Ha qualcosa addosso, come una specie di infelicità

di Rosmary
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I personaggi di questa storia appartengono a J.K. Rowling;
il racconto è scritto senza alcuno scopo di lucro.

 


Ha qualcosa addosso, come una specie di infelicità
 
 
 
“Cosa la porta qui, Minerva?”
 
Una domanda, quella, che risaliva a molti anni prima, a quand’ancora non v’erano rughe a solcare il suo volto e non v’erano fila grigiastre nei capelli scuri. Eppure, la ricordava perfettamente, come se fosse stato un quesito vecchio di ore e non di un insieme gigantesco di giorni.
La vecchia conversazione l'era tornata alla mente mentre era dritta allo specchio, esaminando con fare critico la crocchia scomposta dalla fretta mescolata alla distrazione; a quel punto, era stato estremamente semplice osservarsi completamente, in ogni particolare, e notare quante impronte aveva lasciato lo scorrere del tempo sul corpo, quante cicatrici vi erano sul viso, cicatrici abilmente nascoste da espressioni severe, che s’ostinavano a imitare l’incapacità di provare emozione alcuna. 
 
“Il futuro, credo.”
 
Sorrise tra sé e sé Minerva, rammentando la rispostaccia rifilata ad Albus: una verità camuffata da menzogna, ecco cos’erano quelle tre paroline in fila.
Ma a quel tempo aveva un bisogno disperato di camuffare la verità: bisogno di accantonare, superare, cancellare… di reinventarsi una vita, un futuro diverso da quello ch’aveva sognato sino al giorno precedente. Ed era necessario che nessuno leggesse in lei il tormento e il disagio, che nessuno avvertisse l’accozzaglia dei troppi 'bisogno' che le si era appiccicata addosso.
Voleva essere forte, aveva bisogno d’apparire tale.
 
“È una risposta curiosa. Mi aiuti a capirne il significato.”
 
Indossò il cappello a punta, stanca dei capelli che rifiutavano d’ammassarsi per bene, forse anche stanca di ricordare. Non aveva mai aiutato Albus nell’impresa di capirla, la ‘risposta curiosa’, mai. D’altronde, perché denudarsi?, perché mostrarsi debole?, perché ammettere d’essere lì poiché colpevole d’aver amato?
Amato, rabbrividì al solo sentirle risuonare nella propria mente, quelle sillabe. Erano così musicali, così attraenti, così delicate ch’avrebbero potuto schiavizzare il più gelido dei cuori: amato, amare… amo. Ecco, amo aveva un effetto ancor più devastante, terrificante quasi per lei che se l’era sporcata, la bocca, con quell’infida parola, che se l’era cucita addosso quand’era giovane e arricchita dalle troppe illusioni, che… Basta: erano solo pensieri, di quelli che s’era istruita a ignorare, che, come in quell’istante, riaffiorando costringevano gli occhi a inumidirsi e le labbra a strizzarsi nello sforzo di non versare lacrime.
Non era dolore il suo, ma nostalgia fusa al rimpianto di un amo ch’era stata costretta a non vivere, poiché il lui cui era destinato apparteneva a un mondo di cui Minerva non avrebbe mai fatto realmente parte.
Allora era fuggita: fuggita dall’amore, e fuggita per sempre.
 
“Sarà un’ottima insegnante di Trasfigurazione, professoressa McGranitt.”
 
S’era conclusa così l’antica conversazione con Albus Silente, e così si concludeva ogni suo pensiero: un’ottima insegnante, che presentava ai giovani i sogni e l’amore per il futuro, proprio per quel futuro che l’aveva tradita, schernita e bistrattata.
Con atteggiamento fiero, scacciò via l’umido dallo sguardo e uscì dalla stanzetta per dirigersi alla volta della Sala Grande. Percorreva gli stessi corridoi da anni, e lo sapeva, che forse qualcuno diceva: ha qualcosa addosso, come una specie di infelicità.



 
NdA:
La frase ‘qualcuno diceva: ha qualcosa addosso, come una specie di infelicità’ è tratta da Seta di Alessandro Baricco. La storia è scritta per il contest 'Le parole di un grande. Contest ispirato ad A. Baricco'.
La storia ha partecipato come edita al contest 'Quasi inedite - II edizione [Flash contest - QualcheFandom e Originali]'.

 




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