PROLOGO
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C A P I T O
L O U
N I C O
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“ Ci si orienta con le stelle per
non sentirsi soli „
Le
cartine le teneva spiegate davanti a sé, tenute aperte da
libri sulle cui pagine si intessevano le mappe di cieli stellati,
costruite con cura e dovizia di particolari. L’aria notturna
era satura di umidità trasportata dal mare, con un
retrogusto di salsedine, portata fino al tetto della palazzina sul
quale Hook si era sistemato ad osservare le costellazioni a intessersi
sopra la dormiente Storybrooke. Con una matita segnava sulle pagine di
un quaderno simboli e segni il cui significato era a lui solo noto,
mentre paragonava le carte dei cieli sotto i quali aveva già
navigato a quelli del nuovo mondo in cui si era ritrovato.
«Cosa fai?», si voltò di scatto Killian,
preso alla sprovvista dalla domanda posta dall’interlocutore
giunto silenziosamente a fargli compagnia. Con il giaccone pesante
indossato sopra il pigiama, le scarpe infilate malamente, con il
tallone a non calzare perfettamente e i capelli spettinati nel tipico
stato di chi si è appena alzato, Henry si
avvicinò a lui incuriosito con le braccia attorcigliate
attorno al petto per tenersi al caldo.
«Le stelle di questo mondo sono diverse da quello da cui
vengo io. Sto studiando le costellazioni» spiegò
semplicemente Hook, colto di sorpresa dalla presenza del bambino non
aveva avuto il tempo per poter pensare a null’altro che alla
verità da pronunciare. Inarcò un sopracciglio con
fare sospettoso, seguendo i passi del ragazzino avanzare fino a
sedergli accanto, con l’aria di chi non trova alcun dettaglio
fuori posto nella situazione e una naturalezza per le stranezze da far
impressione persino a lui – un vero intenditore di bizzarrie.
«Te lo ha dato Belle?» domandò,
continuando una conversazione di cui Killian non si era accorto di
esserne parte fino a quando non vi si era ritrovato impantanato,
rendendosi conto solo a quel punto di dover sostenere un dialogo di cui
non aveva chiesto l’inizio e non conosceva i modi adatti per
proseguirlo. Henry era intelligente, brillante, lo aveva compreso
subito guardandolo e ritrovandoci lo sguardo di sua madre e il coraggio
folle di suo padre, ma non aveva mai chiacchierato molto con lui e di
occasioni, a onor del vero, ce n’erano state in scarsa
quantità.
Lo avrebbe quasi chiamato disagio quello che provava abbassando su di
lui le proprie iridi – onde trattenute di un mare ancora da
navigare -, se non fosse stato che Hook già sapeva cosa
fosse a renderlo incerto nei confronti di Henry. Si sentiva in difetto per
ciò che troppi anni prima era stato il drammatico epilogo
del suo incontro con suo padre, con Baelfire, di cui conservava ancora
una collezione di rimpianti affilati più di qualsiasi lama
avesse mai impugnato.
«Sì, anche se non credo di starle molto
simpatico» replicò il pirata chiedendosi per quale
ragione fosse così sincero in quella chiacchierata,
rivelando ghirigori aggiuntivi non necessari. Forse era
perché con i bambini non era affatto così ferrato
come poteva essere in altri campi – le donne, il mare, le
navi, il rum, le carte nautiche –; ma più
probabilmente tale pensiero era fondato sull’unica sua
esperienza. Ed era proprio quest’ultima consapevolezza a
farlo muovere tanto cautamente, scrutandolo con attenzione, calibrata
profondamente a creparsi di ansia nel pensiero, che si sarebbe potuto
infrangere quell’attimo di quiete e complicità.
D’altronde, con suo padre non era poi stato così
bravo come aveva sperato all’inizio, si era rivelato un
codardo e un bugiardo, e si era meritato ogni frase di recriminazione
che Baelfire gli aveva rivolto tanto aspramente anni prima –
mai resi opachi o meno contundenti nonostante l’accumulo di
polvere tra i risvolti degli avvenimenti.
«Hai cercato di uccidere il suo vero amore, ovvero mio
nonno» osservò con estrema ovvietà
Henry, scrollando le spalle, spiegando il sentimento di scarsa
benevolenza che la bella bibliotecaria riservava per lui.
«Ovvero il Signore Oscuro» chiosò Hook
quasi risentito, incrinando le sopracciglia in pieghe rigide,
perché andava bene la famiglia, ma ciò che era
stato non poteva essere dimenticato, nemmeno se aveva portato a
conclusioni inaspettati. Eppure, aveva l’impressione che
nemmeno Henry ignorasse quella semplice costatazione, una
realtà indiscutibile, ma ai quali attribuivano sfumature
diverse. «Trascorsi difficili, ragazzino, ma appunto sono
trascorsi.»
