DISCLAIMER:
“Once Upon a Time” e tutti i suoi
meravigliosi personaggi appartengono all’ABC e ad Adam
Horowitz e ad Edward Kitsis, eccetera… I mi limito a
prenderli in prestito con amore.
Ambientazione: Nella seconda stagione, da qualche parte dopo “Regina di Cuori” e prima de “Il gioco del grillo”.
Parley
Mary… Biancaneve. Lei non
è nessuna delle due ed
è entrambe, in questi giorni. Due vite nella sua testa
l’hanno fatta diventare qualcosa di più. Lei ha
fatto crescere un po’ anche i suoi capelli. Al Principe
Azzurro piacciono. Anche lei ci si è affezionata.
Ognuno
sta lottando per un terreno sicuro. Gioia e paura e confusione
tutte mescolate insieme.
*
Sapeva che si sarebbe sempre ridotto
a questo, a loro due che si
fissano negli occhi tra le macerie di una battaglia tragica e
infruttuosa. Un colloquio tra nemiche mortali – tra
famigliari. Il luogo la coglie di sorpresa. L’ultima volta si
trovavano su una collina ventosa in mezzo agli echi di una scoperta e
di una perdita che torce lo stomaco. Questa volta, lei giace su una
trapunta morbida in un’assolata camera da letto di una
piccola città del Maine.
I
capelli di Regina sono un po’ più lunghi. Il suo
trucco è un po’ più luminoso. Quasi tre
decadi di Sindaco Mills hanno lasciato una traccia su di lei, e
Biancaneve vede il cambiamento. Regina è ferita e
terrorizzata e pronta a farsi violenta, come sempre. Ma un
po’ della furia è scomparsa. A modo suo, persino
Regina è maturata. Il ché porta a Biancaneve un
sussurro di speranza.
Biancaneve
si sistema sull’unico, semplice cuscino con la
federa bianca e nera, si prende un momento per godere la freschezza del
lino contro la propria guancia accaldata. Studia le linee sottili e le
grinze agli angoli dei bellissimi occhi di Regina (e sono bellissimi,
nonostante tutta la freddezza e la crudeltà che hanno
trasmesso). Guarda il battito di ciglia scure.
Regina
ha pianto. Non ha cercato di nasconderlo. Raramente lo fa.
Mentre Biancaneve distende il proprio corpo, disarmato e scoperto,
l’intero scenario è disorientante. In
un’altra vita, lei potrebbe essere una sorella, una figlia,
un’amica, che si trascina accanto a qualcuno che ama. Che
offre conforto e affetto. In un’altra vita, lo era.
Biancaneve ricorda lo svegliarsi da sogni oscuri e spaventosi in un
palazzo pieno di spifferi e ombre, il percorrere lentamente il
corridoio nel suo abito da notte, sentendosi come una fiamma di
candela, l’essere lasciata passare oltre le guardie alle
porte delle stanze della Regina, poiché erano state istruite
che andava sempre bene. L’arrampicarsi nel letto accanto a
Regina e l’essere accolta in braccia morbide e calde.
Biancaneve può ancora sentire i lustrini del camice della
sua matrigna contro la propria guancia, odorare l’acqua di
rose sulla pelle di Regina. Casa e conforto. Amore.
Questo
è cominciato con loro due e con confessioni e segreti
sussurrati. Deve finire allo stesso modo. Biancaneve trae un respiro
profondo. Regina profuma di mele. Questo deve iniziare da qualche parte.
*
«Ciao» dice
semplicemente.
Regina
gira la testa e aggrotta la fronte come se il suo linguaggio
fosse qualcosa di incomprensibile. Un’ondata di paura vecchia
di anni danza attraverso lo stomaco di Biancaneve, ma lei non
lascerà questo posto. Devono essere loro due. Regina
potrebbe ucciderla con un pensiero e un movimento della propria mano,
ma non l’ha mai fatto. In tutti questi anni. Questo deve
significare qualcosa.
«Cosa
ci fai qui?» chiede Regina, la voce un
po’ più profonda, un po’ più
ruvida della voce della giovinezza di Biancaneve. Il cambiamento
è stato graduale, ma la magia ha sempre un prezzo, e Regina
ha vissuto con l’oscurità nelle vene per un lungo
tempo.
Biancaneve
ha pianificato una dozzina di cose da dire, una dozzina di
suppliche d’apertura perspicaci e profonde. Ma in questo
momento, fianco a fianco su un letto morbido a Storybrooke, dice prima
di pensare: «Ho fatto un brutto sogno».
