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The Beginning
Stoccolma, la capitala della Svezia, è un posto molto
suggestivo. Tutta la Svezia lo è, sia per i maghi che per i
babbani.
La Scuola di Magia della città ospita moltissimi studenti, il
preside Anthony Kay è un mago di grande rilievo, bonario e
simpatico. Il corpo insegnanti è composto da molti maghi e
streghe preparati.
Però, la notorietà di questo paese nordico è dato principalmente da due persone: Richard e Amelia Flatts.
Questa coppia conduce una vita molto movimentata: fanno parte
dell’esercito magico e sono conosciuti in ogni angolo della
Galassia. Conoscono ogni genere di incantesimo o fattura, hanno una
gran forza d’animo e spirito di collaborazione. Insieme sono
imbattibili. Per questo sono molto popolari, soprattutto nella loro
patria.
Solo una persona non li reputa tali, o meglio, è consapevole
della loro bravura, ma non li considera degli eroi, li giudica come
semplici soldati che compiono il loro lavoro.
Si potrebbe pensare che questa persona sia un ladro, un malfattore, un
truffatore, qualcuno che è finito dietro le sbarre grazie a
loro… chi crede questo si sbaglia di grosso.
Questa persona è un ragazzo di diciassette anni, alto, moro, due
occhi blu come l’oceano più profondo, corpo da favola, il
sogno di ogni ragazza. Sarebbe tutto normale se il giovane non si
chiamasse Lucas Flatts.
Ebbene si, il cognome coincide, quindi non ci sono dubbi. Lucas Flatts
è proprio il primogenito e unico figlio di Richard ed Amelia.
Il giovane frequenta il sesto anno alla Scuola di Magia di Stoccolma,
ma non sa che molto presto la sua vita cambierà radicalmente,
sia in negativo che in positivo.
*****
“Lucas, forza alzati! E’ ora di alzarsi, siamo in
ritardo!” un giovane dai capelli di un colore biondo scuro
continuava a picchiare la spalle di un ragazzo che stava ancora
beatamente dormendo.
Ancora per poco…
“Lucas Flatts se non ti alzi tra due secondi giuro che…”
“Vuoi chiudere quella fogna” bisbigliò con la voce ancora impastata dal sonno il ragazzo in questione.
”Finalmente il signorino si è degnato di tornare tra i
comuni mortali” sbottò l’altro sedendosi sul letto
dell’amico.
“John, sai di essere un vero rompi coglioni, vero?!” disse Lucas mentre, finalmente, si alzava.
“Certo, ma se con te non uso le maniere forti, non ottengo
nulla” gli rispose, poi sorrise, “Con chi sei stato ieri
sera?”
Il ragazzo parve pensarci per qualche istante, “Jessica” rispose poi.
“Quella bionda, occhi azzurri, corpo da favola, del settimo?”
“Lei”
“Cazzo, ti cadono proprio tutte ai piedi”
“Puoi ben dirlo” rispose Lucas sfoggiando il suo ghigno da canaglia.
Lucas e John si conoscevano dai tempi che erano in fasce. La loro
amicizia era vera e sincera. Facevano tutto insieme e si capivano ad un
solo sguardo. Per il moro John era il migliore amico che si potesse
avere, era l’unico di cui si fidava, l’unico con cui
restava sempre se stesso.
Eh si, perché Lucas Flatts non aveva poi una vita così facile.
Era il primogenito di due pezzi grossi, conosciuti in tutto il mondo.
Tutti quelli che lo incontravano gli chiedevano dei genitori, gli
chiedevano un autografo e lo sommergevano di domande.
Era una cosa che odiava con tutto se stesso.
Purtroppo però non era solo la notorietà dei genitori a
renderlo insopportabile, era proprio la presenza dei due soldati che
lui non sopportava.
Lucas odiava le due persone che l’avevano messo al mondo.
Non la dava a vedere, ma era questo il sentimento che invadeva il suo
cuore ogni volta che tornava a casa o passava un po’ di tempo con
loro.
A dire il vero, non stavano quasi mai insieme, loro erano sempre fuori:
riunioni, interventi, ricerche, protezioni, pedinamenti…
Era sempre rimasto solo. Fin da bambino Amelia lo svegliava anche nel
cuore della notte per portarlo dai suoi nonni, dopo aver ricevuto una
chiamata.
