<< No! >>
Il grido è secco, acuto. A quel suono, le lucide bolle
d’acqua emesse dalle orchidee marine scoppiano con piccoli e
umidi plop.
Negli appartamenti privati del Palazzo reale di Atlantica,
l’atmosfera incomincia a farsi frizzante.
Eric la guarda, guarda Ariel. E ovviamente si domanda, come
chissà quanti hanno fatto prima di lui, perché la
sorte non ha voluto concedergli di essere divorato dalle murene.
I capelli rosso fiamma della giovane sirena sono scompigliati e
spettinati, ricadono disordinatamente sulla piccola fronte aggrottata.
Da quanto, dopo la notizia, non hanno più visto un pettine?
Probabilmente sua moglie troverà il modo di addossargli
anche quella colpa, ne è sicuro. Eric, dannazione,
perché non hai riflettuto? Ma è inutile piangere
sul salemarino versato. La verità è che lui, il
principe di terraferma giovane e bello, non ha mai saputo resistere ad
un bel faccino. Era sembrato tutto perfetto, all’epoca.
All’epoca, come pensava, doveva amare davvero la figlia del
lord dei Mari. Altrimenti non avrebbe saputo spiegarsi come aveva fatto
a sollevare il Tridente, il simbolo stesso della monarchia dei
tritonidi, ed a conficcarlo con un lancio da maestro dritto nel cuore
di Ursula, dopo che Sora aveva ingaggiato con la Strega una violenta
lotta. Un altro dei suoi pensieri ricorrenti, negli ultimi mesi, era
che forse avrebbe fatto meglio a lanciarsi dritto fra i tentacoli
dell’obesa cecaela. Eric si sforza di rimanere
calmo, di essere per l’ennesima volta ragionevole.
<< Non è colpa di noi due se Myde è
diventato quello che è, Ariel. E’ semplicemente
… è semplicemente successo. Lo abbiamo
educato come meglio abbiamo potuto. >> L’ho
educato. Posso contare sulle dite di una mano tutte le volte che Myde
ha visto sua madre! Cosa pensava fosse, un cagnolino?
La sirenetta sibila, inviperita. << Non dire …
non dirlo, e addossati le tue responsabilità!
>>
Le – tue – responsabilità. Addossarsi le
… << Questo NON ha senso! >>
esclama il principe consorte passandosi sconvolto le dita fra i capelli
bruni. << Ariel, non puoi dirmi questo. Ci siamo
sforzati, lo abbiamo cresciuto. Il Regno mi sia testimone, pensi
che potessimo evitare quello che è successo a Myde?
Sta alzando la voce. E’ qualcosa di pericoloso, anche per il
principe consorte, alzare la voce con la futura regina destinata a
sedere sul Trono del Mare, ma a questo punto Eric sta perdendo il
controllo. Lo sta perdendo dopo anni di asservimento, di cerimonie di
corte alle quali era puntualmente messo in ridicolo e lo è
ancora oggi, dopo vent’anni – vent’anni!
– di asservimento totale e completo a quella donna
– ragazzina che un vecchio decrepito gli ha fatto sposare
sulla tolda di una nave. Adesso è pericolosamente vicino al
punto di rottura. Vent’anni buttati al vento, chi avrebbe
pensato che fosse così facile rendere la sua vita un inferno?
Era cominciato tutto con capricci di poco conto, tranquillamente
ignorabili. Probabilmente è nervosa, ricordava confusamente
di aver pensato Eric. Era così che lei lo aveva fregato.
Per piacere, puoi dire al maggiordomo di mettere meno zucchero nel
cappuccino? Oh, questa musica è assolutamente orribile,
Sebastian sta decisamente perdendo il suo tocco. Eric caro, mi
compreresti quella nuova perla? Da abbinare alla collana di granato
rosso, s’intende! Che cosa pensavi, si può sapere!
Ah, e voglio anche …
Era diventata imperativa in poco tempo, ma lui aveva subodorato la
fregatura troppo tardi. C’erano state le lamentele sul cane,
sul maggiordomo, sui fiori marini e terrestri che le regalava in segno
di riappacificazione. Il loro rapporto andava disgregandosi, se non
velocemente, a ritmo sostenuto.
