Dopo la mezzanotte ~
La mia era una vita piatta e
orrenda. Un film dell'orrore, per certi versi ; un film noioso,
per altri. Un qualcosa che urlava il bisogno di novità, di
vento freddo e portatore di luce ; mi serviva una nuova vita, un
incentivo. Un qualcosa che mi ridasse tutto quello che avevo perso e
che mai avevo avuto. Mi serviva quel qualcosa, ma era
lontano. Osservavo il cielo, lo faccio anche ora, e mi perdo fra i
mille puntini luminosi. È bella la notte, mi da la pace e
il silenzio che cerco ; nell'ombra sono al sicuro, è la mia
seconda casa. Ma è diverso. Ho sempre guardato quel nero
immenso con sogni nella testa, mai hanno avuto voce, solo parole
scritte su carta ; quelle stesse parole trascritte, sono rinchiuse in
un cassetto. Ho sempre cercato di vedere dietro la luna e le
stelle, convinto che da li c'era il mio nuovo punto di partenza, ma
niente ; ogni sera, lo stesso nero mi accoglieva. Delusione... era
questo ciò che provavo, vedendo come la luna non mi sorrideva,
le stelle non mi guardavano ; niente si schiodava da quella fredda
immobilità. Niente dava cenni di vita, solo di morte. Tanto
che a furia di guardare quel cielo, io mi sentivo morto. Ho
creduto per tanto tempo di esserlo, sono precipitato in un abisso di
apatia senza fine, il cuore improvvisamente di piombo. Ero
estraneo a tutto, nemmeno il rendermi conto di ciò mi
smuoveva. Devo riprendermi, devo vivere!, mi dicevo... ma non
facevo nulla, stavo solo li a guardare. Non capivo, mi sentivo
vuoto... demotivato. Non avevo niente per cui vivere di nuovo,
niente persone o ricordi importanti, niente. Lui, il mio ormai
defunto carceriere di una vita, mi ha strappato via tutto. L'infanzia
non l'ho mai avuta, amici è sempre stata una parola vuota e
senza significato e i sentimenti erano un qualcosa che sapeva di
sporco e inutile. La mia vita è stata tutta una bugia. Ed
era sempre li che trovavo conforto, in quell'infinito cielo nero
della notte. Certo, era vuoto e senza vita, ma ho imparato ad
accontentarmi e sospirare di noia. Non potevo fare altro. Non
volevo fare altro. Poi accadde. Quel fatto, l'inaspettato,
quello che rubò i miei occhi illuminandoli come mai. Me lo
ricordo come se fosse ieri. Tornavo a casa, avevo una busta di
cibarie nella mano destra e avevo un po freddo. Odiavo girare di
notte, il freddo ti entrava nelle ossa anche se avevi il giubbotto ;
ma ero comunque annoiato e apatico, come sempre. Le strade erano
buie, c'era solo la fioca luce dei pochi lampioni. Il ticchettio
dei miei stivali era l'unico rumore in sottofondo. Avevo
sospirato, poi ho sentito un leggerissimo rumore. Sembrava un
fruscio, ma era troppo in alto per essere una foglia mossa dal
vento. Quella notte, non c'era un filo d'aria, solo tanto
freddo. Ma io lo avevo sentito, quel fruscio ed era molto in
alto. Poi quella luce... era chiara e azzurra e aveva illuminato
anche me. Alzai lo sguardo e lo vidi. Sgranai gli occhi,
sentendomi improvvisamente vivo ; pensai di sognare, ma così
non era. Lassù, in quel mare nero, una scia azzurra seguiva
quella figura umana. C'era un ragazzo, lassù, era in piedi
e si muoveva. Faceva curve, virava a destra e sinistra... girava
in lungo e in largo il cielo, come se avesse dei pattini sotto i
piedi. Io lo osservavo a bocca aperta, sentivo il cuore battere
forte. Quello non me lo aspettavo, ma somigliava tanto al segno di
vita che volevo. Era così luminoso e semplice... chi mi
crederebbe se raccontassi di aver visto un ragazzo volare con dei
pattini su nel cielo? Forse non lo avrei nemmeno detto. Quello