Questo Lucas lo odiava.
Non abbracciava la loro causa, non condivideva le loro idee, non voleva
essere considerato il figlio di due eroi, perché loro ai suoi
occhi non lo erano.
Erano semplicemente due maghi bravi, capaci, competenti. Che per la
gloria avevano trascurato il loro bambino fin da quando era piccolo.
Poi a nove anni accade la disgrazia, o almeno questo era quello che continuava a ripetere suo padre.
Un giorno aveva scoperto di saper parlare una lingua diversa dal
normale, un sibilo strano che però lo faceva sentire diverso
dagli altri. E questo gli piaceva davvero tanto.
Era corso entusiasta da sua madre, glielo aveva raccontato tutto
felice, poi era arrivato suo padre, aveva uno sguardo strano e i pugni
erano chiusi, stretti.
“Non ti azzardare mai più a parlare in quel modo, siamo intesi” gli aveva urlato.
Il bambino l’aveva guardato in maniera confusa, ma l’uomo
era stato irremovibile non voleva assolutamente che lui sibilasse in
quel modo.
Qualche settimana dopo Lucas scoprì che la lingua strana che era
in grado di parlare si chiamava Serventese, provò a parlarne con
sua madre, ma anche lei gli proibì di parlare in quel modo.
Più avanti scoprì che suo padre era in grado di percepire
ogni volta che lui sibilava in serventese, questo
all’iniziò lo faceva infuriare perché veniva
scoperto ogni volta, poi sfruttò la cosa a suo favore: ogni
volta che voleva far perdere la pazienza a suo padre sibilava qualche
semplice parola.
Fu proprio per questo che i suoi rapporti con i genitori si inclinarono del tutto.
Lui però non aveva bisogno di loro.
Tutto questo era nato dalla sensazione di un bambino che non si sentiva amato dai genitori.
Si sentiva solo, trovava una fonti di divertimento e gioia solo stando con il suo amico John.
Crescendo aveva trovato altre valvole di sfogo oltre che il ragazzo: l’alcol, il Quidditch e il sesso.
“Ehi? Ti sei incantato?” Lucas venne riportato alla realtà dalla voce di John.
“No, stavo solo pensando”
“Strano” scherzò lui.
“Idiota!” Lucas gli tirò addosso un cuscino. Quello era il classico rituale d’inizio giornata!
Il rumore insistente di un becco che picchiava contro il vetro della
finestra li fece voltare, un bellissimo falco nero era appoggiavo al
davanzale, Lucas sbuffo sonoramente mentre John andava ad aprire la
finestra facendo entrare l’animale, che subito si diresse verso
il moro.
Lui gli accarezzò il petto, poi svogliato aprì la
pergamena. La grafia ordinata e semplice di sua madre spiccava sulla
carta.
Ciao tesoro,
ti ricordi di George, il mio compagno
di college che vive in Inghilterra? Ecco è il capo degli Auror
inglesi e ci ha fatto una proposta allettante.
A quanto pare dalle sua parti
c’è un mago oscuro che sta creando un po’ troppo
problemi, così ci ha chiesto di andare ad aiutarlo.
Io e tuo padre abbiamo deciso di accettare.
Visto che mancano pochi giorni alla fine della scuola, abbiamo pensato di partire una settimana dopo la fine della scuola.
Così abbiamo il tempo di sistemarci, e poi andare a parlare con Albus Silente, il tuo nuovo preside.
Cosa ne dici?
Mi raccomando non fare casini e soprattutto tieni a freno la lingua.
Un bacio.
Mamma
“Fanculo” disse solo distruggendo la lettera con uno schiocco di dita.
“Cosa?” gli chiese John.
Lucas alzò lo sguardo blu verso l’amico, poi con un
sorriso amaro dipinto sulle labbra bisbigliò: “Ci
trasferiamo in Inghilterra”
“Quando?!”
“Una settimana dopo la fine della scuola”
“Perché?”
“A quando pare gli inglesi non sono in grado di risolversi le
loro beghe da soli, e senza farlo apposta il loro capo era un compagno
di college di mia madre”
“Ma non puoi opporti?”
“Hanno già deciso. Come al solito senza dirmi niente”
“Cazzo” disse John lasciandosi cadere al fianco dell’amico, dopo aver richiuso la finestra.
