gioia negli occhi della donna scomparve all'istante, sostituita
dall'odio che provava per colei che aveva divorato suo marito. <<
Non potevo più tacere! >> sbottò indicando la
ragazza ancora seduta sull'autocarro. << Quel mostro è una minaccia per tutti! >>
<< Tua madre ha ragione, Jack >> si intromise John Davies,
incrociando le braccia al petto. Anche lui, come Maria, mal sopportava
la presenza di Gray alla prigione, ma fino a quel momento aveva
mantenuto il segreto per paura di perdere il dottore dato che sua
moglie era all'ultimo mese di gravidanza; Parker non riusciva a capire
cosa lo avesse spinto a parlare.
<< Non posso più tollerare la sua presenza alla prigione
>> continuò indicando con un cenno del capo il braccio
fasciato della donna. << Non dopo quello che le ha fatto >>
<< E' stata mia madre a cominciare >>
Quelle parole colpirono la donna ancora rifugiata tra le sue braccia
come un pugno. Sapeva di averla sconvolta, schierandosi dalla parte di
quella che lei considerava un mostro orrendo, ma cercò di
ignorare il dolore che lesse nei suoi occhi e riprese a parlare.
Doveva convincere quelle persone che Samantha non era un pericolo per
la comunità e, per farlo, doveva giocare le carte che avevano
aiutato lui ad aprire gli occhi. << Quel mostro, come la definite voi, è una persona che, come noi è stata ingannata dalle belle parole di una pazza! Quel mostro lotta ogni giorno contro il virus che la divora e quel mostro... >>
proseguì voltandosi verso Samantha che ricambiò stupita
il suo sguardo. << ... è soltanto una ragazzina che ha
perso
ogni cosa, esattamente come noi >>
Su tutto il cortile scese il silenzio e Parker pregò che fosse un buon segno.
<< QUEL LURIDO MOSTRO HA MANGIATO MIO MARITO! >>
urlò fuori di sé sua madre, allontanandosi disgustata dal
figlio. << LO HA MANGIATO COME UN ANIMALE! >>
<< Io avrei fatto esattamente la stessa cosa >>
replicò freddamente e Maria sgranò gli occhi scioccata.
<< C-come puoi dire questo? >> balbettò incapace di
credere che tali parole fossero proprio uscite dalla bocca di suoi
figlio. << Lui era tuo padre! >>
<< Lui NON era mio padre >> ringhiò stringendo i
pugni. << Tutti odiavamo quell'uomo e sono sicuro che molti di
voi avrebbero voluto ucciderlo con le proprie mani >>
Vide molte persone abbassare lo sguardo imbarazzate, persino
Davies distolse lo sguardo da Maria. << John, non mi dirai che
anche tu... >> singhiozzò la donna aggrappandosi disperata
all'uomo che un tempo era stato il migliore amico del suo primo marito.
<< Quello che dice Jack è vero >> confermò a
denti stretti. << Ho desiderato molte volte di uccidere quel
pezzo di merda >>
<< Ma questo non cambia le cose >> continuò
ignorando il pianto disperato di Maria. << Seppur non
intenzionalmente, quella ragazza ha ucciso un uomo e ferito tua madre
>>
<< Non potete cacciarla! >> intervenne Thomas che, fino a
quel momento, era rimasto in disparte ad ascoltare le inutili parole di Parker. << Grazie a lei
ho la possibilità di trovare una cura e... >>
<< Siamo a conoscenza dei suoi esperimenti, dottore >> lo
interruppe Davies per niente impressionato dalle sue parole. <<
Ma deve arrendersi alla realtà. Non esiste una cura! >>
<< Si sbaglia! >>
<< Io sono d'accordo con Parker >> la voce del
signor Gordon pose fine a quella discussione e tutti si voltarono
sorpresi; nessuno lo aveva visto arrivare.
<< Quella ragazza non va da nessuna parte! >>
continuò, avvicinandosi all'autocarro e sorridendo dolcemente a Sam. << Le vostre sono tutte
chiacchiere inutili che rovinano questa bella giornata di sole >>
<< Signor Gordon, lei non capisce che... >> cercò di
spiegarsi John, ma il vecchio gli fece segno di tacere. << Invece
capisco benissimo, signor Davies >> replicò calmo, andando
ad aprire la portiera alla giovane. << Secondo il vostro
ragionamento idiota dovrei odiare Samantha perché potrebbe, e
dico potrebbe, trasformarsi in una bestia simile a quelle che hanno
ucciso la mia Valerie >>
<< Come osa! >> sbottò Maria, ma Gordon la ignorò. << Sono
rimasto spesso solo con lei, eppure sono ancora vivo e incolume,
perciò ora se volete scusarci, io e la signorina Gray andiamo a
berci una tazza di tè caldo, mentre voi continuate a perdere il
vostro tempo in inutili discussioni >>
Samantha sedeva in uno dei tanti tavoli della mensa, rigirandosi
nervosamente tra le mani una tazza di tè fumante. Di fronte a
lei, il signor Gordon si gustava tranquillamente il suo tè al
limone, completamente a suo agio. << Non ti piace il tè?
