Overdose

di Lukk
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Se pure su una strada si specchia il grigio, non ho sentimenti da dare via all’incrocio di una scala. Guardo quegli occhi uscire da un bagno che li ha contenuti troppo a lungo e chiedo al sole di scaldare il breve senso di quest’attimo di empatia strana. Non c’è tristezza e neanche colpa, forse lieve paranoia e un po’ di vuoto, gli occhi; lacrimano, forse perché ciò che è entrato in vena scalza via la vita da una ghiandola che è sempre ad un incrocio, quello delle palpebre che a volerlo coprono anche la più intensa delle luci – e lo diresti, tu, vedendole così sottili? – e nascondono nei capillari rosa un veleno che le irrora. Mi chiedo cosa ti porta alla chiusura, e a sostituire con la mancanza il niente. Entropia, disordine astratto, arrendevolezza inconsapevole, chi ti guarda con disgusto non ha mai provato, forse, a riempire il vuoto con certezza magra. Io ti guardo e mi ipnotizzi, ed un’ombra scura mi acchiappa dentro e mi intorcina il felafel. Quasi che da quel bagno, insieme a te, fossi uscita pure io.





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