Lucas tiro un pugno contro il muro con una violenza tale da farsi
diventare le nocche rosse, “Li odio! Hanno deciso di rovinarmi la
vita del tutto”
“Senti, andiamo in vacanza prima che parti” saltò su
il biondo guardandolo con gli occhi neri scintillanti, “Ce ne
andiamo via per una settimana”
“Ci sto”
“Vedrai passeremo una settimana da urlo, poi ti prometto che
appena possibile vengo a trovarti e che mi farò sentire. Cosi
non sentirai troppo la mancanza”
Lucas strinse i pugni talmente forte da far diventare le mani bianche, “Non li sopporto. Mi risulta impossibile”
“Ehi amico” gli disse l’altro appoggiandogli una mano
sulla spalla, “Non è la fine del mondo, ce la
caveremo”
Il moro si specchiò negli occhi scuri dell’amico e gli sorrise debolmente. Vorrei poterti credere amico, vorrei davvero, ma non ci riesco. Odio i miei genitori e odio tutti gli inglesi.
*****
Quella settimana era volata. La scuola era finita e tutti gli studenti
erano felici perché finalmente si sarebbero goduti le meritate
vacanze.
Lucas e John non erano del parere della maggior parte dei ragazzi presenti all’uscita della scuola.
“Mi faccio trovare alle sei davanti a casa tua” disse il biondo.
“D’accordo” rispose il moro, si salutarono con una
pacca sulla spalla e poi presero due strade diverse. Lucas in un
istante fu a casa, visto che era già in grado di
smaterializzarsi.
Entrò cercando di fare il minimo rumore, ma suo padre era seduto
in salotto, quindi lo notò subito. “Lucas”
Il giovane alzò gli occhi e cielo e senza rispondergli
entrò nella stanza, “Non ti sei neanche degnato di
rispondere alla lettera che ti ha inviato tua madre” gli disse
Richard in tono duro.
“Avrebbe avuto senso rispondervi, capitano?”
rispose in tono spezzante il giovane, “Tanto avete già
deciso, quindi era inutile che sprecassi inchiostro e pergamene”.
“Modera i toni giovanotto!” l’uomo di alzò e
lo fronteggiò in altezza, anche se ormai la differenza non era
più tanto marcata, lo superava solo di qualche centimetro. Lucas
non indietreggiò neanche di un passo, lo guardò fisso in
quegli occhi così tanto simili ai suoi, “Oso eccome,
perché come al solito avete fatto tutto di testa vostra, senza
venirmi a chiedere un bel niente”.
“Come se ti importasse quello che facciamo”
“Non mi importa il lavoro che fare, ma mi importata quello che
devo lasciare qui, ma soprattutto non ho voglia di seguirvi”
“Invece tu lo farai, figliolo. Non voglio sentire più neanche un fiato su questo storia”
Lucas lo guardò in cagnesco, i suoi occhi blu erano profondi,
duri… non voleva dargliela vinta, ma sapeva che ormai non
avrebbe potuto più fare niente. “Fanculo”
un sibilo, in serpentese, Richard sgranò gli occhi e strinse i
pugni, il giovane invece sorrise. L’aveva fatto infuriare, bene.
Senza degnarlo più di uno sguardo, gli dette le spalle e si diresse in camera sua.
Sulle scale incontrò sua madre, “Tesoro…”
“No mamma, non provare a dire una sola parola, il Grande Padre ha
già fatto del suo meglio, non ho voglia di sentire altro”
disse lui senza guardarla.
“Lucas, per favore” lo pregò sua madre, “Parliamo un attimo”
“Cosa c’è da parlare?!” sbottò lui
voltandosi, Amelia indietreggiò di un passo, “Non
c’è niente da dire, avete già deciso tutto
come al solito. Dobbiamo partire, bene partiamo. Però non
aspettarti di vedere un sorriso sulle mie labbra, perché non
sarà così. Domani mattina parto con John, staremo via una
settimana”
“Tuo padre voleva anticipare la partenza…” disse piano sua madre.
“Non se ne parla” stabilì lui con un tono freddo e
duro, “Io e John domani mattina partiamo. Sia se lo volete, sia
se non lo volete. Non mi interessa. Quando sarò di ritorno,
allora partiremo per quella dannata Inghilterra” senza aspettare
una risposta di Amelia, Lucas le dette le spalle e si diresse
velocemente nella sua stanza.