>> le domandò ad un tratto, osservando la sua tazza ancora piena.
<< No, mi piace molto >>
<< Allora dovresti sbrigarti a berlo >> disse tagliando una
fetta delle torta di mele che aveva preparato insieme alla
piccola Payton. << Altrimenti si raffredda >>
La ragazza obbedì senza protestare e lo assaporò a
piccoli sorsi, mentre con la mente ritornava a quei bei pomeriggi
trascorsi con la sua famiglia.
Se chiudeva gli occhi poteva ancora vedere sua madre imboccare
giocosamente suo padre, mentre lei e Ryan si contendevano gli ultimi
biscotti al cioccolato...
Suo malgrado sorrise nel ricordare il giorno in cui lei e suoi fratello
avevano rotto tre tazze del servizio, nella foga di sottrarre all'altro i
dolci.
Quel giorno sua madre si era veramente infuriata e aveva vietato ad
entrambi di uscire per una settimana, ma il peggio era stato quando suo
padre aveva osato commentare con "Tesoro, sono solo delle tazze";
quella frase gli era costato tre notti sul divano con Oscar, il loro
pastore tedesco.
<< Noto con piacere che stai meglio >> commentò soddisfatto l'uomo, notando il suo sorriso.
Annuì piano.
Quella era la seconda volta che il signor Gordon riusciva a tirarla su
di morale. La semplicità dei suoi gesti, il suo sorriso e le sue
dolci parole riuscivano sempre a farle dimenticare tutti i suoi
problemi.
<< La ringrazio per... per tutto >> mormorò
arrossendo imbarazzata. << Se lei non fosse intervenuto prima...
>>
<< Ho fatto solo la cosa giusta >> la interruppe
pacatamente Gordon, stringendole delicatamente la mano. <<
Nessuno merita di essere trattato in quel modo >>
<< Ma loro hanno tutte le ragioni per farlo! >>
protestò con foga la ragazza distogliendo lo sguardo da quei
dolci occhi castani. << Il virus potrebbe prendere il sopravvento
e... >>
<< Il giovane Parker, prima di seguirti, mi ha raccontato alcune cose su di te >> disse senza mai smettere di
sorriderle. << E so che hai combattuto il virus per non fare del male ai tuoi amici >>
<< Ho mangiato un uomo >> sbottò e le
sembrò ancora di sentire in bocca la carne di Rossio e il sangue
scenderle lungo
la gola. Con mano tremante cercò di versarsi dell'altro
tè per scacciare quell'orribile sapore, ma riuscì
soltanto a rovesciarlo sul tavolo.
Il signor Gordon venne velocemente in suo soccorso, riempendole la
tazza fino all'orlo. << Se tu non avessi mangiato quell'uomo,
molto probabilmente il giovane Prince gli avrebbe sparato e sarebbe
morto comunque >> proseguì osservandola bere avidamente.
Doveva farle capire che quello che aveva fatto, per quanto orribile
fosse, era stato necessario; purtroppo al mondo esistevano persone che ti costringevano ad uccidere per aver
salva la tua vita e quella dei tuoi cari.
<< Lo sai perché Mark era in prigione? >> le
domandò e la ragazza scosse lievemente la testa; non si era mai
azzardata a chiedere al giovane il motivo della sua incarcerazione.
<< Prima dell'epidemia, Kevin frequentava un corso di calcio, ma
sia io che mia moglie lavoravamo fino a tardi così spettava a
Mark il compito di andare a recuperarlo.
Purtroppo nel nostro quartiere giravano spesso dei ragazzi con idee molto
precise sul colore che doveva avere la pelle degli americani e una sera
i miei figli ebbero la sfortuna di imbattersi in tre di loro.
Mark venne preso a calci e pugni, ma li lasciò fare
perché quei ragazzi erano figli di gente molto importante e
rispondere significava rischiare una denuncia, però quando
questi bianchi si
stufarono
di lui e decisero di prendersela anche con Kevin, qualcosa in mio
figlio scattò e, nonostante le ferite, si avventò su di
loro per impedirgli di fare del male a suo fratello.
Solo dopo si rese conto che il terzo era scappato in preda al terrore e
che ai suoi piedi giacevano i corpi privi di vita degli altri due.