Affrontando attentamente la questione, Ariel doveva aver preso lezioni
contrattuali dalla Strega del Mare prima che lui la infilzasse con il
tridente. Quale moglie avrebbe stilato un contratto matrimoniale in cui
le righe piccole lo legavano a lei a vita?
C’ è stata la cacciata di Max. Come aveva potuto
lasciare che Max venisse spedito lontano dal palazzo, in un qualche
lurido canile? Lo stesso cane che aveva salvato dall’incendio
della nave e che lo aveva sempre accompagnato. Poi anche James,
l’anziano capo dei servitori. Troppo anziano, a sentire Ariel.
Eric adesso è davvero arrabbiato. E ha deciso di ribellarsi.
Ariel non ha ancora finito di parlare. Gli sta riversando addosso
insulti su insulti, grida isteriche, recriminazioni.
<< Non ce la faccio più, ti ho dato
Atlantica, ti … >>
<< Ariel, basta. >>
<< … tutto e tu niente, non hai neanche saputo
e … >>
<< Basta. >>
<< … are Myde co … >>
<< Basta! >>
<< … si deve, brutto st …
>>
<< BASTA !!!!! >>
Ariel arretra sconvolta. << E- Eric, io …
>> Ma lui non si ferma ha sopportato troppo. Come lei ha
detto più di una volta, per rimprovero, con quel suo tono
irritante, ha decisamente sopportato troppo. <<
Tu NON hai educato Myde. L’unico che ci ha provato sono stato
io, mentre tu te la spassavi con i tuoi amanti sia in terra che in
mare. Per te Myde era solo uno svago. E adesso che va in giro
a rubare cuori, adesso che è diventato tutto quello che
abbiamo sempre detestato, tu non piangi per lui. Tu sei soltanto
preoccupata della tua **** di REPUTAZIONE!!! >>
Silenzio. Eric ansima, sbuffa, riprende fiato. Ariel lo sta fissando
con i suoi occhi blu mare, con uno sguardo talmente glaciale che
potrebbe sigillare Atlantica sotto un pack.
Si è spinto troppo oltre e lo sa. Ma sa anche che questo
momento doveva, prima o poi, arrivare. Lo aveva saputo da quando aveva
scoperto che Ariel aveva più di una dozzina di amanti.
Eppure aveva voluto pensare che qualcosa fosse ancora a posto. Che si
potesse ricominciare. Che concetto stupido.
Ariel lancia un piccolo strillo spezzato e guizza via dalla stanza,
infilando la porta aperta con un colpo di pinna. In questo momento,
tanto Eric è furiosotristedeluso, le sottili tessiture
magiche che gli permettono di respirare sott’acqua potrebbero
esplodergli in faccia.
<< Ariel! Fermati! >> La sua voce rimbomba
per i corridoi e per i colonnati del palazzo. Eric arresta la sua corsa
e si appoggia ad una colonna, ansimando. La sirenetta volteggia sopra
di lui, con un cipiglio bizzoso.
Myde era nato dall’unione di un umano e di una sirena. Da
Eric aveva ereditato l’aspetto, da Ariel
l’eredità della magia innata di manipolazione. Il
principe ricorda. Myde sapeva controllare l’acqua con una
potenza ed una precisione del tutto fuori dal comune. Era in grado di
plasmarla in qualsiasi foggia, di concentrarla così tanto da
renderla solida. Forse anche i geni di Re Tritone avevano
fatto la loro parte, trasmettendo al nascituro una parte della magia
del Tridente che il sommo lord di Atlantica controllava. Eric non si
intende di magia, non è uno dei Signori del mare, il titolo
attribuito al popolo che da sempre domina sulle specie marine
inferiori, ma sa che il potere di Myde sarebbe dovuto essere
controllato in modo corretto. Non con campi di contenimento e
limitatori, come aveva voluto, fuori di sé, Ariel. Se Myde
fosse cresciuto bene, un giorno avrebbe potuto diventare qualcuno di
importante. Un lord, un potente … ma era umano. Myde aveva
aspirato da sempre al possesso del Tridente. Aveva un regno e non
poteva ottenerlo tutto per sé. Il Trono del mare spettava
solo al Popolo del mare, non a un ibrido fra due razze. Ad un umano con
la scintilla innata che sarebbe dovuta appartenere unicamente a sirene
e tritoni. Forse se n’era andato per quello.
