Questi
personaggi non mi appartengono, ma appartengono alla Walt Disney
Pictures, a William Joyce (ed alla Dreamworks Animation). Si ringrazia
inoltre “Il cigno nero”, della Fox Searchlight
Pictures per l’ispirazione e alcune citazioni. Questa storia
è scritta senza scopo di lucro.
Il Cigno Bianco
Il
sipario, drappo soffice di velluto rosso, si solleva in un fruscio
leggero.
Un
singolo fascio di luce illumina la ballerina al centro del palco, ferma
in posizione croisé, con una gamba incrociata di fronte
all’altra ed il braccio morbidamente sollevato in un
allongé perfetto.
Le
prime note dell’adagio spezzano il silenzio che
c’è intorno a lei.
Comincia
a danzare sul lucido pavimento nero, all’interno di quel
singolo cerchio luminoso che illumina la scena, con movimenti lenti ed
aggraziati.
Chassé,
demi plié, port de bras.
Il
tulle bianco che la avvolge, tessuto quasi impalpabile, segue alla
perfezione i suoi movimenti, dando l’impressione che stia
fluttuando nell’aria. Il corpetto, impreziosito da cristalli
e morbide piume, risalta la sua figura. La rende morbida, flessuosa,
eterea, come un elegante volatile che si libra nel cielo terso.
La
sequenza di passi la porta ad adagiarsi sul palco, le gambe incrociate
sotto di lei. La gonna del vestito le crea una pozza candida attorno e
lei ansima leggermente, portandosi una mano accanto al viso in una
gentile carezza. Il cuore pulsa, sa che in quel momento tutti gli occhi
del pubblico sono puntati su di lei.
La
prima ballerina.
La
stella.
La
Regina dei cigni.
Si
guarda attorno indifesa e delicata, fiduciosa e timida.
Poi
l’avverte: l’oscura presenza è dietro di
lei ed il cuore le si ferma nel petto.
La
musica diventa sempre più forte, lei si alza con un
movimento fluido e danza al ritmo sostenuto ed incalzante che si crea.
Sente la paura invaderle corpo e spirito quando il suo compagno, una
figura avviluppata di nero, la tira a sé per la batteria
successiva di pas a deux.
Le
mani la stringono sui fianchi, emergono e si rintanano di nuovo
nell’ombra con un guizzo veloce e, per quanto si sforzi, non
riesce a scorgere il volto di quell’uomo misterioso. Con la
coda dell’occhio vede solo il volteggiare del suo mantello di
piume dal colore cangiante, che sotto la luce del riflettore sono ora
verdi, ora blu, ora nere come la notte.
La
danza diventa sempre più frenetica, lui la afferra, la
solleva e la fa volteggiare. Lei lo respinge, si allontana in una fuga
di passi via via più veloci, tende la mano verso il pubblico
affinché qualcuno la tragga in salvo.
Ma
nessuno arriva a salvarla.
La
paura ha il sopravvento, l’oscurità la cattura ed
un vortice di piume bianche la circonda. Porta le braccia verso
l’alto in un ultimo agonizzante tentativo di sottrarsi
all'incantesimo, ma non ci riesce.
Si guarda attorno con la disperazione e lo sconforto
impressi nei begli occhi chiari.
Riprende
a ballare ma non sono più braccia quelle che muove con
leggiadria nello spazio attorno a sé: sono ali.
Ali
di cigno.
La
trasformazione è completa, il sortilegio è
compiuto.
E lei sa, nel più profondo del suo cuore, che solo un atto
di vero amore potrà spezzarlo.
“Elsa,
Elsa svegliati o farai tardi!”
Elsa
aprì gli occhi al suono argentino della voce di sua sorella
Anna. Si voltò dall’altra parte con un sbuffo
nervoso; la notte precedente non era riuscita a prendere sonno, si era
girata e rigirata sotto le coperte, oppressa da una grave ansia che le
appariva, alla luce del nuovo giorno, del tutto immotivata.
Batté piano le palpebre e, con un piccolo sforzo di
concentrazione, riportò alla memoria frammenti del sogno dal
quale si era appena destata. Un debole sorriso nacque sul suo viso.
“Ho
fatto un sogno strano.” Disse una volta entrata nella piccola
cucina, mentre Anna si affaccendava a raccattare tutti i materiali da
portare con sé per le lezioni del mattino, sparsi, come al
solito, in giro per casa.
