cosa nostra sparita

di Mata Turk
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Un cantante fa sentire la poesia della realtà disperata suscitando da materiali dispersi emozioni ormai inutili.
Chissà se potesse rintracciare i marmi stupendi lavorati e posizionati a Trieste nel 1913 al molo Pescheria nell’apposito edificio monumentale.
Marmi punteggiati variegati lucenti con canalette e scarichi per il defluire dell’acqua di lavaggio. Spessore 3 – 50 cm lunghezza e larghezza da uno a più cinque metri. Usati per decenni e da anni asportati, scomparsi.
50-70 venditori a decantare il proprio pesce, pesarlo su piatti di ferro, bucati, sospesi alle catenelle metalliche: una musicalità assordante nell’immensa pescheria vetrata.
Il ricordo resta e non serve a nulla.
Ma c’è sempre qualche governante che fa sparire, trasferire qualcosa di nostro, per il nostro meglio, eh?
Signor cantante, perdoni a una Triestina dal dente avvelenato. E noi, di allora che abbiamo ancora una gamba buona e una mente che ricorda, facciamoci sentire: fra poco non ci saremo più.




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