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A Small Seed A Mighty Trunk Shall Grow
Capitolo
1
Blind
Man’s Buff
La
primavera, attesa con ansia e appena arrivata, ha rapidamente
dipinto la manciata di alberi e arbusti sparpagliati lungo la piazza
con fiori in sboccio e foglie in germoglio. Tutti gli abitanti sembrano
essersi riversati dalle porte per crogiolarsi nei primi raggi caldi
dell’anno. Un cane passa di corsa con un bottino di carne
sugosa, tra le rumorose proteste del macellaio grassoccio, il quale,
invece di sforzarsi ad acciuffare il ladro peloso, si limita ad agitare
il pugno verso di lui.
Regina
si rallegra per il cucciolo ispido. Siede appollaiata sul
suntuoso sedile di velluto della carrozza, facendo capolino da dietro
le tende di pizzo, desiderando di essere là fuori col resto
del mondo.
La
mamma le ha detto di non uscire e di aspettare dentro che lei
ritorni, così lei è bloccata
all’interno, nel ventre scuro della bestia. Almeno, questa
è la storia che lei si racconta, poiché suona
molto più eccitante della noiosa carrozza che è
in realtà. Un leviatano. O una balena, forse. Talvolta,
è un dragone.
In
un modo o nell’altro, adesso la bestia sta dormendo.
Solo
la mamma può svegliarla e comandarla, piegarla alla
propria volontà e farle fare ciò che vuole.
La
bestia non sta facendo del male a Regina, non lo fa mai. Si limita a
tenerla prigioniera.
Succederebbero
cose terribili se provasse a scappare dal suo stomaco
senza fondo, rimugina lei.
Guarda
con occhi assottigliati la porta della locanda dentro la quale
la mamma è scomparsa. Adesso è un po’
che la mamma non si fa vedere, la bestia è addormentata e il
giorno… oh, è così bello! Regina sta
iniziando a sentirsi al sicuro, o coraggiosa, o avventata. Che male
può fare una passeggiatina?
Presa
la sua decisione, Regina salta rapidamente giù dal
sedile e spalanca la porta. Si sporge, e guarda a destra e a sinistra
con occhi scintillanti.
Il
cocchiere volta la testa al suono della porta che viene spalancata,
e incontra il suo sguardo.
Sa
che ci si aspetta che lui tenga d’occhio Regina, ma
tecnicamente è solo un cocchiere, non una bambinaia.
La
bambina dai capelli scuri sorride e gli fa l’occhiolino,
ignara, fiduciosa. L’uomo non può che restituirle
il sorriso.
Chiuderà
un occhio sui progetti della piccola Regina: Lady
Cora la tiene sotto stretto controllo già a sufficienza,
decisamente troppo, pensa lui. Restituisce l’occhiolino e si
gira.
Regina
capisce. Adesso loro hanno un accordo, il cocchiere non la
denuncerà.
Scende
di un gradino, poi salta trionfante sulla piazza coperta di
sporcizia. Dovrà ricordarsi di pulirsi le scarpe prima che
la mamma torni, così non noterà niente.
Regina
se la svigna attorno alla carrozza, per timore di essere
sorpresa da un qualche potente nemico. Una delle teste del dragone
addormentato, per esempio.
Il
suo cuore sprofonda un po’ quando lei raggiunge il
davanti, anche se sapeva che i cavalli sarebbero stati condotti nelle
stelle per essere sfamati e dissetati mentre la mamma si occupa dei
suoi affari.
Questo
significa che rimarranno per un po’, il ché
è una buona notizia per Regina, adesso che ha deciso di
combattere per uscire dal ventre del dragone nel fresco giorno
primaverile.
La
piazza è piena di vita, molto più
così che da dietro le tende, sente Regina, e per Regina,
tutto è affascinante, specialmente le persone.
Loro
vanno e vengono, per lo più facendosi gli affari
propri, senza mai guardare nella direzione della carrozza lussuosa e
ben visibile posteggiata all’entrata della locanda.
In
verità, molti lanciano un’occhiata fugace, ma
si girano entro una frazione di secondo, mai abbastanza per rallentare
il loro passo o interrompere qualsiasi attività stiano
portando avanti.
Un
uomo con l’aspetto di un mercante in viaggio guarda Regina
saltare oltre una pozzanghera in mezzo alla piazza e la saluta con la
mano. Regina s’illumina e saluta di rimando, facendo
accidentalmente cadere nel fango la gonna tirata su.