era il mio sogno ad occhi aperti, quello che mi stava facendo sentire
vivo. Vedere quel colore, quella persona muoversi sciolta e a suo
agio nel cielo dipingendolo con quella scia... Poi svaniva dopo
pochi istanti, il colore, ma tanto il ragazzo ne dipingeva di nuovo
continuando a pattinare nel cielo. Sembrava che potesse toccare le
stelle, sedersi sulla luna e dormire nel mare silenzioso. Forse
poteva davvero farlo, me ne convinsi e desiderai di farlo anche
io. Guardai l'ora in un nano secondo. Mezzanotte passata. Poi
il buio. Non c'era più la scia, ne il ragazzo. Corsi in
casa e dalla fretta abbandonai la borsa nel corridoio. Le scarpe e
il giubbotto furono abbandonati dove mi capitava e salivo. Salivo
quelle scale che mi avrebbero portato nella mia stanza. Mai avevo
desiderato così tanto di arrivarci. Un barlume di vita
c'era in me, era nuovo e quando arrivai avevo il fiatone e il cuore
galoppante. Temevo di poter sentire male, mai aveva battuto così
veloce. Mai avevo avuto fretta, in vita mia. Raggiunsi il
balcone e mi affacciai con solo le ciabatte ai piedi. Anche il
cappello e i guanti erano finiti sul pavimento, addosso avevo solo
più la maglia e il pantalone. Passai molte ore a cercare
quella figura nel cielo, quella scia. Mi chiesi cos'era, se
l'avrei rivista e se anche io potessi fare una cosa simile. Sarebbe
stato bellissimo. Poi rientrai in casa, deluso nel vedere solo il
solito nero. Affondai nelle coperte del mio letto e mi
addormentai, sognando ciò che avevo visto. Ma non era
finita. La sera seguente, a mezzanotte, sentii i rintocchi e alla
fine di essi, quel ragazzo stava di nuovo volteggiando e colorando il
cielo. Mi precipitai al balcone, quella volta, volevo vederlo
meglio. La mia stanza era al secondo piano, forse avrei visto il
volto di quella persona. Mi aveva incantato con i suoi fluidi
movimenti e la sua scia azzurra. E da li, sul balcone, capii che
quella scia portava con se quelle che sembravano stelline. Di
sfumatura azzurra-verde, brillavano e sparivano, il ragazzo ne creava
di nuove. Mi persi a osservarle, dimenticando di vedere il volto
del loro creatore. Nelle notti a seguire, provai a vederlo ma era
troppo distante e quelle stelle continuavano ad attirare i miei
occhi. Mi sarebbe piaciuto toccarle e sedermi fra esse ; erano
davvero tantissime. Più volte, in quelle notti in cui lui
appariva dopo i rintocchi della mezzanotte, mi capitava di allungare
una mano verso le stelle. Non me ne rendevo conto, e intanto lui
appariva. Ogni notte io pregavo che sarebbe apparso anche la
seguente. Ogni notte io lo rivedevo in quel cielo a creare le
stelle. Poi mi abituai. Leggevo libri, cucinavo, uscivo, facevo
le spese... e aspettavo. Aspettavo che la notte calasse, che la
campana suonasse la mezzanotte. Dopo i rintocchi, il ragazzo
tornava a illuminare il cielo e dipingerlo. Lo guardavo con un
sorriso, appoggiato alla ringhiera del balcone. Lo feci tutte le
notti, ormai abituato e arreso al non poterci provare anche io. Ma
cadde. Una notte, d'improvviso, lui cadde. Si era fermato e, in
un colpo, caduto giù. Mi sono sporto per vederlo,
spaventato all'idea che potesse essersi fatto male. Con il cuore
galoppante e gli occhi sgranati, me lo ritrovai ad un palmo dal naso
che risaliva. Ero senza fiato. Occhi magnetici e ocra, capelli
ribelli e rossi... mi osservava curioso, come io lo ero di lui. Era
bello. Incantato da quegli occhi, mi misi a leggerli, trovando
curiosità e quesiti. Era dubbioso, il suo modo di scrutarmi
era la conferma. -Chi sei?- sottile, semplice e