Quando il figlio fu scomparso oltre la porta Amelia tirò un sospiro, guardando la stanza di Lucas con sguardo triste. Abbiamo solo peggiorato la situazione.
*****
Lucas stava buttando lo stretto necessario in un borsone, mentre tra le
labbra aveva una sigaretta. Il nervoso era alle stelle. Non li
sopportava, non ce la faceva. Non ne poteva più.
Chiuse lo zaino con rabbia e si lasciò cadere sul letto, la
stanza era ancora immersa nel buio, non voleva che il sole filtrasse
dalla finestra. Voleva stare li così, avvolto
dall’oscurità. Non voleva pensare a niente. Continuava a
fumare la sigaretta, cercando di calmarsi almeno un po’, ma era
impossibile.
Si trasferiva, se ne andava per chissà quanto tempo. Lasciava la Svezia, ma soprattutto John.
“Dannazione!”
Tirò un forte pugno contro il muro, poi chiuse gli occhi e cercò almeno di dormire.
*****
Lucas Flatts si svegliò all’alba, si fece una doccia
fredda e poi si vestì. Prese il suo borsone e in un secondo era
fuori, seduto sul marciapiede si casa sua ad aspettare John.
Non aveva nessuna intenzione di vedere i genitori, ne tanto meno salutarli.
Sarebbe stata la solita sceneggiata e sinceramente ne aveva abbastanza.
“Ehi amico” la voce allegra di John gli fece spuntare un sorriso.
“Ehi” rispose lui alzando lo sguardo.
“Che faccia… su con la vita fratello! Ci aspetta una
settimana da urlo” cercò di sollevarlo il giovane, ma
anche dai suoi occhi traspariva qualcosa che non assomigliava per
niente all’allegria. Mancava una settimana e si sarebbero
separati.
“Dove andiamo?” gli chiese Lucas, mentre afferrava la mano che gli porgeva John e si alzava in piedi.
“Amsterdam” rispose l’altro con un sorrisino complice
dipinto sul volto. Lucas lo guardò e poi scoppiò a
ridere.
Come avrebbe fatto in Inghilterra senza di lui? Non lo sapeva.
Però a volte il destino ti viene in contro, Lucas ancora non
sapeva che quel trasferimento tanto odiato, l’avrebbe portato a
conoscere una persona che gli avrebbe cambiato la vita.
*****
Ormai era notte fonda, ma di dormire non se ne parlava proprio. Anzi….
Lucas e John erano seduti ad un tavolo in un locale nel centro di
Amsterdam, la capitale dell’Olanda. Sorseggiavano in silenzio il
loro alcolico, ormai avevano perso il conto di quando avevano bevuto,
intanto che tranquillamente si fumavano le loro sigarette.
Un gruppo di ragazzi si sedette al tavolo di fianco al loro, erano
cinque ragazzi e tre ragazze, avranno avuto si e no la loro età
o al massimo qualche anno in più. Erano allegri, spensierati.
Lucas li guardò per un attimo con invidia, poi si voltò
verso il suo amico. Lui gli sorrise e gli fece un cenno con gli occhi
scuri: “La mora non ti ha tolto gli occhi di dosso da quando
è arrivata, ma come diavolo fai?”
“Ho classe” rispose lui con un sorriso da canaglia.
“Ma smettila…”
“Vuoi dire che non ottengo quello che voglio in fatto di
donne?!” Lucas a scuola vantava il nomignolo di bello e
impossibile, aveva l’intero corpo femminile ai suoi piedi,
nessuna era in grado di resistergli, e di certo lui non si tirava
indietro… anzi….
“Te le sarai fatte tutte” constatò il biondo.
“Tutte quelle consenzienti…” ghignò lui.
Un rumore di tacchi li fece voltare, in piedi davanti a loro c’erano due ragazze del gruppo.
Entrambe erano magre, ma non troppo, abbastanza alte, con la pelle
molto chiara, una aveva i capelli biondi e gli occhi verdi scuro,
l’altra li aveva neri, mossi e due iridi azzurre come il cielo
più sereno.
“Ciao” disse la bionda
“Ciao” rispose Lucas, “Volete unirvi a noi?” chiese poi, fissando la giovane con i capelli neri.