Anche Ariel, come tutte le sirene, possedeva la capacità di
usare quel tipo di magia. Gran parte di essa si era manifestata
retroattivamente, confluendo nella sua splendida voce. La principessa
era in grado di tessere veri e propri universi con le sue meravigliose
melodie, o meglio lo sarebbe stata se avesse deciso di applicarsi
seriamente almeno al canto. Non lo aveva, ovviamente, fatto. Buffo, o
forse non poi tanto, che Myde potesse controllare le sue creazioni
tramite il suono emesso da un citar. Aveva tutto della madre, Myde.
Quel che aveva avuto dal padre, era stata la sua maledizione.
Comunque, anche la sirenetta poteva usare qualche banale trucco con la
magia. Volteggiava beffarda attorno ad Eric, il visetto lacrimoso
trasformato in una maschera di disappunto vivente.
<< Ariel … >>
Non lo ascoltò. Non l’aveva mai fatto. Una bolla,
che Eric seppe in anticipo essere dura come il granito,
slittò verso di lui.
Eric era steso a terra. Percepiva confusamente la presenza di molti
tritoni attorno a lui, e la voce di Ariel che strillava. Adesso era
acuta e dissonante.
Non seppe mai dove lo portarono; da quel momento la sua vita divenne
una nebulosa indefinita.
*
Ebbe solo un unico sprazzo di lucidità. Si trovava in un
piccolo spazio chiuso, assieme a sua moglie. Si sentiva la lingua
impastata. Cercò di parlare, ma solo quando la sirena gli
rispose capì di essere riuscito a parlare davvero.
<< Il contratto a vita? Fossi in te, caro, non mi
preoccuperei di questo. >>
Scivolò con grazia impareggiabile fuori dalla cella, e
chiuse la porta dietro di sé.
**
Il Keyblade intercettò in volo il primo Heartless,
disgregandolo in una manciata di pulviscolo. Sora balzò in
avanti, la Catena regale in pugno, e gli Shadow si lanciarono in massa
verso di lui.
Il Custode si mosse fluido, intercettando le goffe zampate degli
esserini neri con l’elsa della sua arma. Le ombre
indietreggiarono frenetiche mentre i loro cuori luminosi, liberati
dall’involucro di tenebra, si levavano verso il cielo. Sora
mulinò il Keyblade e portò una spazzata verso
terra come diretta prosecuzione del gesto, slittando verso
l’ultimo Heartless rimasto. Questi emise un gridolino,
sollevando le antenne, poi il Keyblade lo falciò con
metodica precisione, dissolvendolo.
Era finita. Sora sbuffò, lasciando scomparire la sua arma
con uno sprazzo di luce. <>
<< Ahyuck! >> La voce profonda e
familiare del Capitano dei Cavalieri reali lo raggiunse da dietro le
spalle. << Quello era l’ultimo sopravvissuto.
>>
Sora, a quel punto, potè tirare il fiato mentre si voltava
verso il compagno. Pippo, allampanato ed esageratamente alto come
sempre, contrasse i suoi buffi lineamenti da cane antropomorfo in un
sorriso di comprensione mentre legava il suo scudo dietro le spalle.
L’uniforme verde, strapiena di tasche dell’amico
era spiegazzata, e capello ed occhialoni da pilota ricadevano di
sghembo sul lungo naso. Poco più in là, Paperino
stava caracollando sulle sue zampe palmate arancioni verso di loro;
ovviamente, stava sbraitando d’ irritazione. Il Mago di corte
li raggiunse, incurante delle piume biancastre talmente arruffate da
far sembrare il suo piccolo corpo tondeggiante un quadrato.
