Shin
Infinita
Letizia della mente Candida
Sollevai
lo sguardo sulla figura esile seduta in cima alla rampa di scale
scricchiolante, i raggi deboli e sfumati di arancio caldo e tenue del
crepuscolo si insinuarono oltre il vetro spaccato, e in parte
frantumato, della finestra sul pianerottolo. L’ambiente aveva
assunto un’atmosfera molto pacata e a tratti malinconica,
l’arredo abbandonato ormai a se stesso, e forse perfino
divorato dalle tarme, conservava uno stile elegante e accogliente
quanto austero, come d’altronde tutta la casa. Sembrava
essersi fermata, come se lo scorrere del tempo non avesse influenzato
minimamente quel posto così affascinante e misterioso dove
avevo vissuto per anni, ma la mia famiglia scelse di trasferirsi dopo
il tragico “incidente”.
Mi attorcigliai un riccio rosso fiamma intorno al dito e tirai su col
naso, guardando il pavimento di legno, secco e sporco di fuliggine. Lui
se ne stava rannicchiato su se stesso e con la testa poggiata al palmo
della mano, un ciuffetto di frangia castano ramata che
spuntava fra le intersezioni delle dita affusolate. L’altro
braccio piegato sull’addome a torturarsi un lembo del
maglioncino scolorito e bruciacchiato.
Hiccup mi piaceva. Mi piaceva così tanto che mi faceva quasi
sentire calda, come se smettessi improvvisamente di respirare
guardandolo, come se fosse possibile.
Ma a volte ne avevo anche paura. Quando succedeva ‘quella
cosa ’ era completamente diverso.
Improvvisamente si arrabbiava, o diventava molto triste, raggiungeva un
estremo o l’altro e quando accadeva la sua pelle raggrinziva,
si spaccava, bruciava, in alcuni punti sembrava carbonizzata e
sanguinante. I capelli in parte bruciacchiati e in parte completamente
inesistenti.
Gli occhi si velavano di indaco e mi spaventavano. Al punto che
preferivo sempre scomparire, per poi ritornare dopo qualche ora, quando
la quiete aveva preso il posto della tempesta.
Quando lo vidi lì sulle scale, dopo l’ennesima
crisi, avrei voluto dire qualcosa, qualcosa di bello, confortante, una
di quelle frasi che può far sentire meglio le persone, ma in
quel momento non sapevo esattamente cosa pensare figuriamoci parlare,
non ero nemmeno sicura che fosse il momento giusto per
avvicinarmi. Ma lui era sempre stato gentile con me.
Perché non avrei dovuto farlo? Il tramonto mi aveva messo di
buon umore e volevo che anche lui sorridesse. Che sorridesse per me.
Non esitai a salire, calpestando i detriti e avanzando sicura di me
stessa, anzi, fingendo e ostentando una sicurezza che non mi
apparteneva davvero. Il mio passo accompagnato costantemente dal
crepitare del legno per metà marcio e del vetro,
che si piegava sotto il mio peso, o forse così immaginavo.
Raggiunsi il terzultimo gradino, esitando solo un momento
prima di continuare a salire intenta a guardare fuori dalla finestra.
Un momento brevissimo ma intenso. Perché lui finalmente
alzò gli occhi sulla mia persona in piedi, puntandoli così intensi e illuminati dalla luce arancio rossastra
che infiammava i miei capelli e donava una sfumatura surreale a quelle
iridi che ritenevo splendide, ma non gliel’avrei mai detto.
Uno sguardo carico di complicità e tenerezza infantile ma
anche passionale, maturo, da maschio a femmina.
Mi innescò una reazione involontaria, un fremito ardente che
non avevo mai pensato di poter provare in passato, figuriamoci adesso,
lo stavo per forza immaginando perché non era reale, ma
perché non poteva essere vero per me?
Si alzò, stavolta sorridendo come un bambino a cui hanno
fatto segno di seguirlo promettendogli un giocattolo nuovo, io avevo
proseguito fino al pianerottolo per poter sbirciare fuori. Era il
momento propizio. Si avvicinò a me incrociando le braccia al
petto e in trepidante attesa.
-Stasera possiamo finalmente uscire da qui. –
Mi limitai ad annuire calma e assertiva ma felice di poter
vedere qualcosa di nuovo, mentre il manto rossastro calava lasciando il
posto alla notte scura, la casa diveniva cupa e sempre più
inquietante. Sempre più stretta.
Mi sorprese il suo gesto del tutto spontaneo, estraneo al suo
comportamento sempre composto e gentile, sempre indiscreto e
mai invadente in alcun modo, accese in me un’emozione
dimenticata, qualcosa che doveva ormai essersi spento insieme
al mio corpo molto tempo fa.