“Possiamo?” chiese lei.
“Come no, prego” le invitò John, spostando due
sedie. Le due ragazze si sedettero al tavolo e sorrisero.
“Lucas” disse il moro, poi indicando l’amico con un
cenno della testa disse, “E lui è John”
“Io sono Jenny” disse la bionda, “Mentre lei è Liz” la mora sorrise a Lucas.
“Siete del posto?” chiese John.
“Si, abitiamo non molto lontano da qui. Siamo compagne di università, dividiamo un appartamento, voi?”
“Noi siamo qui in vacanza, veniamo dalla Svezia” rispose Lucas.
“La Svezia…” intervenne Liz, “Mi piace veramente tanto, ci sono stata due anni fa”
Sicuramente quelle due non erano due streghe, dovevano stare attenti a non farsi sfuggire niente.
“Dove?” le chiese John.
“Stoccolma”
“Noi veniamo proprio da li” la informò Lucas, mentre
puntava i suoi occhi blu nei suoi azzurri. Doveva ammettere che erano
molto carine entrambe, ma lei era senza dubbio meglio della bionda. La
ragazza in risposta non disse niente, ma non distolse lo sguardo.
John aveva già capito l’antifona, quindi iniziò a
parlare con Jenny come se nulla fosse, visto che lei non gli toglieva
gli occhi di dosso.
Sorrise, erano li da due giorni e avevano già fatto colpo. Le
voci che giravano nella loro scuola erano vere, nessuna ragazza sapeva
resistere al loro fascino innato!
*****
Trascorsero qualche ora in compagnia delle due ragazze, poi Jenny
guardò distrattamente l’orologio e spalancò gli
occhi, “Accidenti! Si è fatto tardi” esclamò
alzandosi.
“Ti accompagno se vuoi” le chiese John, mentre le si
affiancava, lei sorrise e con uno sguardo d’intesa verso
l’amica gli sorrise. “Volentieri”.
Lucas fece l’occhiolino al compagno, quando lui si
allontanò con un braccio intorno alle spalle della bionda, poi
tornò a fissare la sua attenzione su Liz.
La ragazza non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, quel ragazzo
era veramente bello. La sua aria sicura e leggermente misteriosa, unita
al suo corpo perfetto, agli occhi blu profondi, ai capelli neri
sbarazzini, gli davano un’aria altamente sexy.
Lucas le si avvicinò lentamente, accarezzandole sensualmente la
pelle liscia della guancia, poi dopo essersi scambiati un'altra
occhiata, si chinò sulle sue labbra e la baciò.
Per Liz fu come toccare il cielo con un dito. Il un secondo si era
ritrovate sulle gambe del ragazzo, mentre lui approfondiva sempre di
più il bacio. Lei gli passò le braccia intorno al collo,
mentre si stringeva maggiormente al suo corpo. Le mani di Lucas
vagavano sulle sua schiena e sulle sue braccia con fare provocante,
trasmettendo alla giovane una grande quantità di brividi.
“Andiamo in albergo” le bisbigliò
all’orecchio, prima di baciarle il collo, tracciando una scia di
fuoco sulla sua pelle. Liz fu solo in grado di annuire.
Si alzarono e si diressero verso l’hotel, entrarono nella hall e
poi salirono sull’ascensore, una volta che le porte si furono
chiuse, Lucas l’afferrò per i fianchi e la baciò
nuovamente, con una passione sempre maggiore, bacia come un dio…
Entrarono nella stanza senza accendere la luce, il giovane la spinse
contro la porta e iniziò a tracciare una scia di baci che
partivano dalla tempia e si perdevano sul suo collo.
Doveva staccare la spina… doveva farlo. Non voleva pensare a niente.
Fece scorrere le mani sul corpo sinuoso della mora fino ad arrivare al
suo ginocchio, le sollevò sensualmente la gamba, facendola
combaciare con il suo bacino, mentre si avvicinava maggiormente al suo
corpo, prima di baciarla nuovamente sulle labbra. Liz si lasciò
sfuggire un sospiro, mentre gli passava le braccia intorno al collo,
approfondendo maggiormente il bacio del giovane.
