Il Sole non sorge, brucia il cielo {Jack Frost ti pizzica il naso} di icered jellyfish (/viewuser.php?uid=588706)
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Jack Frost ti pizzica il naso
R A C C O
L T A C
o l l e t i v a
“ Jack Frost ti
pizzica il naso „
Sarebbe
volentieri rimasto più a lungo sotto le coperte, ma gli
svariati
progetti che vivevano in maniera troppo vivida nella sua mente non gli
permettevano di sentirsi in diritto anche solo minimamente di restare
sdraiato nel suo letto – magari in balia di un secondo sonno.
Le sue mani cercavano freneticamente tra le più svariate
carte
– numerose e disordinatamente disposte sul suo tavolo da
lavoro
– un foglio in particolare che pareva però non
voler
saltar fuori nonostante tutto il suo impegno.
La bottega di Skaracchio era sempre stata un covo di confusione e
babilonia, ma in un qualche modo Hiccup era sempre riuscito a trovare
tutto quel che gli serviva, e non riusciva assolutamente a spiegarsi
come, quella mattina, potesse essere così tanto difficile
reperire un semplicissimo progetto sul quale lavorava da giorni
–
e con il quale era sempre stato particolarmente attento sul come
custodirlo.
Avrebbe voluto dare tutta la colpa al buio ancora predominante, ma le
candele che aveva accesso attorno a lui fornivano un'illuminazione che
non gli permetteva di trovare scuse di alcun tipo – e questo
lo
innervosiva semplicemente di più.
Corrugò le sopracciglia e strinse le labbra in
un'arricciatura
intollerante, sigillando così la sua decisione di
rassegnarsi
all'idea che quella bozza – su cui aveva lavorato con
così
tanta cura e attenzione – fosse inspiegabilmente sparita.
Rilassando appena i muscoli facciali – senza però
abbandonare la sua espressione costipata – osservò
la sua
matita abbandonata sul tavolo – quella con cui era solito
lavorare, quella che considerava fedele almeno quanto Sdentato.
Fatalista, sciolse le spalle – abbandonandole alla
gravità
e lasciando che gli penzolassero –, decretando a se stesso,
con
non troppo entusiasmo, che avrebbe dunque rifatto tutto da capo
–
fortunatamente, l'averci dedicato così tanto tempo aveva ben
impresso nella sua mente ogni dettaglio, forse non sarebbe stato tanto
lungo ricominciare dall’inizio.
Aprì allora una piccola cassettiera in legno consumato,
estraendone, successivamente, un blocco di fogli ingialliti e vuoti
– perfettamente pronti per essere riempiti di quella che
considerava una delle sue idee più grandi.
Un soffio freddo alle sue spalle gli fece provare un piccolo brivido
– ricordandogli il pieno inverno che regnava su Berk,
completo di
neve e rigide temperature – e questo lo portò a
posare lo
sguardo oltre la finestra che gli stava davanti, osservando la fievole
luce rosa sulla riga più lontana del cielo –
quella che
sembrava fare da confine ad uno spazio troppo distante da lui, ma che
gli piaceva sognare di poter toccare, un giorno, durante i suoi voli
con Sdentato.
Il manto bianco che ricopriva ogni cosa – brillante,
incantevole
come la più raffinata delle magie su cui poteva solo
fantasticare – catturò tra le sue pagliuzze e
imperfezioni
la luce dei primi raggi del Sole nascente – illuminandosi
come un
maestoso agglomerato di milioni di diamanti.
A Hiccup piaceva l'inverno; affondare i suoi stivali caldi –
il suo stivale e la sua
gamba di ferro
– nella condensa di fiocchi di neve, era una sensazione
meravigliosa per lui – forse come stagione persisteva un po'
troppo sull'isola, ma certamente non poteva negare che osservare
Sdentato rotolare in quel prato di cristalli, fosse uno scenario buffo
e bucolico al contempo.
