Disclaimer: Tutti i personaggi di
questa storia tranne quelli inventati non sono miei ma appartengono
solo a loro stessi (anche se sarebbe carino poter possedere Gerard e
Frank, ma sono dettagli XD), non ricevo un solo dindo da tutta questa
follia...ATTENZIONE, il primo capitolo contiene una scena erotica, quindi se pensate possa offendervi NON LEGGETE...e credo sia tutto...
*
Era distesa comodamente e si muoveva
sensualmente come un
serpente in quiete.
Spoglia di qualsiasi abito, la pelle
liscia, le linee
morbide dei fianchi, dei seni e del viso, rapiva lo sguardo
dell’uomo,
estasiato di fronte a tanta delicata bellezza. Osservò le
labbra piene e rosee
mormorare parole incomprensibili, gli occhi chiusi come in preghiera,
le mani
che stringevano con delicatezza i lembi del lenzuolo, i capelli neri,
lunghi e
ondulati sparsi con grazia sulla federa di seta, rossa come tutto il
resto del
letto.
Bella e selvaggia, alzava e abbassava
il petto assecondando
il respiro calmo e regolare, ed esponendo i seni alla voglia di
toccarli che si
stava impossessando rapidamente di lui.
Era un uomo giovane, i capelli
anch’essi neri scendevano
sugli occhi scuri quasi celandoli allo sguardo. Era bello, attraente,
vestiva
di nero come se partecipasse ad una parata funebre, e osservava quasi
con
distacco la donna che si agitava sempre più vogliosa davanti
a lui.
Fece il giro del letto e
appoggiò il ginocchio accanto a
lei, prendendo ad accarezzarle la spalla con lo stesso apparente
disinteresse;
scese al braccio per poi finire sulle dita che stringevano
convulsamente il
lenzuolo e che tremavano. Le sue labbra si aprirono in un lieve sospiro.
Poi lei aprì gli occhi
freddi, azzurri come il cielo limpido
che in una città come quella non esisteva, ma che ora
bruciavano lussuriosi
come se riflettessero una fiamma. E l’aria ardeva sul serio,
tanto che il moro
sentì il bisogno impellente di sbottonare la camicia
rivelando il busto
asciutto e muscoloso, che fece accendere ulteriormente gli occhi della
donna.
Lei ebbe bisogno di sfiorare quel
petto leggermente sudato e
caldo, e a quel tocco l’uomo si deliziò chiudendo
brevemente gli occhi, poi si
mise a cavalcioni su di lei, finalmente donandole le labbra. La donna
le
accettò con gioia e sollievo, mordendole e leccandole, poi
la bocca si aprì e
cominciò a sfiorare la sua lingua. L’uomo prese il
controllo, la premette sul
soffice materasso continuando a combattere con quelle labbra carnose e
delicate.
Sentì qualcosa sui suoi
pantaloni quindi abbassò lo sguardo
vedendo le mani affusolate e bianche slacciarglieli, lei non smetteva
di
guardarlo vogliosa e di baciargli le spalle e il collo.
Lui si liberò presto dei
pantaloni diventati superflui, e
per un momento si concesse di deliziarsi ancora delle sensazioni tese e
pulsanti che stava provando.
La mora, suadente, passò
il dito fra il bordo degli slip e
la carne di lui, che emise un gemito sussultando. Di lì a
pochi secondi era
finalmente libero, e si eccitò di più vedendo gli
occhi della ragazza sconosciuta
farsi brucianti di desiderio, più di prima. Lo cinse con le
gambe stringendolo
a sé e contemporaneamente rendendosi più
accessibile alla virilità pronta e
calda del ragazzo.
Lui non si fece attendere,
donò un altro bacio alle labbra
roventi e assetate sotto le sue, poi iniziò ad ondeggiare
con la schiena, col
bacino, finché sentì sé stesso
inoltrarsi in lei gradualmente, strappandole
gemiti sempre più forti mentre la donna stropicciava il
lenzuolo nel piacere
dell’amplesso, e sentendosi assecondare nei movimenti lenti.
Lei gli graffiò la
schiena, e le sue labbra si aprirono
ancora, cercando qualsiasi parte di lui che potessero raggiungere.
