Finché
morte non ci separi
Ormai
la decisione era stata presa e Magnus si rendeva conto che non si
poteva più tornare indietro. Una volta compiuto quel passo,
niente
sarebbe stato più come prima, e tutto ciò gli
faceva paura, una
grande paura, ma lui lo stava facendo per amore, per Alexander.
Quando pensava a lui tutte le sue preoccupazioni sparivano.
Così
eccolo lì, nel suo loft in compagnia di Catarina Loss
-Magnus,
sei sicuro di quello che stai per fare?- gli chiese la strega, con
fare apprensivo -O meglio, sai cosa stai per fare?-
Il
Sommo Stregone di Brooklyn se ne stava seduto su una poltrona,
sprofondava nella morbida imbottitura e teneva le gambe accavallate.
Era accanto al caminetto e fissava le fiamme blu che aveva lui stesso
acceso con uno semplice schiocco di dita. Alla sua sinistra c'era un
grande divano su cui si era seduta la sua amica strega.
-Smettila
di chiedermelo- rispose lui, forse un po' brusco, a causa del
nervosismo -Se non ne fossi sicuro non ti avrei chiamata qui-
Magnus
si alzò in piedi. Guardò Catarina, che era ancora
seduta, si
scambiò uno sguardo con lei e poi lei si alzò a
sua volta.
-Quindi
vuoi che sia fatto oggi?- gli chiese lei, mentre i due si dirigevano
verso il centro della stanza, da cui erano stati appositamente
spostati tutti i mobili. Sul pavimento era stato tracciato un
pentacolo che risplendeva leggermente di una luce bluastra: era
costituito da una grande stella inscritta in due cerchi, il tutto
circondato da simboli magici dalla forma aggraziata.
L'unica
fonte di luce era quella del caminetto, il quale proiettava un
bagliore piuttosto debole e freddo in tutta la stanza.
Magnus
Bane entrò entrò a passi lenti nel pentacolo e si
sistemò al
centro, poi rispose alla domanda di Catarina.
-Sì- e
annuì vigorosamente
-Funzionerà?-
domandò Catarina, dando voce ai suoi dubbi -Insomma, io non
ho mai
eseguito un incantesimo del genere. E se non fossimo abbastanza
potenti? Questa è magia complicata...-
-Non
devi preoccuparti, Catarina, ti aiuterò anche io
finché potrò- un
sorriso amaro comparve sul suo volto e un'espressione triste
attraversò il volto della strega, che stava fuori dal
pentacolo.
Catarina
si allontanò per prendere il Libro Bianco, nel quale era
stato
precedentemente sistemato il segnalibro di stoffa rossa per indicare
la pagina con l'incantesimo da compiere.
Magnus,
teso in mezzo al pentacolo, aspettava che la procedura cominciasse.
Vide
Catarina richiamare i propri poteri, i quali si manifestarono sotto
forma di scintille azzurre vibranti nelle sue mani. Magnus
imitò
l'amica strega.
Fu
proprio lei a dare inizio all'incantesimo, leggendo dal Libro Bianco
le complicate formule in lingua demoniaca. Il pentagramma
cominciò a pulsare,
mentre lentamente ogni simbolo magico si colorava di azzurro. Una
rete magica si formò tra Catarina, colei che eseguiva
l'incantesimo,
e Magnus, l'oggetto.
Il
Sommo Stregone di Brooklyn sentì tutta l'energia accumularsi
nel
pentagramma e per un istante ebbe paura che potesse esplodere da un
momento all'altro. Non aveva mai provato delle sensazioni
così
strane, infatti era la prima volta che si trovava all'interno del
pentacolo, lui ne era sempre stato fuori.
L'incantesimo
raggiunse il suo apice e le lettere e i simboli magici incisi nel
pavimento proiettarono un fiume di energia che sembrò
chiudere
Magnus in un cilindro di luce. Il Figlio di Lilith si sentì
investire da una forza invisibile e, all'improvviso, tutto
finì
proprio com'era cominciato.
