Harlock Piece
One Piece of Harlock
Il re dei pirati spaziali
Il ragazzo dal cappello di paglia si svegliò dal suo torpore.
Aveva l'impressione di essersi appisolato un momento, quando un lampo
di consapevolezza lo richiamò alla realtà, ed egli scosse la testa con
tutte le forze per togliersi di dosso la sonnolenza.
Dopo che la sua testa divenne lucida e attiva, tuttavia, ebbe il dubbio che il sogno non fosse ancora finito.
Studiò la sua posizione.
Era seduto, comodo, su di un sedile. Questo era fatta di un
materiale particolarmente pregiato e morbido, forse pelle; era persino
provvista di braccioli, nei quali affondava pigramente le sue esili
braccia di gomma.
Era senza dubbio il posto più comodo sul quale avesse mai seduto, lui
che al massimo era abituato al duro legno di scalcinati sgabelli da
taverna o della balaustra della sua nave.
Tale lusso sembrava per lo più associabile agli ufficiali più altolocati della tanto temuta Marina.
Il sospetto lo spinse a guardarsi attorno: paradossalmente, lo stile dell'arredamento ricalcava di più quello piratesco.
Era sì, ordinato, lussuoso e formale, ma le colorazioni cupe e
soprattutto quel simbolo ricorrente, l'inconfondibile teschio con
le tibbie, denunciavano l'indubbia appartenenza.
Senza contare l'aria moderna che si respirava là dentro: alcune
luci ad intermittenza di improbabili lampade illuminavano lo scenario, e le sia pur scarne
apparecchiature nella stanza sembravano più sofisticate di qualsiasi
cosa mai inventata, persino da un genio meccanico come Franky.
Le mappe, irriconoscibili, sembravano state disegnate da un navigatore ben più esperto di Nami.
E vi era anche una biblioteca, che avrebbe sicuramente fatto la gioia di una lettrice accanita come Nico. Era senza dubbio la cabina del capitano di una nave pirata. Ma quest'ultimo doveva essere anche un pezzo davvero grosso.
Magari uno dei Sette?
- Vedo che hai ripreso i sensi.
La voce, dal tono calmo ma deciso, risuonò come una sveglia nelle
orecchie di Rufy, che sobbalzò sulla poltrona e si guardò intorno,
alla ricerca del misterioso interlocutore.
La voce proveniva dall'unico angolo in ombra della stanza, e per questo Cappello di Paglia non riuscì a distinguere nulla.
- Chi c'è là?
- Scusa. Non volevo spaventarti. - Rispose la voce.
La frase punzecchiò inavvertitamente l'orgoglio di Rufy.
- Paura, io? - Rispose con tono di sfida. - Ci vuole ben altro per impensierirmi!
- Mi fa piacere. - Ribatté la voce con la medesima flemma. - Benvenuto nel mio umile alloggio.
L'aggettivo "umile" suonò paradossale nel cranio di Rufy.
- Vorrai scherzare! - Rispose il ragazzo, in preda all'entusiasmo. - Questo posto è fantastico!
Anche se anche la mia nave è di tutto rispetto, naturalmente.
- Arcadia.
La voce aveva solo detto quel nome, come risposta. Rufy non capì.
- Arcadia? Che vai dicendo?
- La mia nave. Arcadia. E' questo il suo nome.
- Questo posto si chiama Arcadia?
- E' il mio vascello. - Spiegò la voce. - Ma contemporaneamente anche il mio miglior amico.
- Sì, ti capisco! - Rispose ingenuamente Rufy. - Anche per me è lo
stesso! Un capitano lascia sempre una parte del suo cuore nella nave.
Ricordo ancora di quando bruciammo la Going Merry, fu un vero e
proprio funerale. E fu un momento davvero triste. Ah, le lacrime che
piansi quella volta...
- Non sono sicuro che sia la stessa cosa, - Lo interruppe la voce. - Ma
lasciamo stare. Hai parlato di 'capitano', dunque eri tu che comandavi
quel relitto che abbiamo recuperato appena fuori dal buco nero.
- Ehy, come ti permetti di chiamarlo relitto? - Chiese indignato Rufy. - La Thousand Sunny è la
nave più avanzata e versatile del mondo! Può andare sott'acqua, e poi
anche... un momento, ora ricordo! Quel vortice nero che ci ha
risucchiati al suo interno e poi tutto è sparito e siamo finiti.... a
proposito, dove siamo? - Si domandò all'improvviso Cappello di Paglia.
