Capitolo 2
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Giorno 1 -
notte
Itachi
e Fugaku percorsero in silenzio la strada verso casa. Stava per
scoppiare una guerra.
Itachi
odiava la guerra, non portava altro che morte, desolazione e ancora
morte.
Questa,
poi, sarebbe stata inutile, anzi, non questa in particolare, tutta la
guerra in generale era inutile, era solo il modo migliore per
peggiorare le cose. Lui non avrebbe mai voluto che scoppiasse e per
questo aveva aiutato gli Hokage.
Casa
arrivò prima di quanto si aspettasse ed, appena si chiuse la
porta alle spalle, suo padre gli disse:
“Ultimamente
la tua condotta mi ha molto deluso, ma esigo che tu non lo faccia
adesso.”
“Io
non combatterò, padre.” gli rispose deciso il figlio.
Non avrebbe voluto che quella guerra scoppiasse, figuriamoci
combatterla. Non poteva uccidere persone che fino a qualche giorno
prima erano stati compagni e amici, persone che sorridevano,
scherzavano e avevano una famiglia a cui volevano bene.
“Che
cosa vorrebbe dire che non combatterai?! Io sono tuo padre e tu fai
quello che ti dico io!” gli rispose Fugaku, furente. Suo figlio
si stava rivelando una delusione, non aveva il benché minimo
orgoglio e non capiva che il colpo di stato era legittimo.
"Tutto
questo è sbagliato, come tutta la guerra del resto, e, oltre
tutto, non ci porterà a nulla! Hai mai pensato a quante
persone innocenti perderebbero la vita in una guerra che non è
la loro?!” gli chiese il figlio fremendo di rabbia, riuscendo
tuttavia a mantenere un tono di voce controllato.
“Ma
che cosa stai dicendo?! Come fai a non capire che è giusto? Il
nostro glorioso clan è stato oppresso e a te non interessa
nulla! Non sei degno di chiamarti Uchiha. Pongo più speranze
in tuo fratello. Lui si che ci aiuterà.”
Itachi
faticò un po' a comprendere quello che suo padre gli aveva
appena detto. Non poteva lasciar combattere un bambino di sette anni!
E se si fosse fatto male? Se fosse... No, Itachi non poteva
contemplare quest'ultima opzione, non riusciva nemmeno a pensarlo!
Sasuke non poteva vedere ciò che quella cosa
comportava, era ancora troppo piccolo per affrontare la morte di
qualcuno. Itachi sentì gli occhi bruciargli e per un attimo
gli si annebbiò la vista, ma rispose al padre perdendo del
tutto la calma:
“Sasuke
è solo un bambino! Come puoi solo pensare che possa
combattere? Gli stai negando un futuro già con questa guerra,
ed ora vuoi anche farlo combattere? I bambini hanno bisogno di un
futuro e i bambini morti non ne hanno uno.”
“Tu
non capisci. Lo sto facendo per il suo futuro. Se proprio vuoi che
non combatta, fallo tu al suo posto.”
La
scelta si presentò davanti a Itachi come una luce nel buio.
Non ci pensò su nemmeno un istante, sarebbe andato contro i
suoi principi, sarebbe andato a combattere, sarebbe andato anche
incontro alla morte se significava salvare Sasuke. Lui non avrebbe
visto tutto questo. Quando suo padre ebbe la sua risposta, gli girò
le spalle incamminandosi verso l'altra stanza e, quando fu sulla
soglia, gli disse: “È proprio ingiusto che tu che non
sei degno di portare il nome degli Uchiha abbia acquisito questo
dono.”
***
Giorno
2 - mattina
Quella
mattina era particolarmente bella, non una singola nuvola turbava il
perfetto cielo azzurro, tuttavia a Konoha la quiete stava proprio per
essere rotta.
La
prigione era buia e sporca, ma questo non era poi tanto strano. La
cosa strana era invece che tutte le celle erano vuote, e, cosa ancora
più strana, non c'era nessuna guardia che cercava di
riacciuffare i prigionieri, anzi, erano state proprio loro a farli
fuggire.
Obito
stava correggendo il rapporto riguardo l'ultima missione quando suo
fratello Shisui irruppe nella stanza. Sembrava preoccupato e Obito
intuì che quello che volesse dirgli riguardava la guerra.
“È
iniziata.” Queste due sole parole produssero un profondo
turbamento nell'animo di Obito. Non poteva essere iniziata, non
ancora...
