III. Rendez-vous

di Fuuma
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Characters: Raymond Leon; Henry Hamilton; William Salas sr. {nominated};
Pairing: pre Henry/Raymond; Salas sr./Raymond {sottintesa};
Rating: PG-13
Genre: introspettivo; triste;
Words: 1.000
Warning: slash; pre-movie;
Prompt: Tempo
Disclaimers: I personaggi di In Time appartengono a chi di diritto.
Scritta per l'attacco a Taygete del Cowt-4 @
maridichallenge

 


 

«You really don't know, do you? Everyone can't live forever. Where would we put them?»
 
Il concetto di sepoltura si era perso parecchie centinaia di anni prima della nascita di Raymond.
In nessuna delle Time Zone esisteva un cimitero; c'era una discarica dove i corpi dagli orologi spenti venivano ammassati e bruciati, per risparmiare spazio per i vivi.
Soltanto i ricchi potevano ancora conservare le ceneri di chi, a causa di una follia, era morto, rinunciando alla sua eternità.
Per William Salas non c'era stata alcuna follia, era nato troppo buono, troppo altruista ed era morto da stupido, lasciando una moglie ed un figlio che Raymond non sapeva nemmeno avesse.
Aveva troppe vite Will.
Il Timekeeper guardò un ragazzino correre per il minuscolo giardino, in una delle zone meno disastrate del ghetto. Non gli aveva mai parlato, né a lui, nè alla donna dal sorriso sensuale, ma aveva notato fin da subito la somiglianza con il padre.
«Vorresti avere anche tu un figlio?»
La domanda lo riportò al presente, dove un uomo sostava in piedi accanto a lui, troppo vicino.
Henry Hamilton sorrideva, appoggiato contro il muro di un edificio fatiscente, avvolto da una giacca troppo elegante - costata qualche mese, se non un intero anno - che sfiorava il giaccone di pelle della divisa di Raymond, monocromatico, nero, identico a tutti gli altri giacconi che vestivano i Timekeeper.
Invece di rispondere, il più giovane scosse il capo, tacendo, per non alimentare le chiacchiere.
«Sei sempre di così tante parole?»
Sì, lo era, ma preferì sorvolare sulla questione.
«Non era necessario spingersi fino a questa Time Zone, mister Hamilton. Avrebbe potuto chiamarmi al quartier generale.» affermò, in una rigida pacatezza.
Era soltanto la seconda volta che la propria strada si incrociava con quella dell'uomo e, nonostante l'altro avesse già preso la confidenza necessaria a dargli del tu e chiamarlo per nome con una familiarità che Raymond non giustificava, lui aveva mantenuto le distanze, rimanendo sul piano professionale.
«Ho immaginato che avresti lasciato la chiamata ad un tuo collega.» lo disse ridendo e la sua risata si tatuò nei timpani del ragazzo, scrostando il ricordo arrugginito di un'altra risata. Aveva scoperto tracce di malinconia in quel suono, di chi non è più abituato a ridere davvero.
Annuì, giocando con la chewingum tra i denti, spostandola con la lingua da metà arcata all'altra.
«E' un luogo pericoloso per chi, come lei, possiede tredici cifre nell'orologio.» nel dirlo aveva indicato il suo braccio, assicurandosi ancora una volta che fosse coperto dalla manica della giacca.
«Avevo capito che non fossi interessato a diventare la mia bodyguard.»
«Infatti.»
«Allora non c'è nulla di cui ti debba preoccupare. Posso cavarmela.»
Ancora una volta, Raymond risparmiò le parole, lasciando agli occhi il compito di parlare per lui, con il mento sollevato e le labbra stirate in una linea piatta. Vuota. Erano labbra carnose le sue, rosa, che si stendevano su un volto androgino che Henry non aveva smesso di guardare da quando si erano incontrati nell'ultima delle Time Zone. Non si era nemmeno impegnato per fingere di essere arrivato fin lì per caso, aveva seguito uno degli ultimi furti di tempo pubblicati sul quotidiano che giornalmente gli facevano arrivare sulla porta della sua suite ed era andato a colpo sicuro, immaginando che il Timekeeper Leon si sarebbe occupato del caso.
Un po' era stato anche fortunato.
«Non sei nemmeno un po' curioso? O è perché, nel tuo lavoro, ti capita spesso di avere degli stalker?» ironizzò, ma dubitava che Raymond conoscesse la parola umorismo, sentirlo ridere doveva essere un evento più unico che raro.
«E' la prima volta.» confessò il più giovane, in uno slancio di loquacità, che si concluse con il primi cambio di cifra dell'orologio, quasi avesse preso il tempo.
Henry attese, molto più che qualche secondo, ma l'altro si limitò a distogliere lo sguardo da lui e puntarlo invece sul bambino che correva incontro alla donna, agitando le braccia e urlando "Mamma".
«Oh.» riprese dal nulla, stupendo il più grande «Si senta libero di dirmi che cosa vuole da me il più in fretta possibile, la prego.»
Non c'era ironia nelle sue di parole, solo fretta di togliersi dai piedi una seccatura non prevista.
«Sempre dritto al punto.»
Forse, se avesse avuto più confidenza, se non fosse stata solo la seconda volta che lo vedeva e che di nuovo gli riportava a galla un deja-vu a cui non voleva pensare, gli avrebbe risposto che poteva scommetterci tutti i centoundici anni che si portava al braccio.
«Volevo invitarti a cena.»
La frase li colse entrambi impreparati. Henry non aveva idea di cosa dirgli - del perché volesse vederlo - fino a quel momento e per Raymond fu inaspettato.
«A cena?» chiese.
«A cena.»
«Mister Hamilton, sa che corrompere un Timekeeper può essere considerato reato, vero?»
«Henry.» glielo aveva già detto, il proprio nome, insieme alla sottintesa richiesta di usarlo, ma il ragazzo sapeva essere testardo, molto più testardo di qualsiasi donna avesse conosciuto, di qualsiasi giovane avesse sedotto, di qualsiasi uomo avesse incontrato. Era uno dei motivi per cui lo aveva trovato curioso, insieme agli occhi azzurri tra le cui sfumature erano state nascoste il rimpianto e il rammarico.
«Non mi farà ripetere la domanda.» il tono interrogativo si perse e, insieme a quello, anche il fiato di Raymond, quando la bocca di Henry trovò la sua, posandosi in un gesto naturale, lasciando che le labbra combaciassero con le sue e le catturassero.
Molti lo consideravano un uomo avventato e lui non poteva che concordare.
Il bacio fu breve e casto - con il sapore di menta della chewingum - e, quando si sciolse, l'uomo rimase con il volto reclinato e abbassato su quello dell'altro, in attesa di vedere qualcosa in quell'espressione che non mutava mai. Si aspettava disgusto, disprezzo, rabbia, invece vi trovò la curiosità.
«Per rispondere alla tua domanda...» gli mormorò addosso, sentendosi in dovere di approfittarne ora che ancora aveva il coraggio di portare avanti azioni sconsiderate «non voglio corromperti, desidero solo invitarti a cena.»
«Mhm.»
«Mhm? Ammetto che mi sarei aspettato di tutto.»
Raymond prese un profondo respiro, sfilando di lato per allontanarsi dall'uomo.
Le dita scivolarono lungo le labbra, raccogliendo le ultime tracce di un bacio che, in realtà, lo aveva segnato molto più di quanto mostrava.
Gli sorrise.
Fu la prima volta.
Proprio prima di andarsene.
«Buona giornata, Mister Hamilton.»




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