- Vicino alla Terra, - Spiegò tranquillamente la voce, - Dopo un salto
iperspaziale di cinquanta anni luce per sfuggire alla gravità del buco
nero...
- Aspetta, aspetta! - Lo interruppe Rufy. - Non ho capito una parola di
quello che hai detto. Ma deve trattarsi sicuramente di un luogo molto
lontano, sperduto da qualche parte nel grande Blu. Senza contare che sono così
intontito che non so neppure se sia giorno o notte... Anzi, no, mi correggo, è notte!
- Come fai a dire che è notte? - Domandò curiosa la voce.
- Mi prendi per stupido, per caso? - Chiese Rufy con tono offeso. - Lo si
vede chiaramente dal cielo stellato che si vede lì fuori!
Il dito di Rufy indicò la vetrata alla sua destra, dietro la
quale si stagliava un cielo scuro, tutto puntinato di astri brillanti.
- Quindi è notte per via delle stelle? - Chiese la voce.
- E per cos'altro? - Chiese incredulo Rufy. - Se fosse giorno ci sarebbe il sole, lo capirebbe un bambino!
- Se è per questo, - Chiese divertita la voce. - Perché non provi a guardare sulla sinistra?
Rufy di riflesso si alzò e assecondò la richiesta, e per poco la mandibola non gli finì sul pavimento.
- Ma...ma...ma quello è il sole! - Esclamò con aria atterrita. - Perché vedo il sole assieme alle stelle?
La voce si fece sfuggire una risatina. - Dimmelo tu. - Incalzò.
- Non saprei... - Rispose Rufy sprofondando di nuovo sul sedile. -
Forse una sorta di eclissi? Nami o Nico saprebbero certamente dirlo!
La risposta della voce fu semplice e glaciale. - Siamo nello spazio.
- Spazio? E che diavolo è questo posto?
- Un bel problema, riuscire a spiegartelo. - Commentò la voce, che dopo qualche secondo riprese. - Ecco,
hai presente, ogni notte, quando cala l'oscurità, alzi gli occhi, e
vedi il cielo buio con tante stelle?
- Certo che sì, le posso vedere anche ora! - Ribatté Rufy.
- Ecco, adesso, tu sei in mezzo a tutte quelle stelle.
- Che cosa? - Urlò stupefatto Rufy. - Io... cioè, noi siamo in cielo? Come su Skypea?
- Cos'è Skypea?
- Un luogo, bellissimo, un'isola in mezzo alle nuvole!
- Isole in cielo? Esistono posti del genere?
- Certo! - Confermò il ragazzo, con naturalezza. - Nami mi aveva
parlato di diecimila metri sul livello del mare...o almeno mi pare che avesse detto così.
- Incredibile.
- Perché, non mi credi? - Accusò il giovane pirata.
- No, non intendevo questo. - Si scusò la voce. - Ma è comunque stupefacente. Non ne avevo mai sentito parlare.
- Strano! - Obiettò Cappello di Paglia. - Ma se siamo in cielo, dovremmo essere più o meno alla stessa altitudine.
- Oh, adesso capisco. - Rispose la voce. - Ma qua è molto più... in alto, o meglio, lontano.
- Tipo cinquantamila metri?
- Tipo milioni di chilometri.
- Che cosa? - Urlò Rufy.
Il pirata di gomma si alzò dal posto a sedere e appoggiò il viso al vetro, per vedere meglio.
Tra l'altro, il tatto constatò che quello non era autentico vetro, ma qualcosa di diverso, come plastica o qualcosa di simile.
- Vedi quella sfera azzurra? Quella vicino a quella più piccola e grigia?
- Sì, la vedo... la vedo! - Rispose Rufy, dopo qualche attimo di ricerca.
- Quella è la Terra, il luogo dov'eri prima di arrivare qui.
- Mi gira la testa - Commentò Rufy, sul punto di svenire. - Dove sono capitato?
- Nello spazio, in mezzo alle stelle. - Riconfermò con flemma la
voce. - Ti senti bene? - Domandò la stessa, notando che il ragazzo aveva gli occhi a spirale e la
schiuma alla bocca.
Cappello di Paglia scosse la testa e, voltandosi in direzione della voce, riprese la sua espressione consueta.
- Certo! - Rispose, battendo un deciso pugno sul petto. - Sono solo un po' confuso... o forse ho solo fame.