“Hanno
deciso ieri i dettagli. Evidentemente non si fidano di te, ti
ritengono troppo vicino all'Hokage. Il loro obbiettivo è
l'ospedale. Vogliono uccidere i medici.”
L'ospedale?
No, non era possibile, non poteva essere possibile, Rin era un medico
e soprattutto, Rin era all'ospedale! Obito cercò di
controllarsi per non andare nel panico più totale, non era più
un tredicenne a cui tremavano le gambe al primo attacco nemico, il
suo autocontrollo non era più solo a parole. Doveva fare
qualcosa, ma...
Guardò
il fratello esitante per un attimo.
“Che
cosa ci fai ancora qui?” gli rispose semplicemente Shisui.
Obito gli sorrise e gli disse un grazie prima di correre via.
La
strada per l'ospedale non gli sembrò mai così lunga
come quella volta, non riusciva a non pensare mille modi diversi in
cui Rin avrebbe potuto perdere la vita. Nella sua testa la vedeva
immersa in un lago di sangue, trafitta alla schiena, o allo stomaco o
al cuore. Poteva avere la testa mozzata, o peggio, il suo corpo
poteva essere stato smembrato, oppure poteva essere rimasta
intrappolata sotto qualche detrito, o …
Obito
scosse più volte la testa per allontanare quei pensieri, ma
sembrava che tutti i suoi sforzi andassero a vuoto, se riusciva ad
allontanare quelle immagini, dopo qualche secondo, tornavano,
inesorabilmente, indietro. L'imponente sagoma dell'ospedale servì
insieme a rassicurarlo e metterlo ancora più in ansia, che
cosa avrebbe fatto se lei fosse morta? Iniziò a correre più
veloce, ma quello che vide riuscì solo a gelargli il sangue
nelle vene, c'erano molti cadaveri e ancora più sangue, sul
pavimento, sulle pareti e perfino sul soffitto. Come diavolo poteva
finire del sangue sul soffitto? C'erano delle urla e lui si diresse
istintivamente verso la loro fonte. Ma più avanzava più
sembrava rallentato, tutti quei corpi stremati per terra lo
distraevano, guardava tutti i loro volti, uno per uno, per accertarsi
che non fossero lei. I suoi occhi lo ingannavano, ogni singola
ragazza dai capelli castani assumeva inspiegabilmente le sue
sembianze. Quando finalmente la vide, viva, il suo cuore mancò
un battito, ma non ebbe nemmeno il tempo di rallegrarsi. Un nemico,
un Uchiha, stava per ucciderla. Gli si buttò contro
istintivamente e con una forza sconosciuta lo uccise. Rin stava
appoggiata al muro tremante e un istante dopo lo abbracciò.
Obito, nonostante la strage che lo circondava, non poté non
sentirsi elettrizzato. Rin, la
sua Rin, lo stava abbracciando! Ma si scostò poco dopo
affermando che dovevano salvare gli altri medici. Obito ci rimase un
po' deluso, il suo momento di gloria era finito troppo presto.
“Io,
potrei curare quelli che non sono ancora morti...”
Obito
smise di ascoltarla nel momento in cui capì che lei aveva
intenzione di restare là dentro. Rin non poteva restare
all'ospedale, era troppo pericoloso per i suoi gusti.
“Io
credo che abbiamo bisogno di aiuto... Si,
è meglio cercare aiuto.” disse lui frettolosamente e,
senza lasciarle il tempo di replicare, l'afferrò per un polso
e si diresse verso l'uscita. Appena uscì tirò un
sospiro di sollievo, l'aveva portata fuori.
Si
accorse che i pressi dell'ospedale erano deserti, non ci aveva fatto
caso all'andata, ma si sentivano dei rumori in lontananza.
Obito
capì che il suo clan aveva creato un diversivo. Certo, pensò
disgustato, volevano uccidere più persone possibili.
Molto
probabilmente la maggior parte dei ninja si trovava lì, quindi
doveva andare in quella direzione.
“Rin,
dovresti andare a casa. Non posso rischiare che tu venga ferita”
disse Obito, poi quando si accorse d'aver usato il singolare si
corresse “Non possiamo rischiare che tu venga ferita.”