L’abito azzurro era strappato in più punti, e lo
scettro che il pennuto brandiva era in più parti scalfito e
pieno di tacche; anche il becco era cosparso di piccole bruciature.
Osservando i suoi due compagni di viaggio, Sora dovette ammettere che
erano davvero malridotti. Da più di sette anni erravano
insieme per i mondi, combattendo gli Heartless e portando soccorso a
chi era afflitto dalla piaga dell’ombra. Adesso il Custode
del Keyblade aveva diciotto anni; gli anni di combattimenti lo avevano
reso temprato e irrobustito. I suoi lineamenti si erano induriti, ed
avevano da perso da tempo i tratti giovanili.
Lo Shadow che Sora aveva appena ucciso era l’ultimo esponente
di una fastidiosa infiltrazione nei pressi della Terra dei Dragoni. In
realtà erano poco più che una banda
disorganizzata, tuttavia, complice il terreno accidentato ed ideale per
gli attacchi improvvisi, erano riusciti a spazzare via due campi dei
soldati di frontiera e a minacciare da vicino la Città
Imperiale. Sora aveva perso il conto di quante schermaglie simili si
erano consumate da quando aveva ottenuto il Keyblade.
<< … dovremmo rimetterci in sesto!
>> Paperino terminò la frase, sbuffando
rumorosamente. Il Custode si riscosse dai suoi pensieri.
Anche lui aveva riportato delle ferite non gravi, che tuttavia gli
dolevano.
<< Il Palazzo reale non ci negherà
ospitalità, dopo tutto quello che abbiamo fatto per loro
>> Aggiunse pensieroso Pippo. << Che ne
dici, Sora, è una buona idea? >>
Il Custode rifletté. Non potevano continuare a combattere ed
a lottare in eterno. Potevano prendersi uno o due giorni di riposo.
Curarsi le ferite, trovare un Moguri che riparasse le armi e poi
ripartire. Di certo, non si sarebbero fermati poi così
tanto, no?
Sospirò. << E sia. Cerchiamo di raggiungere
per tempo la capitale. >>
Paperino e Pippo esultarono gioiosi.
***
Mal di testa. Stanchezza. Mal di testa.
Sora aveva affondato la faccia in uno dei cuscini, la mente ancora
rimbombante del suono dei tamburi e delle trombe. Stava disteso su di
un grande letto a baldacchino con cortine di seta, il materasso
talmente morbido che era pressoché certo che ci sarebbe
annegato.
La Città imperiale, se ne era ricordato troppo tardi, non
era il luogo perfetto per ottenere un accoglienza rapida e discreta.
L’arrivo del Custode del Keyblade, salvatore dei Mondi, e dei
suoi fidi amici, gli Onorevolissimi Pippo e Paperino, aveva richiesto
oltre due ore di cerimonie, presentazioni, interminabili protocolli.
Adesso che finalmente Sora era disteso sul letto, dovette costringersi
a tirarsi su. Prima di dormire doveva curarsi le ferite, e lo
imbarazzava lasciare che a farlo fosse una delle cortigiane che
l’Imperatore gli aveva messo a completa disposizione. Aveva
sempre fatto da solo. Questa volta sarebbe stato uguale.
Scese dal letto a piedi nudi e sobbalzò quando
udì bussare alla porta. Dio, chi sarebbe arrivato quella
volta?
<< Lord Sora, chiedo umilmente il Vostro munifico
perdono! E’ giunta una missiva indirizzata esplicitamente a
Voi con grande urgenza, il cui contenuto non mi è dato
sapere … >>
Sora aprì la porta bruscamente. Desiderava solo prepararsi
un impacco di foglie di Paopu e bambù, e poi dormire.