Lo stomaco del ragazzo sottolineò la parola "fame" con un sonoro brontolio.
In risposta giunse una risata soffocata da parte dell'interlocutore.
L'inaspettata nota di ilarità, che aveva spezzato il tono flemmatico
dello sconosciuto, rilassò l'atmosfera, e Rufy tirò fuori il più
spensierato dei sorrisi.
L'attenzione del ragazzo di gomma tornò al paesaggio di stelle luccicanti.
- Mamma mia, quante sono! - Esclamò il pirata. - Sembrano tanti pesci nell'oceano!
- E', in effetti, un oceano di stelle. - Replicò la voce. - L'oceano dove navigo io, come capitano dell'Arcadia.
- Dunque anche tu sei un capitano. - Rispose Rufy, conscio di palesare
una cosa ovvia, e quindi senza aspettarsi una risposta in cambio,
risposta che arrivò comunque.
- Sì... Chiedo scusa per non essermi ancora presentato.
Due passi in avanti portarono alla luce del vetro la figura celata fino ad allora dalle tenebre.
Rufy rimase affascinato dalla figura dell'uomo che gli presentava davanti.
Una cicatrice sul volto, simile alla sua, era l'unica cosa che li
accomunava. Per il resto, l'uomo aveva un'aria del tutto differente.
Il
lungo mantello che si posava sulle spalle donava allo sconosciuto
un'aria di maestosità che a Rufy ricordò Shank il Rosso, se non addirittura il leggendario Gold Roger.
In preda ad un assurdo dubbio, si toccò il cappello, per
confermare che "Shank" non se lo fosse
ripreso.
Sulla spalla dell'uomo vi era un uccello che Rufy non aveva mai visto
in vita sua, in nessuna di tutte le strane isole che aveva visitato
finora.
- Sono il Capitan Harlock, la mia casa sono le stelle, il mio vessillo
la libertà. - Si presentò, infine l'uomo, con una punta di teatralità, accompagnata da un lieve inchino.
La scena fece una grande impressione agli occhi di Rufy, che si presentò a sua volta, con un gran sorriso.
- Io sono Monkey D. Rufy, - Disse, indicando il suo petto con un pollice. - Capitano della Thousand Sunny, un
giorno sarò anche Re dei Pirati! Ma nel frattempo puoi chiamarmi
semplicemente Rufy, come fanno tutti!
Una luce di emozione balenò negli occhi Harlock, cosa che a Rufy parve ancora più paradossale.
- Quel nome! - Commentò Harlock.
- Uh? Sono famoso anche qui? - Chiese ingenuamente Rufy.
- Di più, direi. E' un nome storico, leggendario. Veniva tramandato sui
libri di storia, fino a quando questi ancora erano di uso comune. E'
l'eroe le cui gesta hanno ispirato i posteri. E forse, in minima parte,
ha contribuito a rendermi ciò che sono.
- Oh, adesso non esageriamo! - Si schernì Cappello di Paglia.
Addirittura i libri di Storia! Non sono mica così vecchio! - Scherzò.
- Sono lieto che tu la prenda sullo scherzo, ma dal mio punto di
vista è come se stessi parlando con una leggenda vivente. Ma se questo
non è uno scherzo e sto parlando davvero con il celeberrimo Monkey D. Rufy,
potrebbero essere vere le teorie secondo le quali i buchi neri non sono
altro che portali che trasmettono la materia nello spazio e nel tempo.
- Ti prego, non ricominciare a parlare difficile. - Chiese Rufy, a cui stava di nuovo per girare la testa.
- Avete detto che tu e la tua nave siete stati risucchiati dentro un buco nero?
- Sì, era un vortice che ha risucchiato me e il mio equipaggio. Devo
essere rimasto svenuto e.... a proposito, non è che avete trovato anche
qualcun altro, oltre me? - Chiese il pirata.
- Sì, altri otto elementi.
Un primo sospiro di sollievo svuotò il ragazzo di gomma di aria e di
ansie, che si premurò di formulare un'altra, imperativa domanda.
- E... stanno tutti bene?
- Direi di sì. - Confermò Harlock. - Per il momento sono dislocati per
la nave, ognuno in un posto che compete meglio al suo ruolo.
- Insomma, cucina per Sanji, sala medica per Chopper e sala
macchine per Franky... - Cominciò ad elencare Rufy, contando sulle
dita. - Se conosco Zoro sarà dovunque ci sia da bere o dormire, Nico e
Nami...
