Signor
Nessuno
L'unico
rumore udibile nell'automobile di Jonghyun, era quello dei
tergicristalli.
Ritmicamente
scandivano il passare del tempo, spostavano le impetuose gocce di
pioggia e rendevano più visibile la stretta strada che,
attorcigliandosi alle pendici di un vecchio bosco, si allungava fino
al piccolo paese in cui abitavano i suoi nonni paterni. Era un
pomeriggio piovoso e freddo, tipico del mese di novembre, e Jonghyun
scrutando il cielo grigio e nuvoloso si domandava quanto avrebbe
dovuto attendere prima che il sole si decidesse a fare di nuovo
capolino da dietro le nuvole. Soffriva di una leggera meteoropatia
che lo rendeva irrequieto quando per troppi giorni non c'era bel
tempo, una fastidiosa – seppur non invalidante –
angoscia si
impadroniva del suo petto e, il suo medico, aveva deciso di
prescrivergli delle pastigliette per alleviare un po' il suo stato
(-non credo ci sarà presto il sole, quest'acquazzone dicono
potrebbe
durare per intere settimane- aveva commentato il dottore, sorridendo
sotto i suoi folti baffi).
Picchiettò
le dita sul volante e cantò a mezza voce un motivetto che
aveva in
testa fin da quando si era svegliato, controllando l'ora (17:42) sul
display della sua auto. Era in netto anticipo rispetto all'orario in
cui i suoi nonni lo attendevano, avrebbe fatto meglio a rallentare un
po' e a prendersela comoda. Fu una bizzarra combinazione che, proprio
quando cominciò a farlo, i suoi occhi si posassero su una
figura che
poco distante dalla sua vettura faceva l'auto stop.
I
film americani insegnavano di non fermarsi mai quando certi individui
sostavano sul ciglio di una strada, specie se sperduta, ma Jonghyun
non credeva a certe scemenze e stava piovendo davvero a dirotto. Quel
poveraccio, se nessuno lo avesse fatto salire (e chi altro poteva in
una strada così poco trafficata, a parte lui?) si sarebbe
sicuramente preso un malanno. Si fermò e abbassò
il finestrino,
sorridendo affabile. «Serve un passaggio?» chiese,
cercando di
guardare in volto la figura da sotto il cappuccio. Quando mise a
fuoco bene il viso, si accorse che era quello di un ragazzo sulla sua
età, estremamente bello, per giunta.
«Potrebbe
essere. Ti sei davvero fermato per darmi una mano? Credevo che queste
cose accadessero soltanto nei film.»
Jonghyun
sorrise. «Salta su. Ma solo se prometti di non uccidermi! Ed
io
vedrò di fare lo stesso.»
«Non
potresti comunque farlo.» il ragazzo aprì la
portiera e si sedette
al suo fianco, allacciandosi la cintura e scompigliandosi i capelli
umidi. «Grazie per il passaggio, davvero. Il mio nome
è “Key”.»
«Non
sembra un vero nome. Io sono Jonghyun» rimise in moto la
macchina,
senza staccare gli occhi dal viso del ragazzo. La sua pelle era
bianca e dall'aspetto delicato, il taglio dei suoi occhi aveva
qualcosa di particolare e intrigante, le sue labbra piene e a forma
di cuore erano le più carine che avesse mai visto. Eppure,
guardandolo, provava una sensazione strana che non poteva descrivere.
Era come quando alzando gli occhi al cielo lo trovava cupo, come
quando saliva un gradino inesistente e il suo passo sprofondava nel
vuoto. Sbatté le palpebre, sorpreso dai suoi stessi
sentimenti.
«Tutto
bene, Jonghyun? Hai una faccia...»
«Prima
di giudicare quella degli altri dovresti guardare la tua, Key!
Sembri un pulcino bagnato!»
«Davvero
lo sembro?» il ragazzo biondo si specchiò e si
toccò le ciocche
scompigliate sopra la sua testa. «E' vero, assomiglio a uno
dei
tanti pulcini che allevava mia madre» disse con un mezzo
sorriso
sulle labbra.
«Tua
madre è una contadina?» chiese con
curiosità Jonghyun; Key annuì
leggermente e scrollò le spalle. «Qualcosa del
genere.»
Jonghyun
restò in silenzio per diversi attimi e Key fece lo stesso.
Ancora
una volta, l'unico rumore all'interno della vettura era quello dei
tergicristalli. Tonk, tonk. Ritmici e inesorabile. «Non mi
hai detto
dove ti devo portare.» notò Jonghyun.
«E'
vero, non l'ho fatto.» concordò Key.
«E
nemmeno cosa ci facevi nel bel mezzo di una strada, solo e sotto la
pioggia.»
«Già,
immagino di non averti detto nemmeno questo.»
Jonghyun
esitò. Key stava evidentemente sviando le sue domande,
quindi era
chiaro non volesse dare risposte chiare, ma dal momento che gli stava
dando un passaggio Jonghyun si sentiva quasi in diritto di
impicciarsi almeno un po'. «Che ne dici di farlo?»