Entrambi sentivano i brividi caldi
percorrerli, e perle di
sudore formarsi su tutto il corpo, mentre lottavano in quel modo
sensuale. Arrivò
prima lui al traguardo con un gemito strozzato, sentendo
l’orgasmo invadergli
il cervello come un’onda anomala, tanto intensa da fargli
girare la testa, poi
lei lo raggiunse, irrigidendosi con la schiena inarcata. Il moro si
sciolse
dall’abbraccio lussurioso e vide il proprio seme scivolarle
lungo una coscia.
Lei ne raccolse una goccia con le
dita fredde e sottili, e
se ne bagnò il labbro continuando a guardarlo maliziosamente.
Poi parlò.
-Gee! Svegliati!-, esclamò
una voce maschile, accompagnata
da qualche spintone poco delicato alla spalla.
Il ragazzo grugnì qualcosa
di incomprensibile, poi si
accorse di avere la fronte bagnata di sudore. E una evidente erezione
fra le
gambe.
Si guardò intorno
spaesato: le pareti della stanza non erano
di un bianco immacolato, ma grigie, un po’ sporche e con
qualche rara crepa sul
muro; le tende rosse erano sostituite con altre bianche, con qualche
bucherello
a decorarle; il letto sul quale era steso non era affatto morbido e non
aveva
le lenzuola anch’esse rosse ed eleganti, invece erano bianche
e al momento
sparse disordinatamente sul materasso, perché lui e il
compagno erano abituati
ad agitarsi nella notte.
E al momento Frank lo fissava
accigliato.
Uh, cazzo. Se n’era accorto.
-Uh…che ore sono?-,
borbottò stropicciandosi gli occhi.
-Le nove-, rispose atono
l’altro ragazzo, senza però
smettere di fissarlo malevolo.
Gerard, finalmente, si mise a sedere,
e si guardò intorno in
cerca di qualcosa, ma prima doveva pensare a lui,
altrimenti l’avrebbe assillato per il resto della giornata
coi
suoi sguardi da interrogatorio.
-Frankie, che
c’è?-, chiese facendo finta di niente, e gli
stampò un bacio sul collo.
-C’è che ce
l’hai duro. E non ci sarebbe niente di male se
non avessi chiamato qualcuno che non ero io!-, ringhiò
l’altro ritraendosi
disgustato.
Proprio come temeva. Scelse di usare
la stessa collaudata
arma psicologica di cui il chitarrista si serviva sempre per
soggiogarlo: spalancò
gli occhi e fece sporgere leggermente il labbro inferiore in una
espressione
supplicante..
-Ma Frankie…non sarai mica
geloso!-, fece con la voce più
calda che poteva, appena sveglio a quell’ora, cercando di
rabbonirlo.
-Non fare il ruffiano! Chiamavi una
ragazza!-, sbottò
l’altro.
Evidentemente gli occhi dolci non gli
riuscivano molto bene.
-E…che nome aveva questa
ragazza?-, chiese Gerard,
rinunciando alla tattica psicologica e alzando un sopracciglio,
incuriosito.
Non si ricordava di essersi presentato a lei, nel suo sogno,
né di averla mai
nominata.
-Jole-, disse Frank socchiudendo gli
occhi, evidentemente
irritato.
-Jole-, ripeté confuso
Gerard, e aggiunse: -…mai sentito
prima.
-Ma non mi dire-, fece Frank
sarcasticamente, e si rivestì
rabbiosamente.
Gerard rimase seduto sul letto
grattandosi la testa per un
po’, poi scrollò le spalle. Evidentemente si era
inconsapevolmante inventato il
nome della ragazza.
Un sogno molto realistico. Tutto qui.
Ovvio!
Si alzò e
infilò i pantaloni, poi si specchiò esaminando la
cicatrice che gli era rimasta sul pettorale destro dopo essere stato
colpito da
una pallottola, pochi mesi prima. Abbassò lo sguardo alla
sua destra,
incontrando l’occhio nero della canna di una pistola.
