prologo
L’ambulanza si
faceva largo a sirene spiegate tra la coda di macchine che si era
formata lungo la statale, la via più breve per arrivare all’ospedale.
La situazione si stava rivelando più tragica del previsto, l’urto aveva
sicuramente causato la frattura di almeno due costole e c'era la
possibilità di un trauma cranico. Non c’era alcuna sicurezza di
arrivare al pronto soccorso prima che fosse troppo tardi e purtroppo
tutti gli elicotteri dell’ospedale di Tokyo erano stati chiamati in una
zona poco a ovest della città, dove un grosso edificio era andato a
fuoco, causando una strage.
Sul viso di Ran
era posta una mascherina per l’ossigeno e i vestiti strappati in
diverse zone lasciavano entravedere graffi ed ematomi. Kogoro non
faceva altro che urlare al conducente di andare più in fretta, invano.
La vita di sua figlia era appesa a un filo e rimproverava se stesso per
averla lasciata andare a quello stupido incontro con quel detective da
quattro soldi.
Mentre il padre
della ragazza sbraitava, il piccolo Conan non emetteva un suono,
sembrava quasi non respirasse. Sentiva un enorme peso sul cuore
guardando il viso di colei che amava di più al mondo. I
paramedici
avevano chiesto più volte al bambino di rimanere sul posto ma
lui non
aveva ceduto. Era solo colpa sua se Ran si trovava in quella
situazione, colpa sua e di nessun altro, la sua vita era come appesa ad
un filo e se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.
Aveva i pugni tanto chiusi che le nocche
erano ormai bianche per la mancanza di sangue. Più volte durante gli
ultimi venti minuti aveva cercato di ricacciare indietro le lacrime che
sembravano sempre sul punto di fare capolino dai suoi occhi blu.
Quello che più
lo faceva stare male era la consapevolezza di aver avuto la possibilità
di evitare ciò che era successo.
La coda
sembrava pian piano dissolversi grazie alle sirene dell’ambulanza.
Erano quasi arrivati all’ospedale quando Conan sentì poche parole
provenire dalle labbra di Ran e alzò di scatto gli occhi su di lei. La voce era flebile
ma era assolutamente certo di averla sentita parlare. Forse si stava
riprendendo, c’era ancora una speranza, tutto si sarebbe sistemato.
Tieni duro Ran, andrà bene. Te lo
prometto.
Prese una delle
mani della ragazza e la strinse tra le sue, tempo prima aveva promesso di
proteggerla a qualunque costo ma, inspiegabilmente, era sempre lei che
finiva per proteggere lui.
Due giorni prima.
“Di che hai bisogno Kudo? Ti
avevo detto che in questi giorni sarei stato occupato, ho un esame
importante domani.” sbraitò Heiji dall’altro capo del filo.
“Come va con Kazuha?”
“Cosa?! Ti ho appena detto che devo
studiare e tu mi disturbi per una cosa del genere? E poi non sono
affari tuoi.”
“Ran mi ha raccontato quello che è
successo.”
“Non so di che parli.” mentiva, era
palese.
“Heiji..”
“E va bene, ma in mia difesa dico
che non è stata colpa mia, almeno non del tutto”
“Sei suo amico da anni, perché fare
una cosa del genere?”
“Non so cosa ti abbia detto Mouri
ma evidentemente ha frainteso la situazione..” cercò di difendersi lui.
“Io non credo, fossi in te le
parlerei”
“Fossi in te le parlerei? Ma ti
senti quando parli? Non sei nelle condizioni di dispensare consigli
d’amore, Kudo” continuò lui, seccato.
“Con questo cosa vorresti dire? Sai
benissimo com’è la situazione, non posso fare niente per ora” la vocina
infantile di Conan non riusciva a dare abbastanza enfasi a quelle
parole.
“Non è carino rifilare scuse su
scuse a quella povera ragazza, sono mesi che vai avanti così!” il tono
di voce del ragazzo si era alzato.
“Pensi che possa fare altrimenti?”
ringhiò l’altro.
“Potresti semplicemente chiudere
tutto, una volta per tutte”
“Vai al diavolo, Hattori!” urlò
contro l’interlocutore poco prima di riagganciare. Alle volte sapeva
veramente essere irritante, come poteva dirgli certe cose?
Appoggiò il cellulare sulla
scrivania e si alzò per aprire la finestra, aveva bisogno d’aria. Heiji
era il suo migliore amico, avevano collaborato insieme più volte per
risolvere casi complicati, erano simili sotto molti aspetti e sapevano
di potersi fidare ciecamente uno dell'altro. Amavano punzecchiarsi a
vicenda, rifilarsi insulti dalla mattina alla sera per poi dimenticare
tutto solo pochi secondi più tardi; ma forse quella volta sarebbe stato diverso, i
loro litigi non erano mai così, si limitavano a discussioni attinenti
il numero di casi che avevano risolto -che alla fine non era mai
quello reale-. Heiji evitava di provocarlo, non parlava mai di Ran a
sproposito, era a conoscenza di quanto fosse difficile per l'amico
vivere in quelle condizioni, tra bugie e sotterfugi.
Conan, in piedi davanti alla finestra, non faceva altro che ripensare
alle parole dette dal detective dell'Ovest, a cui inizialmente non aveva dato troppo peso,
insomma,
troncare i rapporti con Ran per sempre? No, era impossibile, lei faceva
parte della sua vita da troppo tempo, si conoscevano fin da quando
erano piccoli e, per quanto lui si sforzasse di ricordare, non si erano
mai lasciati per più di un paio di settimane, mai, o almeno
non fino a quel giorno, quel giorno maledetto al Tropical Land.
Ogni piccola certezza che aveva era
stata spazzata via e si era trovato costretto a cominciare una nuova
vita: per lo stato del Giappone lui neanche esisteva, non c'era nessun
Conan Edogawa segnato nei registri dell'anagrafe di Tokyo. Ogni giorno,
appena sveglio, sperava di vedere nello specchio il suo vero riflesso,
quello di un liceale diciassettenne, ma ancora non era successo.
Gli mancava la sua vecchia vita, non era così che doveva andare; certo,
come Conan poteva stare con Ran ogniqualvolta volesse, ma non era lo
stesso. Spesso si sorprendeva a pensare che sarebbe stato meglio se
quel farmaco avesse pienamente funzionato, se lo avesse ucciso. Almeno
non sarebbe stato costretto a vivere in quel corpo che non era altro se
non una prigione per lui.
Conan era completamente assorto nei suoi pensieri e nemmeno aveva
notato che la porta della camera si era aperta, lasciando il via libera
ad un curioso visitatore.
------
Konbanwa!
Allora,
è la prima storia che pubblico in questa sezione, spero vi sia piaciuto
come inizio. Sono consapevole che tutto è piuttosto confuso, ma
prometto di chiarire ogni vostro dubbio nei prossimi capitoli,
scoprirete cosa ha fatto di tanto grave il nostro amico di Osaka alla
sua cara amica d'infanzia e l'identità dell'ospite di casa Mouri.
Assocerò
ad ogni capitolo alcuni versi di varie canzoni, ma suppongo di non
poter ritenere questa storia una song-fic.
Mi
farebbe piacere sapere le vostre opinioni su ciò che scrivo, accetto
qualsiasi tipo di critica, siamo in un paese libero, no? Quindi
sentitevi liberi di dire ciò che volete.
Non
so quando pubblicherò il prossimo capitolo, ma è già pronto quindi non
dovrete aspettare molto.
A
presto,
Gaia
|