“Obito,
ma che cosa stai dicendo? Anche io sono una ninja e vengo con te.”
disse incamminandosi verso il rumore. Obito le si affiancò
immediatamente auto rimproverandosi internamente perla sua scarsa
capacità di persuasione. Lo scenario che gli si presentò
davanti era peggio di quello che si aspettava. I ninja di Konoha
stavano combattendo contro altri ninja che inizialmente non gli
ricordarono niente. Solo quandosi fermò ad analizzarne uno
capì che veniva dalle prigioni. Era proprio questo il
diversivo del suo clan, avevano fatto scappare i criminali che erano
rinchiusi nelle prigioni.
“Obito,
vuoi continuare a stare lì ed ammirare il mio lavoro per tutto
il tempo?”gli disse una voce canzonante alle sue spalle.
Stupido Kakashemo. Obito aveva già pronta la risposta da dare
al suo irritante amico, ma Rin intervenne prima e disse:
“Kakashi!
Abbiamo bisogno di aiuto. Gli Uchiha stanno attaccando l'ospedale!”
Kakashi
guardò Obito confuso per un attimo e gli chiese:
"Allora
perché tu stai dalla nostra parte?"
Obito
si gratto la nuca e gli rispose:
"Noi
siamo una squadra." Quindi loro sguardo di Kakashi passò
sulla figura di Rin, poi di nuovo su Obito.
"Capisco."
In
breve racimolarono altri ninja e andarono verso l'ospedale. La
situazione non era molto diversa da come l'avevano lasciata, ma
mentre si inoltravano nella struttura la calma che prima faceva parte
di loro, lasciava il posto ad un consueto disgusto e una vecchia
paura. Tutto stava ritornando come quando erano bambini e nessuno di
loro voleva vedere di nuovo gli orrori della guerra. Ogni stanza li
spaventava inconsciamente, la loro mente aveva il terrore di quello
che avrebbero potuto rivedere. Rin controllava tutti i corpi dei suoi
colleghi, voleva salvarne il più possibile e Obito, nel
frattempo, non sapeva chi ringraziare per essere arrivato in tempo,
non sapeva che cosa avrebbe fatto se l'avesse trovata morta...
Scosse
violentemente la testa, lei stava bene e niente altro importava.
Quando
si trovarono di fronte i nemici, i suoi parenti, Obito ebbe un attimo
di smarrimento, ma gli bastò guardare i suoi amici per farlo
passare: come avrebbe potuto abbandonare la sua Rin? Lei era sempre
dolce e gentile e aveva un sorriso bellissimo che gli faceva mancare
un battito ogni singola volta che lo vedeva, c'era anche Kakashi, il
suo migliore amico, che non era tanto male come sembrava ,
Minato-sensei, che aveva cercato sempre di incoraggiarlo e poi
c'erano tutti gli altri. Come aveva già detto anni prima: chi
abbandona i propri compagni è spazzatura. Certo, c'era anche
suo fratello d'altra parte, ma sapeva che Shisui era in grado di
guardarsi le spalle anche meglio di sé. Neanche lui voleva
tutto questo ma, come gli aveva detto qualche sera prima, si sentiva
in dovere di proteggere quelli che non c'entravano nulla dall'altra
parte. La guerra stava dividendo di nuovo una famiglia.
***
La
confusione che si era creata in quei pochi minuti era surreale.
C'erano già diversi corpi a terra, dei detriti e, inoltre,
c'era del sangue a imbrattare un po' tutto.
La
battaglia ormai si era spostata tra le strade di Konoha e purtroppo
ci stavano finendo di mezzo anche civili che non c'entravano nulla.
Questa stupida guerra stava già mietendo le sue prime vittime
e il fatto che fossero innocenti non faceva altro che appesantire il
cuore del giovane Itachi.
Shisui,
accanto a lui, si voltò a guardarlo, quel giorno non avevano
fatto altro che guardarsi le spalle a vicenda, ma adesso,
approfittando dell'attimo di "calma", gli chiese riguardo
quella cosa con
sguardo triste:
"Com'è
successo?"
Itachi
sorrise amaramente. La sera prima aveva creduto che quel bruciore
d'occhi fosse sintomo di lacrime, ma le parole di suo padre gli
avevano suggerito l'opzione giusta: il Mangekyou.
***
Sasuke
stava 'rinchiuso' a casa sua. Itachi e suo padre erano fuori e fuori
era pericoloso.
