Dahulu kala...
Le favole non dicono ai bambini
che i draghi esistono.
Perché i
bambini lo sanno già.
Le favole dicono ai
bambini che i draghi possono essere sconfitti.
G. K. Chesterton
«...e
allora il drago...»
«Vetis»
Il bimbo rannicchiato sotto le coperte si agitò un po',
cercando una posizione migliore, finendo per rotolare su un fianco e
piantare i profondi occhi azzurri sul viso dell'adulto.
L'uomo ricambiò lo sguardo assonnato del più
piccolo, trattenendo un sorrisetto alla testarda ostinazione che vedeva
riflessa in quegli occhi annebbiati dalla stanchezza; nonostante fosse
letteralmente crollato sul divano, meno di dieci minuti prima, appena
toccato il materasso del proprio lettino si era improvvisamente
ridestato, chiedendo che gli venisse raccontata la solita favola della
buonanotte.
In realtà non era sempre la stessa storia riciclata,
perché il papà ne aveve tantissime da raccontare
ed erano una sempre più bella e interessante dell'altra;
sembrava quasi una regola che in quella casa non si leggessero fiabe
dai libri, che pure riempivano molti degli scaffali in salotto e nella
stanza dei genitori.
«Giusto, Vetis» concesse, alla fine, vedendo un
sorriso vittorioso spuntare sul visetto paffuto del figlio.
Era un Nephilim, nonostante avesse appena sette anni, e come tale era
cresciuto. Avviato alla strada del Cacciatore com'era nel suo destino,
scritto nel suo DNA. E, del resto, quel piccolino sembrava imparare
rapidamente e aveva mostrato sin da subito una spiccata intelligenza
per la sua tenera età.
Non si poteva non essere fieri di lui, benché lo stregone
avrebbe voluto che credesse alle favole come tutti i bambini della sua
età, nonostante vivesse in un mondo dove queste non erano
soltanto storie, senza vederci per forza demoni ed esempi di vita
vissuta.
Ma quella particolare storia lì non era solo una favola
della buonanotte. Era il loro passato ed era giusto che lo conoscesse,
per poter sperare in un futuro migliore.
«Ma zio Jace dice che erano estinti.»
Obiettò, in un pigolio soffocato dalle coperte tirate fin
sopra il naso, dopo averci pensato su qualche secondo.
Il figlio di Lilith sospirò, sorridendo dolcemente,
chinandosi a scompigliare i riccioli castano scuro del figlio che si
mosse, irrequieto, cercando di scappare alla ''tortura''.
«Papaà!» si lagnò, soffocando
una risatina in uno sbadiglio.
«Sono
sempre troppo poco estinti, Max.» lo corresse, tirandogli
leggermente giù la trapunta con una fantasia di cielo
stellato e pianeti, che aveva voluto lui stesso qualche settimana
prima, per evitare che il piccolo si soffocasse accidentalmente da
solo; aveva il visetto così tanto rosso per lo sforzo di
respirare e allo stesso tempo non scoprirsi che faceva tenerezza.
«Hai paura? Cambio favola se vuoi...»
Il bimbo sgranò gli occhioni, balzando seduto con
un'agilità tale che quasi sorprese il padre seduto sul bordo
del letto.
Teneva le manine saldamente strette in pugni sulla stoffa e le piccole
spalle infagottate nel pigiamino blu tremavano appena. Ma, nonostante
questo, cercò di mostrarsi lo stesso coraggioso agli occhi
del genitore.
«No che non ho paura. Sono grande, io.»
Magnus lo fissò per qualche istante con i suoi occhi da
gatto, poi chinò appena il viso su quello del bimbo e gli
accarezzò delicatamente una guanciotta rosea, sfiorandola
con le nocche. C'era qualcosa di assoluto, nello sguardo con cui
fissava suo figlio, un amore talmente grande che poteva essere a stento
contenuto.
Quel minuscolo figlio dell'Angelo era la cosa più importante
della sua vita. Il centro del suo mondo, insieme a suo marito.
«Tesoro mio... è normale avere paura, sai? Non ti
rende meno speciale, anzi. Ma devi capire che anche i draghi... pardon,
i Vetis ed i demoni più spaventosi possono essere sconfitti.
