Maledetta sveglia ogni mattina suona
sempre prima, l’ho
detto miliardi di volte a mia madre ormai è rotta si deve
assolutamente
cambiare eppure lei si ostina a tenerla.
Adora gli oggetti vecchi la sua e
quasi una fissazione non
butta via nulla, conserva ancora, addirittura, i miei vecchi disegni di
quando
ero bambina, quelli obbrobriosi fatti in tenera età quando i
genitori dopo che
li hai stressati per ore ti costringono a fare per avere un
po’ di pace.
Mi rigiro nel letto, tentando di
risvegliarmi il più dolcemente
possibile.
Rimango ad occhi chiusi in ascolto.
Dalla stanza accanto provengono le
voci dei miei genitori,
sembrano allegri, ridono, scherzano, giocano!
Chi l’ha detto che a
cinquant’anni dopo 20 anni di
matrimonio e quasi altrettanti di fidanzamento subentri la noia.
Sorrido, loro due sono il mio ideale
di coppia, vorrei
riuscire ad innamorarmi di qualcuno come hanno fatto loro e di
rimanergli
fedele per tutta la vita. Purtroppo però, le mie relazione
fino ad ora sono
state tutto tranne che durature.
Dopo un po’ in qualsiasi
rapporto subentra la monotonia, la
routine la fa da padrone, ed io sono una di quelle persone che si
annoia
facilmente.
Io cerco quell’amore
pericoloso, che ti fa battere
perennemente il cuore, il ragazzo che in ogni suo minimo gesto mi
faccia capire
quanto mi ama, quanto mi vuole, quanto mi desidera.
Il filo dei miei pensieri viene
interrotto dalla porta che
si apre.
Mia madre entra nella stanza con una
tazza di cioccolata
calda fumante.
Io le sorrido.
“Mamma come mai, oggi,
quest’attentato alla mia linea?” dico
sorridendo felice.
Mia madre lo sa benissimo che da anni
combatto contro i
chili di troppo lei è un medico, una nutrizionista per la
precisione e, fin da
quando io e mio fratello eravamo piccoli ci ha insegnato a mangiare
bene e
curare il nostro corpo. Anche mio padre alla fine a ceduto alla sua
“filosofia
di vita”
Lei mi sorride di rimando scostando
le tende, uno strappo
alla regola sembra dire con quel suo sorrisetto, la cioccolata non
è
“contemplata” nella nostra dieta di famiglia, anche
se, devo ammetterlo, ognuno
di noi, compresa lei, ha una piccola scorta di nutella, cioccolata e
caramelle nascosta
nei posti più impensati della cucina.
Un raggio di luce mi colpisce in
pieno volto ma, ho gli
occhi chiusi e quasi non me ne accorgo.
Rimango li intenta a crogiolarmi al
sole mentre la mia mamma
si siede accanto a me sul letto allungandomi la tazza ancora fumante.
“Grazie!” le dico
alzandomi “Ma non hai ancora risposto!
Come mai oggi il cioccolato e non la tazza di caffè amaro
che mi propini di
solito?”
Lei sorride triste, lo so benissimo
perché, da due giorni a
questa parte tutta la mia famiglia sta assecondando tutti i miei
desideri.
Qualche settimana fa suo padre a
chiamato qui per dirci che
la nonna non sta granchè bene e lui non sentendosi in grado
di gestire la
situazione ha chiesto alla mamma ed alla zia Jane di andare li ad
accudirla per
qualche tempo, almeno finche non si fosse sentita un po’
meglio.
Siccome la zia ha appena partorito e
non può portare il
piccolo David in quella cittadina sperduta tra i boschi il compito
è toccato
alla mamma.
All’inizio avevamo pensato
di trasferirci tutti li.
Il mio fratellino James e mio padre
Malcom hanno accettato
di buon grado il trasferimento in fin dei conti durante le ultime
vacanze trascorse
li avevano stretto tante nuove amicizie e si erano tenuti in contatto
con un
po’ dei gente del posto.
Solo io e Penny, mia madre, eravamo
“meno contente” di
questa situazione. Certo adoriamo il nonno e la nonna ma la voglia di
lasciare la
nostra bella casetta in Florida non ci allettava molto.
Mia madre odiava dal più
profondo del cuore Forks e si era
ripromessa che, se fosse tornata, non sarebbe rimasta li per
più di due giorni.
Ed io, bè io oltre ad
odiare profondamente la pioggia non volevo
abbandonare i miei amici e il mio quasi fidanzato Etan.
Però siamo state
costretta, volenti o nolenti, ad accettare
il trasferimento.