Davanti a lui, quello che sembrava una sorta di scoiattolo troppo
cresciuto dai lineamenti orientali si inchinò –
almeno la coda gli mancava, notò Sora – e gli
porse la lettera. Il Custode ringraziò ed arginò
con un cenno della mano gli innumerevoli ossequi che il tizio stava
riversandogli addosso. Quando venne bruscamente congedato, troppo per
le intenzioni di Sora, il paggio sembrò più che
felice. Schizzò via nel corridoio, ciabattando con
un’agitazione che Sora trovò amaramente comica.
Gettò un’occhiata alla lettera mentre applicava il
suo unguento curativo sulle gambe e sulle braccia.
Ma che … ?
Sora, ti prego. E’ successa una cosa terribile. Ti prego,
vieni subito ad Atlantica.
Se non lo farai, non so cosa mi accadrà.
Era firmata semplicemente “Ariel”.
Oh, mer …
****
I turboreattori della gummiship, la tozza navetta di trasporto per i
viaggi intergalattici di Sora, ruggirono un’ultima volta
prima di spegnersi. La navicella planò lentamente sulla
spiaggia, i supporti metallici d’atterraggio sbriciolarono i
sassi piegandosi su sé stessi per favorire
l’atterraggio.
Sora staccò le mani dai comandi, sforzandosi di non
vomitare. Paperino era il dannatissimo pilota, non lui. Ma i suoi due
compagni di viaggio avevano avuto la brillantissima idea di avere
… una reazione allergica alle fragole? Tutti e due?
Probabilmente, considerò scendendo la scaletta della
gummiship verso terra, i suoi grandi amici lo avevano fregato. Sora era
dolorosamente consapevole di non essere quel che si dice una mente
brillante; loro due di certo ne avevano, per una volta, approfittato.
D’altro canto, chi avrebbe potuto biasimarli? Loro non erano
obbligati a seguirlo se non dal giuramento di Re Topolino, ed il Re era
morto molto tempo prima. Sora li aveva trascinati in due settimane di
battaglie e scontri all’ultimo sangue contro Heartless e
cattivoni locali vari. Forse era giusto che, a questo punto, che la
loro lealtà si prendesse una vacanza.
Questo pensiero non gli impedì di imprecare ad alta voce
quando, arrivato a terra, la testa iniziò a girargli.
Maledizione. Sforzandosi di non vomitare, diede il segnale vocale di
stop alla gummiship ed iniziò a risalire l’erta
davanti a lui.
Ariel lo aspettava nella grande casa colonica che si ergeva sulla
collinetta della spiaggia, un maniero terrazzato ed arredato riccamente
che un tempo era stata la dimora di suo marito, Eric. Sora si
domandò cosa fosse successo. Ariel era stata esiliata dal
mondo marino? Gli Heartless avevano sterminato il popolo marino e lei
era l’unica sopravvissuta? Una morsa d’angoscia gli
strinse il cuore. Non essere ridicolo, si impose mentalmente.
Respirò. Perché diamine era così
nervoso?
Prese coraggio e, raggiunto il portone della villa, bussò.
*****
Toc. Toc.
Appena i battenti del portone ebbero risuonato, il cuore
balzò in gola a Sora. Ariel. Che cosa poteva esserle
successo? Si sentiva nervoso, e per qualche ragione desiderò
che non fosse Eric ad aprire. Ma … stupido, stupido, dannato
stupido, esplose fra sé e sé. Che cosa stava
pensando di …
La porta si spalancò, e Sora dovette richiudere la bocca.
Ariel era bellissima, ancora più bella di come la ricordava
quando era poco più di una bambina. Avanzò
composta verso di lui, il viso serio, come a lutto. Era nella sua forma
umana, rilevò Sora, ma questo non la rendeva meno
meravigliosa. Un ampio vestito le copriva il corpo, insolitamente
sobrio. Ariel era sempre stata una donna appariscente. Piccoli orli
azzurri si intravedevano fra le maniche a sbuffo, simili a tante
piccole lacrime. I capelli rossi erano lucenti, pettinati in una coda
di cavallo che le ricadeva fin sulle spalle nude.
E, d’un tratto, Sora credette di sapere cosa fare. La
raggiunse, e le prese le mani.