Il
fabbro accanto al mercante aggrotta le sopracciglia, si china su di
lui e sussurra nel suo orecchio. Il viso del mercante
s’incupisce. Lui dà uno strano sguardo di traverso
a Regina e si gira cupamente.
La
fronte di Regina si corruga in un piccolo cipiglio, poi lei scrolla
le spalle e torna alla pozzanghera, pronta a saltarla di nuovo.
Il
suo cuore fa un balzo.
Là,
al limite opposto della piazza, vicino a un vecchio
pozzo di pietra, un gruppo di bambini sta giocando. Uno di loro ha gli
occhi coperti da uno straccio e procede a tentoni, con le braccia tese,
per prendere uno degli altri, che in cambio stanno evitando il bambino
come meglio possono, gridando e ridendo ogni volta che riescono a fare
una manovra particolarmente abile e a scivolare appena al di
là della sua portata.
Regina
è sul punto di correre da loro quando la voce di
mamma le riecheggia nelle orecchie, così nitida come se la
mamma le fosse davvero dietro, china su di lei: «Una lady non
corre scioccamente in giro. Una lady deve essere aggraziata».
A
Regina non importa molto di essere una lady, ma alla mamma sembra
importare moltissimo, così la maggior parte del tempo Regina
obbedisce solo per farla felice.
Questa
volta, tuttavia, Regina vuole solo essere come quegli altri
bambini e bambine laggiù, intenti a correre e a piegarsi e a
divertirsi.
E
la mamma non è lì a vedere.
Regina
solleva lievemente la gonna del suo vestito e corre senza sforzo
la breve distanza fino all’altro lato della piazza.
Si
ferma di colpo nel bel mezzo della massa urlante di bambini.
All’inizio
nessuno sembra notarla nella fitta confusione del
gioco. Poi una ragazzina lentigginosa con le trecce e un dente mancante
si blocca e la occhieggia con curiosità, guardandola dalla
testa ai piedi.
«Ciao»
dice Regina.
«Ciao»
replica la ragazzina, gli occhi spalancati
che fissano prima il suo abito ricamato di pervinca, e poi il suo polso.
«Ti
piace il mio braccialetto? Posso dartelo se vuoi. Il mio
nome è Regina. Posso giocare con voi, per favore?»
Al
ché, una ragazza più grande con una treccia
spessa si presenta improvvisamente e mette un braccio protettivo
attorno a quella piccola. Hanno entrambe le stesse lentiggini.
«È
la bambina della Lady Spaventosa!»
sibila la ragazza grande.
Gli
altri bambini raggelano. Il bambino che era la mosca cieca strappa
lo straccio dai suoi occhi.
Lei
li guarda, sbattendo una volta le palpebre. «Mia mamma
è Lady Cora. Ma adesso non è qui. Non
arriverà per un po’. Posso fare io la mosca
cieca» propone.
Il
bambino che regge la benda logora guarda la sorella grande con le
lentiggini.
Lei
continua a fissare intensamente Regina e adesso i suoi occhi
acquisiscono uno strano luccichio.
«Non
vogliamo nessun problema» dice alla fine.
«Ti lasceremo giocare solo perché forse Lady
Spaventosa diventerà malvagia se non lo
facciamo…»
Tutti
i bambini annuiscono vigorosamente. Apparentemente, questa Lady
Spaventosa è persino più spaventevole della
carrozza-dragone… oh.
Regina
sta completamente immobile ma indaga tutti loro con occhi acuti.
«Ma
noi non giochiamo con sciocche piccole Lady»
dichiara il bambino con lo straccio, la parola adulta bizzarra nella
sua bocca.
«Io
non la sono!» prorompe lei, appassionatamente.
«Non
ci prenderà comunque» squittisce
un’altra bambina, poi si fa ancora più audace.
«Tu non giochi come facciamo noi».
«Vi
posso battere in qualsiasi momento» dice Regina
quietamente.
La
ragazza grande con le lentiggini fa un passo avanti.
«Facciamo un accordo. Se non prendi nessuno, quella cosa sul
tuo polso è nostra» la sfida malignamente.
«Bene».
Regina
tende la mano verso lo straccio. Il bambino si sposta dietro di
lei e lo lega attorno ai suoi occhi così che lei non possa
vedere. «Ecco» dice con soddisfazione.
Il
panno ruvido le morde e graffia il viso ed è intrecciato
troppo stretto attorno alla sua fronte.
