L’ultimo
sospiro
Il freddo
è intenso. L’acqua: nera come la notte, come la
tragedia che ha colpito la nave; impenetrabile, come il futuro, o per
meglio dire, il passato di ghiaccio che li aveva accolti; gelida, come
la speranza che le scialuppe possano, e vogliano, tornare indietro.
Rose,
devi vivere…
La nave è
sparita, inghiottita dai flutti oscuri dell’oceano Atlantico.
L’immensa distesa liquida che avrebbe dovuto riportarlo a
casa.
Raggiungerai
l’America. Ti rifarai una vita. Una famiglia…
Il freddo
è sempre più doloroso, lo ferisce come lama di
coltello. È difficile pensare, nuotare, semplicemente
respirare, immersi in quello specchio di gelo puro.
Non
desidero altro. Solo rimanere qui, accanto a te. Non sento freddo se ti
vedo…
È una
menzogna, e ne è perfettamente consapevole. È
impossibile sfuggire al destino, quando questo ha già deciso
. E sa anche cosa lo aspetta. Inevitabile come il fato.
Ma
tu no, Rose. Io non lo permetterò…
Ricorda ancora come
si sono incontrati. Sul ponte inesistente. Che presto
raggiungerà. Lui l’aveva salvata, le aveva
impedito di suicidarsi. La sua anima era stretta in una morsa dorata,
circondata dal lusso, dalla ricchezza. Dalle regole e dalle
convenzioni. Le aveva impedito di morire assiderata in quelle acque. E
ora non vuole che accada. Non dopo essere riuscito a strapparla alla
sua prigione.
Mi
stai guardando. Vorrei poter rispondere. Avere la forza di alzare lo
sguardo…
Ha perso tutte le
forze. Anche quelle che sorreggono la speranza di salvarsi. Anche se le
scialuppe giungessero in quel preciso istante, forse per lui sarebbe
troppo tardi. Forse. No, non forse, sarebbe già qualcosa,
forse. È più giusto dire: sicuramente.
Fa
freddo…
L’ha
ammesso finalmente; non può più negarlo. Le sue
membra, dopo essersi intorpidite, stanno perdendo ogni
sensibilità. Se non si trovasse aggrappato alla mano di
Rose, non riuscirebbe a tenersi a galla. Non senza salvagente e con le
manette ai polsi. L’ombra di un sorriso appare sul suo volto.
Oppure la immagina: ricorda il salvataggio compiuto da Rose.
L’ascia. Un piccolo miracolo. Una speranza inattesa.
Non
avrei mai pensato, che potessi amarmi veramente…
Quando Rose
l’aveva respinto, affermando di voler sposare Carl. Di voler
continuare la sua solita vita. In quel momento, e in nessun altro,
aveva desiderato veramente la morte, sparire in mezzo ai flutti. La
ama, teneramente, sinceramente. E vederla cedere, abbandonare le
speranze di salvezza gli aveva straziato l’animo. E il re del
mondo era diventato un uomo qualunque, preda delle proprie debolezze.
Quando
mi hai preso la mano. Il momento più limpido.
Meraviglioso…
Malgrado il gelo gli
sia penetrato nelle ossa, paralizzandolo e intorpidendo i suoi sensi,
sente la sua mano nella propria. Vorrebbe stringergliela con forza.
Farle capire che è ancora lì con lei. Ma non
riesce. E Rose non si volta. Non lo guarda più. Adesso i
suoi occhi si perdono nel cielo. Stellato, senza luna.
Come,
my Josephine. Come on my flying machine…
La canzone sorge
nella sua mente. Come un eco lontano, un sogno sbiadito. Un ricordo
destinato a svanire. Non raggiungerà mai le stelle insieme a
Rose. Lui le ha regalato un sogno. Ma non potrà
accompagnarla.
Ti
amo, Rose…
Sente un tepore
improvviso. Una sensazione di calore insolita. Terribile. E
meravigliosa. Comprende. Nella frazione di un secondo comprende. Guarda
Rose. Rimpiange di non poter vedere i suoi occhi. Lentamente, la vista
gli si oscura. Calano le tenebre. Ma non la speranza.
Vivi…
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Rose si
salvò. Venne recuperata da una scialuppa, assieme ad altri
cinque sopravvissuti. La tragedia del Titanic fece il giro del mondo.
L’Inaffondabile giaceva sul fondo marino ad oltre 3500 metri
di distanza. E con lei le speranze degli uomini e delle donne, dei
padri, delle madri, dei figli che si erano imbarcati col sogno di
raggiungere le Americhe. Di ricominciare a vivere.
Rose non
dimenticò mai il giuramento. Mantenne la promessa. E dentro
al proprio cuore mantenne sempre vivo il ricordo di Jack, il ragazzo
che l’aveva salvata.
Un ragazzo che era
riuscito ad andare oltre alle apparenze, a cambiare con la dolcezza, la
costanza, l’amore il carattere di una giovane aristocratica.
A strapparla alle catene che la tenevano legata alla ricchezza,
all’etichetta. A Carl, con la sua arroganza. Alla madre, con
i suoi toni da alta nobildonna. Alle convenzioni del suo ceto sociale,
così cieco, sordo, muto di fronte alla miseria della terza
classe.
E alla terza classe
apparteneva il ragazzo scomparso quella crudele notte.
Goccia,
nell’oceano delle 1500 vittime del naufragio.
Una
goccia sconosciuta
Ma
non per questo
Dimenticata
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