“Cosa
hai sognato?” le rispose afferrando un pennello che aveva
trovato una collocazione inusuale accanto ad un vaso in stile Ming nel
soggiorno.
“Ero
la prima ballerina ne Il lago dei cigni ma era una versione del
balletto molto austera, essenziale. Oscura.”
L’ultima parola la fece rabbrividire.
“Ah-ha!”
esclamò Anna dopo aver ritrovato un tubetto di tempera. Lo
infilò svelta nella borsa e si sedette accanto ad Elsa.
“La
stagione sta per cominciare e sei nervosa, vero?”
La ragazza
annuì ed Anna le rivolse uno sguardo comprensivo e gentile.
“Dai,
vedrai che quest’anno andrà alla grande! Ormai sei
nella compagnia di balletto da tanto, e sento che quest’anno
riceverai un ruolo da protagonista. Hai lavorato talmente tanto che
credo sia giunta l’ora di riconoscere i tuoi
sforzi!”
Elsa
piegò le labbra in un sorriso, in risposta
all’incoraggiamento di quell’ottimista impenitente
che era sua sorella minore.
“Lo
spero.” Replicò pacata.
“Bene,
così ti voglio!” Anna le diede una pacca di
incoraggiamento sulla spalla e saltò giù dallo
sgabello. “Io ora scappo, buona giornata sorellona!”
In uno
strascichio di gonne ampie e voluminose, Anna imboccò il
corridoio e chiuse la porta dietro di sé. Con un sospiro
Elsa cominciò la sua routine quotidiana, prima di avviarsi
all’Accademia.
Il treno
sferragliava sui binari ed il suo dondolio aveva un che di
rassicurante. La cabina era affollata come al solito, piena di
lavoratori che si accingevano a cominciare la loro giornata in quella
che era una città viva e frenetica come New York.
Elsa scese
alla sua fermata e, a passo svelto, entrò
nell’edificio che era la sua Accademia di ballo. In camerino
raccolse i suoi lunghi capelli di quel biondo platino quasi tendente al
bianco candido, in una treccia che provvide poi ad intrecciare a
mo’ di chignon. Scambiò qualche chiacchiera
inconsistente con le altre ballerine e si preparò per
cominciare l’allenamento.
Una volta
entrata prese posto accanto alla sbarra, sistemandosi in prima
posizione. Il regolare battimani dell’insegnante e la musica
scandivano i passi per il riscaldamento e trascorse relativamente poco
tempo quando la porta della sala da ballo si aprì e vi
entrò un uomo.
Elsa riconobbe
in lui il direttore artistico dell’Accademia, Pearce
–chiamatemi Pitch- Black, che con passo sicuro
cominciò a farsi strada tra le fila di ballerini.
Sentì
un nodo formarsi alla gola, guardando l’uomo che analizzava
con occhio critico ogni loro movimento. Vide alcune ragazze scambiarsi
cenni d’intesa ed ombre di sorrisi maliziosi.
Ricordò
sprazzi di conversazione carpiti nei camerini, dove ballerine
sfacciate, ridacchiando come adolescenti, lo immaginavano nei
più ardenti atti di concupiscenza. Bramavano di poter
ballare con lui per poter essere afferrate, prese, toccate da quelle
mani che consideravano un’autorità nel suo campo.
Parlavano della sua fama di ballerino ed amante, di come avrebbero
desiderato essere redarguite per un passo sbagliato, calcando sul senso
implicitamente carnale della parola redarguite.
Commenti come questo facevano arrossire Elsa, nonostante provasse a
mostrarsi sempre ferma e composta, estranea alle conversazioni
riguardanti le fantasie sul direttore.
Pitch, con
quel suo sorriso criptico, era affascinante e pericoloso come solo un
uomo che ha raggiunto la cima del successo può essere.
Elsa guardava
la sua figura slanciata intimorita e, ad ogni passo che lui faceva,
l’agitazione le mozzava il respiro. Mandò
giù un grumo di saliva, non era quello il momento di farsi
prendere dal panico.
“Quest’anno
apriremo la stagione con Il Lago dei Cigni.”
Esordì lui, con tono fermo e deciso, continuando a girare
tra loro, come un leone che studia ogni possibile preda.
“Confido che la storia la conosciate tutti: una principessa,
trasformata in cigno da un mago malvagio, ambisce a ritrovare la
libertà e solo il vero amore potrà spezzare il
suo incantesimo. Ma, con un inganno, il principe del quale è
innamorata viene sedotto dalla figlia del mago, trasformatasi nella
principessa e lei, dolce sventurata, si toglie la vita. E
così, nella morte, ritrova la libertà. Per una
nuova produzione, cerchiamo una nuova prima ballerina.” Diede
segno di interrompere la musica ed aspettò che la notizia
facesse presa nel cervello delle ragazze che lo fissavano incredule.