Era tutto pronto, mancavano due
giorni alla partenza quando
il capo della mamma chiama a casa dicendo che, per problemi
sopraggiunti
all’improvviso lei non poteva ottenere il trasferimento
nel’ospedale di Forks.
E li è iniziato il mio
dramma.
Con mia madre che non poteva muoversi
dalla nostra città e
mio padre che doveva rimanere con lei la scelta si è
ristretta tra me e mio
fratello.
“Scusami Addie”
rispose mia madre cupa.
Sapendo quanto odiassi quella
città ha preso a malincuore la
decisione di mandare me, mio fratello in fondo, era troppo piccolo per
occuparsi di due persone di una certa età ed io ormai mi ero
rassegnata al mio
destino.
“Non ti preoccupare
mamma” la rassicurai poggiando una mano
sulla sua.
“In fin dei conti
è solo per poche settimane”
“Ma è estate, tu
adori il mare, adori il sole come farai a
passare tanto tempo in quella città?” mi disse
preoccupata e affranta.
“Mamma ma vuoi rassicurarmi
o cosa? Così mi fai solo
cambiare idea!” le dissi sfoderando il sorriso più
dolce e rassicurante che
riuscivo a fare.
Se c’è una cosa
che ho sempre saputo fare benissimo è
mentire ai miei genitori, anni di gavetta, anni a cercare di
discolparmi quando
facevo piangere il mio fratellino, anni a nascondere i brutti voti che
prendevo
a scuola… e loro ci sono sempre cascati.
La mamma rincuorata uscì
dalla stanza.
“Svelta principessa che si
va al Luna Park!” mi disse mio padre
facendo capolino dalla porta della stanza.
“Principessa???”
ero sconvolta. Quel nome non lo usava da
secoli, anzi, di recente, il nomignolo più affettuoso con
cui mi chiamava era
rimbambita. I papà sanno essere cattivi.
Io mi alzai malferma dal mio letto
facendo la linguaccia a
mio padre e mi diressi all’armadio.
Mentre camminavo facevo la gincana
tra i vestiti, quaderni,
borse e libri sparsi a terra alla rinfusa.
Il disordine nella mia stanza ha
sempre fatto da padrone,
quante litigate con mio padre per questo… ma in questi
giorni non ha il
coraggio di sgridarmi si sente troppo in colpa e io aumento i suo
rimorsi
facendogli pesare il fatto che non si è offerto di andare a
Forks al posto mio
ma, in effetti non lo posso rimproverare di questo, per tutto
l’amore che può
provare per i miei nonni, che sono per lui come dei veri genitori, dopo
una
giornata passata nella stessa casa con il nonno…bhe uno dei
due sarebbe finito
all’ospedale… come minimo.
Apro l’armadio sorridendo e
vengo travolta da una valanga di
vestiti. Credo che Elene la mia migliore amica abbia ragione, meglio
riporre i
vestiti ordinatamente, o quasi, nell’armadio invece di
lanciarli alla rinfusa, i
vestiti sarebbero stati più difficili da trovare ma almeno
avrei arginato l’effetto
valanga.
Mi libero dai vestiti che mi sono
rimasti addosso e scelgo
dal gruppo dei più leggeri un paio di pantaloncini e una top
che avrei
successivamente lasciato qui in Florida, a Forks gli unici indumenti
che ero
sicura avrei usato erano le giacche a vento e gli impermeabili, quindi
quei
vestitini tanto scollati e corti non erano proprio l’ideale,
con quelli addosso
sarei morta di freddo.
Mi precipito in bagno per vestirmi,
adoro il Luna Park e
ormai sono anni che non ci vado con i miei. Passare un po’ di
tempo con loro oggi,
prima della separazione di domani per me è indispensabile.
Adoro la mia famiglia, senza di loro
di sentirei persa.
Rimango qualche secondo davanti allo
specchio con i vestiti
ancora sotto braccio a sbadigliare sguaiata come sempre.
Beh non per niente dicono che sembro
un maschiaccio, anzi
più precisamente un maschio mancato.
Apro l’acqua della vasca ma
poi cambio idea, meglio fare una
doccia veloce per rilassarmi nella vasca avrò tempo stasera
anche perché, di
solito, quando torno dal Luna Park sembro una pezza da buttar via.
Entro nel
grande vano della doccia, l’acqua è gelata, di
sicuro James avrà finito tutta
quella calda.
Esco dalla doccia tremando e, mi
copro con un lungo
asciugamano, ormai non ho la minima idea di che fine abbia fatto il mio
accappatoio, tendo a dimenticarlo dagli amici quando vado da loro per
usare la
piscina.
