Sarei
dovuta morire la prima volta che ho partecipato agli Hunger Games.
Vorrei essere morta allora. E mi odio per questo pensiero.
Perché se
fosse andata così i giochi esisterebbero ancora, ragazzi
come Prim e
Peeta che vengono mandati al macello per il piacere di Capitol City.
Non potrei sopportarlo. Sarebbe intollerabile. Ma vorrei comunque
essere morta lì. Si sarebbe potuto salvare solo Peeta. Lui
è un
bravo ragazzo. O forse lo era. Gli hanno manomesso la mente e io ho
paura che gli abbiano manomesso anche l'anima. Era riuscito a
rimanere buono anche dopo la nostra vittoria. Io non ci sono
riuscita. Ma non lo ero neanche prima. Non ero una ragazza serena
nemmeno prima che accadesse tutto. Ma ora porto dentro un peso che mi
ha resa più amara e infelice di prima.
Nemmeno
Gale mi capisce.
La
prima volta che è venuto a trovarmi e mi ha trovata con le
mani
piene di sangue pensava fosse stato un incidente. Che avessi rotto un
bicchiere e che mi fosse tagliata con i vetri. “Ho lavato le
mani,”
gli ho detto. Quella volta Gale si è limitato ad annuire
senza
chiedere troppo e mi ha fasciato le ferite. La seconda volta ha
fatto più domande e ha aggrottato la fronte. La terza volta
Gale ha
gridato così forte che Haymitch si è precipitato
in casa mia, con
la camicia abbottonata male per la fretta. Gale non ha capito. Non ha
capito perché è pieno di rabbia. Io invece
sono piena di
dolore, rimpianto, amarezza e rimorso. Haymitch invece ha capito. Ora
vado da lui tutti i giorni. Mi presento con le mani insanguinate e
Haymitch mi disinfetta i tagli, mi spalma una pomata e mi avvolge le
mani nelle bende, lasciando libere solo le ultime due falangi.
Haymitch
non fa mai domande. Si limita a farmi una carezza sui capelli e a
sospirare. Gliene sono molto grata. Lui mi capisce. Molto
più di
quanto Gale potrà mai fare e ormai credo che valga anche per
Peeta.
Una volta io e Gale eravamo simili, eravamo arrabbiati, pronti a
lottare o a fuggire, se necessario. Peeta invece era un ragazzo
innocente, troppo buono per il suo stesso bene, ora invece quando mi
osserva il suo sguardo non è quello giusto.
Peeta non mi ama. Non mi odia nemmeno, è troppo confuso per
capire
esattamente cosa prova. Ma non è questo il problema. Il
problema è
che non capisce come mi sento.
Sono
rotta, distrutta, mi hanno fatto a pezzi e poi mi hanno ricostruita
secondo i loro comodi. Solo che si sono scordati di aggiustarmi, alla
fine di tutto. Haymitch è come me. Sa perché
quasi tutte le notti
corro in casa sua e mi rifugio nel suo letto, scossa dalle lacrime
per i sogni sui morti che mi sono passati davanti agli occhi negli
ultimi anni. Haymitch mi lascia stare lì, raggomitolata su
me
stessa, mentre spero che un po' di calore umano possa aiutarmi. Lui
sa quali orrori invadono la mia testa. Lo sa, perché li ha
anche
lui. Certe volte ci svegliamo di soprassalto nello stesso momento,
col fiato corto, madidi di sudore gelido. Come se avessimo sentito
qualcosa. Ed è così. Certe volte è il
rumore assordante del
cannone. Un colpo, il viso di una persona che è morta per
far vivere
me. Certe volte sono urla. Le urla disperate della folla,
l'esplosione delle bombe. Bambini che mi chiedono aiuto, mentre
lentamente la loro carne brucia.
Quando
capita Haymitch versa due bicchieri di scotch e poi me ne passa uno.