<< Ariel, che cosa è successo. Sono
… sono venuto appena ho potuto. Come stai? >>
I grandi occhi azzurri della principessa si spalancarono e Sora vi
colse contentezza, ma anche mestizia. << Ariel
>> Ripeté, più deciso
<< che cosa è successo? >>
La sirena in forma umana si avvicinò ancora. Sora poteva
sentire il suo profumo sulla pelle.
<< E- Eric se n’è andato. Qualche
giorno fa. Mi ha- mi ha lasciato, ed io … >>
La sua voce si fece tremante, e lacrime simili a zaffiri spuntarono nei
suoi occhi che avrebbero potuto annegare anime.
In quel momento, Sora non pensò che nessun pericolo
imminente minacciava Atlantica, che nessun Heartless era spuntato
nemmeno a pagarlo, che aveva lasciato il suo breve e meritatissimo
periodo di riposo per quello che molti avrebbero giudicato un falso
allarme.
Non pensò nulla di tutto questo. Invece, la
abbracciò stretta e si fece condurre, in silenzio, nella
casa.
******
Erano seduti su un divano, sulla terrazza più grande della
villa intera. Un divano in una terrazza? Sora non ebbe tempo per simili
interrogativi. Portò un po’ del vino alle labbra,
mentre ascoltava la voce spezzata della sirena raccontare quello che
era successo.
Aveva già dimenticato la chiamata fin tropo brusca. Ora, era
capace solo di ascoltare.
Ascoltò e sentì tutto. Sentì del suo
rapporto con Eric, di come lui bevesse fin troppo. Incredulo e
scandalizzato la ascoltò parlargli delle sue amanti, dei
suoi affari sottobanco con alcuni tritoni infidi, delle sue giornate
intere passate in bettole e bordelli. Quando arrivò a Myde,
raccontandogli con voce incrinata come Eric avesse lasciato che
fuggisse dal palazzo reale e lo avesse incitato a non dire nulla a sua
madre, Sora spezzò il bicchiere in due.
<< Bastardo >> Mormorò, prima di
rendersene conto. Ariel lo osservò con espressione spaesata,
e Sora si rese conto con orrore di aver distrutto uno dei bicchieri del
servizio buono. <> Idiota! Idiota! Idiota!
<< Non preoccuparti >> sussurrò
la sirena, avvicinandosi a lui e premendosi contro il suo fianco.
<< Lui … mi ha lasciata, per fortuna.
>>
Sora non sapeva cosa fosse più forte, se le emozioni
contrastanti che Ariel gli provocava o la furia ed il ribrezzo che
provava nei confronti di Eric, quel giovane gentiluomo che si era
dimostrato un ubriacone irresponsabile e malvagio. Prima che se ne
rendesse conto, aprì la bocca e gli diede fiato.
<< Eric ha perso un tesoro, Ariel. >>
Inorridì. Lo aveva detto davvero? La vista cominciava ad
annebbiarglisi. Aveva bevuto pochissimo vino, smettendo non appena
Ariel gli aveva parlato dell’alcolismo di Eric. Le palpebre
diventarono pesanti. Mentre la sua mente cosciente sprofondava
chissà dove, senti Ariel dirgli che andava …
tutto … bene ….
*******
La prima cosa che emerse dal bianco fu altro bianco, quello delle
lenzuola. Un piccolo, minuscolo frammento di coscienza
ritornò alla sua mente.
Che … cosa …
Passarono diversi minuti prima che il suo cervello riuscisse ad
elaborare un pensiero coerente, e con esso l’ordine di
muoversi. Sora stiracchiò le gambe. Il battito ritmico del
suo cuore gli rimbombava nelle orecchie. Si sentiva intorpidito, i
piedi gli formicolavano. Era come se non avesse più del
tutto il controllo di sé.
Soffocando uno sbadiglio si girò, confusamente.
Oh mio – !!!!
Ariel era distesa accanto a lui, coperta da niente altro che le
lenzuola bianche.
Il cuore di Sora perse un battito. Con orrore, senza neanche respirare,
il Custode si ritrasse come se avesse visto un serpente a sonagli. NO!
