DISCLAIMER:
“Once Upon a Time” e tutti i suoi
meravigliosi personaggi appartengono all’ABC e ad Adam
Horowitz e a Edward Kitsis, ecc. Io li ho solo presi in prestito con
amore.
Heartbeats
Tic-tac.
Come un battito. Come il clop-clop degli zoccoli dei cavalli
sul terreno solido. Come il vento attraverso i rami fragili
dell’inverno.
Lei aveva l’abitudine di
giacere a letto, rannicchiata sotto
il pesante cappotto di montone che sua nonna aveva sferruzzato per lei,
ascoltando il suono dell’orologio di mogano del corridoio. Il
suono portava conforto. A otto anni, Regina supplicò e
negoziò e alla fine promise di cavalcare
all’amazzone per tre mesi se sua madre avesse acconsentito a
lasciarle adottare un cagnolino, una cosina dorata e irrequieta che
Regina amava con tutto il cuore. Sua madre aveva ceduto, in cambio di
lezioni giornaliere di comportamento sufficienti per un mese. Suo padre
disse a Regina di mettere un orologio ticchettante nel letto col nuovo
cucciolo, per imitare il battito del cuore della madre
dell’animale, per rassicurare la creatura sola a tarda notte.
L’immagine rimase con
Regina attraverso le lunghe notti
solitarie nel freddo isolato della sua stanza. Lei ascoltava
l’orologio. Anni dopo la scomparsa del cane.
Tic-tac.
Regina si addormentò sul
fianco della collina nel sole del
pomeriggio. Paglia aggrovigliata nei suoi capelli e la pelle che
odorava di erba e mele. Il pensiero andò alla deriva nella
foschia… Mia madre si arrabbierà…
mentre il sonno la assaliva. Era tutto troppo bello, la pelle
abbronzata di lui come sabbia al sole. L’incubo
colpì violentemente dal nulla, un contrasto innaturale con
la pace e la bellezza del giorno. Lei si svegliò e cadde
nella sicurezza e nella meraviglia delle braccia di Daniel. Non si era
mai sentita così calda e amata in vita sua. Si
rannicchiò contro il suo corpo impolverato dalle stalle e le
mani gentili di lui la calmarono come se fosse stata un destriero
giocherellone affidato alle sue cure. Il respiro di lei
rallentò e la sua testa posò pesantemente sul
petto di Daniel, calmata dal battito regolare del suo cuore. Lei
ricordò il cagnolino.
Tic-tac.
L’antico orologio a pendolo
nel palazzo batteva le ore e
ticchettava incessantemente nell’atrio principale del piano
superiore. Il suono strisciava nei suoi sogni e le graffiava la pelle
in squarci scorticati. I respiri pesanti di Leopold non facevano nulla
per mascherare il ritmo implacabile. Meno di un anno dopo il
matrimonio, e lei portò un martello dall’orologio
nel mezzo della notte. Sfasciò uno dei più
preziosi pezzi di tradizione della famiglia reale. Svegliò
metà della casa. I servitori erano sotto shock. Sua madre
era in fiamme. Biancaneve era terrorizzata di poter essere in qualche
modo ritenuta colpevole. Leopold era troppo scioccato e confuso per
essere arrabbiato. Regina sospettò che lui temesse per la
sua sanità mentale e volesse soltanto evitare che
l’incidente sfuggisse dalle mura del castello. Non ne
parlarono più. L’orologio non venne mai sostituito.
Lei aveva bisogno che cessasse. Aveva
bisogno che cessasse tutto.
Dammelo.
Oscurità. Tradimento.
Distanza. Un sacrificio profondo e
cavernoso. Vacuità e paura in occhi che lei amava e un misto
di ricordi fugaci di mani morbide che le insegnavano ad allevare il suo
amato cagnolino.
Fiamme e oscurità.
Lei lo fermò.
Fermò tutto.
Nessun tic. Nessun tac.
Non un altro secondo, non un altro
battito cardiaco, non un altro
momento vuoto. Il battito più importante che lei avesse mai
sentito in vita sua era stato messo a tacere; il battito del reame
doveva cessare in lutto.
Gli orologi non avrebbe ticchettato.
Il cuore del suo amante non avrebbe
battuto.
Silenzio.
Per anni dopo anni.
Il cuoricino batte insistentemente
contro il suo petto mentre lei culla
il suo bambino per farlo addormentare nel silenzio insondabile del suo
palazzo di marmo. Del loro palazzo di marmo. Non si
è ancora
adattata ai respiri di un’altra persona all’interno
di queste mura. Alla crescita. A un battito. Alla vita.
Regina si sente male quando
sonnecchia nella luce della luna e sogna
delle dita crudeli di sua madre. Un battito cardiaco simile
all’oceano nelle sue orecchie, un sogno, uno spirito ridotto
in polvere del pavimento della stalla. La pelle di Henry è
calda. Lei lo posa nella sua culla e si ritira nella propria stanza.
Guarda fisso fuori dalla finestra
verso la torre
dell’orologio.
Silenzio. Immobilità.
Può respirare.
Sogna di capelli biondi e di
un’irregolare conchiglia gialla
che rifiuta di partire con la marea. Gli occhi di Henry sono
dell’azzurro dell’acqua.
Tic-tac.
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