Key
rise e affondò le mani nelle tasche della sua felpa.
«Non saprei da
dove cominciare.»
«Perché
non provi dall'inizio?» consiglio saggiamente Jonghyun,
facendo
aggrottare la fronte all'altro ragazzo.
«Allora,
sono nato il ventitré settembre del-»
«Non
così dall'inizio, fai il serio.»
«Peccato,
stava arrivando la parte più interessante» disse
Key continuando a
sorridere. Era abbastanza emblematico il suo sguardo, era come
divertito, ma allo stesso tempo misterioso. Jonghyun si sentiva ogni
attimo più curioso verso di lui. La sensazione nel suo
cuore, nel
mentre, si stava facendo sempre più opprimente.
«Sai
che giorno è, oggi?» domandò poi Key,
dimentico della serie di
domande che Jonghyun gli aveva appena rivolto. Il suo sguardo si era
perso da qualche parte fuori dalla macchina e stava vagando sugli
alberi della boscaglia.
«E'
sabato.»
«Oh,
sabato. Che sabato?» chiese di nuovo.
«Non
lo so, credo il due. Oggi è-»
Key
allungò la mano indicando un punto in lontananza e fece:
«Proprio
lì sono sepolte due persone importanti per me. Oggi
è il due
novembre, si commemorano i defunti. Devo andare
lì.» Il profilo di
un cimitero si delineava mano a mano che la macchina avanzava;
Jonghyun si pentì velocemente si aver fatto troppe domande,
ora
capiva che per l'altro potesse essere un argomento poco felice da
affrontare.
«Non
è molto distante da dove ti ho prelevato; non potevi andarci
a
piedi?»
Key
alzò le spalle «Non posso percorrere grandi
distanze. Solo qualche
metro, poi mi devo fermare.»
Hai
qualche malattia?
Avrebbe desiderato chiedere, ma non gli sembrava il caso. Tenne ben
stretta la lingua trai denti e continuò a guidare,
finché non si
fermò davanti al cancello del cimitero. «Vuoi che
ti attenda? Posso
accompagnarti a casa quando hai finito, se vuoi.»
«No,
io resto qui.» fece Key slacciandosi la cintura di sicurezza.
«Sei
stato carino ad accompagnarmi, ti ringrazio davvero.»
«Ma
di che? Non preoccuparti» Jonghyun gli sorrise e
accettò un po' a
malincuore l'idea che quello, probabilmente, sarebbe stata l'ultima
volta in cui lo avrebbe visto. Era un estraneo, certo, ma seppur per
poco chiacchierare con lui era stato piacevole. Forse avrebbe dovuto
chiedergli il numero di telefono? Ma no. Doveva smettere di ragionare
come se tutte le persone al mondo fossero gay. E poi, che persona
cercava di abbordare qualcuno che andava a trovare i propri cari
defunti? La cosa era fuori discussione.
«Allora
addio.» disse Jonghyun muovendo la mano leggermente. Key
inarcò un
sopracciglio e sorrise: «Prima di andarmene, la vuoi vedere
una cosa
folle, pazzesca e che non ti farà dormire per tutta la
notte?»
Jonghyun
piegò un po' la testa di lato, sorridendo scettico.
«Vediamo.»
Key
si sporse verso di lui, come se volesse dargli un bacio, ma quello
che fece fu semplicemente posare una mano sulla guancia. Era gelida
come un pezzo di ghiaccio, ma morbida e inconsistente, come se si
fosse trattato di una nuvola. Key si sporse verso di lui
così tanto
da superarlo e uscire fuori dall'auto, passando attraverso il suo
corpo e voltandosi verso di lui per un secondo, prima di sorridere di
nuovo e, con un cenno del capo, sparire nel vuoto.
Jonghyun
sgranò gli occhi, sudando freddo, iniziò a
chiedersi se non fosse
diventato improvvisamente pazzo. Cosa era appena successo? Gli
tremavano le mani e non capiva. Era assurdo. Alzò lo sguardo
verso
il cimitero, ma non c'era nessun cimitero. Solo alberi, che uno
dietro l'altro scorrevano veloci. Si rese conto allora di essere alla
guida: le mani ben ferme contro il volante, lo sguardo fisso sulla
strada. L'orologio segnava le diciassette e quaranta due, stava
andando dai suoi nonni, pioveva e l'unico rumore presente nell'auto
era quello ritmico, inesorabile, dei tergicristalli.
Ricordava
di essere stato preoccupato per qualcosa, fino ad un secondo prima,
ma non riusciva più a dire per cosa lo fosse.
Un'ombra
– forse un gatto – in lontananza sparì
tra gli alberi. Jonghyun
non se ne preoccupò e la superò, poi
alzò gli occhi al cielo e
pensò: speriamo
che esca presto il sole!
Non
so bene cosa dire.
Non
scrivo da un sacco di tempo e questa oneshot non ha una vera ragione
di esistere (?); ho sentito il bisogno di metterci su le mani e l'ho
fatto, semplicemente.
Prometto
che non mi offenderò se non la apprezzerete e deciderete di
dirmelo
con una bandierina rossa.
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