Prese la mia mano, delicato ma forte e mi trascinò via da
quelle mura antiche e dimenticate, abbandonate e del tutto estranee al
mondo esterno.
L’odore stantio dei pesanti drappi inceneriti alle pareti
stava lasciando il posto all’aria fresca
dell’ultima notte di ottobre, che sferzava le mie
guancie, mi sembrò quasi una sensazione reale.
Varcammo la soglia e la libertà era lì per noi.
Pronta per essere assaporata fino in fondo.
Fino all’alba.
Avevamo una sola notte. Una ed unica.
Lo vidi muovere qualche passo in direzione della spiaggia.
Aveva lasciato la mia mano. Mi sentii terribilmente persa, quasi
rimpiansi la prigionia della casa. Non ebbi il coraggio di chiedergli
se avesse voluto trascorrere quell’unica notte di
libertà in mia compagnia.
-Hiccup?-
Si voltò verso di me sorridendo teneramente, a quella
maniera che solo lui era capace di avere, in quel modo che mi avrebbe
fatta arrossire, mi sarebbe piaciuto moltissimo.
Non poteva immaginare quanto avrei voluto arrossire per lui, non mi
avrebbe creduta se gli avessi confessato che avrei voluto che il mio
cuore tornasse a battere solo per una notte, solo per
farglielo sentire, forte come un tamburo, caldo come l’estate.
Quasi come se avesse interpretato il mio sguardo tornò
indietro e mi fece una domanda.
-Ti andrebbe di aspettare l’alba insieme a me? –
Annullai le distanze senza esitare, raggiante come il Sole, gli strinsi
il polso, aggrappandomi a lui come ad un’ancora di salvezza.
Trascorsi la notte degli spiriti con lui, non avevo alcun posto dove
recarmi, rinunciai a fare ciò che di solito, per anni, avevo
fatto quell’unico momento in cui mi era concesso
varcare i cancelli di quel posto in cui ero intrappolata, passare
quelle ore a guardare mia madre dormire comodamente nel proprio letto,
sognandomi, stringendo i miei vestiti, invecchiata, stanca.
Stare con lui fino al sorgere del Sole era tutto ciò che
volevo in quel momento, l’unico desiderio che mi bruciava in
corpo come la fiamma rovente.
Ci stendemmo sulla sabbia umida, i granelli ruvidi sotto le
dita, guardammo il cielo costellato di puntini bianchi
luminescenti, e per la prima volta pensai che il firmamento avrebbe potuto invidiarci per quanto eravamo poetici quaggiù visto che, per anni e anni, avevo guardato alle stelle con profonda ammirazione, tanta da desiderare di raggiungerle, tanta da non riuscire a capire perché fossero tanto lontane, e come mai avessero il diritto di farmi sentire così insulsa, invisibile, inutile, osservavo, adesso, lo stesso cielo che forse aveva deciso di farci
incontrare in quel modo così bizzarro. Il mare frusciava
calmo e sensuale, con le onde che sembravano accarezzare la costa che
si lasciava bagnare e trasportare in una danza sublime, come due amanti che si trascinano insieme nella passione e nel peccato e poi si dissolvono in spuma bianca e soffice.
Hiccup se ne stava a guardare lassù, pensando
chissà cosa, e che avrei dato per saperlo. Non
resistetti all’impulso di chiederglielo.
- … Te lo ricordi cosa è successo?
– Sussurrai quasi come se volessi ripensarci e tornare
indietro su ciò che avevo appena domandato, come se volessi
correggermi e non rivangare l’argomento.
Mi guardò come se si stesse sforzando terribilmente, poi si
portò le mani dietro la nuca tornando ad osservare il cielo.
- Era molto buio. A volte ancora ho la sensazione di
soffocare a causa del fumo. Non ho fatto in tempo a rendermene conto,
le fiamme mi divorarono insieme alla casa prima che potessi provare a
muovermi. Prima che potessi in qualche modo salvarmi la vita.
Il Sole sorse all’alba e, come lui, anch’io. Ma in
una nuova forma. – Biascicò un mugugno malinconico
e provai una stretta al petto.
Era giunto un pomeriggio di agosto in quella casa, lasciata vuota e
inabitata per tanti anni dopo che la mia famiglia l’aveva
liberata in tutta fretta. Chi vorrebbe abitare in una casa dove è successa
una cosa così sinistra infondo?
L'avevo visto uscire dall’auto con il suo bagaglio,
l’aria malinconica e perennemente infelice che si trascinava
dietro come un carico pesantissimo. Stanco. Come se la vita
l’avesse sfiancato già così giovane.