Con un sorriso serafico continuò: “Tutte le
ballerine i cui nomi non saranno presenti sul tabellone
all’ingresso, continueranno il loro allenamento quotidiano.
Le altre dovranno recarsi nel mio studio oggi pomeriggio
all’orario indicato. Grazie.” Senza mezzi termini o
giri di parole, Pitch era stato diretto e preciso
nell’esporre quel nuovo programma. Prima di andarsene,
gettò un’occhiata fuggevole ad Elsa. Nonostante
fosse stato un breve contatto, la ragazza sentì lo stomaco
in subbuglio.
“Calmati Elsa,
è solo il nervosismo per la notizia inattesa.”
Pensò. Non fece in tempo a notare il fugace sorriso del
direttore artistico dopo averla vista.
Era seduta a
terra, le gambe stese e le braccia che disegnavano ampi movimenti,
mimando i passi che avrebbe dovuto riprodurre di lì a poco.
L’aver visto il suo nome comparire tra le prescelte le parve
un segno inequivocabile del fatto che stava per compiere un passo
decisivo per giungere al coronamento della sua ambizione. Per questo
motivo doveva essere impeccabile durante la coreografia.
Quando fu il
suo turno, Elsa entrò esitante in sala e prese posizione.
“Controllati, devi
essere perfetta, controllati, andrà tutto bene.”
Continuava a ripetersi come un mantra.
“Quando
sei pronta, puoi partire con il tuo Cigno Bianco.” Le
annunciò Pitch.
Elsa
annuì ed eseguì la prima coreografia alla
perfezione. La sua tecnica era ineccepibile ed i suoi movimenti
precisi, frutto dello studio, del duro lavoro e della disciplina.
Il direttore
Black annuì soddisfatto e le si avvicinò. Elsa
poté scorgere le sfumature dorate nei suoi occhi fiordaliso,
ma subito rivolse l’attenzione verso la punta rinforzata
delle sue scarpe.
“Se
cercassi solo il Cigno Bianco, la parte sarebbe tua.” Le
sussurrò all’orecchio e lei avvertì il
fiato caldo sulla sua pelle sudata. “Purtroppo
però non è così. Ora mostrami il tuo
Cigno Nero.” Fece un cenno al pianista e questi prese a
suonare un nuovo movimento.
Elsa
iniziò a piroettare, una successione di fouettés
en tournant che cercò di eseguire nella maniera
più perfetta che aveva imparato.
“No,
non ci siamo!” la voce di Pitch fu come il suono stridulo del
gesso sulla lavagna. “Devi metterci più carattere,
più decisione, più dinamismo! In questo atto devi
sedurre un principe e tu stai lì, con i tuoi movimenti
legnosi e tesi! Smettila di ballare come un blocco di ghiaccio,
Elsa!”
La ragazza,
sotto il peso di quelle parole mordaci, si distrasse e mise un piede in
fallo, rovinando al suolo. Pitch sospirò e passò
una mano tra i corti capelli corvini.
“L-lo
ripeto?” azzardò la ragazza in un timido sussurro.
Lui la
guardò con sufficienza.
“No,
ho visto abbastanza. Puoi andare.”
Con il gelo
nel cuore e le lacrime che minacciavano pericolosamente di uscire,
fuggì via.
*
Quando
tornò a casa, Elsa si chiuse direttamente nella sua stanza.
A niente valsero i tentativi di Anna che continuava a bussare
ripetutamente contro la sua porta, chiedendole di parlare.
La ragazza
soffocò le lacrime nel cuscino, con in bocca il retrogusto
della delusione, che aveva lo stesso sapore del fiele. Sentiva di aver
disonorato la memoria dei suoi genitori, che tanta fiducia avevano
riposto nelle sue possibilità poco prima di morire in quel
disgraziato incidente. Cocente era anche il senso di aver deluso sua
sorella e aver mandato in frantumi un sogno nel quale aveva riposto
troppe speranze.
Le avevano
insegnato che il controllo era tutto, ma Pitch voleva la passione.
Le avevano
insegnato che le emozioni inficiano la riuscita di un buon lavoro, che
ciò che contava davvero era la tecnica, l’ambire
alla perfezione. Pitch invece voleva un ballo di languida seduzione.