NO, NO, NO!
Idiota, stava sussurrandogli una vocina insistente in testa.
Freneticamente Sora spalancò gli archivi della sua memoria.
Non poteva essere! Che cosa avevano …
Insomma, la risposta era ovvia.
Ma nella sua mente c’era solo il bianco, quello
dell’incoscienza. Troppo idiota per ricordare qualcosa .
Troppo idiota e troppo ubriaco. La vocina continuava a martellargli in
testa.
Impietosa.
Assillante.
<> Ululò Sora, e si
precipitò fuori dalla stanza.
Si fiondò giù dalle scale con il rischio di
spezzarsi il collo, scansando sedie e vasi ingombranti. Un rumore di
cocci risuonò alle sue spalle. Sora si ficcò le
mani fra i capelli, e fuggì verso la gummiship.
********
Il volto di Riku, sgranato dal megaschermo ovale della sala video della
gummiship, si spalancò in un’espressione di
sorpresa. Sora riprese fiato, esausto. La porta d’ingresso
della gummiship era sbarrata da un lucchetto e da una grossa spranga di
ferro. Sembrava appena uscito da un incubo il Custode, i capelli
sporchi e spettinati, la faccia stravolta in una smorfia di
orroredisgustospaventoterrore. Sul megaschermo, il viso di Riku
sembrava un identica copia di quello di Sora.
<< Ti sei risvegliato. >> Riku sembrava
star saggiando le parole. << Nel suo letto.
>> << E … >>
<< SI! >> Esplose Sora, allargando le
braccia. << Lo abbiamo fatto, ti rendi conto? Lo abbiamo
… >>
Sora si sarebbe aspettato quasi tutte le reazioni possibili. Stupore,
spavento, freddezza, irritazione, terrore. Ma non fu assolutamente
preparato quando Riku scoppiò in una risata clamorosa.
<< Senza Paperino e Pippo a farti da balia ti cacci in
guai grossi, eh? >> Sora boccheggiò. Bastardo!
<< Ti ho chiesto di darmi un consiglio, **** ! Che devo
fare?!? >>
Era esausto. Lui, il Custode del Keyblade, il salvatore dei mondi, era
in crisi a causa di una notte con una sirenetta. << Riku
… ti prego. >> Era incredulo. Era …
era sull’ orlo del pianto, dio! Come poteva lui, Sora,
sentirsi così?
Anche Riku, a giudicare dalla faccia sgranata che lo osservava dallo
schermo, sembrava piuttosto sorpreso.
<< OK Sora, OK. >> Quelle parole furono
come nettare per lui. Riku aveva di sicuro avuto a che fare con le
donne in quella maniera, prima di quel momento! Lui lo avrebbe potuto
aiutare …
<< Resta calmo, Sora. Resta – calmo.
>> Quasi come se l’amico fosse un esperto
psicoterapeuta, Sora prese un gran respiro tendendo le braccia in basso.
<< Ariel era sconvolta, a quanto mi dici. Tu, Sora, hai
fatto la cosa peggiore che potessi fare. Insomma, sapevo che eri
ottuso, ma non TALMENTE TANTO! >> Sora era come
inchiodato sulla poltrona da cui osservava lo schermo.
<< Tu gli hai dato una speranza, e poi l’hai
abbandonata. Aveva bisogno di conforto, tu le hai offerto una nottata e
… sarai stato come Eric, ai suoi occhi. L’hai
abbandonata. Ancora. >>
Schiacciò il tasto destro del telecomando prima di
rendersene conto. Riku aprì la bocca, e lo schermo divenne
nero.
Sei come Eric. L’hai illusa. L’hai ingannata.
Doveva tornare da lei.
Ariel!
Non pensò a quello che faceva. Squarciò la porta
e i suoi cardini con un lampo, evocando il Keyblade con
intensità quasi dolorosa. Si fece strada tra i frammenti di
lucchetti, catene e sbarre; balzò sulla sabbia della
terraferma, perse l’equilibrio, cadde.
Ariel!