Si allontanarono con il fiato corto, poi lui si spostò
leggermente da lei, per intrufolare le sua mani sotto la stoffa leggera
della sua camicia, prese i lembi dell’indumento tra le dita e
glielo sfilò lentamente, iniziando poi a baciarle ogni
centimetro di pelle. Liz gli slacciò i bottoni della camicia
nera che indossava, facendola cadere oltre le sue spalle.
Lucas la prese in braccio e mentre la baciava, senza allontanarsi dal
suo corpo la fece stendere sul letto, sormontandola un secondo dopo con
il suo corpo. La baciò profondamente un’altra volta, per
poi allontanarsi dalle sue labbra e dedicarsi alla sua figura.
Liz era scossa da continui fremiti, non c’erano dubbi quel ragazzo era eccezionale…
Lucas si spinse in lei dopo averla baciata ancora una volta, la giovane
trattenne il fiato per un istante, poi iniziò ad assecondare i
movimenti del moro stringendosi maggiormente a lui…
Il ragazzo aumentò il ritmo, fino a che l’oblio non l’avvolse.
*****
Lucas aprì gli occhi quando un raggio di sole lo colpì in
pieno volto. Voltò la testa di lato e notò che Liz
dormiva ancora, appoggiata al suo petto.
Aveva passato una bella notte con lei, si era staccato dal mondo per qualche ora.
Non aveva pensato a niente.
Buio totale.
Si spostò dolcemente da lei per non svegliarla, si alzò
afferrando i boxer da terra e si diresse verso il bagno, si fece una
doccia gelata, mentre appoggiava la fronte al marmo chiaro della
parete.
Si chiese a che ora sarebbe tornato John. Sorrise, ripensando alla sera
precedente e a tutto quello che avevano combinato in quegli anni di
profonda amicizia.
Chiuse il getto dell’acqua e si avvolse il un accappatoio bianco,
indosso un paio di boxer neri e un paio di jeans scuri, mentre si
avvicinava a Liz.
Le diede un bacio a fior di labbra e lei aprì lentamente gli
occhi azzurri, “Buongiorno” disse con la voce ancora
impastata dal sonno.
“Buongiorno a te, dormito bene?”
“Divinamente” si lasciò sfuggire lei, mentre lui
sorrideva. “Credo che adesso dovrei tornare a casa”
“Ti accompagno” le disse chinandosi su di lei, per
depositare su quelle labbra rosse un altro bacio. Lei annuì e si
alzò, si fece una rapida doccia e in poco tempo i due giovani
erano in strada.
Quando arrivarono davanti al portone del palazzo di Liz, videro che
Jenny e John stavano scendendo proprio in quel momento le scale.
Si incontrarono fuori e fecero colazione insieme in un bar, poi si salutarono.
Magari si sarebbero rivisti quella stessa sera…
*****
In realtà non si incontrarono più.
Lucas e John decisero di non andare più nel locale dove avevano incontrato le due ragazze.
Non seppero neanche loro spiegare il motivo, ma era meglio così.
I giorni trascorsero in fretta e i due ragazzi si divertirono
parecchio, ma il giorno prima di tornare a casa, entrambi si resero
conto che era veramente il loro ultimo giorno.
“Non ci credo” disse sconsolato John mentre rifaceva la valigia.
“Non dirlo a me” Lucas si ributto sul letto, accendendosi una sigaretta e iniziando a fumarla svogliatamente.
“Però ci sentiremo?”
“Questo è ovvio”
“Immagino che però dovrò farmi sentire per primo
io, perché tu sicuramente non ti scomoderai!”
scherzò il biondo, rubandogli una sigaretta dal pacchetto.
“Sicuro”
“Figuriamoci” concluse lui.
“Fratello?”
“Dimmi”
“Li odio” disse solo, con voce più bassa.
“Non è vero e lo sai anche tu”
“Invece si. Con quel dannato lavoro mi hanno rovinato la vita”
“Amico ascoltami” gli disse sedendosi sul letto di fianco a
lui, “Non è la fine del mondo. Non ci perderemo di vista
te lo prometto. Non voglio e non lo permetterò”
“Che cazzo farò là, da solo?” continuò Lucas chiudendo gli occhi.
“Te lo devo proprio dire?!” scherzò John.
“Deficiente”
“A parte gli scherzi, quello che hai fatto sempre. Scuola, Qudditch, fumo, sesso… il solito no?!”