Non devi permettergli di spaventarti, perché sei
più forte di loro. E, fin quando non sarai capace di farlo
da solo, io e papà saremo sempre qui per
proteggerti» mormorò, sfiorandogli la fronte con
le labbra «Ok?»
Il bimbo annuì, dopo un secondo di esitazione, aggrappandosi
alla camicia da notte verde mela del padre e nascondendo il visetto
contro il suo petto.
«Ok...» sussurrò, accoccolandosi contro
di lui «...allora... allora mi abbracci?»
Lo stregone sorrise, circondando quel corpicino minuscolo con le
braccia e stringendoselo contro il petto, appoggiando il mento sul
capino e cullandolo dolcemente. «Certo, tutte le volte che
vuoi.»
«E... e... e dormi con me?» chiese ancora Max,
strofinandosi contro di lui come a cercare di crearsi un cantuccio per
essere protetto meglio.
«Solo poco poco.» aggiunse, sollevando il visetto e
guardandolo con quegli occhioni di un azzurro molto simile eppure
diverso da quello del Cacciatore che gli era compagno di vita. Lo
guardava speranzoso, le guanciotte arrossate per l'imbarazzo della
richiesta.
Lo stregone rise, sollevando con uno svolazzo le coperte e seguendo il
suo cucciolo sotto di esse, spostandosi su un fianco per permettere al
bimbo di riprendere la posizione accucciolata contro di lui.
«Solo poco poco» concesse, accarezzandogli
delicatamente la schiena per conciliargli il sonno.
Avrebbe potuto usare la magia, ma voleva che dormisse di un sonno
naturale e ristoratore.
«Papà?» si fece sentire di nuovo, dopo
qualche minuto di silenzio, il bambino.
L'uomo, a cui intanto si erano chiusi gli occhi, sollevò
appena il capo, sbattendo un paio di volte le palpebre per mettere al
fuoco il figlio.
«Sì, Max?» riuscì a
mormorare, se pur con fatica, mantenendo un tono di voce basso e
morbido.
Il bambino sembrò arrossire di nuovo, tuffando il visetto
fra l'incavo del suo collo e la spalla, aggrappandosi a lui come un
piccolo koala. Il papà era sempre così caldo e
profumava di buono. Anche se i suoi brillantini erano fastidiosi, ma
neanche l'altro suo papà era riuscito a fargli smettere di
usarli.
«Me la racconti ancora la storia?»
Magnus chiuse gli occhi, lasciando cadere il capo sul cuscino. Era
stanco morto, dopo una giornata così piena.
Ma sorrise comunque, sentendo il respiro tranquillo di suo figlio e il
battito rassicurante del suo piccolo cuoricino contro il suo petto.
«Allora il demone Vetis si alzò sulle zampe
posteriori e...»
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Alec si affacciò alla porta della cameretta, facendo piano
in modo da non diturbare ed essere il più silenzioso
possibile; era mezzanotte passata e sapeva di aver fatto mostruosamente
tardi, ma quei moloch
non ne volevano sapere di essere fatti fuori.
E, per l'Angelo, si sentiva tremendamente in colpa per non aver cenato
insieme alla sua famiglia. Ma, soprattutto, per non aver dato la
buonanotte a suo figlio.
Ma l'espressione stanca non riuscì a soffocare il sorriso
che gli piegò le labbra, nel vedere l'uomo e il bambino
stretti sotto le coperte, le fronti vicine e un braccio dello stregone
a circondare e proteggere nel sonno il più piccolo.
Allora, sempre in silenzio, si liberò degli stivali e
raggiunse il lettino, sdraiandosi all'altro fianco del bimbo, sopra le
coperte per non svegliarli. E così, tenendo il piccolo Max
fra sé e il marito, si concedette finalmente di riposare.
Ma, mentre chiudeva gli occhi, udì ugualmente quel sussurro
che lo faceva sentire, ogni volta, davvero a casa. E sorrise,
addormentandosi.
«Bentornato»
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»Angolino
di Red«
*il titolo significa ''C'era
una volta...'' in
indonesiano.
E' tardi, sono
stanca e non ho nemmeno riletto. Ma non sono proprio riuscita ad
impedermi di scrivere questa piccola OS. Perché, anche se la
raccolta è terminata da poco, mi manca già. E
perché Magnus è un padre stupendo e Max un
piccolino adorabile.
E con questo,
vi dò la buonanotte.
Red.
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