Elsa
guardò la boule de neige carillon che i suoi genitori le
avevano portato da Parigi: al suo centro c’era una ballerina
che, una volta caricato il meccanismo, volteggiava sotto i fiocchi di
neve. La prima volta che l’aveva vista aveva cominciato a
covare il desiderio di essere quella ballerina che si muoveva leggera
sotto la neve cadente. E ci aveva provato, voleva davvero essere la
ragazza perfetta che loro volevano. Si era isolata dal mondo,
applicandosi con zelo solo alla sua arte, ben lungi
dall’essere una persona estroversa e solare, piena di amici
come sua sorella Anna, l’artista che con una sola pennellata
era capace di riprodurre un vortice di emozioni. Il suo carattere
chiuso, schivo, l’avevano portata a costruirsi attorno
un’armatura di impassibilità che veniva presa dai
più per alterigia e freddezza. Nemmeno Anna, la persona
più vicina a lei, poteva dire di conoscere e comprendere a
fondo il suo carattere.
Elsa non
riuscì a dormire quella notte. Ogni volta che lo faceva un
mostro dalle ali nere si impossessava dei suoi sogni e la faceva
svegliare di soprassalto. Vi rinunciò definitivamente e
stette ad arrovellarsi il cervello sugli eventi della giornata. Dopo
un’attenta riflessione decise che avrebbe fatto un tentativo
e sarebbe andata a parlare con il signor Black per ottenere la parte.
Forse era giunto il momento di mostrare al mondo che non era una stele
di ghiaccio come lui insinuava.
*
Durante il
viaggio in treno, Elsa sentiva lo stomaco stretto in una morsa gelida
ed un senso di nausea sempre più crescente. Una volta
arrivata all’Accademia stette ferma a tormentare la tracolla
della sua borsa di fronte alla porta di Pitch, prima che trovasse il
coraggio necessario per bussare. Quando lo fece, il direttore artistico
si mostrò sorpreso di vederla.
“Posso
fare qualcosa per te, Elsa?”
“Hai
un momento? Vorrei parlarti…” pronunciò
timidamente.
Lui le fece un
cenno del capo e si scostò dalla soglia della porta,
invitandola ad entrare. Si sedette ed Elsa prese posto davanti a lui,
posando la borsa sul tavolo.
“Allora,
cosa c’è?”
“I-io,
sono venuta a parlarti della parte. Volevo dirti che l’ho
riprovata a casa e che adesso sono pronta a…” lui
tacitò la fine della frase con un gesto risoluto della mano.
Storse le labbra mentre formulava un pensiero, ed Elsa intuì
che non sarebbe stato qualcosa di bello da udire per lei.
“Elsa,
sarò molto franco con te e vorrei che tu comprendessi la
situazione. Ad un qualunque osservatore esterno, tu appari come il
migliore Cigno Bianco: sei timida, pura, piena di paure, fragile e
ingenua, e possiedi una bellezza fine e aristocratica. Ma il Cigno
Nero? Tu non possiedi minimamente la sua forza distruttiva, la sua
passione. E sai perché? Perché sei una schiava
del controllo che non si lascia andare alle emozioni. Ricerchi questa
perfezione in maniera così maniacale che hai dimenticato che
per ballare ci vuole il cuore. Dov’è il tuo cuore,
Elsa? Dov’è la tua fiamma?”
“Io
voglio solo essere la ragazza perfetta che vogliano che
sia…” mormorò flebilmente.
Pitch rise con
scherno a quella debole giustificazione.
“Elsa,
qui l’unico ostacolo al tuo successo non è la
perfezione. Sei tu.”
La ragazza
distolse lo sguardo, senza dire una parola, accusando il colpo.
“Vuoi
davvero quella parte?” le domandò infine Pitch.
“Con
tutta me stessa.” Rispose risoluta.
Black la
osservò attentamente e, per la prima volta, la vide mostrare
fermezza. Forse avrebbe potuto concedere
un’opportunità a quella ragazza che, dalla prima
volta in cui aveva incrociato il suo sguardo, l’aveva
stranamente attratto. Elsa, aveva poi constatato con il tempo, era un
mare di contraddizioni e paure e nascondeva chissà quali
altre sfaccettature. Il mistero, l’enigmaticità,
il suo essere sfuggente, erano qualcosa che non riusciva a ritrovare
nelle altre ballerine. Queste qualità, se solo avesse saputo
sfruttarle meglio, avrebbero potuto farla diventare una stella.