Avevo osservato ogni suo movimento e ne avevo imparato a memoria ogni
tratto del corpo, ero stata sleale, ad essere sincera, approfittando
del fatto che non potesse vedermi. Ma lo trovavo fin troppo perfetto
per non starmene lì, seduta sul suo letto a guardarlo
spogliarsi, le spalle larghe e costellate di lentiggini che andavano via via schiarendo e il profilo esile di chi non mangia abbastanza da essere in forze.
Spegneva sempre la luce molto presto. Ma non riusciva ad addormentarsi.
Guardava il soffitto per ore e io per ore scrutavo lui.
Mi faceva sentire meno sola.
Anche se non poteva parlarmi. Anche se non poteva vedermi.
C’ero stata tutte le volte che suo padre gli aveva urlato quanto fosse
sbagliato, quanto lo odiasse per essere così diverso dagli
altri ragazzi.
Io ti sono sempre stata vicino, sai Hiccup?
Anche quella notte in cui esausto e con gli occhi gonfi hai ingoiato
quelle pillole.
Io c’ero quando l’incendio è divampato nella
casa e ne ha lasciato solamente polvere e fumo, e ovviamente lo
scheletro che si è scorto fra le fiamme soltanto al mattino. Ho provato a
svegliarti. Ho fatto il possibile per salvarti. Ma non potevi sentirmi,
per quanta energia mi sia sforzata di usare per gettare a terra tutti i
tuoi libri non sono riuscita a destarti, eri troppo lontano.
Poi tutto è finito ed ho scoperto amaramente che potevi
vedermi, parlarmi, toccarmi.
Non ero più sola.
Ma a quale prezzo?
Mi voltai su di un fianco, verso di lui, reggendomi il capo piegandoci
sotto un gomito. Sfiorai i suoi capelli con la mano libera e per me,
giuro, l’eternità sarebbe probabilmente sembrata
molto più breve e meno straziante.
Notai le sue labbra piegarsi verso l’alto e questo mi
versò dentro una calma e una pace che non è
possibile raggiungere se non nel nostro stato incorporeo.
-E tu? Lo ricordi? –
Mi colse alla sprovvista, ma era passato da un pezzo il tempo in cui
rimembrare mi faceva male, avevo incontrato lui e il mio gesto non
sembrava più così folle, così spietato
e insensato.
Annuii continuando a far scorrere le mie dita fra la sua chioma, come
avevo desiderato fare quando trascorrevo moltissime ore ad osservarlo
ignaro della mia presenza.
-La vita che mi era stata imposta mi stava stretta, non sono stata
molto coraggiosa. Ho scelto la via più semplice, ho
preferito salire sul tetto, ho guardato il cielo che andava schiarendo,
era un’alba meravigliosa e gelavo, ma non mi importava
granché. –
Allora schiuse le labbra riflettendo, ma ebbi la sensazione che fosse
triste per me, e si voltò assumendo la mia stessa posizione.
-Ci vuole più coraggio ad affrontare la morte o ad
affrontare la vita? –
Sorrisi.
-Non lo so, ma io ho volato. – Il vento mi spostò
i capelli, o forse l’avevo solo immaginato perché
l’idea mi piaceva, e mi piaceva il fatto che lui mi stava
guardando come se avesse voluto farmi sua, in qualche modo.
- E dopo? –
Mi chiese ancora incuriosito dalle mie parole.
-Qualcosa mi ha svegliata. Sembrava tutto uguale, ma ero sola, e lo
sono stata per molto tempo prima che arrivassi tu e che la casa
bruciasse. –
Si morse un labbro e spostò lo sguardo sui miei capelli.
-Credo di averti sentita, a volte avevo la sensazione che qualcuno si
sedesse sul mio letto sgualcendo le coperte, credevo di essere pazzo
… -
Sorrisi e i miei ricci mi finirono quasi sul naso.
-Mi piaceva guardarti quando leggevi. C’era
… una poesia credo, che adoravo. La leggevi sempre. Ti
soffermavi su quella pagina per parecchio tempo. L’hai
sussurrata una volta. –
Mi guardò con un moto di furbizia e intuito per
poi piegare la testa all’insù a guardare
il cielo che scoloriva.
-Com’è felice il destino
dell’incolpevole vestale, dimentica del mondo, dal mondo
dimenticata. L’infinita letizia della mente candida.
Accettata ogni preghiera e rinunciato a ogni desiderio.
–
Sorrisi, stavolta stava parlando a me e non a se stesso. Che bella
sensazione.
Il cielo stava mutando. Avevamo trascorso moltissime ore a confidarci,
così tanto tempo e così bello che ci
sembrò un momento fugace.
L’unica notte di libertà che avevo la trascorsi
insieme a lui ed era tutto ciò che volevo.
Poi sorse il Sole. Credo che l’alba sia un
passaggio troppo importante per permettersi di perderlo. Segna sempre
un inizio e una fine di tutte le cose.
