Note:
Questa
mini-long è stata scritta per il contest Tr/Amando
indetto
da Elos
sul forum di Pseudopolis
Yard – è un contest così
brillante e particolare che non riuscirei a spiegarvelo: vi
suggerisco di dare un'occhiata al forum.
Sì,
forse sto sottilmente spammando (e nemmeno troppo sottilmente, chiedo
scusa).
Sono
tre capitoli con l'epilogo finale incredibilmente già
conclusi, e
questo mi fa ruggire di orgoglio perché terminare le
long-fic per me
è come scalare l'Everest con un paio di pinne ai piedi...
prevedo di
pubblicarla tutta entro breve, mentre un cherubino lancerà
dardi
dorati, petali di rose e chicchi di riso, gridando:
«Bontà del
cielo, ne hai terminata almeno
una!».
Sono
felice di constatare che come al solito non sto usando le note per
dire qualcosa di utile,
quindi... dirò qualcosa di utile: i nomi dei personaggi,
degli
incantesimi e tutti gli altri sostantivi potteriani
sono
scritti secondo la prima traduzione della Salani, eccezion fatta per
i soprannomi dei quattro Malandrini e il cognome Longbottom,
perché... beh, mi piacciono di più. (:
Detto
ciò, volevo ringraziare in maniera particolare Agne,
prode compagna
di questo ardimentoso contest, che mi ha fatto da Beta e da spalla su
cui rigettare ogni isteria. C'è stata molta isteria, lo
confesso.
E
naturalmente grazie a voi che state per leggere. (:
*
La
lingua delle maschere
As
brothers we will stand
and
we'll hold your hand
(Timshel
– Mumford and Sons)
Prologo
Ogni uomo indossa una
maschera sul volto.
Nessuno può mai dirsi
sicuro della persona che gli è vicina, ma gli amici, quelli
veri,
alla fine si limitano a essere come appaiono.
Amici come quelli, nudi
da trucchi e da inganni, si bramano per tutta la vita. Qualcuno li
trova ed è felice; qualcuno li confonde e lo è un
po' meno;
qualcuno si sveglia una mattina e realizza che nulla è come
dovrebbe
essere.
Non rende solo un po'
meno felici: lacera la pelle centimetro dopo centimetro, la fa
bruciare, scottare, la fa sciogliere fino a quando lo scheletro non
brilla alla luce del giorno, ed è allora che l'amara
consapevolezza
scava a fondo, spacca le ossa, riduce un uomo in polvere. Lui
è
ancora lì, a pancia in su nel suo letto e intorpidito dalla
sonnolenza, ma da qualche altra parte è appena morto.
Remus Lupin ha mentito un
considerevole numero di volte, ma quella mattina, un istante dopo
aver aperto gli occhi nell'umida camera di Grimmauld Place che Sirius
gli ha riservato, ha capito che fra tutte le menzogne sulle quali ha
costruito la sua vita ce ne è una, e una soltanto, per la
quale
forse valesse la pena smascherarsi.
Una sola verità.
Probabilmente era la sua
ultima occasione.
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