veloce. Mi uscì così, in un soffio delicato. Attesi
per diversi minuti la sua risposta, forse non sapeva se darmela o
meno. Ma poi arrivò quel sorriso. Un sorrisetto sghembo,
che faticavo a tradurre. -Un ragazzo libero.- delicata e
semplice, come la mia domanda. Che bella risposta. Era ciò
che volevo essere io. Lui libero, io in gabbia. Eravamo gli
opposti, eppure si è avvicinato. Ma rimane diverso. Mi
aveva sorpreso, poi, allungandomi quella sua mano. Era grande e
bianca. Era incerto, in quell'offerta, con un barlume di speranza
e fiducia. -Vieni con me.- Che parole semplici... eppure
mi colpirono. E le tradussi. Vieni con me e sarai libero. Se
anche io potevo provare la libertà e assaporarla, allora mi
sarei anche buttato. Andavo alla cieca, a tentoni. Non sapevo
cosa sarebbe successo, forse manco mi importava. La libertà
così vicina mi attirava davvero troppo. E alla fine, posai
una mia mano piccola e bronzea su quella offertami. Era
calda. Sapeva di sicuro, istintivamente mi fidai. Mi lasciai
tirare su e una luce azzurrina mi avvolse. Era la stessa del
ragazzo e, di colpo, mi sentii leggero come una piuma. Così,
mano nella mano, passeggiamo. Era strano a dirsi, emozionante a
farsi. Però era vero. Io e quel ragazzo eravamo mano
nella mano, a passeggiare nel cielo. Ero così naturale...
come se lo facessi da una vita. Una sensazione bellissima, avrei
voluto farla ancora e ancora, fino alla fine. Mi voltai indietro,
la mia casa era divenuta piccina, talmente ero in alto. Non ebbi
paura, solo sorrisi. E, voltandomi nuovamente, incrociai il suo
sguardo e il suo sorriso. Dietro di noi, le stelle segnavano il
nostro percorso. Ancora per istinto, guardai verso il basso. Li
cercavo. Cercavo quei pattini che sognavo. Quelli con cui lui
pattinava nel cielo. Ma non li aveva. Solo delle semplici
scarpe da ginnastica, erano ai piedi. Pantaloni larghi e maculati
ai bordi, una camicia legata in vita e una coperta dal giubbotto
smanicato. Un giubbotto con pelliccia e invernale. Erano abiti
semplici, degni di un ragazzo semplice e umano. E fu quello a
stupirmi. Come poteva un umano volare così, come se nulla
fosse, nel cielo? -È
la libertà. Lo senti?- Sorrisi,
non nascondendo lo stupore. Era riuscito a capire e io ho creduto
davvero alla risposta. -Si.- In
quel momento, mi sentivo davvero un ragazzo libero. Sentivo
davvero che la libertà mi regalava piacere e
leggerezza. Sentivo davvero la stessa lunghezza d'onda su cui
viaggiavamo. Mi sentivo come unito a quel ragazzo. E tutto solo
tramite quelle mani intrecciate. Mi lasciai trascinare più
su. Ammirai ciò che lui mi mostrava, come la luna o la
città minuscola ai nostri piedi. Poi mi portò li, in
quel posto che mai avevo pensato potesse esistere. L'altezza era
talmente tanta, che dalla città non avrei mai visto quel
posto. Era stupendo. E fu li che mi depositò. Delicato,
salì su quel letto di stelle, perché altro non era. Un
enorme distesa di stelle, grande quanto un mare. Ma troppo in alto
perché si potesse vedere dal basso. E li mi mollò la
mano. Ebbi paura, temetti di cadere e chiusi forte gli occhi. Ma
non mi stavo muovendo. Piano piano, li riaprii, trovandomi seduto
su quelle stelle. Assurdo. Magnifico. Stavo seduto su una
marea di stelle. Erano bellissime e luminose e lui era
li. Coricato, le mani dietro alla testa e mi guardava
sorridendo. Seppur sghembi e strafottenti, quei sorrisi erano
bellissimi. Mi persi ad osservarlo, mentre i suoi occhi dorati si
chiudevano. Le mani affondavano fra le ciocche rosse. Mi scappò
un risolino, vedendo come la chioma rossa da lassù sembrava
