Dentro e poi fuori

di Il Narrafolle
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Finestra. Finestra. Finestra. Finestra. Finestra. Opperbacco! A giudicare dal sole devono essere almeno le cinque passate! E' ora di cambiare prospettiva. Ruotai su me stesso, raccogliendo le gambe sul letto e spostando il mio sguardo altrove. Muro. Muro. Muro. Muro. Muro... 
Continuò così per anni interi, decenni... o forse erano solamente poche settimane. Non ho ricordo da quanto tempo fossi li, in quella maledetta stanza di quel maledettissimo ospedale psichiatrico in quella stramaledetta città del Maine. Ricordavo soltanto che ero impazzito di giovedì, perché il giovedì è il giorno ideale per impazzire, lo sanno tutti. Solamente un pazzo impazzirebbe il venerdì, il sabato o in qualsiasi altro giorno della settimana. Il giorno in cui tutto cambiò però fu un martedì. Strana la vita, eh? 
Durante la mia ora d'aria riuscii a fare infuriare a morte un altro povero matto durante una partita di scacchi; lo irritai a tal punto da spingerlo a mangiarmi il cavallo. Letteralmente. E subito dopo di quello incominciò ad ingoiare anche tutto il resto della scacchiera, pezzo dopo pezzo. Gli infermieri furono costretti ad intervenire per fermare il suo banchetto e nel frattempo io ebbi la mia occasione per fuggire di lì una volta per tutte. Sgattaiolai rapido nel corridoio, ritrovandomi il carrello con il cesto dei panni sporchi esattamente davanti a me; abbastanza grande da poter contenere benissimo una persona, mentre l'addetto alle pulizie era ben indaffarato nei suoi lavori. Un sorriso mi si dipinse subito in volto. Quello sarebbe stato il mio biglietto d'uscita.
Afferrai lo scopettone e lo picchiai con gran forza sulla testa dell'uomo. Dopodiché lo spogliai, lo raccolsi e lo gettai nel cesto dei panni. Una volta mascheratomi da perfetto addetto alle pulizie cominciai dunque a svincolare qua e la per i corridoi della struttura, fino a raggiungerne l'uscita. Mancava poco. Ora avrei dovuto solamente passare inosservato tra gli uomini che stavano di guardia alla porta e sarei stato libero. Fortuna che io ero un maestro nel passare inosservato.
Ribaltai il carrello con un movimento secco, facendo rovesciare sul pavimento stracci, panni, lenzuola e anche il mio fidato collaboratore.
«Oh cielo! Chiamate qualcuno! Sicurezza, sicurezza! C'è un uomo nudo nel mio carrello!», strillai.
A quel punto fu il finimondo: la gente cominciò ad accorrere gettandosi sul corpo come delle mosche su un mucchio di letame. Le guardie cominciarono a guardarsi intorno, strillando ordini e incaricando gli altri di perquisire l'edificio per trovare gli indumenti del malcapitato, raccomandando di guardarsi bene dai pazienti in circolazione: qualcuno di loro avrebbe potuto non indossare il solito pigiama azzurro. Ma per loro sfortuna, quel "qualcuno" aveva oltrepassato i confini dell'edificio già da un pezzo, approfittando della confusione generale. Qualcuno che ora si stava dirigendo dritto verso la sua nuova libertà.
Respirai a pieni polmoni l'aria pura del mondo esterno. 
«Aah. Finalmente fuori!».
 

Salve a tutti! E grazie per avermi dedicato qualcuno dei vostri minuti leggendo la mia storiella. ^_^
La scrissi tempo fa, cercando di cancellare dalla mia mente i soliti stereotipi delle evasioni viste come "piani di indescrivibile genialità, completezza e studiati nei minimi dettagli", e trasformandone una in qualcosa del tipo "o la va, o la spacca". 
E' la mia prima ff, spero di non essere stato troppo pessimo e di non avere annoiato. 
Sono benaccettatissimi consigli. Alla prossima!




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