Psyché

di Lilyth
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È strano come alcune volte io riesca ad immaginare la mia voce raccontare ad un pubblico la mia vita, una vita non ancora vissuta...
È strano sentire la voce dei miei pensieri litigare con me stessa, fare e disfare, montare e smontare immagini di un futuro che potrebbe accadere o di un passato, ormai impossibilitato a cambiare.
La sento la mia testa fare la supponente, governare lei il mio corpo, quel poco che le basta per dimostrarmi ancora quanto è più brava di me ad organizzare con i suoi progetti alquanto discutibili la sua, anzi, la mia vita.
Persino ora non saprei dire se sto scrivendo governandomi o lansciandomi andare alla mia mente contorta.
Forse è questa quella che alcuni chiamano anima, un qualcosa che è completamente distaccata dal corpo e dalla ragione, che si rifugia nei nostri pensieri più profondi, sfruttandone gli scomodi sentimenti, distruggendo tutto ciò in cui credevamo.
Sono posseduta da me stessa, io e lei, lei e io, me e me.
Siamo in due a guardarci le spalle dalla vita, camminando fianco a fianco, quasi a sovrapporsi;
siamo in due ad affrontare i problemi giornalieri e le delusioni, ma ciò non vuol dire che noi siamo amiche.
Il punto debole di una è la forza  dell’altra, basta un tentennamento e una delle due sottomette l’altra senza avere pietà del mio povero corpo, involucro ingenuo ed esposto alle cazzate altrui.
Sono la peggior nemica di me stessa, eppure una dei pochi di cui mi fido.
 




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