Sorrise nel rendersi conto di quanto poco gli bastasse per essere
realmente felice – anche se quel poco ci aveva messo molto ad
arrivare – ma, girandosi per tornare alla postazione, la
divertita linea sottile delle sue labbra si aprì per dar
spazio
ad un accenno di incomprensione; la matita che prima aveva lasciato sul
tavolo, era sparita – anch’essa, esattamente come
il foglio
del suo progetto.
Poggiò il nuovo blocco di fogli che aveva in mano, per
piegarsi
a guardare se non fosse accidentalmente rotolata sul pavimento
–
andando a infilarsi ovviamente negli angoli più scomodi
–,
ma a quanto pareva non ce n'era più traccia e questo fece
riassaggiare a Hiccup il sapore della rabbia che aveva provato poco
prima.
Spostò diversi scatoloni di legno, sperando di trovarla
–
svuotandoli, addirittura –, ma tutto ciò che
ottenne fu
solamente l’esaltata percezione delle sue mani congelate e un
incremento del già notevole disordine regnante in quella
piccola
e – in quel momento – male accogliente stanza.
«Oh, ma insomma! E' così divertente!?»
si rivolse al
vuoto circostante – più probabilmente ad Odino
però.
Un'altra carezza del vento gli sfiorò a quel punto i capelli
– e Hiccup poté avvertire chiaramente la sua
colonna
vertebrale vibrare, a quel tocco. Strinse i denti e si agitò
appena, d'istinto, scuotendo le spalle con la speranza di allontanare
da lui quel gelido brivido che gli aveva causato la pelle d'oca
–
e iniziò a pensare che forse sarebbe stato davvero meglio
restare nel letto, quella mattina, visto l’andamento della
situazione.
Convintosi poi di aver riacquisito il pieno controllo del suo sistema
nervoso refrigerato, decise infine di alzarsi per riguardare sul tavolo
se la matita non fosse solamente sfuggita alla sua assonnata
attenzione, poco prima, ma con grande incredulità tutto
ciò che si ritrovò davanti, fu il piano vuoto
–
anche il blocco di carta che vi aveva appoggiato prima, era sparito ora.
Sgranò gli occhi e spalancò la bocca; certamente
su Berk
accadevano cose strane di continuo – e la più
strana di
tutte era che il suo migliore amico fosse un drago, probabilmente
– ma era convinto che a tutto ci fosse un limite; le cose non
potevano sparire in quel modo.
Il rumore metallico dei suoi attrezzi da lavoro lo costrinse poi a
voltarsi di scatto – e quel frastuono improvviso gli fece
perdere
diversi anni di vita, probabilmente. Era evidente ci fosse qualcuno, e
questo lo stava iniziando ad inquietare.
Appoggiato con la schiena sul banco – e saldamente afferrato
con
le mani ai suoi estremi –, tentò di fare profondi
respiri
che gli avrebbero impedito di svenire come invece si sentiva avrebbe
fatto di lì a poco – il cuore aveva preso a
battere
più insistentemente, tanto da sentirlo rimbombare nelle sue
orecchie.
I martelli appesi dondolavano e un paio di viti giravano ancora su se
stesse a terra – assieme ad un paio di giunture e qualche
chiodo.
In quel momento tutti quei suoni risultarono terribilmente eterei,
nella spiritualità dell’incomprensione e dello
spavento.
Continuò ad osservarli senza nemmeno rendersene conto
–
seguendo staticamente con gli occhi i movimenti delle mazze oscillare
sugli uncini ai quali erano agganciate – e per diversi ed
interminabili secondi continuò ad interrogarsi sul suo stato
vitale – incerto di appartenere ancora al mondo terreno.
Improvvisamente – spinto dalla curiosità o dalla
stupidità, confine sottile a sua detta –,
deglutì
per farsi coraggio, staccarsi dal tavolo – unico suo sostegno
fisico e morale in quella circostanza – e
avvicinarsi
all’uscita.