blu. Ma, anche quella, la trovai stupenda. E da lassù,
vidi anche la notte che scivolava via, moriva. Dopo di lei,
arrivava il giorno. Luminoso e splendente, l'alba era iniziata. Fu
un attimo. Un delicato quanto deciso contatto, toccò le mie
labbra. Ebbi appena il tempo di sgranare gli occhi, automatico
riflesso. Non potei ne realizzare quel contatto ne ricambiarlo o
rifiutarlo. Non potei, perché di colpo mi ritrovai a
sbattere le palpebre fra le soffici coperte bianche. Ero nel mio
letto. Nella mia stanza. Ed era giorno. Mi sentivo stordito,
confuso e triste. La paura che tutto quello fosse stato un sogno
mi assalì. La camminata nel cielo, il vedere da vicino la
luna, stendermi fra le stelle... Non poteva essere stato solo un
sogno. Lo sentivo, tutto quello era stato reale. La notte, le
emozioni nuove, il ragazzo... non era un sogno. Niente lo era. Mi
mossi, deciso ad affrontare quel nuovo giorno e aspettare la
notte. Dovevo chiedere e sapere. Sapere che cosa voleva dire
quel bacio. Sapere perché mi avesse lasciato qui, da solo,
nel mio letto. Al momento, sapevo solo che quel bacio era stato
bello. Non era nulla di pretenzioso, solo uno scoprirsi. Scoprire
il sapore che uno aveva. Ma per quanto delicato fosse stato, mi
era rimasto. Come un marchio indelebile, quel bacio era impresso
nei miei ricordi. Mi toccai le labbra, leggermente. Speravo nel
risentire quel calore. Speravo che il suo segno leggero sulle mie
labbra non svanisse. Neanche il passare la lingua, mi permetteva
di sentire il suo sapore. Potevo solo rivivere e ricordare quel
contatto. E alla fine, come ogni giorno, la notte calò. Prima
la sera e poi lei, la notte. Mi appoggiai alla ringhiera del
balcone e aspettai gli imminenti rintocchi. Non sapevo il perché,
ma il cuore mi batté forte. Più pensavo
all'imminente incontro con quel ragazzo, e più il mio core
galoppava. Drizzai la schiena, gli occhi sgranati e le labbra
dischiuse. Un riflesso, semplice e veloce. Le campane
suonavano. Lente e cadenzate, annunciavano la mezzanotte. E poi
quella luce. Azzurrina, portatrice di stelle luminose con sé. A
precederle, quel ragazzo. Sentii un improvviso calore, le guance
erano in fiamme. Non volevo che vedesse la mia faccia rossa, ma
volevo lo stesso parlargli. In quel momento, però, le
parole non uscivano. Sapevo cosa dire, solo che le parole erano
incastrate nella mia gola. Ogni cosa, mi sembrava stupida da
dire. Avrei potuto fare un domanda scomoda e idiota. Avrei
potuto infastidirlo e non volevo. Sbagliare, in quel momento, mi
sembrava inevitabile. Non me ne ero mai preoccupato di sbagliare a
parlare con qualcuno. Non badavo neanche alle conseguenze. Ma
quel ragazzo era importante. Rappresentava il mio punto di
partenza, quello da cui ho sentito di avere una nuova vita. Mi ha
mostrato che ho una libertà. E con il suo giocare nel
cielo, invitarmi a fare altrettanto e baciandomi, mi ha segnato. Ha
lasciato un segno, nel mio cuore. Mi è entrato dentro e ci
è rimasto. Ha fatto battere quell'organo che credevo
morto. Mi ha fatto agitare lo stomaco, sentire la paura che nulla
di lui fosse reale. Mi ha scosso ed emozionato con un semplice
bacio, fatto sorridere di gioia con solo delle
stelle. -Ohi.- Sussultai,
vedendolo improvvisamente vicino. Troppo vicino. Il mio sguardo
volò subito su quelle labbra, grande tentazione. Ma, allo
stesso tempo, volevo vedere quegli occhi. Quegli occhi che ora mi
scrutavano attenti e dubbiosi. Preoccupati. -...Di
nuovo... fallo di nuovo...- Mi
uscì così, sottile e flebile, manco me ne resi