Era gelida come l’ultima volta che l’avevo
vista. Era bellissima.
Calda e accogliente come il ventre di una madre. Celestiale e divina,
preziosa. Ma non era lì per me. Quella luce non avrebbe
portato via me e la mia pazzia.
Il cielo si schiariva come se l’oscurità fosse
respinta da una forza divina, come se la serenità scacciasse
via qualsiasi assurdo pensiero negativo.
Ci sono cose che non puoi paragonare a niente altro, che posseggono un
valore più elevato perfino della vita. Come il sorriso di
Hiccup, come la purezza dell’alba che lo pervase di luce.
Pensai che forse l’unico sollievo concessomi in questa eterna
dannazione fosse poter assistere a quello spettacolo, poter provare
anche solo in parte quella pace e quel riposo che mi saranno negati
forse per sempre.
-Vieni con me. – Mi implorò sfiorandomi il viso
amorevolmente.
- … Non posso ….-
Mi stava lasciando. Non riuscii a far altro che stringerlo a me
amaramente, pensai di volerlo seguire a tutti costi, mi sarei opposta a
qualunque legge suprema purché ci avessero lasciati stare
insieme. Egoisticamente l’avrei voluto al mio fianco a
condividere con me l’eternità di una sorte
ingiusta.
Riuscii solo a porgergli una domanda, prima che sparisse per sempre,
prima che io sprofondassi completamente nel mio oblio.
-Un fantasma può innamorarsi? – Sussurrai come se
qualunque altro essere fosse in grado di ascoltarci.
Mi strinse pervaso di luce e calore, mentre il Sole alle nostre spalle
bruciava il cielo e invadeva tutto con la sua luce.
-Ti aspetterò per sempre... –
L’agonia mi attanagliò come se mi si stessero
spaccando i polmoni e le costole, forse piansi e la sensazione fu
così forte che ci riuscii davvero.
Quando il Sole fu alto nel cielo le mie braccia erano sospese a
mezz’aria.
Ero sola.
Lui era passato oltre, mi attendeva dall’altra parte.
L’alba segnò ormai la fine della notte degli
spiriti e autoritaria e glaciale mi spinse a tornare indietro.
Prima o poi io ti raggiungerò Hiccup. Aspettami, ti
supplico. Quando avrò scontato il mio errore ci
rincontreremo.
Aspettami sempre.
Oltre le fiamme, oltre la luce, oltre il giorno, che crudele e al tempo
stesso amorevole ci ha separati.
Arriverà anche per me un giorno.
L’alba verrà a prendermi e mi
trascinerà via da questa oscurità, allora staremo
insieme.
◊ N O T E
◊
Questa one–shot fa parte di un fenomeno
più ampio
che io e le mie collaboratrici abbiamo voluto chiamato 'raccolta
collettiva'. Si tratta infatti, come dice la parola stessa, di una
serie di storie facenti parti di una raccolta frastagliata che abbiamo
deciso di pubblicare collettivamente – un capitolo per ogni
account. Ci siamo incentrate su tutte le possibili coppie nei The Big
Four e voi avete appena letto la mia.
Qui di seguito, eccovi i link di
reindirizzamento sulle altre:
[Spero di essere stata abbastanza esaustiva durante il corso della storia, per cercare di far capire al lettore cosa è realmente accaduto a questi due ragazzi. Sono fantasmi. Intrappolati in un limbo fatto di azioni sconvolgenti che si ripetono e di costante prigionia. Hiccup si arrabbia e diventa triste e quando succede rivive la notte in cui ha perso la vita, a causa dell'incendio divampato nella casa in cui si è trasferito con suo padre, anni prima. Merida era già lì come fantasma da prima di lui, ma a differenza sua si è suicidata e quindi il suo limbo è sicuramente maggiormente tormentato, tant'è vero che infine solamente Hiccup viene portato via dall'alba che lo fa passare oltre. L'unico momento in cui è concesso loro di varcare la soglia del loro luogo di morte è appunto la notte di Halloween. Spero vi sia piaciuta e ringrazio chiunque passi a farle visita. Ma un ringraziamento speciale va alle mie collaboratrici, quattro simpaticissime ragazze, che insieme a me si sono impegnate a scrivere per questa raccolta e che vi consiglio assolutamente di leggere attraverso i link sopracitati, perché veramente deliziose. Grazie ancora! ]
Shin92
[ Mi scuso se la storia
appare anche in fandom non suoi, ma essendo parte di una raccolta a
più
account, faccio fede al fandom di riferimento, ossia quello dei 'The
Big Four', che comprende appunto i quattro che ho inserito. La sezione
principale è comunque la categoria, crossover. ]
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