My
sad, beautiful Neverland
La notte avvolgeva candida le piante, e
il buio di quella sera si rifletteva sull'acqua del mare come un
mantello di velluto scuro.
In lontananza, la nave della ciurma di
Uncino ferma, anch'essa illuminata solo dalla luna e dalle stelle,
immobile nel suo gomitolo di ricordi delle vecchie glorie passate,
quando il suo Capitano aveva portato onore e ricchezze al branco di
proprietari impavidi.
L'eco di un sospiro si fece largo nel
silenzio, mentre Peter, gambe a penzoloni, restava seduto sul ramo,
la piccola Campanellino sulla sua spalla.
Una notte poco ospitale, quella.
Ed era tutto... così dannatemente
silenzioso, e freddo, e distante.
Sospeso tra realtà e finzione – da
quando si sentiva così poco fedele alla sua terra?
Quella era la sua Isola, il suo regno.
La sua casa.
Ma, pensò Peter, ed emise un altro
sospiro, era inutile mentire a sé stesso così ostinatamente.
L'Isola che Non C'è aveva perso i suoi
colori da molto tempo, ormai; era stato lui sciocco a non
accorgersene, preso com'era dai suoi tentativi di ripetere i giorni
di giochi e risate, stavolta da solo.
Solo, come mai era stato.
Tutto era cominciato con Wendy.
Non che ci fosse molto da dire -se
n'era semplicemente andata, o forse era stato lui a non volerla
trattenere, perchè sentiva che era la cosa giusta.
La sua ultima visita all'Isola era
stata programmata nel dettaglio e con un anticipo di una settimana:
avrebbero visitato tutte le grotte, le radure, ogni piccola cascata e
anche il più lontano ruscello.
E poi Peter le aveva perfino promesso
che, chissà, magari poteva farle vedere perfino il villaggio di
Campanellino (solo da lontano, ovviamente, perchè si sa che le Fate
non gradiscono le visite inattese. Si arrischia di coglierle nel bel
mezzo delle faccende, e non sarebbe certo buona educazione
interromperle nelle loro piccole attività quotidiane).
Wendy aveva esultato, agitando i lunghi
capelli biondi e battendo le mani con fare entusiastico, e
timidamente si era avvicinata a Peter, chiedendogli sotto voce se,
almeno per quel giorno, potessero restare soli.
Con questo intendeva ovviamente dire
solo loro due, senza nemmeno Campanellino, e Peter si era stupito di
sé stesso per la velocità con cui aveva accettato, senza un minimo
di esitazione.
E così aveva deciso il giorno,
lasciando a casa i poveri Michael e John, ed erano partiti assieme,
volando tra le nuvole del cielo londinese di una calda notte in fine
Agosto.
Wendy lo aveva preso per mano, e Peter
non era riuscito a resistere, ricambiando la stretta.
Per tutto il giorno cercò di
remprimere la voglia di piangere, ricacciare le lacrime indietro e
concentrarsi solo sulle avventure, sui giochi, sulle esplorazione.
E Wendy era... oh, era così bella,
con i boccoli legati in un nastro e il vestitino bianco di pizzo, e
le guance arrossate per lo stupore ogni qualvolta vedevano un fiore
speciale, o una sirena mai incontrata.
Ma poi la giornata era finita, e Wendy
lo pregò di riportarla a casa prima del buio.
“Non potre sopportare di passare
la notte qui.”
Peter l'aveva
guardata, lasciandole la vita dopo averla presa in braccio per
aiutarla a scendere da un albero.
“...credevo che la notte fosse il
momento della giornata in cui l'Isola ti piace di più”
E il sorriso che ne
seguì, velato di un'infinita tristezza, lo avrebbe ricordato per
sempre. “Oh Peter caro, ma è proprio questo il problema!”
Il momento
dell'addio, dell'ultimo sguardo, del bacio sulla fronte che le aveva
lasciato, sperando non si dimenticasse mai di lui, erano ricordi che
gli facevano troppo male.
Aveva provato a
riviverli di tanto in tanto, ma ci aveva rinunciato, perchè la fitta
che sentiva al cuore gli dava la stessa sensazione di cadere da un
luogo molto alto, per poi ricordarsi solo all'ultimo di poter volare
e salvarsi proprio alla fine.
Dopo Wendy, anche
John e Michael rinunciarono all'Isola, forse per rispetto della
scelta compiuta dall'amata sorella, chi poteva saperlo.
Perfino i Bimbi
Sperduti se n'erano andati, pieni di lacrime e sogni; proprio loro,
che lo consideravano una sorta di sovrano, un amico,il migliore di
tutti.
E lo era ancora,
accidenti, perchè lui tutta quella voglia di crescere proprio non
l'aveva; frequentava ancora Londra e posti simili, vedeva cosa si
diventava una volta adulti.
Una marmaglia di
vecchi ansiosi, privi di felicità, insoddisfatti, senza
un'aspirazione che non fosse far soldi- come diavolo potevano voler
essere così?
Se n'erano andati
piangendo, chiedendogli di venire anche lui.
“I Darling ci
ospiteranno tutti” avevano proposto entusiasti, ma lui si era
limitato a voltar loro le spalle e volarsene via, Campanellino al suo
seguito, sconvolta e triste allo stesso tempo (anche se sembra
assurdo da credere, datesi che, si sa, le Fate possono provare un
solo sentimento alla volta. Eppure era proprio così che si sentiva.)
Li aveva osservati
mentre le loro sagome lontane scavalcavano le nuvole della sera, e si
era sentito così... arrabbiato? Infelice?