*
«Di cosa stai
parlando?» Il cipiglio di Regina si
approfondisce in fili di sospetto. La sua voce ha assunto
un’incisività difensiva. La tensione tradisce il
suo stato di quiete.
Biancaneve
si prende il tempo per replicare, guardando le proprie dita
mentre traccia le linee della cucitura sulla trapunta di Regina. Le ci
vuole un momento per realizzare che le cuciture tracciano un ornato
“RM”, e lei ricorda lo stare alzata sino a tardi e
il ricamare segretamente e meticolosamente un cuscino come regalo di
nozze per suo padre e Regina.
«Ho
sognato il nostro reame» dice. «Il
giardino dietro al palazzo. Qualcuno stava cercando di farmi del male.
Avrebbero dovuto esserci guardie ovunque, ma erano tutte scomparse. Io
stavo cercando te e mio padre. Tu avresti dovuto incontrarmi
là vicino al tuo melo, portarmi alla casa sicura nei boschi.
Ma non c’eri. C’era qualcosa che mi guardava dagli
alberi. Mi sentivo esposta e terrorizzata. E si stava facendo buio. Tu
dov’eri?»
Regina
le rivolge qualcosa di simile a un’occhiataccia, ma
c’è confusione nel suo sguardo. «Questo
non è mai successo» dice.
Biancaneve
non replica.
Dopo
un momento, dice: «Ti ricordi Vanessa, la nostra sarta?
Ricordi quando ha avuto quell’orribile febbre?»
Biancaneve
guarda mentre i muscoli della gola di Regina si serrano e
guizzano. «Non mi occupavo dei servitori di tuo
padre».
«Hai
mandato il tuo guaritore» dice Biancaneve.
«Quando te l’ho chiesto, hai mandato il tuo
guaritore. Lui l’ha aiutata».
Regina
rilascia un derisorio sbuffo d’aria attraverso le
proprie narici. «Per tenerti buona».
«Sei
stata gentile con me. Per tanto tempo. Non sapevo che mi
odiavi. Perché? Per favore, dimmi
perché».
«Non
avevo molta scelta». C’è
qualcosa che manca nelle sue parole.
Una
piccola brezza fluttua attraverso la finestra, e Biancaneve
può odorare la magia nell’aria come i ricordi di
giorni a lungo dimenticati. Può sentire il lieve ronzio che
emana dalla pelle di Regina. Sa quando è iniziato.
È solo che all’inizio non sapeva cosa significasse.
«Dov’è
mio figlio?» chiede
Regina. E la profondità delle sue parole picchia come un
colpo contro la pelle di Biancaneve.
*
«Per favore, lasciami
parlare con Regina».
«Cosa?»
«Per
favore. È passato così…
così tanto. Parlami. Non come la Regina Cattiva. Non come la
matrigna cattiva. Come la mia vera matrigna. Come Regina. Come non
avresti fatto in tutti quegli anni».
«Perché
dovrei farlo? Perché dovrei
anche solo fidarmi di te?»
«Perché
vuoi una vita migliore. Perché
vuoi essere felice. E la tua strada non sta funzionando».
«Oh,
e la tua
funzionerà?»
«No.
Non la mia strada. Io sto trovando la mia strada proprio
come te. La tua
strada, Regina. La strada che hai iniziato. La strada
che vuoi con Henry. La strada dove tu… hai una famiglia. E
che ti piaccia o meno… io ne faccio parte. Ed Emma. E il tuo
bambino. Lui è con Emma. Sta bene. Quindi per
favore… per
favore… parlami».
Silenzio.
«Parlami
di Daniel».
Il
suo sguardo sembra la calda scarica di una torcia di fuoco.
«Tu non meriti di sapere di Daniel».
Biancaneve
si infila le mani sotto le guance come un cuscino, come una
bambina che aspetti una storia della buonanotte. Si domanda di sfuggita
se Henry abbia fatto la stessa cosa su questo stesso cuscino.
«Dimmi perché lo amavi. Dimmi perché
lui ti amava. Se non a me… Dillo a Henry. Di’ a
Henry che amavi Daniel. Digli che tua madre ti ha spezzato il cuore.
Digli che non vorresti mai fargli provare questo. Digli che
è per questo che lo proteggi».
«Tu
non puoi dirmi come essere una madre per Henry.
È mio
figlio».