- Hai un equipaggio davvero particolare. - Lo interruppe Harlock. -
Alcuni non sembrano neppure terrestri. Come una renna e uno scheletro
ambulanti. Persino un cyborg.
- Oh, sono un po' strani, ma sono tutti degli ottimi amici. - Confermò Rufy con un sorrisone.
- Non ho detto che fossero strani. Anche noi abbiamo un equipaggio non del tutto terrestre. - Spiegò Harlock, pensando a Meeme.
Un secondo brontolio ricordò al pirata una urgente impellenza.
- Immagino vorrai mangiare qualcosa.
- Immagini bene! Dove si mangia quaggiù?
- Ovviamente, dove c'è una sala mensa. - Rispose Harlock. - Posso farti accompagnare.
- Perché non ci andiamo assieme? - Chiese Rufy. - Mangiare assieme
mette molta più allegria! E poi un vero capitano tiene sempre compagnia
ad un altro capitano durante i pasti! E' una regola fondamentale della
pirateria!
- Strano, - Commentò perplesso il pirata spaziale. - Non ne avevo mai sentito parlare.
- Lo so: l'ho inventata io sul momento. - Confessò Rufy, prima di
lasciarsi sfuggire una sonora risata, alla quale Harlock
inavvertitamente si unì.
Un suono di sirene interruppe il momento di ilarità.
L'espressione di Harlock si fece seria.
Alcune esplosioni lontane rimbombarono e fecero tremare la cabina,
costringendo i due pirati a reggersi a quello che potevano.
Rufy guardò attraverso la vetrata. Uno spettacolo surreale.
Una flotta di "navi" che galleggiavano nel vuoto, di un aspetto che
tuttavia non ricordava alcuna imbarcazione. L'unica cosa
riconoscibile erano i cannoni, i quali, muovendosi autonomamente,
puntavano nella loro direzione e sparavano fasci luminosi dall'aria
decisamente letale.
Altre esplosioni e tremolii confermarono i sospetti di Harlock.
- Mazoniane. - Confermò il capitano dell'Arcadia. - Ci stanno attaccando.
- Un combattimento? - Chiese Rufy, al quale stavano già brillando gli occhi. - Posso dare una mano?
- Non è necessario, - Rispose Harlock. - Voi su questa nave siete
ospiti, e io non posso rischiare la vostra vita. E poi questo scontro
riguarda solo l'Arcadia e loro.
I cannoni del vascello aveva già cominciato a tuonare in risposta.
Alcune navi avversarie, centrate in pieno, esplodevano come fuochi
d'artificio.
La situazione, tuttavia, non sembrava essere delle migliori.
Una voce sintetica, che a Rufy parve come uscire da uno di quei
lumacofoni che la Marina usa di solito per le comunicazioni a distanza,
aggiornò Harlock sulla situazione.
- Capitano, il nemico sta attaccando in forze. I cannoni di bordo da soli sono insufficienti.
- Fate uscire gli Spacewolf! - Ordinò Harlock.
Un'esplosione più violenta delle altre scosse tutto l'ambiente.
Rufy venne sbalzato contro una parete, Harlock urtò contro la
scrivania e finì a terra, mentre lo strano uccello del capitano si
librò in volo volando qua e là per la stanza, in preda al panico.
Harlock si rimise in piedi e usò di nuovo il comunicatore.
- Ponte di comando, rapporto danni?
- Il portone dell'hangar è stato centrato in pieno, capitano. - Fu il
triste resoconto. - Le paratie ostruiscono il passaggio. Gli Spacewolf
non possono decollare.
- Questa non ci voleva. - Fu il gelido commento di Harlock.
Con il pirata spaziale in piedi, il volatile simile ad un avvoltoio tornò di nuovo sulla sua spalla.
- Calmo, Tori-san. - Lo tranquillizzò Harlock, appoggiandogli una mano sulla testa.
Il capitano fece per andarsene, mentre la porta scorrevole sì aprì automaticamente. Una voce lo arrestò.
- Aspetta!
Era Rufy, il quale si stava staccando dalla parete. - Sicuro davvero di non volere una mano?
- No. L'Arcadia è più che preparata per affrontare questo tipo di situazioni. -
Spiegò Harlock. - Ed ora se vuoi scusarmi, mi aspettano sul ponte di
comando.