Lucas sogghignò, anche se sapeva che non sarebbe stata la stessa cosa, se John non era con lui.
“Vedrai anche là le ragazza cadranno ai tuoi piedi”
“Su questo non ci sono dubbi” rispose il moro sollevandosi dal letto.
“Vedi.. vedrai te la caverai. Come sempre d’altronde”
continuò abbassando però lo sguardo, non riusciva a
sostenerlo. Era troppo. Si sarebbero divisi. Ancora non ci credeva.
“Mi mancherai”
quelle due parole appena sussurrate però ebbero il potere di
farlo sorridere. Lucas non era il tipo da far trasparire i propri
sentimenti, ma quando lo faceva era sincero.
Si verso di lui e gli sorrise, “Anche tu fratello, tanto”
“Adesso basta con i sentimentalismi però!”
esclamò il moro mentre si alzava e con la bacchetta finiva
quello che prima stava facendo manualmente. John scosse la testa, poi
lo imitò.
*****
Era davanti a casa sua, John era dietro di lui. Fece un respiro profondo e si voltò verso l’amico.
“Ci si sente”
“Certo, mi farò vivo, te lo prometto”
Lucas annuì senza dire niente, si guardarono ancora per un
attimo e poi il biondo fece un passo verso di lui e lo
abbracciò.
Restarono abbracciati per qualche secondo, poi il moro si
allontanò, “John Maximilian Carter… cosa avrei
fatto se non ti avessi incontrato?!”
“Semplice, Lucas Flatts, saresti morto!”
I due si guardarono e poi scoppiarono a ridere. Lucas gli sorrise
un’altra volta, poi prese le sue cose e senza più voltarsi
indietro entrò in casa.
John lo seguì fino a che non scomparve oltre la porta, poi con un sospiro si smaterializzò lontano.
*****
Così era quella la famosa Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Lucas Flatts era in piedi dietro a Richard ed Amelia, mentre entravano dal portone principale del castello.
Ad attenderli c’erano un mago molto anziano con una barba
argentea e gli occhi azzurri coperta da due lenti a mezzaluna e una
strega dall’aria severa avvolta da un vestito verde.
“Ben arrivati, miei cari” disse il mago avvicinandosi per
stringere la mano a Richard. “Io sono Albus Silente, il preside
di questa scuola, mentre lei è la professoressa Minerva
McGranitt docente di Trasfigurazione nonché vice preside”
“Il piacere è nostro Preside” disse Amelia stringendogli la mano.
L’uomo le sorrise, poi spostò lo sguardo su Lucas,
“Ti devi essere il giovane Lucas Flatts. Sono felice di
accoglierti nella mia scuola, vedrai ti troverai bene, ne sono
convinto” gli disse avvicinandosi con un sorriso rassicurante,
Lucas non rispose, ma fissò i suoi occhi in quelli del mago.
Silente gli sorrise ancora prima di appoggiargli una mano sulla spalla.
“Vorrei chiedervi una cosa se è possibile” la voce
severa di Richard Flatts fece quasi perdere la calma al figlio, che si
era leggermente tranquillizzato grazie alla presenza del mago di fianco
a lui.
“Certo, dica pure” intervenne la McGranitt.
“Mio figlio a volte non sa trattenere la lingua” sottolineò l’ultima parola fissando malamente Lucas.
“In che senso non sa
trattenere la lingua?” intervenne Silente, senza allontanare la
mano dalla spalla del giovane, “I ragazzi devono poter essere
liberi di esprimere le proprie opinioni”
“Non lo metto in dubbio, Preside, ma sicuramente sarà
d’accordo con me se sapesse quello che è in grado di
fare”
“Se tu ti vergogni, non vuol dire che debbano farlo tutti” intervenne duro Lucas, stringendo i pugni.
“Non ho chiesto il tuo intervento”
“Visto che si sta parlando di me, parlo quando mi pare”
“Non rivolgerti a me con questo tono”
“Sai benissimo che io mi
rivolgo a te nel modo in cui preferisco… e poi sai che mi
diverto a parlare così, perché so che ti fa infuriare”
un sibilo uscì dalle labbra di Lucas, Silente e la McGranitt si
scambiarono uno sguardo d’intesa, ma non dissero una sola parola,
soprattutto perché notarono la reazione di Richard.