Provocatoria,
combatte l’urgenza di aggiustarlo.
«Siete
pronti? Sto arrivando» annuncia Regina
solennemente, dando loro la possibilità di disperdersi.
Inizia
a girare in un lento cerchio, decidendo quale strada prendere.
Tutto è calmo per qualche tempo. Un momento più
tardi, quando finalmente trovano il coraggio, i bambini iniziano a
canzonarla, chiamando: «Ohi, da questa parte!»,
«Prendimi se ci riesci!», e persino
«Fetente, fetente!» in una cacofonia di voci.
Regina
continua a girare cautamente, ascoltando, aspettando, cullandoli
in un falso senso di sicurezza. Improvvisamente si scaglia in avanti e
arriva a un pelo dall’afferrare la ragazza grande con le
lentiggini, che la schiva all’ultimo momento con un guaito.
Regina
perde l’equilibrio per un momento ma lo riguadagna
abbastanza velocemente. Inizia nuovamente a girare.
I
bambini tornano a farsi più cauti. Questo non è
un gioco di tutti i giorni.
«La
lady bebè di Lady Spaventosa» arriva
un grido acuto da dietro Regina.
Lei
si gira bruscamente e si lancia in avanti. Subito dopo, si ritrova
sdraiata a faccia in giù in una pozza d’acqua
fangosa, il pasticcio viscido caldo e stantio sulle sue labbra.
La
risata dei bambini risuona nelle sue orecchie. Lei sente il proprio
viso diventare rosso per l’imbarazzo. Saggia il terreno
circostante con i piedi… C’è
un’asse di legno nelle vicinanze; deve esservi inciampata.
Gli
occhi di Regina bruciano e la sua mano vola istintivamente alla
benda. Poi indugia a mezz’aria, si ritira di nuovo a terra
lentamente, e Regina si spinge in piedi. Sente l’acqua
gocciolare dalla sua faccia e inzupparle il vestito. Tiene la testa
alta, la boccuccia serrata.
La
risata si spegne e cala un completo silenzio. Regina si
può sentire respirare. Forse può sentire
respirare anche loro, se presta abbastanza ascolto. Ci prova, e sente,
non il respiro dei bambini, ma un tonfo sordo di legno sullo sterrato
da qualche parte dietro di lei. Balza in avanti al momento giusto prima
che la voce beffarda abbia il tempo di seguire. Evitando con successo
la trappola, Regina agita le braccia di fronte a sé
– e prende una manciata di capelli, una grossa treccia spessa.
«Ouch!
Lasciami!»
Con
un breve lampo di trionfo sul viso, Regina lascia la presa. Si
toglie la benda dagli occhi e sbatte le palpebre nella luce solare.
La
ragazzina la guarda in cagnesco con odio, massaggiandosi il cuoio
capelluto, dove Regina ha tirato la spessa treccia.
Regina
fa un passo esitante verso di lei ma la ragazzina indietreggia.
«Va bene, hai vinto. In ogni modo tu ottieni sempre
ciò che vuoi, non è vero? Sei comunque solo
principessa viziata e piena di sé, e la sarai sempre! Non
inganni nessuno!»
Regina
si limita a ricambiare il suo sguardo, sconcertata, incredula.
Fa un altro passo verso la ragazzina infuriata.
L’aria
si muove quando i bambini ansimano
all’unisono.
La
ragazzina impallidisce. «Vuoi farmi ferire dalla tua mamma
adesso? Sappiamo che è una strega malvagia!»
Gli
occhi di Regina luccicano. Lei porta una mano al suo polso. Fa
scivolare via il suo braccialetto e lo avvolge nella benda che sta
ancora reggendo. «Ecco» dice piano, offrendoli
entrambi alla piccola ragazzina con la treccia e le lentiggini, che
sobbalza con paura come Regina le si avvicina, ma accetta il fagotto,
ritraendosi immediatamente. Gli occhi di Regina tornano alla sorella
più grande: «…se lo volevi
così tanto». Volta loro le spalle e si mette a
correre, gridando da sopra la propria spalla: «E la mia mamma
non è malvagia!»
Sfreccia
via, i pugni serrati e i capelli che volano in tutte le
direzioni, inconsapevole di dove sta andando. Solo lontano da
lì, lontano da loro, lontano anche dal ventre della
bestia… Lontano.
Prossimo aggiornamento: giovedì
6 marzo.
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