«Che
odore aveva?»
Regina
si spinge in su coi propri gomiti e abbassa lo sguardo su
Biancaneve. «Cosa?»
«Daniel.
Quando lo ricordi. Che odore ha?»
C’è
confusione e un lampo di dolore che Biancaneve
può sentire nelle sue stesse vene. «Di…
pino».
Il
momento sembra congelato. Come ghiaccioli. Come un globo di neve.
Come un incantesimo. Biancaneve fissa negli occhi di Regina per un
respiro lento e reale, le sopracciglia di Regina si alzano lievemente,
una nube di lacrime fresche nei suoi occhi.
Biancaneve
parla lentamente e cautamente, sentendo il bordo del globo
con dita inguantate di pelle. «Io so… che tutti
quelli che volevi amare ti hanno delusa. Tutti tranne Daniel. E
l’hai perduto. E non è giusto. E in parte
è colpa mia, lo so, e mi dispiace tanto… tanto.
Ti ho delusa anch’io, sebbene non ne avessi mai avuto
intenzione». Il sussurro le sfugge dalle labbra prima che lei
possa pensarci: «Ti volevo bene».
«Io
ti ho portato via tuo padre. Tu non ti fiderai mai di me.
Non mi vorrai mai bene». Regina non è nulla se non
pungentemente, tortuosamente onesta quando meno ce lo si aspetta.
Biancaneve
dà una risata dolceamara. «Lo
penseresti, non è vero?»
Regina
non capisce. Ma è ovvio. Ha sempre pensato che loro
siano molto più diverse di quanto le sono in
realtà.
«Vedi,
una volta ho dimenticato» dice Biancaneve.
«Ho dimenticato il mio amore per James. E volevo ucciderti.
In effetti, ci ho provato. Qualcuno mi ha salvata. Ma la
verità è… quando ho perso il vero
amore nella mia vita, ho ceduto alla stessa oscurità che ti
ha mangiata viva. Se avessi guardato mia madre…»
Le lacrime colgono Biancaneve alla sprovvista, e per un momento lei
può quasi sentire l’odore della stalla e la nebbia
e la notte su quella collina. La sua voce è debole mentre
lei forza le parole: «…strappare il cuore di
James…»
Il
corpo di Regina sembra rifiutare ogni sillaba proferita. Si sposta
come se ci fossero dei serpenti sulla sua pelle, ma ci sono lacrime nei
suoi occhi e lei sembra quasi spaventata.
*
«L’hai mai
amata?» chiede Biancaneve,
prima che il silenzio possa rubare tutta l’aria.
«Chi?»
«Tua
madre. L’hai mai amata?»
«Una
volta, certo» dice lei. Regina lo fa, a volte.
Risponde come se fossero solo due persone. Come se dimenticasse che
dovrebbero odiarsi. «Era mia madre. Ma l’amore
può diventare odio molto in fretta».
«E
tu hai paura che è questo che
succederà con Henry».
Regina
volta in fretta la testa in direzione di Biancaneve, uno sguardo
sorpreso o qualcosa di simile all’orrore sul suo viso. Ma
svanisce quasi prima di iniziare. «Dimmi questo,
Regina… quando Daniel era ancora vivo, se tua madre avesse
smesso di usare la magia, se avesse appoggiato il tuo amore per
Daniel… l’avresti perdonata? L’avresti
amata ancora? Presa indietro nella tua vita?»
Un
ricordo praticamente proietta un film negli occhi di Regina, si
riflette sui suoi capelli lucidi e scarmigliati e nelle perle delle sue
orecchie. Biancaneve vuole vedere quel momento così tanto
che fa male. «Non c’era nulla che volessi di
più» dice Regina semplicemente.
Biancaneve
offre un dolceamaro sorriso. «Non pensi che sia
proprio così che si sente Henry? Potresti dargli il lieto
fine che tu hai perso».
Regina
si sposta, si rannicchia, espira dal naso, si lecca gli angoli
della bocca. Alla fine guarda Biancaneve, lievemente disorientata e
dolorosamente giovane mentre dice: «Non so come».
Tutto
cambia.
*
«Sei stanca?»
chiede Biancaneve. «Io sono
così stanca».
Regina
non risponde. Ma si sistema sulla propria schiena e chiude gli
occhi una volta di più.
*
«Cosa volevi diventare da
grande?»
Silenzio.
Biancaneve
prova di nuovo. «Cosa vuoi che diventi
Henry?»
