(siamo
qui
ad un passo da noi)
L'orologio
è appeso alla parete, non hai ancora svuotato il posacenere
delle tue Lucky Strike, le scarpe del calcio sono all'ingresso e
puzzano di cavolo bollito ma tu sei qui tra le mie braccia e sento che
tutto va bene. Tutto va bene perché anche se tra un'ora devi
essere già in metropolitana con le occhiaie fino al mento e
con lo sguardo stranco di chi ha fatto serata, adesso sei qui e mi stai
stringendo forte.
Le lenzuola sanno di noi, del tuo profumo di bagnoschiuma alla menta e
del mio Miss Dior che sta per finire e che non posso ricomprare.
Il sole è alto ormai, Parigi non è mai stata
così bella e io sono sicura che tu, per una volta, potresti
anche non andare in agenzia, non posare davanti a tutti quegli occhi e
stringermi ancora, e baciarmi forte, e accarezzarmi la pelle.
«Sally»
mi chiami, hai la voce presa dal sonno e io ti giuro che amo quando
pronunci il mio nome in quel modo «tra
venti minuti devo alzarmi».
Quando lo dici, un po' la magia si spezza e allora Parigi ritorna ad
essere la solita città dietro la nostra finestra un po'
troppo impolverata, il sole non sembra poi così tanto alto e
un po' mi viene anche da piangere.
Io lo so che non dovrei essere così, che a volte ti sembro
una bambina e che spesso vorresti soltanto andare a giocare a biliardo
con Cole e Bruno e lasciarmi blaterare; tu però non lo fai.
Non lo fai mai e per questo Lola dice sempre che sono molto fortunata.
Fortunata ad averti,
Yuri.
E io lo rispondo che sì, lo so bene anche se a volte metti
troppe magliette a lavare e non sai cucinare neanche un'insalata
scondita.
Sono fortunata perché se anche sbagli quasi sempre a mettere
lo zucchero nel caffè e prendi la boccetta del sale, se
anche non riesci a ricordarti che il mio numero di scarpe è
il 37 e se anche dormi con la bocca aperta e russi, tu mi ami.
E lo so che non è facile amarmi.
Non è facile amare i miei capelli troppo biondi, i miei
occhi troppo verdi, la mia pelle troppo bianca e le mie clavicole
troppo sporgenti.
Non è facile amare le mie gelosie, i pizzicotti che ti do
nel cuore della notte, gli abbracci di quando quel film horror che
vediamo sempre mi fa spaventare o il mio amore per le cose troppo
costose e il mio maialino salvamonete.
«Lasciami
le mani, devo andare» hai il tono dolce di chi non
vuole essere troppo scortese e di chi ama forte sin dal primo secondo
della giornata.
«Non
puoi non andare?»
E Yuri, lo so che vorresti dirmi che si, potresti anche non andarci e
restare tutta la giornata, tutta la notte e tutti i giorni che seguono
incatenato al mio corpo. Lo so che hai notato anche tu come i raggi del
sole che filtrano hanno un calore particolare.
Io lo so.
«No,
devo andare».
Sospiri e non c'è nulla di più struggente.
Sospiri e mi accarezzi, mi dai un bacio sulla fronte, leggero, morbido,
delicato e provi ad alzarti una prima volta.
«Sally,
non fare la bambina» mi implori.
Non ti ho ancora lasciato la mano nonostante io sappia che tu sei
più forte di me.
«Resta
con me».
«Non
posso, Sal» ammetti, stropicciandoti il viso stanco con le
mani.
Sono le sette e mezzo ed è già tardi. Hai forse
il tempo di farti una doccia di un secondo, infilarti la camicia
dell'ufficio e mangiare mezza fetta biscottata.
Forse.
«Viene
mia madre a pranzo, oggi» dici, e già ti sento
andare a passi grandi verso la doccia.
Mi stendo al centro del letto, accarezzo il tuo lato e sento un vuoto
anche se tu sei a pochi metri da me.
Lo so che viene tua madre a pranzo, ieri me l'hai detto tre volte e
l'altro ieri mi ha chiamato addirittura lei per avvisarmi.
Porta la baguette, le ostriche fresce e una bottiglia di Cabernet. Non
festeggiamo niente ma a tuo padre sarebbe piaciuto e noi lo ricordiamo
così.
«Non
puoi proprio restare con me?» domando ancora e forse adesso
fai anche finta di non sentirmi perché hai cominciato a
cantare quello stupido pezzo di Iggy Pop.
La tua voce roca un po' mi culla e forse mi riaddormento per un attimo.
Solo per un attimo però, perché quando apro gli
occhi Yuri, sei davanti a me e stai per darmi un bacio a fior di
labbra. Allora ti guardo negli occhi troppo azzurri, afferro la tua
nuca e ti bacio forte, ti bacio come se stessi partendo
perché già un po' mi manchi e sono un po'
stordita dal sonno.
«Devo
andare» ammetti, e finalmente una nota di tristezza riesco a
sentirla anche io nella tua voce.
Mi sfiori ancora e di nuovo mi viene la pelle d'oca come fosse il primo
giorno.
Irreale.
Sei irreale e infinito.
«A
dopo».
Un altro bacio e la promessa più importante già
l'hai fatta senza neanche accorgertene.
A dopo.
Buongiorno!
oggi sono rimasta a casa perché ho la febbre e,
dato che stavo morendo di noia e che amo Yuri Pleskun alla follia, ho
deciso di cimentarmi in una oneshot originale che avevo in testa
già da un po'. Non so, magari non riceverò
neanche una recensione, ma ci tenevo a postarla perché fa
parte di me e mi emoziona molto leggerla.
Spero piaccia anche a voi, almeno un pochino.
Ari
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