Lo spirito delle parole

di Sabriel Schermann
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La mattina seguente le fate e gli specialisti si ritrovarono all'esterno della scuola di Fonterossa.

Il sole splendeva nel cielo e sembrava pronto a scaldare tutti i cuori.

Spesso gli sguardi di Musa e Riven si incrociavano, freddi e indifferenti.

La tensione tra loro era palpabile.

Proprio quando stavano per oltrepassare la barriera della scuola, il professor Codatorta li fermò.

“Ragazzi, dove state andando?”, domandò sorpreso.

Fu Sky a prendere parola per primo:“Ecco, stavamo andando a fare un pic-nic, una passeggiata...le ho chiesto il permesso l'altro giorno professore!”, disse deciso il ragazzo.

Ma l'uomo sembrava non ricordare.

Stettero quasi cinque minuti a discutere su quello che aveva veramente detto lo specialista e quello che le regole della scuola permettevano, fino a quando una mano non artigliò Musa per un polso e le fece fare un lungo giro nella scuola, fino ad arrivare in una stanza e chiudere la porta dietro di sé.

Riven...”, sospirò la ragazza, riconoscendo il possessore di quella mano misteriosa.

Lui non disse una parola, ma le veniva incontro in quei pochi metri liberi nella stanza, fino a quando Musa non si ritrovò con la schiena al muro e il viso del ragazzo a pochi centimetri dal suo.

Tuttavia, non era spaventata.

Sapeva che Riven era molto geloso e possessivo e aveva intenzione di chiarire quanto lei.

Non importava a nessuno dei due se qualcuno li avesse visti, così abbassò lo sguardo e cominciò a parlare.

“Io non so chi ti abbia chiamato Riven...io non ti avevo nemmeno parlato di quella festa...sapevo che avresti voluto che non ci andassi senza di te, ma l'ha organizzata mio padre e non potevo mancare”.

Stranamente al suo carattere, il ragazzo non l'aveva interrotta e Musa alzò lo sguardo stupita.

Il suo viso era arrossato e si mordeva ininterrottamente il labbro inferiore, nervoso.

Lo osservò negli occhi prima di continuare, percependo chiaramente la sua crescente voglia di sapere.

“Mi ha ingannato: a quella festa c'erano soltanto ragazzi della nostra età. Voleva che mi trovassi qualcun altro, capisci? Poi abbiamo discusso e io avevo intenzione di andarmene quando quei ragazzi con cui avevo parlato solo per poco cominciarono a uscire, uno dopo l'altro.

Ma io ti giuro che non li conosco, e che non me ne importa niente di loro!”

Seguì qualche minuto di silenzio, quando Riven le dette le spalle pensieroso.

Lo vide alzare un braccio e capì che si stava sfregando il viso: era confuso quanto lei dal comportamento del padre della sera precedente.

Poi si rivolse di nuovo verso Musa e finalmente parlò.

“Era un numero sconosciuto”, disse soltanto.

Così la ragazza collegò gli avvenimenti accaduti: il padre aveva avuto numerose occasioni per copiare il numero del ragazzo dal suo cellulare, e quella sera, mentre lei era fuori sulla balconata, lui era andato in un'altra stanza a chiamare Riven.

Altrimenti la sua apparizione improvvisa non si sarebbe assolutamente spiegata.

Stava quasi per dirlo al ragazzo, quando un pugno pieno di rabbia colpì il muro a pochi centimetri da lei.

Musa chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi e soprattutto di rilassare l'autore del pugno.

Si aspettava una reazione del genere dall'inizio della conversazione.

Ormai lo conosceva troppo bene.

“Tuo padre non mi accetta”, sussurrò Riven a pochi centimetri dal suo orecchio.

“Come credi che potremmo stare insieme in questo modo? Continuando a mentirci reciprocamente?”, aggiunse il ragazzo.

Musa spalancò improvvisamente gli occhi. Lei non voleva assolutamente lasciarlo!

E se suo padre non lo accettava, lei avrebbe fatto qualsiasi cosa per convincerlo, ma lasciare Riven non era una soluzione. In fondo spettava a lei decidere quale ragazzo amare.

Ma solo in quel momento si rese conto che in realtà non era lei a lasciarlo, ma esattamente il contrario.

E mentre questi pensieri confusi si affollavano nella sua mente, il ragazzo le baciò leggermente il lobo dell'orecchio, sussurrando soltanto:”Forse è meglio se ci lasciamo”.

Poi scomparve, lasciando la fata triste e in lacrime nella sua stanza.





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