La prese in mano giocherellando
dubbioso col caricatore, poi
la infilò nei pantaloni e finì di vestirsi,
completando l’abbinamento con una
camicia nera. Pensò che era buffo ritrovarsi vestito come
nel sogno…ma doveva
smettere di ripensarci, dopotutto si trattava solo di uno stupido parto
del
proprio cervello.
-Gee, muoviti!-, gridò
dall’altra parte della strada suo
fratello Mikey. Portava anche lui una camicia come la sua e un paio di
jeans scoloriti.
Gerard corse fino alla macchina nera
che li aspettava, e trovò
tutta la banda al completo: Bob al volante, che teneva la mano tesa
sulla leva
del cambio, pronto a partire; Ray accanto a lui che caricava una
pistola di
dimensioni discrete con un’espressione strana, quella
dubbiosa che aveva prima
il moro. Accanto al sedile posteriore di Gerard c’era Frank,
che lo ignorava
deliberatamente chiacchierando con Mikey.
La macchina partì
tranquillamente e si infilò nel caos
cittadino, con l’intenzione di passare inosservata. Durante
il breve tragitto,
Gerard non fece altro che rimanere assorto nei suoi pensieri, taciturno
come lo
era raramente.
Quando scesero dall’auto,
si misero tutti gli occhiali da
sole come sempre quando dovevano esibirsi, e si sistemarono i vestiti
assicurandosi segretamente di essere tutti armati a dovere.
Entrarono dal retro ed incontrarono
il padrone del locale.
All’interno la penombra
regnava in contrasto con la luce
dell’esterno, e inoltre c’era una spessa coltre di
fumo ad annebbiare
ulteriormente la vista e a riempire del proprio odore forte i loro
polmoni; in
quell’ambiente c’erano solo sagome vaghe e grigie,
non si riusciva a vedere
quasi nulla nel dettaglio. I loro strumenti li aspettavano
lì dalla sera prima,
quando erano andati a montarli, sistemati alla bell’e meglio
su un piccolo
palco.
I cinque ragazzi, con aria
strafottente –richiesta dal
contesto-, si misero in posizione. Non occorrevano presentazioni,
almeno perché
chi aveva gli occhi per vedere aveva probabilmente notato lo
scarabocchio a
pennarello sulla porta che recitava:
“MY CHEMICAL ROMANCE,
LIVE THIS AFTERNOON”
Gerard prese il microfono, passando
nervosamente in rassegna
il pubblico che aspettava annoiato di sentire un po’ di
musica diversa da
quella del Juke-Box.
‘Saranno appena una
cinquantina’, pensò il cantante
arricciando le labbra in disappunto, essendo abituato a locali
più grandi.
Dopotutto, non erano poi così sconosciuti! Ma
d’altra parte era una necessità
che ci fosse poco pubblico, date le loro preoccupazioni.
Guardò Frank, che fece una
smorfia e iniziò a dare veloci pennate,
poi anche Bob cominciò a rullare sulla batteria, poi
arrivarono anche il basso
di Mikey e la chitarra di Ray.
“I’m not
OK…well, I’m not ‘O’ fuckin’
‘K’!!”, urlò Gerard nel
microfono, poi quasi perse la voce,
sbiancando. Aveva visto proprio quello che aveva temuto da quando
avevano
concordato di esibirsi lì, eppure aveva sperato di
sbagliarsi. Deglutì
lasciandosi invadere dalla paura.
-Jared-, sillabò sperando
a ragione che Mikey capisse il
labiale.
Il bassista, infatti,
spalancò gli occhi spaventato e fece
in modo che il brano si concludesse in fretta.
Dal fondo del pub li osservava una
figura abbastanza
giovane, alta e slanciata, i pantaloni a righe fasciavano le gambe
lunghe e
magre, una cravatta rossa spuntava dalla giacca gessata e i capelli
biondo
platino risaltavano in mezzo alle esalazioni di nicotina; quasi si
potevano
vedere gli occhi grigi che fissavano il palco malevoli.
‘Cazzo, cazzo, lo
sapevo…lo sapevo che se la sarebbe legata
al dito, quello stronzo fottuto…’,
pensò Gerard asciugandosi la fronte, e fissò
lo stesso punto di prima ringraziando il fatto di indossare gli
occhiali da
sole. Forse Jared non si era accorto di essere stato visto, e questo
dava loro
un piccolissimo vantaggio.