>>
Sam trattenne il fiato, shoccata da ciò che aveva appena sentito. << Li ha uccisi? >>
<< A mani nude >> mormorò cupamente il signor
Gordon. << Uccidere è un atto orribile, ma spesso chi hai
davanti non ti lascia altra scelta >> proseguì con un
sorriso tirato. << Mark è un omone, un paio di pugni e
calci sono semplici carezze... Kevin, invece è così
minuto... se non avesse fatto quello che ha fatto, ora mi troverei
a piangere anche la morte di un figlio, oltre a quella di mia moglie
>>
<< Lui... ecco... lui avrebbe potuto fermarsi >>
balbettò incapace di credere che quel ragazzo dai modi
così gentili e spensierati avesse ucciso con le proprie mani due
persone.
Gordon annuì tristemente. << Con il senno di poi, lui si
sarebbe sicuramente fermato! >> concordò. << Ma in
quel momento... l'unica cosa che riusciva a pensare era che quei
bastardi volevano far del male a Kevin >> i suoi
occhi tornarono su di lei. << E lo stesso vale per te, Sam.
In quel momento tu pensavi soltanto ad uccidere l'uomo che vi aveva minacciato >>
<< Io pensavo soltanto a mangiare la sua carne! >>
replicò con veemenza. << E, anche se l'avessi voluto, non
mi sarei mai potuta fermare! >>
<< Perché non ci hai provato... esattamente come Mark >>
<< Non è la stessa cosa >>
<< Uccidere è un atto orribile >> ripeté
deciso, alzandosi per sparecchiare il tavolo. << ... ma sai
perché, nonostante quello che avete commesso, continuo a
considerare te e Mark delle brave persone? >>
<< No >>
<< Perché vi disprezzate per ciò che avete fatto >>
Quelle parole furono come un pugno nello stomaco e prima che potesse
fermarle, calde lacrime cominciarono a scenderle lungo il viso.
<< Grazie >> singhiozzò incapace di
trattenersi. << Grazie, grazie... >>
Gordon corse da lei e, senza dire una parola, la strinse a sé e
Sam ricambiò con foga quell'abbraccio, bisognosa di quel calore
che la faceva sentire al sicuro da qualsiasi pericolo ci fosse
là fuori e dentro di lei; la stessa sensazione che aveva provato quando Parker
l'aveva raccolta da quella strada e stretta tra le sue braccia.
Mark
guidava Ian e il dottore nel seminterrato della prigione, illuminando
il cammino con una torcia. << Questa parte dell'edificio è
inutilizzata >> spiegò indicando le piccole finestre che davano
sul cortile. << E' troppo buia e illuminarla tutta costerebbe
troppa energia >>
<< A me basta una sola stanza >>
mormorò Thomas, mentre superavano quella che un tempo era stata la
lavanderia. << E vi prometto che starò attento al consumo di
corrente >>
Mark annuì distrattamente, indicando con la torcia
una porta in fondo al corridoio. << Quella è una piccola dispensa
>> disse aprendola per mostrargli l'interno. << Veniva
usata per conservare il cibo dei detenuti che soffrivano di allergie
alimentari particolari >>
<< Vi trattavano bene >> scherzò fiaccamente Prince.
Era stufo di quella gita turistica; voleva solo aiutare a scaricare la "merce" e andarsene a dormire.
<<
Se un detenuto andava in shock anafilattico erano grane >>
rispose con un sorriso divertito. << Comunque, non è grande come
la dispensa vicino alle cucine, ma c'è abbastanza spazio per contenere
tutti i tuoi aggeggi da scienziato pazzo >>
<< E' una
cella frigorifera? >> domandò il dottore indicando una piccola
porta bianca infondo alla stanza e Mark fece un cenno d'assenso.
<< Pensi di chiuderla lì dentro? >>
<< Sono convinto che il freddo riduce i sintomi del virus >> disse aprendo la cella per valutarne la grandezza.
<< Quando
eravamo alla scuola, ho notato che questi infetti si muovono molto più lentamente del normale e sono meno agili >>
<<
Quindi, abbassandole la temperatura, pensi di riuscire a tenerla
tranquilla >> rifletté Mark incrociando le braccia al petto.
<< Se funzionasse, avremo risolto il problema dei tranquillanti
>>
<< Ma due celle frigorifere consumano molta energia
>> intervenne dubbioso Ian, ma il giovane Gordon si affrettò a
tranquillizzarlo. << Anche prima dell'epidemia, la prigione era
completamente autonoma e il consumo di corrente era molto più alto
>>
<< Resta solo un problema >> osservò Thomas
indicando la porta in fondo al corridoio; quella era l'unica "difesa"
che separava il suo laboratorio dal resto della prigione.
Gli
unici a conoscenza di quel segreto, oltre a loro tre, erano Parker, Samantha e il
padre di Mark. Se qualcuno avesse scoperto sua moglie, nemmeno il
signor Gordon avrebbe potuto fare molto per convincerli che non
correvano nessun pericolo; ci era riuscito con Samantha, ma Anna era
realmente pericolosa.