“Non
ti farò promesse, Elsa. Devo rifletterci. Ora sono
impegnato, ne riparleremo presto. Se vuoi scusarmi.”
Lei si
rianimò e gli rivolse un debole sorriso. Prese la borsa e
con un cenno di saluto andò via. Non si accorse
però di aver perso un quaderno dalla copertina consunta, il
blocchetto che portava sempre con sé, sul quale annotava i
suoi pensieri più reconditi e che soffocava, tutto quel
mondo di fantasie, paure e desideri nel quale indugiava quando era
sotto le coperte o nella vasca da bagno.
Pitch se lo
rigirò tra le dita, indeciso se leggerlo o metterlo in un
cassetto e restituirglielo. Vinto dalla curiosità, scelse la
prima opzione ed aprì una delle ultime pagine.
Scritto con
una calligrafia elegante vi era un piccolo trafiletto:
“La
paura è l’oscura prigione della luce.”
Due settimane
dopo, vennero affissi i risultati con le parti assegnate.
Elsa era la
nuova Regina dei cigni.
Il quaderno,
che aveva a lungo cercato a casa con febbrile accanimento, ricomparve
misteriosamente sul tavolo da toeletta del suo nuovo camerino da prima
ballerina.
*
“No,
no, non ci siamo! Elsa devi essere più sciolta,
più morbida! Non essere così dannatamente
rigida!”
Ansimanti, i
ballerini si fermarono. Pitch era di fronte a loro, a braccia conserte,
estremamente corrucciato. Le labbra piccole erano strette in una linea
di disappunto.
“Dopo
tre settimane di lavoro continui a ripetere lo stesso, stupido
errore.” Rivolse ad Elsa uno sguardo insoddisfatto e
contrariato.
“S-sto
solo ballando come vuoi tu…” cercò di
difendersi lei.
Il direttore
artistico sbuffò teatralmente.
“Io
non ti ho chiesto di trasformarti in un cadavere in principio di rigor
mortis, ragazza mia.”
Parole
crudeli, affilate come lame di ghiaccio.
“Devi
farmi vedere ciò di cui sei capace, devi mostrarmi
quell’oscurità che ti porti dentro. Interpretare
il Cigno Nero significa questo e tu sei così testarda da non
riuscire a fartelo entrare in quella graziosa testolina.”
Elsa strinse i
pugni, ostinata. Aveva provato a migliorarsi, a dimostrare che
possedeva l’abilità artistica necessaria per
interpretare il candido Cigno Bianco ed il perverso Cigno Nero. Ma per
Black non era mai abbastanza ed il suo malumore aumentava
esponenzialmente ogni volta che si soffermavano sulla variazione del
Cigno Nero.
“Va
bene ragazzi, per oggi basta. Potete andare.”
Elsa si
voltò per prendere le proprie cose ma venne raggiunta dalla
voce di Pitch, che suonava infastidita ed esasperata.
“No,
no, tu resti qui. Abbiamo ancora parecchio su cui lavorare.”
Elsa venne
percorsa da un brivido freddo. La vicinanza di Pitch era qualcosa che
riusciva a turbarla e a destabilizzarla. Le altre ragazze sostenevano
che ormai, dopo tutto il tempo che trascorrevano insieme alle prove,
lei se ne fosse infatuata, cosa che smentiva categoricamente.
“Dai ammettilo, Elsa,
che quando torni a casa, sotto le coperte, ti tocchi pensando che sia
lui a farlo.” Le dicevano con inflessioni di
voce cariche di malizia.
La
verità era che Elsa provava verso di lui la stessa
attrazione della falena verso la fiamma.
Qualcosa di
torbido ed oscuro che si depositava nel suo ventre e restava
lì, appostata nell’ombra, in attesa.
Non
sentì la porta chiudersi con un tonfo sordo e il direttore
fermarsi davanti a lei. Le sollevò il mento e fece in modo
che i loro occhi si incontrassero. Elsa trattenne il respiro,
incatenata a quelle iridi magnetiche. Con la mano libera, Pitch si
avvicinò, sciolse la crocchia ed i capelli le caddero in una
treccia laterale che si poggiò sulla clavicola.
Osservò con un sorriso soddisfatto il risultato.
“Io
sono il principe.” Affermò e cominciò a
canticchiare il motivo. La prese facendola piroettare, ma sotto le sue
mani era ancora rigida.