Si rialzò, inzaccherato fino al midollo. Barcollò
e si lanciò verso la villa, con la velocità
massima che poteva sostenere.
Oh Dio, Ariel, aspettami!
*********
<< SORA !!!! >>
La voce lacera l’aria. IL Custode si arresta, mentre il
Keyblade si smaterializza dal suo palmo.
Ariel.
Adesso il profumo di lei, la sua voce, il suo corpo, invade tutti i
pensieri di Sora. La vede precipitarsi giù verso di lui.
Sorride di speranza, l’abito strappato in più
punti.
Si raggiungono e si abbracciano al centro esatto della spiaggia, e Sora
non ha il tempo di pensare all’assurdità
dell’intera situazione, dalla nottata di sesso a questo. Gli
sembra di trovarsi dentro un telefilm di seconda mano, eppure si
ritrova a stringere Ariel con tutta la sua forza, premendo la bocca
contro la sua.
Quando si staccano, lei lo guarda intensamente.
<< Ho avuto paura che tu avessi fatto come lui.
>>
Lo guarda. Lo guarda, e non c’è nessun bisogno di
specificare chi sia questo lui.
<< Non lo avrei mai fatto >> sussurra Sora,
con voce roca. E’ completamente sedotto, incantato.
<< Io ti amo, Ariel. >> Ecco.
L’ha detto. Non si rende conto che forse quella è
solo attrazione fisica, che una notte di sesso (lo avranno davvero
fatto, poi?) non basta per legarsi ad una persona.
Tristemente, se ne rende conto quando è troppo tardi.
<< Sora … vuoi sposarmi? >>
Oh, ca …
Non è stata una reazione volontaria, spingerla via da
sé. Ora è Sora a fissare sconvolto la
sirena. Finalmente, l’inverosimiglianza della situazione gli
entrata in testa, a suon di martellate parrebbe.
Ariel indietreggia oltraggiata. << Sora. >>
Il tono è più freddo, duro. Il giovane aggrotta
la fronte. << Vuoi – sposarmi? >>
Ora sì che, Sora è certo, la sua voce ha assunto
un tono pericolosamente minaccioso e metallico.
Rifletti, dannazione. Rifletti, rifletti, rifletti …
Nella mente del Custode, un lampo squarcia le tenebre. C’
è una possibilità! Assume quella che dovrebbe
sembrare un’aria piuttosto adulta, e superiore a tutto.
<< Ariel, >> incomincia, misurando bene le
parole << una notte di sesso non basta per decidere di
andare all’altare. So che sei ancora sconvolta per quello che
ti ha fatto Eric, ma … >>
Esasperata, la sirena scuote la testa. Incredulo, Sora la sente
imprecare oscenamente, come probabilmente nemmeno quell’Eric
avrebbe mai fatto.
<< Pensavo che sarebbe bastato chiamarti per farti cadere
fra le mie braccia. >> Mormora con tono leggermente
isterico. Respira troppo velocemente. << Ma tu dovevi
fare il pesce lesso, vero? >> Scuote la chioma rossa.
<< Ho drogato il tuo vino, mi sono spogliata e mi sono
messa a letto accanto a te. Ma questo NON poteva ancora bastarti, vero?
TU, SORA, mi sposerai e rimpiazzerai ERIC!!!! >>
Sora è sconvolto, ma almeno ha recuperato un pizzico di
lucidità. <>
Sul bel visetto della sirena si fa strada un sorriso molto simile ad un
sogghigno. Le onde del mare lambiscono la spiaggia e si increspano;
spruzzi di spuma schizzano in alto nel cielo.
Sora vede avanzare quello che inequivocabilmente è un
tritone in forma umana in mezzo alle onde. Poi ne sorgono altri due
dalle acque. Tre. Quattro. Una moltitudine di tritoni che avanzano
sulla spiaggia, lance, spade e gladi in mano.
<< Allora, Sora? Ci hai ripensato? >>
Sora guarda Ariel, e capisce che l’addio al celibato non
sarà proprio come se lo è immaginato.
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