Il
fuoco magico blu nel caminetto si spense facendo piombare la stanza
nel buio più totale e Magnus cadde a terra, privo di sensi.
y
Due
giorni dopo eccolo lì, davanti all'Istituto, desideroso
più che mai
di vedere Alec.
Ora
era solo Magnus Bane, il titolo di Sommo Stregone di Brooklyn non gli
apparteneva più e, doveva ammetterlo, si sentiva ancora un
po'
scombussolato. La cosa più strana era non sentire
più scorrere
l'energia della magia nelle sue vene, ma ci avrebbe fatto
l'abitudine.
Ad
aprirgli la porta dell'Istituto fu Isabelle, che lo trapassò
con uno
sguardo truce.
-Che
ci fai qui?- gli chiese, restando appoggiata alla porta e non dando
il minino segno di volerlo far entrare
-Sono
qui per vedere Alec- rispose
-Non
penso che lui ti voglia vedere- ribatté e fece per chiudere
la
porta, ma lui fece un passo in avanti e la fermò
-Isabelle,
ho bisogno di vedere Alec- affermò con
tono deciso
-Magnus...-
adesso che era più vicino la Cacciatrice poteva notare che
c'era
qualcosa di diverso in lui, qualcosa che la spinse ad annuire e a dire -OK, va bene-
-Grazie.
Dov'è?- le chiese, con una punta di sollievo nella voce.
-É
nella sua camera-
y
Magnus
bussò alla porta di Alec.
-Entra-
disse una voce dall'interno, la sua voce. Proprio in quell'istante
Magnus si rese conto di quanto gli fosse mancata. Probabilmente il
Cacciatore pensava che a bussare fosse stata la sorella, altrimenti
non l'avrebbe lasciato entrare, ma decise di non dire nulla e di
approfittare del momento. Abbassò la maniglia della porta,
entrò
nella stanza e la chiuse dietro di sé.
Lo
trovò disteso sul letto, la schiena rivolta verso l'ex
stregone.
-Beh,
per cosa sei venuta, Isabelle? Per dirmi, come al solito, di smettere
di pensare a Magnus e uscire da questa stanza?- La voce di Alec era
debole e soffocata dal cuscino sul quale teneva la testa appoggiata.
Magnus rimase di sasso dopo aver sentito quelle parole e si
sentì
incredibilmente in colpa. Era lui il colpevole del malessere di Alec,
lui l'aveva ridotto così, lui l'aveva reso così
triste. Pensò a
qualcosa da dire, ma in quel momento non riusciva a comporre una
frase che stesse in piedi. Era la prima volta che gli capitava, lui
aveva sempre avuto la risposta pronta.
-Potresti
almeno rispondermi, no?- disse Alec, leggermente scocciato. Il
Nephilim ai tirò su a sedere e si voltò. Quando
vide Magnus
dapprima sbiancò, poi arrossì -Magnus...-
sussurrò incredulo. Il
corpo del Cacciatore fremeva, moriva dalla voglia di baciarlo,
toccarlo, abbracciarlo.
-Alexander-
disse lui. Alec sussultò, gli faceva sempre un certo effetto
sentire
il suo nome pronunciato da lui.
-Che...
Che cosa ci fai qui?- chiese con voce incerta il figlio dei Nephilim.
Magnus
non rispose, gli si avvicinò, si sedette sul letto accanto a
lui e
lo strinse fra le sue braccia.
Il
Nephilim rimase sorpreso da quel gesto e ci mise un po' prima di
rispondere all'abbraccio. Appoggiò le mani sulla schiena del
suo
amato, strinse la stoffa tra le dita e lo attirò a
sé, tenendolo
ben stretto, come se avesse avuto paura che potesse scomparire da un
momento all'altro.
Si
ricordò dell'ultima volta che si erano visti, del loro
ultimo
disperato bacio, delle dolorose parole “ É
finita” dette da
Magnus e le lacrime gli offuscarono la vista.
