Caffè Europa

di clodia
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La prima volta che mi sono sentita veramente felice avevo 6 anni e davanti a me si stagliava una biblioteca di dimensioni epiche.
Non avevo mai visto così tanti libri insieme.
Negli anni ho scoperto che non c’è profumo al mondo più rassicurante di quello delle pagine di un vecchio libro oppure che in esso non è contenuta solo la storia che l’autore voleva raccontare ma anche quelle di coloro che l’hanno letto. Le sottolineature, gli appunti a lato, i biglietti dimenticati, le orecchiette sono tracce che il precedente possessore ha lasciato dietro di sé. Per questo raramente compro libri nuovi: perché accontentarsi di un’unica storia quando se ne possono avere decine.

Una volta in un libro, non ne ricordo né il titolo né l’autore, trovai una lettera: era di ragazzo che confessava alla propria sorella di averle rotto la bambola preferita. A causa di quel biglietto, per giorni, tenni il muso a mio fratello che ignaro del delitto commesso da un altro fratello, in un’altra casa e in un altro tempo, non riusciva a darsene pace. Non ho mai avuto il coraggio di spiegare a Cadmo, mio fratello, il perché del mio risentimento, era tutto così assurdo!

Alle elementari ero l’unica bambina della mia classe ad andare in gita con un libro anziché con il mangianastri o un fumetto. Preferivo leggere il “Corsaro nero” o “Il raggio verde” piuttosto che parlare dell’ultimo supereroe o della bambola di cui proprio non avrei potuto fare a meno.
Crescendo le sorelle Brontë e Jane Austen divennero le mie letture preferite, sognavo un amore travolgente come quello di Catherine ed Heathcliff così come desideravo diventare forte e determinata come Jane Eyre.

Ora basta, non amo parlare di me.
L'ho fatto solo per farvi capire quanto la mia vita sia legata con un nodo scorsoio ai libri che ho letto, leggo e leggerò.





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