Non era affatto certo di quell’iniziativa azzardata
– forse
starsene rintanato dentro la bottega era la migliore delle opzioni
–, ma l’idea di rendersi preda di un qualcosa di
assurdamente incerto – e magari innocuo o inesistente
– lo
faceva sentire ancora il ragazzino emarginato e pieno di timori di
cinque anni prima – e questo non lo accettava, non
più.
Di soppiatto, entrò nel fascio di luce ambrata dell'alba
ormai
sorta per metà, e una piacevole sensazione di
calore
penetrò fin dentro le sue ossa – ed era fantastico
per
lui, con tutto quel gelo e quella neve stridente ad ogni suo passo,
poter assaggiare la dolcezza del Sole.
Si guardò attorno immobile per diversi secondi, in attesa
che
qualcuno di qualche passo falso o che qualcuno si facesse vivo
–
o, più semplicemente, che quel qualcuno fosse abbastanza
disattento da non nascondersi con la dovuta preoccupazione –,
ma
prima ancora di poter scorgere qualcosa tra gli abeti innevati della
vegetazione o dietro i carri da agricoltura, la sua attenzione ricadde
su un mucchio di oggetti abbandonato poco più avanti a dove
stava lui – un mucchio di oggetti dall'aspetto tremendamente
familiare.
Il blocco di fogli, il suo progetto e la matita che aveva perduti
prima, erano sdraiati sulla coperta di neve candida, come se qualcuno
li avesse radunati in quel punto preciso e lo avesse indotto ad uscire
fuori dalla baracca per arrivare esattamente dove ora era.
Costringendosi a richiudere la bocca, fece pochi passi in
più,
ritrovandosi così esattamente davanti al suo materiale
straordinariamente ritrovato, ma prima ancora di cercare e trovare una
spiegazione logica – o illogica, di primo acchito –
sul
come tutto quanto fosse successo, rimase incollato per diversi istanti
a contemplare qualcosa formarsi tra lo spessore della neve –
dal
nulla, senza che nessuno fosse lì compiere quel gesto.
Nel suo miscuglio di emozioni, percepì chiaramente spavento
e
incredulità al tempo stesso; non poteva credere a quanto gli
stesse accadendo sotto gli occhi – sotto il naso, che improvvisamente
iniziò a pizzicargli incredibilmente.
Tratto dopo tratto, quello che non riusciva a capire esattamente cosa
fosse, iniziò a delinearsi come una sequenza di lettere
alfabetiche, disposte accuratamente e con senso per creare una frase
che gli mozzò il respiro che aveva appena catturato
– e
non fu certo come prima di essere totalmente sveglio, ma il freddo che
si infilava nelle maniche della sua maglia lasciava poche alternative
alla fantasia che voleva convincersi stesse vivendo.
Era folle, assurdo, come svariati episodi della sua vita fossero
incredibilmente legati alle incisioni sulle superfici naturali della
sua isola, ma a quanto pareva la estrosa – la pazzesca,
sballata
– realtà di quel che stava succedendo, sembrava
voler
ripercorrere un sentiero morale profondamente radicato e scolpito nel
suo animo abbracciato al ragazzino che ancora aveva dentro.
Nella sua mente, c'erano storie interrotte dalle dimenticanze del
tempo, storie che sentiva strettamente collegate a quella scritta
così dannatamente inquietante e pressante –
martellante,
come se lui fosse l'incudine su cui battere di continuo – e
improvvisamente non riuscì a riordinare nulla nella sua
testa
– nulla di sensato o meno, perché tutto era nel
posto
sbagliato in quel momento e lui, improvvisamente, iniziò a
non
sentirsi più così distante da quegli anni che non
riusciva a focalizzare nitidamente tra i suoi ricordi
d’infanzia.
Avrebbe voluto toccare quei solchi – ripercorrerli uno per
uno,
convincendosi, magari, che riscrivendo astrattamente quella frase
così assurdamente vicina e così assurdamente
distaccata a
lui, i polpastrelli delle sue mani sarebbero stati in grado di
registrarne l'essenza per potergliela così trasmettere, in
qualche modo – ma forse, sottovalutava semplicemente la
possibilità che volesse toccare quella calligrafia ordinata
per
rendersi conto che, in fondo, non era così diversa da come
l'avrebbe scritta lui.