“BASTA!” urlò il capitano Flatts, guardò male
il figlio poi senza rivolgere neanche un saluto ai due professori
uscì dal castello. Amelia sospirò poi si rivolse al
preside, “Perdonatelo, ma mio marito non sopporta questa sua
capacità e lui sembra che lo faccia apposta a farlo
infuriare” si scusò, lanciando poi uno sguardo di
rimprovero verso il figlio, che non parve minimamente pentito, anzi
aveva dipinto sul volto il suo solito ghigno strafottente.
“Non c’è nessun problema” intervenne Silente,
“Anzi, io sono del parere che la sua, capacità, come
l’ha definita lei, sia molto interessante. E poi devo dire che
non è il primo che conosco che sappia parlare il
serpentese”
Lucas si lasciò sfuggire un sorriso, quell’uomo iniziava
quasi a piacergli, Amelia invece trattenne il fiato. Cosa sarebbe
successo se suo marito l’avesse scoperto?!
“Bene..” disse titubante, “Ora direi che possiamo tornare a casa”
“Io preferirei rimanere direttamente qui, se è possibile” intervenne Lucas.
“Per me non ci sono problemi, giovanotto. Le lezioni inizieranno
tra una settimana e prima di allora potrai tranquillamente stare qui.
Così visiterai la scuola e magari inizierai a conoscere i
professori”
“Per me va benissimo” accettò senza chiedere il permesso alla madre.
Amelia abbassò lo sguardo e con uno schiocco di dita fece
apparire tutto gli effetti personali del figlio: baule, libri,
calderoni, il suo gufo.
“Se è questo che vuoi…” iniziò lei.
“Vai” disse lapidario il ragazzo, “Il Grande Padre ti starà aspettando impaziente”
Amelia incrociò per un attimo lo sguardo con il figlio, poi lo
distolse. Non era più in grado di sostenerlo, era diventato
troppo duro, severo. Annui e dopo aver salutato i due maghi,
uscì dal castello.
“Non siete in ottimi rapporti a quando ho potuto notare, non è vero?” gli chiese Silente.
“No”
“Vedrai che ti troverai bene” gli disse solo, “Adesso
segui la professoressa McGranitt che ti condurrà in un alloggio
provvisorio. Poi il primo giorno di scuola ti smisteremo e sarai
assegnato alla tua Casa”
“Durante il tragitto ti spiegherò alcune cose” gli
disse con un piccolo sorriso la professoressa di Trasfiguarazione,
incantando tutte le sue cose e facendole lievitare. Lucas annuì
e seguì in silenzio la donna.
*****
Quella sera sarebbero arrivati tutti gli studenti, Lucas sentiva
già le loro voci allegre provenire dal corridoio centrale.
Era appoggiato alla parete di fianco alla porta che li avrebbe condotti
tutti nella Sala Grande, stava aspettando Silente, quando una figura
attirò la sua attenzione.
Aveva sicuramente la sua età, stava camminando tranquillamente
tra due ragazzi: uno aveva i capelli neri e una strana cicatrice sulla
fronte, mentre l’altro era più alto e aveva i capelli
rossi.
Lei invece era più bassa di entrambi, indossava la divisa
scolastica con una cravatta rosso-oro al collo, i capelli erano mossi e
bruni, il corpo era sinuoso e con tutte le curve al posto giusto, ma la
cosa che più l’aveva colpito era il colore insolito dei
suoi occhi: oro.
Non c’è che dire, quella ragazza era veramente un bel bocconcino.
Continuò a fissarla fino a che lei non si bloccò e incrociò il suo sguardo.
Accadde tutto in un secondo, i loro occhi si incrociarono e nessuno dei
due si rese conto che non sarebbe stata ne la prima ne l’ultima
volta.
Fu così che la vita di Lucas Flatts si incrociò con quella di Hermione Jane Granger.
Eccomi qui con questa piccola one-shot.. non è niente di
eccezionale, lo so. Però diciamo che ho voluto scriverla per
vedre dal punto di vista di Lucas il suo trasferimento ad Hogwarts, il
suo rapporto con i genitori e con John.
Non è niente di che, ma mi andava di scriverla....
Commentate, mi raccomando. Anche in negativo... Grazie!
Saluti! HiL
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