“Rilassati,
lasciati andare.” Un comando che lei, intimorita, non
riuscì ad eseguire.
Lui
continuò a stringerla, nella sequenza del pas a deux del
terzo atto. La sua mano calda afferrò saldamente la coscia
della ragazza.
“Senti
la mia mano, Elsa. Rispondile, lasciati andare.” Fu un
sussurro roco contro il suo orecchio.
La ragazza si
sentì pervadere da un mix di eccitazione e timore, lo
guardò persa e confusa e poi gli diede una spinta sul
torace, allontanandolo.
Lui fu
più veloce e con un moto di stizza, afferrandole il braccio,
la riattrasse a sé.
E poi la
baciò.
Non fu uno di
quei baci da libro di cui Elsa aveva letto e non aveva niente a che
fare con i timidi baci inesperti che aveva scambiato con un paio di
ragazzi.
Le labbra di
Pitch erano esigenti, calde ed impetuose.
Un gemito di
sorpresa le sfuggi dalla gola quando si separò da lei
sollevando il capo con orgoglio e arroganza.
Elsa non ebbe
tempo di razionalizzare il susseguirsi di eventi che Pitch fu di nuovo
su di lei, assalì la sua bocca con brama crescente.
“Apri
la bocca. Lasciati andare.” Comandò risoluto ed
Elsa sentì le sue difese cedere. Si abbandonò
totalmente a quell’atto di pura e veemente passione.
Portò una mano sulla guancia scarna del direttore, mentre le
mani di Pitch vagavano sul suo seno, fino a spingersi giù,
al punto di non ritorno.
Elsa si
sciolse, era una bambola inerte tra le sue braccia, schiava e
desiderosa di continuare quella danza non più con passi
stabiliti da chissà quali ignoti maestri di balletto
francesi, ma con passi dettati dal proprio cuore e dalle proprie
emozioni.
Rispose con
altrettanto slancio, infilando la mano nei suoi capelli corti,
avvicinandolo sempre di più, smaniosa di un contatto
più intenso e profondo.
Poi,
d’improvviso, Pitch si allontanò da lei.
La
guardò insolente, si umettò le labbra che ancora
avevano il sapore fresco di Elsa, e le parlò.
“Ora
sono io che ho sedotto te. Deve essere il contrario.”
Andò
via senza degnarla di uno sguardo.
Distaccato,
cinico, indifferente, crudele.
Elsa rimase al
centro della pista, scossa, tremante, stravolta. La cortina di ghiaccio
che aveva creato attorno a sé, e che Pitch aveva contribuito
a sciogliere con il suo ardore, volteggiava adesso attorno a lei,
mutata in una tempesta di neve.
La paura ed il
desiderio l’avevano sedotta e poi abbandonata.
L’incantesimo
non si era spezzato.
Il cigno
bianco non sarebbe mai stato libero.
«E
solo nella morte ritrova la libertà.»
***
Salve, popolo
del fandom!
Questo
è il mio primo crossover *ansia, ansia, ansia*, partorito
nella prima giornata post esami (quindi, se è una schifezza
ho la giustificazione per aver bruciato il cervello con il precedente
studio).
Dunque,
perché Pitch ed Elsa…mmm, beh, devo dire che come
pairing mi ispira, la vedo una coppia molto torbida e oscura, la
ragazza che è schiava delle sue paure e lo spirito che ne
è il guardiano…insomma, come ragionamento logico
fila, quindi, perché no? XD
Mi sono
spudoratamente ispirata al film “Il cigno nero” per
questa fanfiction, infatti ho trovato che l’ambientazione
generale e alcune scene calzassero a pennello con la mia idea della
coppia Pitch/Elsa, quindi mi sono detta di fare un tentativo e provare
ad adattare il tutto.
Senza contare
poi il fatto che secondo me il personaggio di Pitch è
estremamente somigliante a Vincent Cassell (vedere per credere qui e qui) anche se
è Jude Law a prestargli la voce. Il Pitch che ho descritto
è meno “cattivo” rispetto alla figura a
cui siamo abituati, mentre con Elsa ho cercato di mantenere quel suo
stato d’animo costantemente attanagliato da paure ed
incertezze.
Purtroppo non
sono riuscita a reperire su youtube la scena del film, dovrete
accontentarvi solo di una piccola immagine qui.
In soldoni, a
voi l’ardua sentenza su questo sproloquio!
Spero che la
lettura vi sia piaciuta e buone cose :D
Ci si vede in
giro!
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