Lui
non era stupido, aveva capito già da prima che c'era qualcosa
che non andava, ma non si sarebbe mai aspettato che sarebbe scoppiata
una guerra. Lui non ne aveva mai vista una, ma l'estrema serietà
di Itachi lo preoccupava, il suo nii-san era sempre calmo, qualunque
guaio il suo otouto combinasse.
Quella
mattina era uscito presto, prima che lui si svegliasse, l'aveva fatto
apposta per evitarlo.
Sasuke
voleva aiutarlo, non riusciva a stare a casa sapendo che il suo
nii-san era in pericolo.
Quindi
s'arrampicò sul bordo della finestra, la mamma si sarebbe
preoccupata troppo se lo avesse saputo, quindi aveva deciso che
sarebbe uscito da lì, e una volta fuori sarebbe andato ad
aiutare il suo nii-san.
***
Oramai
Konoha si era accorta di tutto. Loro erano nettamente in svantaggio
numerico, ma suo padre aveva già provveduto a separare le loro
forze, inoltre erano in stradine anguste, quindi poco importava il
loro numero. Itachi trovava tutto ancor più disgustoso di
quanto ricordava e, ogni minuto, il suo schifo non faceva che
crescere. Su consiglio del cugino aveva deciso di non attivare il
Mangekyou se non in caso di assoluta necessità. Aveva
combattuto con diverse persone quella mattinata, e per fortuna, era
riuscito ad non ucciderne nessuna, ma temeva il momento in cui
sarebbe stato costretto. Nonostante i suoi cupi pensieri riuscì
comunque a notare un grosso particolare fuori posto.
No,
lui non doveva essere lì. Sasuke non doveva essere sul campo
di battaglia. Ma non fu questo ad atterrirlo di più. Un kunai
stava proprio per finirgli addosso. Itachi scattò
immediatamente verso di lui, ma sapeva già che non sarebbe
riuscito ad arrivare in tempo, era troppo lontano, ma non si fermò.
Quel kunai poteva essere letale per Sasuke e lui non poteva
immaginare che si facesse male, non poteva sopportare di perdere suo
fratello; ma il tempo era così poco e la distanza così
tanta...
***
Sasuke
si guardò intorno con aria smarrita, non credeva che trovare
suo fratello fosse così difficile, distingueva solo le
scintille del katon, l'aria era diventata di un caldo color arancio e
gli veniva difficile distinguere i visi di quelli che combattevano.
Come avrebbe fatto a riconoscere il suo nii-san?
All'improvviso
una cosa arancione lo avvolse e sentì un suono di qualcosa di
metallico cadere a terra poco lontano da lui. Un kunai. Solo allora
si accorse che quella cosa, in realtà, era un pugno, un pugno
che l'aveva protetto.
***
Itachi
si rese conto che Sasuke stava bene. Aveva creduto d'averlo perso per
sempre e invece l'aveva protetto, in un attimo di disperazione il suo
corpo aveva agito da solo, aveva attivato il Mangekyou e evocato
Susano; ma il come non gli importava, si diresse verso il suo otouto
e gli disse:
"Che
cosa ci fai qui?"
Sasuke
si pentì del suo gesto, vedere Itachi con quello sguardo così
preoccupato negli occhi gli aveva fatto capire che aveva sbagliato.
Si sentiva così mortificato che scoppiò a piangere.
"Mi
dispiace... io ti volevo aiutare... mi dispiace nii-san!" fu
tutto quello che riuscì a balbettare tra le lacrime. Itachi lo
strinse a sé in un abbraccio. Ora andava tutto bene.
Angolo
d'autrice
Eccomi
qui con un nuovo capitolo. Vi è piaciuto? Che cosa ne pensate?
Perché non lasciate un parere?
Vorrei
precisare che Fugaku non avrebbe mai mandato in guerra Sasuke, era
una frase detta sul momento e poi sfruttata. Per quanto riguarda il
fluff finale, invece è stato messo nella storia per spezzare
la tensione, ci saranno dopo ancora pezzi di questo genere. Poi
volevo dire due parole su Obito. Inizialmente non volevo neppure
metterlo nella storia, ma è saltato fuori peggio d'un fungo e
si è inserito a forza. Lo so, sono pessima! Un ultimo avviso,
in tutta la storia, come qui, ci saranno delle notazioni temporali
per aiutarvi a capire meglio. Si ho smesso di delirare!
Alla
prossima
thera
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