- Ok, come vuoi: non ti aiuterò. - Si rassegnò Rufy. Il tono
con cui lo disse, però, aveva un'aria fortemente ironica, che incuriosì
l'altro.
Il pirata di gomma continuò. - Tuttavia mi domando se loro saranno dello stesso avviso.
- Loro chi? - Chiese Harlock.
Il sorriso di Rufy fu l'unica risposta. Un attimo dopo, un forte rumore.
- Capitano, il ponte dell'Hangar adesso è libero!
- Ma era stato danneggiato. Come l'avete liberato?
- Beh, capitano, a dire il vero, la cosa ha dell'incredibile. E' stato
un uomo che non è del nostro equipaggio. Ha tagliato via le paratie
come fossero di burro... ha usato una.. una...
- Ha usato cosa?
- ...Una spada. - Confessò infine l'addetto.
Lo stupore e l'incredulità di Harlock erano alle...stelle, specie quando si voltò e trovò la spiegazione nel sorriso di Rufy.
- Quella testa calda di Zoro. - Spiegò Cappello di Paglia. - E, se lo conosco bene...
- Capitano, uno Spacewolf è uscito senza autorizzazione! - Si intromise ancora la voce nel cicalino.
- Ecco, dev'essere quello lì. - Confermò Rufy, indicando dalla 'vetrata'.
Una piccola navicella era appena uscita, e si stava dirigendo verso un incrociatore nemico. Uno di quelli grossi.
- Sta andando a morire? - Chiese esterrefatto Harlock. - Solo i cannoni
dell'Arcadia potrebbero fare qualcosa contro quel tipo di navi. E' un
suicidio! Chi è il pazzo che andrebbe da solo a...?
- I... pazzi sono due. - Rispose la voce nell'interfono. , - E cosa ancora più incredibile...
Rufy rise. Nonostante la distanza, guardando verso la navicella solitaria, poteva scorgere una figura familiare.
- Un uomo? - Chiese Harlock, notando anch'esso il particolare. - Un uomo sul muso dello Spacewolf?
- Sì, è Zoro! E' vestito in un modo irriconoscibile, ma si vedono chiaramente le spade che ha in mano!
- Si chiama tuta spaziale. - Si intromise un'altra voce, sempre dal
cicalino, ma stavolta non era l'ufficiale del ponte di comando. Rufy lo
riconobbe all'istante. - A quanto ci hanno informato, quaggiù se esci
fuori senza di quella, muori.
- Franky! - Esclamò Rufy con aria sorpresa. - Non dirmi che sei tu al comando di quella strana barchetta?
- Cosa? - Intervenne Harlock basito. - Alla guida del caccia c'è uno dei tuoi uomini?
- E' un sistema di guida davvero ingegnoso, - Si intromise in risposta Franky. - Ma per
un genio della meccanica come me non è stato difficile impararlo.
Per tutta risposta lo Spacewolf, come impazzito, virò tracciando una curva ad angolo retto, e poi fece un'altra
deviazione, prima di tornare sulla rotta originaria.
Una terza voce dalla trasmissione si aggiunse, vomitando proteste in direzione del pilota.
- Ehy, brutto imbecille! Cosa stai combinando, vuoi farmi cadere?
- Beh, forse non è poi così facile da guidare. - Si corresse imbarazzato Franky.
- Zoro! Come va? - Salutò Rufy.
- Rufy? Allora stai bene? - Chiese lo spadaccino.
- Io sì, piuttosto cosa state facendo tu e Franky?
- Che domande! - Rispose Zoro. - Combattiamo!
- Ma è una pazzia! - Protestò Harlock.
- Rufy, chi ha parlato? - Chiese lo spadaccino.
- E' il capitano della nave che ci ha recuperato. Si chiama Harlock. Un tipo simpatico!
Harlock ignorò il commento di Rufy e continuò la sua protesta.
- Qua siamo nello spazio. Come pensate di combattere un incrociatore di quel calibro?
- Con le spade. Con cosa se no?
La risposta prosciugò ogni obiezione da parte di Harlock,
lasciandolo a bocca aperta. Sentì tuttavia il
bisogno di insistere.
- Ascoltate, qualunque battaglia abbiate mai affrontato, combattere
nello spazio è una cosa molto diversa. E' impensabile contare su
delle... spade.
- Perché, lo avete mai fatto? - Rispose Zoro. - Non si può mai esserne sicuri, finché non si prova!