Io lo ringrazio con un cenno del capo e bevo a piccoli sorsi, grata
del bruciore caldo che mi entra in corpo. Il sapore non mi piace, ma
è abbastanza forte da distrarmi, da rimettermi a posto
momentaneamente. Non mi chiede mai niente. Non ne ha bisogno, sa
esattamente quello che succede dentro la mia testa. Mi permette di
urlare, di piangere, di lanciare il bicchiere contro il muro. Certe
volte lo lancio ancora pieno. Haymitch non mi rimprovera mai. Fa
sparire i cocci e mi stringe a sé, come se potesse tenere i
pezzi
insieme se mi stringe abbastanza forte. A volte mi piace credere che
sia vero, che potrebbe funzionare più a lungo che per quei
pochi
momenti in cui riesce ad assorbire parte del mio dolore.
Ogni
mattina ricomincio. Levo le bende che ho sulle mani e inizio a
lavarle, lasciando che le piaghe e le ferite si riaprano. Il sangue
scivola nel lavandino del bagno e l'acqua diventa rosa. E' giusto che
io versi il mio sangue. Tanti l'hanno versato per me, è
giusto che
io li ripaghi. Certe volte Haymitch mi mette le bende così
strette
che non riesco a liberarmi e mi ritrovo sul pavimento, piangendo
perché vedo il sangue anche attraverso le garze, ma non
posso
lavarlo via. Gli chiedo di togliermele, ma lui scuote la testa, Dice
che ogni tanto devo lasciare guarire la pelle almeno un po'. In quei
casi so che il mio sguardo è pieno d'odio. Io non dico
niente quando
lui beve per cancellare il dolore, vorrei che mi lasciasse fare
quello di cui ho bisogno. Non lo odio davvero, non potrei mai,
è
l'unica persona che non mi fa sentire peggio quando mi guarda.
Gale
è tornato ancora. Inizialmente mi ha sorriso, quando ha
visto
l'espressione serena sul mio viso. Poi i suoi occhi sono scivolati
lungo il mio corpo, fino alle mani. Il sangue che gocciolava sul
pavimento ha fatto scattare qualcosa dentro di lui. Mi ha
schiaffeggiata, forte, mandandomi a sbattere contro il tavolo della
cucina. Poi ha incominciato a gettare per terra tutto quello su cui
riusciva a mettere le mani. Haymitch è corso di nuovo da me.
Ha
visto il segno rosso sul mio viso e ha cacciato Gale da casa mia. Non
era necessario, in realtà. E' stato una delle poche volte in
cui ho
sentito qualcosa di diverso dal solito. C'era solo il dispiacere di
aver perso quello che una volta era il mio migliore amico. E' stata
un'emozione stranamente riposante.
Non
vado mai trovare Peeta. Ci ho provato, un paio di volte, ma ha il
sorriso incerto di chi non sa esattamente quale emozione provare, mi
ha fatto troppo male. Peeta mi ricorda tutti i danni che ho fatto,
tutto il male che ho provocato. Mi chiedo se non sarebbe stato meglio
farmi uccidere da lui. C'è stato un momento in cui ho
creduto che
alla fine di tutto saremmo stati insieme, che mi avrebbe amato
nonostante tutto e che il suo amore mi avrebbe aiutato a vivere. Era
un pensiero molto egoista, lo so, ma era anche rincuorante. Ora Peeta
nemmeno è sicuro di chi io sia o di cosa sente per me.
Dell'amore
incondizionato di un tempo non c'è più nulla. Ora
ho anche il suo
sangue sulle mani.
L'unico
amore che ho ora è quello di Haymitch. E' l'unica famiglia
che mi
rimane, l'unica persona che non mi giudica, l'unico che riesco a
guardare negli occhi senza voler essere morta. Non è una
forma sana
d'amore, è qualcosa fatto di dolore, amarezza e distruzione,
qualcosa messo insieme con le macerie di quello che eravamo una
volta. Non sono sicura nemmeno che “amore” sia la
parola giusta.
So solo che quando mi guardo le mani, il suo è l'unico
sangue che
non vedo.
Fine