«Quindi non vuoi più fargli del male?»
continuò a interrogarlo, inclinando il capo per guardarlo in
volto ed osservarne con attenzione le ombre che si incollavano al volto
dell’uomo a ogni sua nuova frase in diverse posizioni,
cambiando l’incidenza delle contratture tra i lineamenti. Non
c’era un vero motivo per cui aveva iniziato a porre tante
domande, sicuramente un po’ era perché non
riusciva a dormire e quindi non valeva la pena sprecare tempo a
rigirarsi nel letto inutilmente, e un po’ era
perché a sua madre Hook piaceva, quindi credeva fosse utile
andarsi a rastrellare le ragioni autonomamente.
«Ho l’aria di uno che sta cercando di fare del male
a qualcuno?», il quasi del risentito di prima era sparito e
ora fissava intensamente il bambino con l’aria di chi
esagerava un sentimento di ferimento sentimentale. Scenico, con
l’aria antica di gentiluomo mangiata via dalla
crudeltà della realtà vissuta, aveva graffiato
troppo sul suo essere e ne aveva tirato fuori un assortimento di
frammenti divergenti tra loro, assortiti male e bene –
perché dipendeva dal punto di vista,
dall’osservatore e per quanto riguardava Henry, era il
secondo aggettivo a valere.
«No» rispose infine, sorridendo al pirata. Poi,
indicò con il capo lo spiegamento di carte davanti a loro,
incuriosito dai disegni di cui non comprendeva il senso.
«Stai studiando le stelle per potertene andare?»
«Non credo di avere nemmeno l’aria di uno che sta
per partire, ma potrei sbagliarmi» ironizzò
ghignando divertito, assecondando l’impostazione del discorso
scelto da Henry. Aveva poca dimestichezza con persone di età
inferiore ai sedici anni, sommato a un disastroso primo tentativo,
tuttavia oltre a dimostrarsi un bambino piuttosto sveglio –
più di molti adulti, se doveva proprio essere sincero
– per cui era semplice provare simpatia, era anche il figlio
della donna che amava. Tornare a essere l’uomo di un tempo,
quello senza il dolore di una vita di abbandoni e delusioni, scevro
dalle azioni poco edificanti nel migliore dei casi, era impresa
impossibile perché il passato plasma inevitabilmente gli
animi, ma l’amore lavato via dagli egoismi poteva far
insorgere altrettanti sismi a portare cambiamenti. Quindi, prese una
matita abbandonata in mezzo alle pagine, tamburellando sulla superficie
di fogli rilegati un ritmo a lui solo conosciuto, un ricalcare una
canzone perduta nelle maree passate e di cui rimaneva la schiuma del
motivo centrale. «Ho imparato a orientarmi con le stelle
quando ero più piccolo di te, sono sempre state
più di un punto di riferimento per navigare. Voglio solo
avere dimestichezza anche questo cielo, così da non potermi
perdere.»
«Sembra sensato» convenne Henry dopo aver
riflettuto qualche secondo sulle parole dell’uomo.
Seduto a gambe incrociate, si dondolava avanti e indietro continuando a
lanciare occhiate tutt’altro che discrete alla disposizione
delle carte, cercando di comprendere il senso dei disegni. Henry alzava
a intermittenza lo sguardo dalle superfici al cielo, provando a
rintracciare ciò che vedeva stampato in ciò che
doveva essere da qualche parte sopra la sua testa, ma i risultati
furono piuttosto scarsi. Ed erano talmente ostentati tali fallacee
ricerche, che a Hook sfuggì un lieve sbuffo divertito,
comprendendo fin troppo bene dove volesse arrivare il bambino
– che a quanto a furbizia era probabilmente più
provvisto persino di lui.
«Vuoi imparare?!», non era proprio una domanda,
l’interrogativo lo aggiunse per necessità di frase
ma già conosceva la risposta che ne seguì.
«Sì.»
«Prima di tutto, bisogna avere un sestante», si
mise a spiegare il funzionamento e le componenti dello strumento
fondamentale per poter navigare, e come grazie ad esso si misurasse sia
l’altezza, sia la distanza tra gli astri e quindi, tramite
tali risultati, fosse possibile tracciare le rotte da percorrere.
Invece, per la latitudine si calcolava facendo riferimento e studiando
la posizione di quella che in quel mondo era la Stella Polare
– ogni mondo aveva la sua, ma non era difficile da
individuare, era sempre il centro del cielo sotto il quale si viveva.
Con l’aiuto di Henry, rimasero a cercare ogni costellazione
descritta sulle pagine del libro tra i flebili punti luminescenti
intrappolati nel manto scuro. E quella ricerca si trasformò
più in una gara a chi le scovava per primo, con Hook che
forse ci metteva un po’ troppo poco impegno e Henry un
pizzico di eccitazione esagerata che non faceva mai male.