La comunicazione si interruppe, rendendo vane ulteriori proteste da parte di Harlock.
Il resto della scena fu così incredibile che l'equipaggio dell'Arcadia fermò ogni attività per tutta la durata della scena.
I cannoni dell'incrociatore nemico avevano cominciato a mirare contro
la navicella solitaria, ma questa zigzagò evitando ogni colpo.
Quando il caccia giunse a pochi metri dalle pareti del
gigante, tutti videro l'uomo con le spade balzare e agitare le lame con
metodi precisi e mirati.
Atterrando di nuovo sullo Spacewolf, il caccia solitario si allontanò dall'incrociatore.
Un paio di secondi dopo, il mastodonte spaziale cominciò ad incrinarsi,
e letteralmente, dividersi, in due, poi quattro, poi otto parti
perfettamente tagliate, ed infine esplose in un inferno di fuoco.
- Impressionante. - Commentò Harlock, che ancora non si capacitava di
tale episodio. - Avevo letto di cose mirabolanti su di voi. Ma questa
supera qualsiasi immaginazione!
Rufy non disse niente: il suo sorriso di soddisfazione, tuttavia, era più che eloquente.
- Capitano! - Intervenne una voce dall'interfono. - Quaggiù gli Spacewolf sono impazienti di uscire!
- E allora fateli immediatamente partire!
Un coro di "Sì!" accolse l'ordine di Harlock, assieme a un
"Facciamogli vedere che anche i pirati dell'Arcadia non sono da meno!" e
un "Non lasciamo a quel pazzo con le spade tutto il divertimento".
Una nuova voce, femminile, si intromise nella trasmissione e urlò con tale violenza da ammutolire tutti.
- Rufy, dannato fannullone! La Thousand Sunny è operativa e pronta a
uscire! Che capitano sei se te ne stai in panciolle mentre gli altri
lavorano? Muovi quel sedere e vieni giù nell'hangar!
Neppure Rufy sapeva come rispondere a quell'uragano verbale, se non con
un... - Arrivo subito, Nami... - Aggiungendo poi una domanda. - Ma la
nostra nave può navigare...?
- Certo che può! - Confermò la navigatrice pirata. - Non siamo mica
stati a grattarci, qui, mentre tu dormivi. Franky e i gentili signori
di questa nave hanno provveduto a modificare la Sunny in una... come la
chiamano? 'Astronave'. Allora, ti muovi?
- Io mi muoverei, - Rispose Rufy, dipende solo da... - E guardò implorante verso Harlock, che sospirò.
- Va bene. Accetto il tuo aiuto.
- Bene! - Esclamò entusiasta Rufy, che scattò fuori dalla stanza.
Mentre la battaglia infuriava all'esterno, i due pirati corsero lungo
il corridoio, fino al bivio che li avrebbe momentaneamente divisi:
l'uno verso il ponte di comando, l'altro verso l'hangar.
- Muoviamoci, - Incalzò Rufy, - Ci sono un sacco di cose da fare! Vincere questa battaglia... mangiare!
L'ultima parola la pronunciò con un rivolo di saliva gocciolante dalla bocca.
- E poi trovare un modo per rispedirvi nel vostro mondo... - Aggiunse Harlock.
- Oh, male che vada, - Rispose Rufy. - Posso sempre rimanere qui con voi e diventare il Re dei Pirati...Spaziali!
Harlock sorrise, ma scosse la testa. Un piccolo brivido percorse la schiena del capitano con la benda.
Sarebbe stato necessario rispedire la ciurma di Cappello di Paglia nel suo mondo di origine al più presto.
Chi si sarebbe immaginato, altrimenti, i paradossi temporali causati da Rufy nell'Universo di Harlock?
Il mito del Capitan Harlock messo in ombra da "Capitan Rufy", o ancora peggio, un anime fantascientifico dal titolo "One Space".
Un futuro ancora più bizzarro di un pianeta Terra colonizzato da delle donne vegetali.
Fine? Yarrr!!
Qua finisce il racconto.
MA non è del tutto finita.
Avendo ideato questo racconto per un contest, per esigenze precise ho
dovuto lasciar fuori tutto ciò che fosse "parodia", e "demenziale".
Ma dove c'è la ciurma di Rufy, è impossibile che non ci sia la demenzialità, giusto?
Per cui, appuntamento, prossimamente, per l'appendice: "Le scene tagliate".
See ya, folks.
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