L'alba era ormai fuoco graffiante nel cielo e Hiccup si
soprese di provare l'eccentrica, calda e refrigerante sensazione che
qualcuno fosse lì con lui in quel momento –
perché, nonostante la soprannaturalità
dell'episodio in
cui si era ritrovato coinvolto, spettatore e partecipante, qualcosa gli
conferì la certezza di non essere più solo, la
stessa che
aveva provato anni addietro nella sua conca segreta con Sdentato.
Un soffio di vento a quel punto gli sfiorò le labbra
– e
il naso pareva non voler assolutamente smettere di pizzicargli,
nonostante tutta la concentrazione che stava investendo nel cercare di
comprendere e risolvere quel quesito impresso sulla neve.
«Chi è Jack Frost?».
F I N
E
»
N O T E
A U T R I C E
;
Questa one–shot fa
parte di un fenomeno più ampio che io e le mie
collaboratrici abbiamo voluto chiamato 'raccolta collettiva'.
Si tratta infatti, come dice la parola stessa, di una serie di storie
facenti parti di una raccolta frastagliata che
abbiamo deciso di pubblicare collettivamente – un capitolo
per ogni
account. Ci siamo incentrate su tutte le possibili coppie nei The Big
Four e voi avete appena letto la mia.
Qui di seguito, eccovi i link di reindirizzamento sulle altre:
Io sì, ne ho scritte due – non avevamo un sesto
componente a partecipare al progetto. x°
Personalmente shippo i The Big Four in tutte le loro versioni e, quindi
– nonostante non le prediliga e preferisca vedere questi due
personaggi più con la nota friendship che ship –
adoro anche le Jack x Hic.
Come ho già detto svariate volte, mi trovo particolarmente a
mio
agio nel trattare Hiccup – ed è infatti il mio
personaggio
preferito – e anche qui mi sono divertita molto a
impersonarlo e
ad immaginarlo nelle sue possibili reazioni davanti all'episodio che ho
ricreato per lui – per loro.
Jack l'ho voluto far apparire più come una presenza
perché non ho mai trattato davvero questa coppia e quindi mi
sono sentita più libera così – senza
rischiare di
alterarlo in qualche modo.
I ripetuti soffi di vento che Hic avverte ogni qualvolta succeda
qualcosa, spero sia chiaro sia appunto Jack a provocarglieli e, nella
parte finale, dove ho parlato di un soffio che sfiora le labbra del
vichingo, alludo ovviamente ad un innocente bacio che Jack posa sulla sua
bocca eee... Nulla, volevo creare un qualcosa di soffice e non troppo
elaborato.
Ah, il progetto a cui Hiccup lavora non ho specificato cosa sia
perché non lo ritenevo fondamentare, ma presumibilmente
potrebbe
essere qualcosa di relativo alla coda o alla sella di Sdentato, o
addirittura alle ali che crea per sé per fare quei voli
indipendenti che lo abbiamo visto fare nel trailer del secondo film
– dato che qui Hic ha appunto l'età che dovrebbe
avere nel
secondo capitolo. Diciannove anni circa, sì. Ha cinque anni
in
più nel film che deve uscire, quindi diciannove/vent'anni
è ufficialmente l'età generica.
Ok, io saluto e salutassi (?), spero che anche questa storia vi sia
piaciuta e vi consiglio di leggere anche quelle linkate sopra! :))
Grazie davvero per aver letto, se voleste lasciarmi un commento mi
farebbe solo piacere! Trovo questa raccolta parecchio interessante e
spero di aver reso giustizia all'idea che l'ha fatta nascere, con
questa mia storia – e anche l'altra, ne ho scritte due io.
Un salutone a tutti e grazie ancora per essere passati! Alla prossima!
©
a u t u m n
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