Non solo, o meglio,
soprattutto tradito.
Non era giusto
scappare, erano degli egoisti, lui era felice così, senza di loro
cosa avrebbe fatto? Con chi avrebbe giocato?
Non che non fosse
in grado di vivere da solo- dopo tutto, era o non era il grande Peter
Pan?
Nessuno, nessuno
poteva considerarsi suo pari per quel che concerneva astuzia e
intelligenza (e, perchè no, anche fascino).
Tuttavia temeva che
avrebbe sofferto la solitudine, tutto solo con Campanellino.
I Bimbi Sperduti
erano la sua famiglia, la sua schiera di soldati e complici, ma
soprattutto erano i suoi amici, e aveva sempre sentito il dovere di
proteggerli.
… e ora?
Cos'avrebbe fatto, ora che tutto ciò che gli era rimasto da
proteggere era sé stesso?
Ben presto il
problema si era risolto da sé, portandosi dietro conseguenze
inaspettate, come una pioggia improvvisa.
Ed era stata colpa
di un temporale.
Buffo, no? Il
grande Capitano Giacomo Uncino, uomo pieno di passione e coraggio,
pirata di alti borghi e dalla presenza tanto bella quanto
irriverente, ucciso da un fulmine.
Peter, quel giorno,
non aveva voglia di giocare. Si era rinchiuso nella sua tana,
imbronciato, e con Campanellino si era assopito, raggomitolato come
un gatto su sé stesso.
La Jolly Roger era
vittima del mare furioso e delle onde agguerrite, e il Capitano aveva
appena ordinato alla sua ciurma di mollare gli ormeggi, quando un
fulmine lo aveva centrato in pieno, facendolo cadere rovinosamente
tra le acque scure.
Il coccodrillo, che
come sempre se ne stava beato lì intorno, forse più per abitudine
che per reale attesa di un pasto, aveva impiegato poco meno di tre
minuti a rendere Uncino meno di una carcassa, ingoiandone ogni
centimetro e risputando fuori i vestiti e tingendo di rosso il mare.
Quando Peter Pan
seppe che il suo più grande nemico era morto, il piccolo era volato
lontano, senza una meta né una voce amica, piangendo.
Uncino non doveva
morire così – non era dignitoso, né giusto, non era niente.
Campanellino lo
guardava, impotente, piangendo in silenzio, mentre Peter la cacciava
via e sentiva l'Isola del suo passato sgretolarsi nella testa, per
lasciare spazio ad una nuova, senza amici, senza Uncino, senza Wendy.
A volte credeva di
potersene andare davvero, ma poi, dopo appena pochi giorni di
assenza, sentiva di non riuscire più a volare, di non avere pensieri
felici.
E quando tornava,
in lontananza vedeva il mare privo di vitalità, il sole nascosto, le
piante quasi morenti, e capiva di quanto fosse pericolosa la sua
assenza.
La amava, perchè
era tutto ciò che aveva sempre avuto e l'unica cosa che gli sarebbe
rimasta, per sempre.
Wendy era
cresciuta, l'aveva vista.
Era diventata
esageratamente bella, e così adulta.
I Bimbi Sperduti,
oh no, loro non avrebbe mai avuto il coraggio di andarli a cercare.
Avevano preso la loro decisione, e lui la sua.
Non c'era più
nulla che potessero spartire.
E poi certo,
arrivavano anche notti come quella, in cui non riusciva a dormire.
Allora volava fino
al grande albero, si sedeva con le gambe penzoloni sull'ultimo ramo,
quello più in alto, e osservava la panoramica dell'Isola Che Non
C'è, della sua casa.
La paziente
Campanellino lo seguiva, gli baciava le lacrime e lasciava che
guardasse l'orrizonte, mentre lui piangeva in silenzio, senza un
fremito.
Non puoi lasciare L'Isola Che Non C'è quando ne sei l'essenza.
Nell'angolino dell'autrice.
Sì, lo so, invece di scrivere one shot random dovrei concentrarmi
sul nuovo capitolo di Disney High School, ma che volete farci, ero
ispirata XD.
Vorrei precisare che io venero Peter Pan e il grande J.M. Barrie, di
cui rispetto da morire il lavoro (opera teatrale e libri). Nonostante
non abbia mai potuto digerire Wendy, ho cercato di renderla
adorabile- ma si parla comunque di colei che ha abbandonato Peter, ma
ehi, voi sareste rimaste bambine per sempre? Pensateci seriamente
prima di rispondere (AHAH.)
Ad ogni modo, lo stile è volutamente semplice e privo di paroloni
perchè il punto di vista è ovviamente quello di Peter, che rimane
comunque un bambino. Avrei voluto approfondire di più il rapporto
tra lui e Campanellino e quello particolare con Uncino, ma preferisco
lasciare così la storia e farvi trarre le voste conclusioni.
Spero di non aver annoiato nessuno, era tantissimo tempo che pensavo
di scrivere qualcosina su Peter ma non riuscivo a buttare giù nulla
che superasse la decenza. Poi ieri sera ero a lavoro e, non so come,
mentre pulivo il pavimento (lavoro in una cucina) mi è venuta in
mente l'immagine di Peter che guarda Neverland nella notte e, beh,
non potevo non scriverci nulla, anche perchè la mia pagina di EFP
piange desolazione.
Grazie in anticipo per aver letto, spero davvero vi sia piaciuta.
Vuole essere una semplice shot senza pretese :) Se vi va, fatemi
sapere cosa ne pensate.
Baci, alla prossima, Memy
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