-Per
l'Angelo, quanto mi sei mancato...- sussurrò, la voce
talmente
debole che a stento si era sentito pronunciare quelle parole
-Guardami,
Alec- disse Magnus. Sciolse l'abbraccio e prese il volto dell'amato
tra le mani -Sono qui, e sono tuo. Sarò tuo per sempre, fino
alla
fine-
-Magnus...-
mormorò Alec, l'ex stregone gli asciugò le
lacrime, facendo
scorrere i pollici sulle sue morbide guance -Sai che io non ho un
“per sempre” , non possiedo l'eternità-
-Non
la possiedo nemmeno io- rispose lui scuotendo la testa -Non
più-
Allora
Alec lo guardò negli occhi e si chiese come avesse fatto a
non
accorgersene prima: gli occhi di Magnus da taglio orientale erano
diversi, conservavano sempre quel caratteristico verde-ambra
dell'iride, ma la pupilla non aveva una forma felina, era tonda,
normale. In una parola: umana.
Ad
Alec mancò il respiro per un istante
-Che
cosa è successo, Magnus? Sei diverso, sei...- il Cacciatore
lo stava
studiando, spostava lo sguardo qua e là alla ricerca di
qualcosa di
differente
-Umano.
Totalmente umano-
-Vuoi
dire che sei mortale?-
-Si,
Alexander- rispose l'ex stregone -In questo preciso momento sto
invecchiando. Come te, come ogni Cacciatore, come ogni mondano.-
Il
figlio dei Nephilim continuava a non capire
-Perché?-
domandò -Tu eri la magia in persona. Tu amavi essere uno
stregone!-
disse, la voce spezzata
-Ti
sbagli, ciò che amo sei tu. Stregone o no i miei sentimenti
non
cambiano.- Magnus afferrò le mani del Cacciatore e le
strinse tra le
sue con le unghie smaltate di azzurro
-Tu
hai rinunciato alla magia e all'immortalità per...per me?-
chiese
incredulo, gli occhi azzurri che Magnus amava tanto spalancati,
incespicando nelle ultime parole. Pensando al sacrificio che aveva
fatto Magnus, si sentì male, poteva quasi percepire un
dolore
fisico.
-Certo
che sì, stupido Nephilim. Per chi altrimenti?- Rispose lui,
con un
sorriso spavaldo stampato in faccio. Alec si ricordò della
prima
volta che lui l'aveva chiamato in quel modo. Erano ad Alicante e il
Cacciatore, nonostante la sua città fosse sotto assedio
(come gli
aveva giustamente fatto notare Magnus), gli aveva domandato
perché
non l'avesse mai richiamato. Alec sorrise al quel ricordo.
-Ho
sbagliato anche io, Alexander- ammise, mentre accarezzava con il
pollice il dorso della mano del figlio dei Nephilim -Avevo
dimenticato che la mia vita appartiene per metà a te e, di
conseguenza, anche la mia immortalità.-
-Ma
dovevamo decidere insieme, invece io ti ho nascosto le mie
intenzioni...-
-Solo
perché io non ti avevo lasciato nessun'altra
possibilità. Mi
dispiace- disse, un'espressione incredibilmente pentita e colma di
malinconia dipinta sul volto. Il cuore del Nephilim perse un battito
quando lo vide così straziato. Non resistette oltre, lo
prese tra le
braccia e lo strinse, accarezzandogli la schiena dolcemente.
-Cosa
farai adesso senza la magia?- gli chiese Alec
-Io
non sono senza magia- affermò, spostando una ciocca di
capelli
corvini dalla fronte del Nephilim, il quale aveva aggrottato le
sopracciglia, confuso -La più grande magia che io abbia mai
avuto
sei tu-
-Oh,
Magnus...- cominciò Alec, ma fu interrotto dalle labbra
dell'ex
stregone che si appoggiavano sulle sue.
Erano
destinati a stare insieme, quando si abbracciavano i loro copri
combaciavano come se fossero stati disegnati per completarsi a
vicenda.
-Ti
amo- disse Alec. Cercò di trattenersi, ma finì
comunque per
arrossire.
-Ti
amo anch'io- rispose Magnus, sorridendogli dolcemente -Soprattutto
quando arrossisci a quel modo.-
Alec
avvampò ancora di più (se possibile) e
baciò Magnus, per evitare
che aggiungesse altro.
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