<< Qualcuno potrebbe entrare e vederla >>
<<
Il mio vecchio possiede tutte le chiavi di questo posto >> disse
Mark avviandosi verso l'uscita. << Ti farò dare le chiavi
dell'ingresso e della dispensa >>
<< Grazie >>
Il giovane scrollò le spalle. << Figurati >>
<<
Diamoci una mossa! >> si lamentò Prince accelerando il passo.
<< E' da quando siamo tornati che sogno il letto della mia cella
>>
Jack Parker sedeva nel cortile della prigione, godendosi il tramonto e le sigarette che aveva trovato nell'hotel di Bethel.
Non fumava da anni, ma quando aveva visto il malconcio pacchetto di
Marlboro non aveva saputo resistere; niente riusciva a calmargli i
nervi come una sigaretta e visto che, dopo l'intervento del signor Gordon, le acque
sembravano essersi finalmente calmate ne aveva approfittato per sfuggire al caos della mensa e godersi un po' di solitudine.
Sei stata fortunata ragazzina. pensò buttando fuori il fumo dal naso.
Le persone del suo gruppo tenevano molto in considerazione l'opinione di Steve Gordon e a nessuno
piaceva l'idea di litigare con l'uomo che gli aveva accolti in quel piccolo paradiso, perciò la questione
"Samantha" era stata messa da parte, ma Jack sapeva bene che ad alcuni
l'idea continuava a non piacere; era sicuro che sua madre non si
sarebbe arresa tanto facilmente e nemmeno Davies.
<< Parli del diavolo
>> mormorò tra sé, osservando John camminare deciso
verso di lui e pregò che non fosse venuto per continuare la
discussione.
Era stufo di litigare; da quando era tornato non aveva fatto altro.
Si era scontrato con sua madre e poi con il dottore per metterlo al
corrente della decisione di Samantha e non era stato piacevole in
nessuno dei due casi.
<< Pensavo che avessi smesso >> borbottò l'uomo
sedendosi al suo fianco e Parker non poté fare a meno di
sorridere. << Anch'io >> rispose sincero tirando un'altra
boccata. << Come sta Carol? >>
<< Sta bene, ma è preoccupata >>
<< Per il bambino? >>
<< Si, ma... non solo >>
Parker sospirò stancamente; sapeva dove voleva andare a parare.
<< Carol non vuole che il nostro bambino cresca sotto lo stesso
tetto di quella ragazza >> disse senza distogliere gli occhi dal cielo
sempre più scuro.
<< Dovrà farsene una ragione >> rispose senza troppi
giri di parole. << Il signor Gordon ha preso la sua decisione
>>
<< Gordon è una sola persona! >> protestò
John, cominciando a scaldarsi. << Lui non può... >>
<< Se pensi di riuscire a convincere gli altri ad andare contro
di lui, fa pure >> lo interruppe spegnando con rabbia la
sigaretta. << Ma dubito che troverai qualcuno oltre a mia madre
>>
<< Perché improvvisamente ti importa qualcosa di lei?
>> chiese riferendosi a Samantha. << Nemmeno tu sopportavi
la sua presenza qui! >>
<< Ho semplicemente aperto gli occhi, John >>
replicò cercando di recuperare la calma. << E dovresti
farlo anche tu! >>
<< QUELLE BESTIE HANNO DIVORATO MIA FIGLIA! >> urlò,
tirando finalmente fuori tutto il suo dolore. << E NON
PERMETTERÒ' CHE ANCHE QUESTO BAMBINO FACCIA LA STESSA FINE!
>>
<< Samantha non ha nessuna colpa... >> provò a dire,
ma Davies lo sollevò con violenza da terra, impedendogli di
continuare. << Lei è pericolosa! >>
Mi ha rotto il cazzo questa storia! pensò
furioso prima di mollargli un pugno dritto sul naso. << SIAMO
STATI NOI A SCATENARLA! >> gridò, mentre l'uomo ai suoi
piedi si tirava lentamente a sedere. << Siamo stati noi ad
attaccare il suo gruppo e ad impedire al dottore di somministrargli
l'antirabbica! >> ringhiò tremante di rabbia. <<
Per colpa nostra e di Rossio, quella ragazza è stata
costretta a soccombere al virus e a divorare una persona >>
John Davies abbassò lo sguardo, rosso di vergogna e non osò contraddirlo.
<< Lei non merita di essere trattata come un animale per colpa
dei nostri errori >> continuò incamminandosi verso le
celle. << Perciò di a Carol che, se vuole non vivere insieme a
Samantha... >> si fermò per indicare il portone della
prigione. << ... quella è la porta >>
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