Il Ragazzo dell'Autobus

di LovelyLullaby
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Abitavo in Forthlin Road. Posticino carino, almeno per la working class del tempo. L’insieme delle abitazioni, tra le quali anche la mia (o meglio, la nostra…), era stato fatto recentemente, nel 1952, con materiali moderni per il tempo. Avevano una struttura particolare, in modo tale che, girando sempre a destra a partire dal salotto, si tornava al punto di partenza. Erano circa 300 costruzioni, tutte uguali, dunque poteva sembrare monotona, ma abitare in Forthlin Road mi piaceva. Avevamo un salotto piccolo, ma accogliente; sul retro la sala da pranzo e la cucina; mentre al piano superiore c’era la mia camera da letto (la più piccola, ma in fondo era quella che avevo scelto), con la finestra sopra la porta d’ingresso. La camera di mia madre era in parte, invece sul retro si trovavano un’altra stanza, un bagno e la toilette. Eravamo riuscite ad avere quella casa grazie al lavoro di mia madre: lavorava al Walton Hospital, in Rice Lane.
Proprio nella villetta di fronte alla mia abitava la mia migliore amica, Anna McLaine. C’eravamo conosciute nel 1954, quando mi sono trasferita lì. Abbiamo fatto subito amicizia: siamo differenti, di aspetto quanto di carattere (io, così timida, mentre lei così aperta e solare; io dai capelli rossi, mentre lei color cioccolato.. L’unica cosa che ci accomuna è la carnagione bianca, tipica delle ragazze di Liverpool.), ma siamo legate l’una all’altra come sorelle. Lei abitava lì da un anno ormai quando arrivai. Avevamo scelto la stessa camera, e riuscivamo a vederci anche solamente scostando le tende delle nostre finestre.
Frequentavamo lo stesso liceo femminile, e fortunatamente eravamo anche capitate nella stessa classe, così ne approfittavamo per trovarci il pomeriggio e fare i compiti insieme. Però dopo lo studio avanzava sempre un po’ di tempo per chiacchierare…
-“Hey, Angel, ma hai visto quel ragazzo in autobus, questa mattina? Vi vedrei benissimo insieme..”
Anna ridacchiò un attimo. Parlavamo sempre del principe azzurro, del ragazzo che sarebbe arrivato. Ce lo immaginavamo, ma senza sperarci tanto: solo chiacchiere spensierate tra ragazze.
-“No, sinceramente non ci ho fatto più di tanto caso, stavo pensando all’interrogazione di algebra. Sai che ogni volta ho mal di pancia; e non volevo inginocchiarmi sui sassi!”
Stavo mentendo, e un po’ forse lo sapeva anche lei: come non accorgersi di lui? Alto, magro, con capelli neri e morbidi, tirati indietro con la vaselina, come era di moda quel periodo; due occhi dolci e profondi, così scuri, tagliati verso il basso. Le sopracciglia così perfettamente disegnate ed espressive e delle ciglia che facevano invidia alle mie. Un bel naso stretto, simmetrico, e due labbra carnose, rosee, appena socchiuse, che talvolta si aprivano a formare un sorriso da togliere il fiato. Portava pantaloni e giubbotto neri, era un Teddy boy, non avevo dubbi; avrei dovuto tenermi alla larga da tipi come lui, mia madre me lo diceva sempre, ma in lui c’era qualcosa… No, lui non era come tutti gli altri.




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