conto. Me ne accorsi dopo, ma ero troppo preso da quelle labbra
che ora erano strafottenti. Gli occhi dorati erano
divertiti. Neanche la ringhiera del balcone poté
dividerci. Le nostre labbra tornarono in contatto fra loro, perché
altro non desideravamo. Di nuovo, era deciso e delicato, ma
mutò. Piano piano, divenne di più, con più
passione. Ebbi il tempo di conoscerlo, finalmente. Per la prima
volta, non pensai e agii. Chiusi gli occhi, assaporando quel
sapore fresco e di menta che aveva il ragazzo. Strano e
bellissimo. Un sapore nuovo che, di certo, non avrei mai
scordato. A beffa della ringhiera, mi artigliai a lui. Era un
abbraccio stretto e bisognoso. Dovevo avere l'assoluta certezza
che niente era una fantasia. E la ebbi, quando anche lui mi
abbracciò. Sembrava quasi un volermi intrappolare fra le
sue braccia. Quasi c'era la paura che io potessi scappare via. Ma
non lo avrei mai fatto. Niente mi avrebbe separato da lui. Ne
quella ringhiera, ne il tempo. Staccammo solo le bocche, giusto
per riprendere fiato. Gli occhi si incatenarono fra loro,
divorandosi e brillando di una nuova luce. Avevo ancora le mille
parole, i quesiti senza risposte. C'erano tutti, potevo dirli, la
voce c'era. Ma non lo feci. Lo sapevo, ora. Quelle domande
non servivano, non quando i fatti avevano già chiarito
tutto. I dubbi non c'erano più, avevo già le
risposte che volevo. -Non
lasciarmi ancora.- Non
suonava come una richiesta, ne come una supplica. Suonava come
ordine e questo lo fece sorridere. Ma io non gli avrei permesso di
abbandonarmi ancora fra quelle coperte immense. Non da solo. Mi
lasciai portare ancora su, nel cielo, diretto verso il mare
stellato. Arrivammo presto, senza parole da dire. Solo quel
tenersi per mano accompagnò il viaggio. Ma non c'era
nemmeno bisogno di dire qualcosa. Era già quel silenzio
piacevole a parlare. E diceva molto. Mi sedetti ancora fra
quelle stelle, sta volta più sicuro. Lui fece altrettanto,
standomi vicino. -Allora,
mi dici chi sei?- Ancora
una volta il suo sorriso accolse quella mia domanda. Non mi
irritava, al contrario, sapevo cosa significava. C'era fiducia,
fra noi, ma ce ne voleva comunque tanta. Tanta per poter venire
alla luce. Per poter giocare a carte scoperte. -Eustass
Kidd.- Sgranai
gli occhi. Non lo avevo mai visto, prima di quella sera. Non lo
avevo mai conosciuto o sentito. Ma sapevo chi era Eustass
Kidd. Era quel ragazzo, quello che aveva fatto scalpore. Un
paio di anni fa, in una notte. Un fatto indimenticabile, che ha
dato voce a giornalisti e alla stampa. Era una notte d'inverno,
proprio come quella. Una grande, enorme stella blu illuminava il
pavimento di una camera. La camera di Eustass Kidd. Quella
stessa stella di cui qualcuno ancora oggi parla. Dice che ancora
brilli, luminosa come mai. Dapprima di un blu spento, si illuminò
per la prima volta senza smettere. Si illuminò nel momento
in cui Eustass Kidd era scomparso nel nulla. Una notizia che aveva
fatto il giro di tutta la città. Senza lasciare traccia
alcuna, era svanito. Avevano indagato e scoperto ; nessuno si era
introdotto in casa. Nessun rapimento, nessun omicidio. Niente
di niente. Solo quella grande stella blu luminosa che, parole dei
genitori, non c'era mai stata. Avevo letto e riletto
quell'articolo, trovandolo persino assurdo. E in quel momento
Eustass Kidd era davanti ai miei occhi, vicino a me con il suo
sorrisetto. Ricambiai quel sorriso, per nulla intimorito o
shoccato. Solo stupito. -Trafalgar
Law.- Già. Questo
è il mio nome. Il nome di un carcerato, colui che in 18
