La prima
volta che mi sono sentita veramente felice avevo 6 anni e davanti a me
si stagliava una biblioteca di dimensioni epiche.
Non avevo mai visto così tanti libri insieme.
Negli anni ho scoperto che non c’è profumo al
mondo più rassicurante di quello delle pagine di un vecchio
libro oppure che in esso non è contenuta solo la storia che
l’autore voleva raccontare ma anche quelle di coloro che
l’hanno letto. Le sottolineature, gli appunti a lato, i
biglietti dimenticati, le orecchiette sono tracce che il precedente
possessore ha lasciato dietro di sé. Per questo raramente
compro libri nuovi: perché accontentarsi di
un’unica storia quando se ne possono avere decine.
Una volta in un libro, non ne ricordo né il titolo
né l’autore, trovai una lettera: era di ragazzo
che confessava alla propria sorella di averle rotto la bambola
preferita. A causa di quel biglietto, per giorni, tenni il muso a mio
fratello che ignaro del delitto commesso da un altro fratello, in
un’altra casa e in un altro tempo, non riusciva a darsene
pace. Non ho mai avuto il coraggio di spiegare a Cadmo, mio fratello,
il perché del mio risentimento, era tutto così
assurdo!
Alle elementari ero l’unica bambina della mia classe ad
andare in gita con un libro anziché con il mangianastri o un
fumetto. Preferivo leggere il “Corsaro nero” o
“Il raggio verde” piuttosto che parlare
dell’ultimo supereroe o della bambola di cui proprio non
avrei potuto fare a meno.
Crescendo le sorelle Brontë e Jane Austen divennero le mie
letture preferite, sognavo un amore travolgente come quello di
Catherine ed Heathcliff così come desideravo diventare forte
e determinata come Jane Eyre.
Ora basta, non amo parlare di me.
L'ho fatto solo per farvi capire quanto la mia vita sia
legata con un nodo scorsoio ai libri che ho letto, leggo e
leggerò.
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