Coperta ritorno davanti allo specchio
per darmi una
sistemata.
Prendo il phon dall’armadio
a vetri accanto al lavandino e
inizio ad asciugare i capelli.
Sono troppo lunghi… ho
deciso al mio ritorno da Forks li
taglio corti, mi sono rotta di avere i capelli che arrivano al
fondoschiena.
Prendo la prima spazzola che trovo
dal beauty case che ho preparato
per il viaggio e stiro bene il ciuffo, il resto dei capelli li lascio
naturali
un po’ mossi, altrimenti per stirarli ci impiegherei ore.
Mi sa che è ora di rifare
la tinta ormai i miei capelli
rosso chiaro stanno ricomparendo sotto quelli rosso fuoco con le
sfumature
viola che tanto adoro.
Ormai asciutta infilo quasi
automaticamente i vestiti puliti
che avevo appoggiato sul davanzale della finestra.
I pantaloncini neri e il top rosso
che ho scelto mi stanno
abbastanza bene, e soprattutto stanno benissimo insieme, di solito non
riesco a
decidere subito per l’abbinamento migliore, scegliere ad
occhi chiusi a volte
ha i suoi vantaggi.
Ritorno allo specchio e lego i
capelli in una coda alta meno
impegnativa sulle montagne russe, non vorrei rischiare che mi ricadesse
sugli
occhi.
Prendo dal beauty una matita nera,
l’ombretto rosso e il
lucidalabbra.
In meno di 10 secondi sono pronta per
uscire.
**°**°**
La giornata al Luna Park passa
veloce. Arriviamo a casa che
sono le dieci di sera, mio padre ha voluto che ci fermassimo a mangiare
una
pizza, il mio piatto preferito.
Non ho il tempo di fare neanche il
mio lungo bagno
rilassante che crollo per il sonno sul divano.
“Addie è tardi
svegliati, tra un po’ dobbiamo andare
all’aereoporto” sento il mio fratellino che mi
chiama. Voglio rigirarmi come
faccio ogni mattina ma poi ricordo di essermi addormentata sul divano.
Mi alzo
scostando il lenzuolo che mia madre aveva utilizzato per coprirmi.
Un odore di uova e becon croccanti
arrivano dalla cucina.
“Non ci credo, anche oggi
uno strappo alla regola?” chiedo
alla mia mamma arrivando in cucina seguendo quell’odore
delizioso.
Mia madre ride mentre automaticamente
mi siedo a tavola con
gli occhi ancora chiusi.
Inizio a mangiucchiare qualche
cornetto e poi la colazione
all’americana ipercalorica che mio padre aveva già
finito.
“Pancia mia fatti capanna!
Colazione ipercalorica arrivo!”
gridò James facendomi finalmente ridere di gusto.
Certo che la mia famiglia mi
mancherà tanto.
Mi alzo da tavola e corro in camera a
prendere la valigia.
C’è ancora la montagnola di vestiti per terra. Ne
scelgo altri, avevo
dimenticato che potevo partire tranquillamente con le maniche corte, mi
sarei
cambiata all’arrivo.
Corro in bagno e mi guardo allo
specchio sconvolta.
Il trucco sbavato i capelli in
disordine e solo 5 minuti per
vestirmi e sistemarmi.
Una corsa contro il tempo.
Mi strucco velocemente e pettino il
groviglio di capelli ed
elastici che ancora mi pendono scomposti dalla coda, per la foga quasi
non mi
stacco il piercing dall’orecchio, gridando come una pazza.
Esco dal bagno e vedo mia madre sulla
porta che ticchetta
con il dito sull’orologio. Infilo il cellulare in tasca e
dopo aver gridato
“Caio Casatta!” con il beauty in mano corro dietro
a mio fratello e mio padre
verso la macchina.
Arrivati all’aereoporto
vedo tutti i miei amici che mi
aspettano li per salutami, inforco i miei occhiali da sole a specchio
quasi in
automatico. Non voglio piangere anche davanti a loro, mi basta quanto
l’ho
fatto davanti al mio povero fratellino in questi ultimi due giorni. Li
abbraccio tutti con la promessa di chiamarli spessissimo e di tenermi
in
contatto con l’oro tramite cellulare telefono e e-mail, cose
per me
indispensabili, loro mi sorridono ed io, trattenendo a stento le
lacrime mi
avvio verso il gate carica di valige e borse. So già che la Florida
mi mancherà
**°**°**
“Quando
arriviamo?” mi chiedo tamburellando con le dita sul
mio mp3 questo viaggio è interminabile. Se penso che mi
toccherà anche prendere
un taxi fino alla casa dei nonni mi viene da impazzire.