Dai tavoli ingombri di boccali di
birra, il pubblico vide il
gruppo riunirsi e confabulare.
-Finiamo il concerto come previsto,
così non capisce che
sappiamo che c’è. E poi filiamo subito, magari
riusciamo a seminare lui e i
suoi fottuti amici-, consigliò saggiamente Mikey.
-Sì,
ok…dovremmo dire a Jacob di preparare la macchina-,
aggiunse Mikey.
Gerard si diresse verso un ometto dai
capelli rossi,
presumibilmente un loro amico, e cominciò a gesticolare.
Jacob guardò
discretamente il punto in cui si trovava, ancora immobile, la persona
di cui
prima parlavano e corse fuori dal pub, con una certa fretta.
La band riprese subito a suonare, ed
eseguì il resto dei
pezzi senza tradire il nervosismo e la tensione che i cinque corpi si
scambiavano come in un flipper.
Alla fine Gerard mormorò
un “grazie” al pubblico -in gran
parte così ubriaco che altrimenti non si sarebbe accorto che
il concerto era
finito e che applaudì accompagnandosi con forti schiamazzi-,
poi individuò un
tipo con la sigaretta all’angolo della bocca, gliela
rubò per fare un tiro per
poi ridarla all’uomo esterrefatto, e si affrettò
fuori assieme agli altri
quattro ignorando le proteste.
Jacob uscì
dall’auto sospirando, i ragazzi si scaraventarono
sui sedili e Frank urlò:
-Forza Bob!
-Muoviti, muoviti!!-, gli fece eco
ansiosamente Gerard,
controllando che Jared non fosse ancora uscito, e così per
il momento fu.
La macchina uscì sgommando
dal cortile privato, e sfrecciò
via mettendo a dura prova la resistenza del motore, che passava
gradualmente ma
in poco tempo dalla prima alla quarta marcia.
Scoppiarono tutti in una breve risata
nervosa per la
tensione che si accumulava, e tennero d’occhio la strada
davanti e dietro di
loro, terrorizzati.
Dopo qualche chilometro pensavano di
essere al sicuro,
invece Frank smise di respirare vedendo in lontananza una grossa auto
bianca
che scintillava in fondo alla strada e che si stava avvicinando
minacciosamente.
-Jared! Jared! Dio santo, Bob, fai
correre questa stronza!-,
ululò aggrappandosi al sedile del guidatore.
Il biondo batterista diede
un’occhiata allo specchietto
retrovisore e impallidì, subito schiacciò
l’acceleratore e superò una fila di
macchine in paziente attesa, attraversando l’incrocio
seguente mentre il
semaforo era di colore rosso.
-Bob!!-, strillarono quattro voci
all’unisono, e i loro
corpi si raggomitolarono istintivamente aggrappandosi dove capitava,
anche se
Frank dovette cambiare appiglio con uno sbuffo dopo essersi accorto che
era
saltato in braccio a Gerard.
Fortunatamente non provocarono
incidenti anche se ci
andarono molto vicino, e Bob represse un urlo di tensione e paura,
cercando di
non tremare.
-Bob-, balbettò Frank,
-n-non lo…fare…mai…mai
più-, e si
abbandonò sul sedile mentre l’auto rallentava e si
infilava in una stradina a
senso unico, che sboccava in un’altra strada più
ampia ma meno frequentata
della periferia.
-Beh, volevate che Jared ci
prendesse?-, sbottò Bob fra un
lungo respiro e l’altro, cercando di calmarsi.
-No! Ma…ma…-,
cominciò Ray, però ci rinunciò e
tirò un
sospiro di sollievo,-comunque l’abbiamo seminato, grazie a
Dio…
Scesero davanti ad un locale, ed
entrarono nella porta sopra
la quale lampeggiava la scritta al neon
“Luigi’s”.
-Uff, adesso una bella pasta mi ci
vuole proprio-, esclamò
Gerard lasciandosi andare sulla sedia che prendeva di solito nel loro
ristorante italiano preferito, che miracolosamente quel giorno ospitava
solo
loro.