anni non ha mai potuto vivere. Quello che passava 20 ore su 24
chiuso in casa, non per scelta. Si, sono io. Sottomesso alla
volontà di chi era più forte. Di chi era
infinitamente crudele. Quanto dolore, sia fisico che mentale c'era
stato in quegli anni non si poteva contare. Così come il
poco cibo, l'assenza di una vera vita e il maltrattamento. Ma
quella stessa crudeltà era albergata anche in me. Col
passare degli anni, anche io sono stato vittima della pura
malvagità. Ero solo stanco di quella vita, con un odio
infinito nel cuore. Ma questo non giustificava ne prima ne adesso
la mia cattiveria. La stessa che Doflamingo covava dalla
nascita. La stessa che mi spinse a fargli bere del rodio. Ne
bastavano poche gocce per uccidere, davvero poche. Ma ero carico
di rancore, tanto da metterne quasi mezzo litro. E ho
gioito. Gioito nel non sentire più i suoi battiti cardiaci,
la sua voce, la sua risata, il suo passo lento... Ho gioito nel
vederlo stramazzato a terra, sentirlo freddo e vederlo bianco come il
cadavere quale era. Ancora adesso sono felice di quel ricordo. Il
ricordo dell'angosciante volto morto di Donxiquote Doflamingo. Ora
sono qui. Seduto sul mare di stelle. La mia mano intrecciata a
quelle di Eustass-ya. Eppure, vicino o meno, la mia mente non può
fare a meno di viaggiare. Viaggiare e tornare indietro ancora
mille volte verso quella notte. Quella notte in cui lui mi è
apparso. Quella da cui ho cominciato a vivere. Quella stessa
vita che ora ha due anni. Due bellissimi anni in cui sono
libero. In cui le notti le passo qui, fra le stelle a vedere come
il mondo prosegue. Due anni. Sono volati, passati con velocità
assurda. Il tempo ancora non si ferma e noi lo passiamo
assieme. Noi, spettatori del mondo che guardano dall'alto. Noi,
umani privi di peso e pieni di leggerezza. Noi, uniche figure
della notte simili e in sintonia. Noi, ragazzi umani liberi da
tutto. Così, viaggiamo nel cielo indisturbati. Ancora
mano nella mano. Entrambi a colorare il cielo. A disegnare
stelle. E sorrido, mentre con Eustass-ya, volo indisturbato. È
questa la mia vita. Una vita che nessun altro potrà mai
avere. È speciale, un qualcosa di intoccabile. Una vita
testimoniata da una stella. Una stella grande e blu che
splende. Splende, senza sosta, sul pavimento di casa Trafalgar.
Angolino
Eustassiano <3
parto
col dire che questa one shot mi è uscita di getto dopo una
bellissima immagine. <3 dunque, qui ho lasciato un leggero OOC,
spero che non sia troppo pesante o fuori luogo, ma davvero
l'ispirazione reclamava tale OOC quindi... U.U capitemi. Molto
lovvosa e con sentimento da poter avere il diabete, ho cercato di
mettere con ordine e senso logico ogni emozione o pensiero di Law ;
purtroppo si, è stato il carcerato personale di
Doflamingo. Nonostante le tematiche, ho voluto lasciare il rating
giallo, spero di non aver fatto una cazzata... beh, non mi sembra da
bollino arancione, voi che dite? Come sempre, vi aspetto con le
vostre recensioni, commenti, opinioni, critiche o giudizi, come
preferite. Lo so, dovrei continuare con il mio inferno, il io
paradiso e il talk show, ma aimé fino a quando non avrò
la giusta ispirazione non scriverò. Tranquilli, non durerà
tantissimo la sospensione, giusto il tempo per riordinare le idee e
rimettermi in carreggiata ; sono un po fusa in questi giorni, quindi
nel fine settimana mi rilasserò concentrandomi unicamente
sulle 2 storie. ^_^ bene, prima di lasciarvi, vi lascio
l'immagine che mi ha ispirato. *^* IO LA AMO <3
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