“Signori e signore stiamo
per atterrare vi preghiamo di
allacciare le cinture”.
Finalmente penso stringendo la mia il
più possibile, chiudo
l’mp3 e poso la bottiglietta d’acqua che avevo
poggiato sul tavolino avanti a
me.
L’aereo sobbalza, un vuoto
d’aria mi spiega il signore
gentile accanto a me che vista la mia agitazione tenta di calmarmi,
odio gli
aerei, volare e l’alta velocità mi terrorizzano.
“Grazie!”
rispondo sorridendo.
“Si figuri!” mi
dice pacato
Oddio si figuri a me, ma se potrei
essere tua nipote? Addie
non ci pensare è solo un vecchietto rincretinito, tu non
dimostri affatto i
tuoi diciassette anni… tutti te ne danno sempre di
meno… fuu repira…
L’aereo atterra ed io
afferro le mie borse e scendo calma ad
aspettare il mio bagaglio.
Mhh vediamo che valigia avevo
portato, quella blu?La verde?
Oddio ora mi ricordo ho la borsa arancione fosforescente, quante brutte
figure
e prese in giro ho dovuto sopportare per quella.
La intravedo uscire sul tappeto
rotante mi avvicino per
afferrarla quando un ragazzo sui 20 anni precede il mio movimento e la
afferra
posandomela davanti.
“Grazie!” gli
dico titubante abbozzando un sorriso.
Lui lo ricambia “Si figuri
signora”
Ogni mia certezza crolla
“Signora???????? Ma quanti anni mi
dai?”
Lui inizia a sghignazzare
“Scusa, scusa. Non dimostri
neanche 18 anni ma dopo aver
visto la tua reazione con quel signore di poco fa, volevo vedere come
reagivi
con me”
Io divento tutta rossa, ringrazio il
cielo che ho rimesso
gli occhiali altrimenti non sarei neanche riuscita a reggere il suo
sguardo.
“Comunque piacere io sono
Emmet Cullen” mi dice porgendomi
la mano.
Io la afferro senza riflettere.
È fredda freddissima, sembra
marmo gelido, un pezzo di ghiaccio.
“Addison Evans”
gli rispondo abbozzando un sorriso “ma tutti
mi chiamano Addie”
Lui si sporge a prendere un altro
bagaglio e poi mi chiede
gentile.
“Dove stai andando
Addie?”
Mi dice iniziando a camminare verso
l’uscita dell’aereoporto
trascinando il mio bagaglio e il suo con poco sforzo.
“Sto andando a Forks dai
miei nonni”
Lui mi prende anche il beauty
lasciandomi portare solo la
borsetta più piccola.
“Ti sta aspettando qualcuno
fuori?”
“No devo prendere il
taxi” dico sovra pensiero.
“Allora ti accompagno
io” mi dice tendendo aperta la porta
di ingresso.
Io annuisco, per la serie mai andare
in macchina con uno
sconosciuto, ma non sono mai stata una brava bambina...
È uno strano ragazzo,
troppo bello per essere vero ma nello
stesso tempo inquietante.
Carica le nostre valige su una
Mercedes nera decappottabile
e poi mi fa segno di salire.
“Sei proprio un
gentiluomo!” gli dico scontrosa entrando in
macchina.
“Perché volevi
anche che ti aprissi la portiera?” mi risponde
ridendomi in faccia.
“Lo speravo!” gli
dico serafica ridendo a mia volta.
Mentre la macchina parte e la
capotte si ritira inizio a pensare,
che se tutti gli abitanti di Forks fossero stati come lui, non sarei mai
andata
via.
Allora è la mia primissima
storia su twilight e non tiene
conto degli avvenimenti dei vari libri solo i protagonisti sono gli
stessi e ci
sarà qualche piccolo spoiler ma solo del secondo libro ma
più in la. Qui la
protagonista molto simile a bella per alcuni versi e completamente
diversa per
altri, si imbatte in Emmett che stava viaggiando sul suo stesso aereo.
Il
ragazzo la provoca subito, capendo che Addie ha proprio un bel
caratterino. Non
è una Emmett Addison sarebbe troppo facile il classico colpo
di fulmine che la
Mayer ha utilizzato
spessissimo non so ancora come si evolverà la trama ma spero
che vi piaccia e
in base ai vostri commenti deciderò se continuare o no la
storia.
Callie^^
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