Dopo qualche minuto
risuonò una voce a pochi metri da loro
che li fece girare.
-Oh! Voi siete quelli che suonavano
prima!
Gerard fu fulminato al vederne la
fonte.
Aveva seguito il percorso del braccio
nudo verso la spalla
in parte scoperta, aveva notato l’elastico del reggiseno nero
che si
intravedeva sotto la spallina della graziosa camicetta rossa, e poi le
punte
dei capelli neri e mossi che si appoggiavano alla spalla e che
sfioravano i seni
sotto la scollatura. Poi lo sguardo cadde per qualche istante sulle
labbra
rosee, e infine incontrò due splendidi occhi azzurri.
Sbatté le palpebre
più volte, scioccato, chiedendosi se
quella fosse un’allucinazione dovuta alla botta di
adrenalina, ma lei era
ancora lì e sembrava non curarsi di lui.
-Cosa vi porto?-, chiese una
cameriera che intanto li aveva
raggiunti.
Gerard quasi non sentì gli
altri che ordinavano, così si
trovò in vistoso imbarazzo quando sentì che Ray
lo scrollava.
-Uhm, una…una pasta all’amatriciana-,
disse con un discreto accento italiano, guardando a malapena la ragazza
che
scribacchiava su un blocchetto.
-Sei italiano?-, chiese
l’altra ragazza, voltandosi verso di
lui.
Gerard la fissò ancora
incredulo per qualche secondo, poi si
scosse e rispose:
-Uhm, più o
meno…alla lontana...
-Davvero? Guarda un po’, io
vengo da Napoli, mi sono
trasferita qui pochi mesi fa. Mi chiamo Jole- aggiunse, tendendogli la
mano.
Gerard sentì Frank
irrigidirsi accanto a lui, e poi lo
sguardo del proprio ragazzo puntato alla tempia, accusatorio. Lui,
d’altro
canto, sbiancò completamente, fissando la mano affusolata
come fosse stata
un’apparizione miracolosa.
-Io…io mi chiamo Gerard-,
balbettò stringendola infine,-loro
sono Bob, Ray, mio fratello Mikey e…il mio ragazzo, Frank.
Quest’ultimo contrasse i
pugni sotto al tavolo, e fulminò la
ragazza con una occhiata di pura gelosia, assumendo un ghigno eloquente.
-Oh…piacere-, disse lei
sorridendo e abbracciando tutti con
lo sguardo.
Prese una sedia e si sedette fra
Gerard e Ray, incurante
delle occhiate velenose che riceveva dall’altro fianco del
cantante.
‘Ecco chi è
questa dannata Jole…bah. Non si meritava neanche
che a lui diventasse duro. Neanche fosse così bella! Ok,
è carina, ma niente di
più! E poi, cazzo, perché Gee si comporta come se
non l’avesse mai vista
prima?!? La conosce eccome…chissà quante volte se
l’è scopata prima di
stanotte!’, pensò Frank accompagnandosi con una
serie di borbottii
indecifrabili di nervosismo, ‘allora oltre che a cantare
è bravo pure a
recitare. Ok, e anche a fare altro…comunque, pezzo di
merda!! Dopo mi sente,
fanculo a lui…’, aggiunse notando con stizza
quanto il suo forse prossimo
ex-ragazzo si trovasse bene a chiacchierare con la nuova arrivata.
Gerard intanto continuava a fissare
la ragazza, sempre più
imbarazzato di avere continue immagini del proprio sogno. E i pantaloni
si
erano gonfiati, costringendolo a coprire l’erezione come
poteva.
Era passata mezz’ora quando
sentirono un’altra voce. E
raggelarono.
[Eccomi con un'altra storia sui my
chem...chiaramente il mio amore per Frerard non morirà mai,
ma ho aggiunto un disturbo, seppur minimo...e un riferimento alla mia
tata Jole dovevo farlo XD cara, spero ti piaccia ghghgh...
L'ispirazione mi è venuta
ascoltando "You know what they do to guys like us in prison"...amo
quella canzone proprio per l'atmosfera che crea...quasi da sparatoria,
almeno secondo me...comunque spero l'idea vi piaccia ^^]
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