Quando
Regina parla, le sue parole sono esitanti, ma
sembrano… oneste. «Lui è
così… buono con le persone. Compassionevole.
Pensavo potesse diventare un dottore o… un
insegnante».
«Un
insegnante?» Qualcosa nel petto di Biancaneve
si torce e si stringe e duole. Lei si odia. Per volere
l’approvazione di Regina. L’amore di Regina. Le
manca sua madre.
Regina
la guarda, l’espressione illeggibile. Torna a guardare
il soffitto.
*
Biancaneve vuole perdere il
controllo. Vuole gridare contro Regina.
Vuole essere furiosa e giustificata e crudele. Regina ha fatto cose
terribili.
Lei
deve tenere duro. Deve tenere duro.
«Tu
ricordi l’amore» sussurra Biancaneve.
«So che lo ricordi».
La
risposta è della Regina. «L’amore
è una debolezza».
Biancaneve
scuote la testa. «No. Non ci credo».
«Perché?
Perché hai perso la testa per
il tuo prezioso Principe Azzurro?»
«No.
Perché la mia matrigna mi ha detto che il
vero amore è magico. Che crea la felicità. E io
le credo ancora».
«Crea
anche un dolore insondabile. Paura. Rabbia.
Oscurità».
«Non
per forza».
Regina
scuote la testa con un ghigno disgustato. «Sempre la
stessa viziata, ingenua principessina che tuo padre ha
cresciuto».
*
Il sole si è mosso nel
cielo. Della musica fluttua
attraverso le tende da qualche parte in lontananza.
«Ho
bisogno di riavere mio figlio» dice Regina.
Biancaneve
trae un lungo, lento respiro e si gira sulla schiena. Guarda
il soffitto, il disegno delle ombre mentre il sole si muove attraverso
l’occhiello delle tende. Si chiede quanto Regina conosca bene
questo disegno. Quante notti abbia giaciuto sveglia. «Lo
so» dice Biancaneve. «Ma se lo prendi tramite
l’oscurità, lui non sarà mai tuo per
davvero. Ha bisogno di tornare volontariamente. Se tu puoi riaprirti
all’amore… lui potrebbe semplicemente tornare a
casa». Biancaneve prende un lungo momento, una vita di
momenti e scelte, prima di dire: «E se lo fai…
Sarò la prima a dirgli… che puoi essere una madre
magnifica».
Regina
non parla, ma il suo respiro accelera, e Biancaneve giura di
poter sentire l’altra donna tremare.
*
«Tu non hai mai preso le
mie difese» dice Regina,
nel suo tono più curiosità che risentimento.
«Cosa?»
«Con
tuo padre. Dici che mi volevi bene, ma non hai mai preso
le mie difese».
Biancaneve
lo assimila. Poi alla fine si limita ad annuire.
«Hai ragione. Non l’ho fatto».
Dovrebbe
esserci di più, dovrebbero esserci mille parole di
più, ma questo è tutto quello che riesce a dire.
*
C’è una
possibilità per la famiglia
reale. Una possibilità per guidare, ed essere seguiti dagli
altri. Le persone di Storybrooke sono arrabbiate, tradite. Il
sortilegio ha messo ricordi di una vita di democrazia nelle loro teste,
ma nei loro cuori, Regina è ancora la loro sovrana.
Gridano
vendetta, ma se lei lo chiede, potrebbero seguire.
Se
la loro Principessa la tiene per mano, tanto meglio.
*
Le ombre crescono.
«Mi
dispiace che tu abbia perso tuo padre».
Non
è proprio una confessione, ma è
un’offerta genuina. E forse è qualcosa da cui
cominciare.
Biancaneve
quasi si allunga a prendere la mano di Regina. Ma alla fine
si limita a chiudere gli occhi e a pensare a notti ventose e lustrini.
L’aria
odora d’inverno.
Sono
entrambe così stanche.
Gli
alberi si spostano, e un intenso raggio del sole pomeridiano entra
obliquamente e punge gli occhi di Biancaneve.
Le
dita di Regina si alzano e ondeggiano come tende. I drappeggi si
muovono per proteggere Biancaneve dal sole.
Passa
un battito cardiaco prima che Biancaneve realizzi cosa potrebbe
essere appena successo. Regina non si muove, non la guarda.
Forse
non è niente. Forse il sole era anche negli occhi di
Regina. Ma per un momento, questo palazzo bianco e nero sa un
po’ di casa. |