La notte bruciò rapidamente le proprie ore, la luna
scivolava nel suo punto più alto e nessuna nube venne a
disturbarli nel loro divertente studio; e mentre rimanevano a imparare
le disposizioni degli astri, Killian ricordò come suo
fratello lo aveva insegnato a lui – e non bastavano gli anni
trascorsi, le disavventure passate, il dolore sofferto a ingrigire quei
momenti passati assieme. Si rivide nella poco celata euforia di Henry,
così non gli disse che si era fatto tardi e che sarebbe
dovuto andare a dormire – d’altronde, ci era
già andato, era semplicemente fuoriuscito dal letto per
carenza di sonno, quindi non aveva alcun senso rimandarcelo. E
continuò a spiegarli qualsiasi cosa gli chiedesse, senza
negare le risposte, provando a essere il più chiaro
possibile e rivivendo quello che aveva fatto con suo padre, e si
promise che almeno con Henry non avrebbe commesso gli stessi stupidi
errori – bastavano quelli già compiuti, quando
aveva incasinato situazioni che avrebbero potuto essere mari sereni
invece di oceani in burrasca.
Fu solo quando una luce calda improvvisamente rischiarò la
cucina, dando prova di qualcuno oltre a loro sveglio nel cuore della
notte, che Killian Jones decise che era il momento di interrompere le
lezioni di nautica. «Credo che tu faccia meglio a
materializzarti velocemente in camera tua, ragazzo, altrimenti tua
madre mi uccide seriamente.»
«Non credo lo farebbe», commentò Henry
alzandosi, conscio comunque che una strigliata a entrambi Emma non
l’avrebbe negata. «Domani andiamo avanti.»
E non era affatto una domanda, così Hook non rispose se non
annuendo con un sorriso sulle labbra osservandolo rientrare
furtivamente – in punta di piedi, con le scarpe in mano per
produrre minor rumore possibile – per tornare nella propria
camera, con l’aria di un ladro di caramelle e – ci
avrebbe potuto giurare – trattenendo il fiato nella speranza
rimestata a eccitazione di non essere scoperto.
Tornò ad alzare le chiare iridi verso il manto trapuntato di
polvere luccicante, fino a quando non sentì il collo
dolergli per la posizione e le palpebre caricarsi di maggior
stanchezza. Decise che era arrivato anche per lui il momento di andare
a riposare, soprattutto perché qualsiasi pericolo si sarebbe
annidato nel corso della giornata al suo risveglio, la sera avrebbe
dovuto avere abbastanza energie da continuare la seconda parte di
lezioni sulla navigazione astronomica.
M A N I
A’ s W
O R D S
E finalmente riesco a pubblicarla questa one-shot – come
qualcuno saprà, erano due o tre settimane che dovevo
postarla, ma causa scarso tempo, non sono riuscita a revisionarla
prima. E sempre come qualche d’un altro avrà
intuito, io adoro
scrivere di Henry e Hook. E niente, quindi questa shot
è nata unicamente per tale ragione – io non vedo
l’ora di vedere interazioni tra loro!
La scrissi, a onor del vero, un bel po’ di tempo fa ma sono
una ragazza pigra e procrastinatrice, e con pure giornate un
po’ troppo piene e con poche ore a disposizione –
insomma, ventiquattro ore sono veramente poche, dovrebbero aumentare /sto delirando, non prestatemi
attenzione/. Non è niente di particolare, lo
so. Le nozioni di navigazione astronomica risalgono a quelle raccolta
per un vecchio GdR a cui avevo partecipato – dove facevo la
navigatrice, quindi mi ero studiata un po’ di cose per
rendere le ruolate sensate e logiche – quindi credo che sia
tutto corretto – sottolineo il credo.
Il parallelismo che Hook si ritrova a fare tra Henry e Bae mi pare
naturale, inolte come avevo già scritto altrove, credo che
il bel pirata si sia pentito di ciò che ha fatto a Bae
l'attimo dopo aver preso tale decisione - infatti lo vedo come un uomo
che convive con molti rimpianti, e sì, lo so, questi sono
miei headcanon, mi spiace saturare le mie storie con tutti i miei
viaggi mentali.
Approssimativamente, direi che è ambientata nel corso della
terza stagione, la seconda metà, e ora se non seguite i nuovi episodi
non leggete [
S P O I L E R ] nella mia testa, sarebbe da collocare una
volta che Herny riottiene anche lui le sue memorie [ / S P O I L E R
].
Ho anche riletto malissimo perché ho gente che mi disturba
in modo poco carino per convincermi a uscire, però a me
questi due piacciono parecchio e volevo condividere il mio amore per
loro con voi, quindi fatemi sapere i vostri di pareri!
Ringrazio in anticipo
chiunque passerà di qui e ancora di più chi
recensirà ♥
Alla prossima,
Mania ▬
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