Le Bestie

di _Polx_
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L’interno è buio come la tana di una volpe, tranne che per il fascio di luce che filtra da una piccola apertura laterale, posta in modo da illuminare con precisione chiunque metta piede nel bunker.
“Ne è passato di tempo” si annuncia C.
Il lieve alone luminoso lascia intravedere il tavolo a metà stanza su cui sono poggiati due piedi svogliatamente incrociati.
“Mi avevano detto che saresti venuta” replica V.
“Abbiamo bisogno di te, all’Isola”.
“Avete una bella faccia tosta a venirmi a cercare, dopo tutto ciò che vi ho detto in passato”.
“Sono trascorsi anni. Pensavo che i tuoi capricci fossero superati”.
“Capricci?” i piedi si ritirano e il busto della donna si delinea debolmente nel buio mentre si avvicina al tavolo per poggiarvi i gomiti.
“Sì, i capricci di un bambino triste e insoddisfatto”.
“Così mi vedi?”.
“Così vedrei qualunque guerriero che pretende di abbandonare il campo di battaglia nel pieno d’una guerra”.
Un brivido percorre la schiena di C quando sente la sedia sfregare a terra e V alzarsi in piedi.
“Non è bello criticare le decisioni altrui” la Valchiria la raggiunge con passo lento e le si para davanti. La supera in altezza di almeno quindici centimetri: tutto merito dei tacchi vertiginosi che schioccano rumorosamente sulle piastrelle del pavimento.
“È insito della natura umana giudicare” replica C, guardandola negli occhi.
“Quale sarebbe il problema?”.
“Le bestie stanno raggiungendo il nucleo” e impiega ben poco a spiegarle l’intera situazione.
“Perché dovrebbe interessarmi?” chiede infine V “io non abito nell’Isola e non mi tocca in alcun modo il fatto che essa possa essere invasa dalle bestie”.
“Potrebbe causare la morte di migliaia di persone”.
“Che rilevanza ha agli occhi delle migliaia che sono già morte?”.
“La domanda giusta è: che rilevanza ha ai tuoi occhi, Valchiria dell’Apocalisse? Non hai raggiunto la tua posizione per oziare pigramente in questo buco, rimuginando sulle tue debolezze” e lo sprezzo con cui C sputa a denti strette quelle accuse è palpabile.
V la fissa per qualche istante, poi le sue labbra si dischiudono in un sorriso di sfida: "sono soddisfatta di sapere che i vecchi amici non cambiano mai" le porge la mano destra "è ovvio che combatterò con voi" e finalmente esce dall'oscurità, entrando nel fascio di luce. 
Allora C comprende che è stata tutta una farsa, perché V indossa la sua tenuta da combattente, proprio come in quell'ottobre di tanti anni prima, e fin da subito era pronta a scendere sul campo di battaglia.
"Era proprio necessario?" sospira C.
V scrolla le spalle: "sì".
Prende il suo enorme tridente dall'angolo cui è appoggiato e lo stringe in pugno. Così sembra davvero una guerriera uscita da una qualche realtà fantastica, con la divisa tempestata di gemme da cui sbucano spessi spallacci di ferro e grosse placche metalliche, gli alti e stretti stivali vertiginosi, il diadema di aculei e zanne che le cinge il volto.
Fuori dal bunker, R le attende: "non ti sei ancora liberata di quel costumino?" provoca.
"Fatti gli affari tuoi, Gemella Croft" la zittisce V.
"Sarà meglio sbrigarsi, se vogliamo tornare all'Isola in tempo" taglia corto C.
"Secondo te come sono arrivata fin qui così rapidamente?" sbuffa R, irritata dal suo atteggiamento malfidato "non percorro certo tutta questa strada a piedi come fai tu, agente C: ho un ottimo mezzo di trasporto e non ho intenzione di lasciarlo ammuffire nei garage della base".
"E dove sarebbe?" chiede C.
"L'ho lasciato in prossimità delle ultime abitazioni abbandonate, a poche decine di metri da qui".
"Vado in avanscoperta" afferma V e si allontana di corsa.
C ed R si incamminano con lei, seguendola a passo lento.




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