E se
Johanna
guardava la messinscena degli sfortunati amanti del Distretto 12 con
aria disgustata. Da quando la 74esima edizione degli Hunger Games era
cominciata, tutto era stato un continuo susseguirsi di colpi di scena
che avevano come protagonisti proprio quei due ragazzini
dell’ultimo Distretto: Katniss Everdeen e Peeta Mellark.
Lei,
introversa e scontrosa, la ragazza di fuoco, come era stata
soprannominata dopo il suo ingresso alla parata dei tributi; lui,
espansivo e gentile, comunicativo e simpatico.
Poi la
ciliegina sulla torta, l’elemento decisivo che aveva mandato
in estasi il pubblico di Capitol City: l’amore.
E non un amore
semplice, ma un amore impossibile tra due tributi il cui unico scopo
era quello di uccidersi a vicenda.
Un amore
destinato a soccombere, ad appassire prima ancora di sbocciare.
“Dio,
potrei vomitare.” Asserì Johanna con
un’espressione orripilata e Finnick, seduto accanto a lei in
uno degli eleganti bar di Capitol City, sorrise senza staccare gli
occhi dal televisore che rimandava in onda una tenera scena in cui
Katniss assisteva Peeta ferito.
“Io
dico che sono carini.”
“Sei
sempre il solito stupido sentimentale.” Lo
apostrofò lei, agitandogli la mano davanti agli occhi con
sufficienza.
“Sarà
come dici tu…” replicò Finnick senza
insistere ulteriormente.
Johanna
buttò giù l’ultimo sorso del drink, si
alzò e gli afferrò la manica della maglietta.
“Sono
stanca di stare qui a guardare questi due che giocano ai piccioncini
accaparra sponsor. Andiamocene.” Sentenziò seccata.
Finnick
levò gli occhi al cielo e scosse il capo. Senza fiatare si
limitò a seguirla mentre lo trascinava con poca grazia
attraverso il locale.
La ragazza si
fece largo tra la calca a spintonate e sguardi ostili, più
che altro rivolti verso la mandria di galline urlanti che si contendeva
anche un solo cenno da parte di Finnick.
“E
levatevi di torno, oche giulive!” gridò loro
contro con la sua solita affabilità.
Le donne la
fissarono con repulsione a causa della sua mancanza di educazione e
sfacciataggine, Finnick, invece, se la rise di gusto e fu tentato
dall’intrattenersi ancora a flirtare con le ragazze giusto
per farle dispetto. Ma accantonò l’idea,
poiché interagire con una Johanna adirata era molto peggio
che interagire con una Johanna annoiata o indispettita.
*
“Sai,”
esordì una volta che si furono seduti su una panchina nel
parco più isolato della città, “dopo la
tua performance di prima, se avessimo partecipato come Tributi nella
stessa squadra avrei potuto usarti come ariete contro i
nemici.” Finnick non riuscì a soffocare un
risolino divertito a quella considerazione e lei, per tutta risposta,
tirò su un angolo della bocca e gli regalò
un’occhiata bieca.
“Ah
ah, molto spiritoso. Dì pure che mi avresti fracassato la
testa con quella roba da sirenetta mancata che ti porti dietro di
solito.” Commentò pungente e lui assunse
un’espressione stupita.
“Credi
sul serio che ti avrei lasciata a morire?” domandò
con una punta di sorpresa nella voce. A Johanna parve strano che, dopo
tante edizioni, al ragazzo ancora sfuggisse l’obiettivo
cardine degli Hunger Games. Tirò una gamba contro il petto e
posò il braccio sul ginocchio.
“Saremmo
stati nemici, Finnick. Non mi illudo certo che mi avresti protetta. Al
massimo avresti sperato che fosse qualcun altro a farmi fuori al posto
tuo.” Replicò in tono pratico.
Lui si
portò due dita al mento e cominciò a
tamburellare, preso da chissà quali pensieri. Johanna lo
lasciò alle sue riflessioni e tornò a
focalizzarsi sui giochi acquatici della fontana situata di fronte a
loro.
Finnick
riemerse dal suo mondo e ritenne opportuno renderla partecipe delle sue
elucubrazioni.
“Avremmo
potuto giocare d’astuzia, come Katniss e Peeta.”
Dichiarò risoluto e aspettò che la ragazza
recepisse le sue parole. Johanna si voltò a guardarlo,
aprì la bocca e ne uscì una risata derisoria.
“Fingere
di essere innamorati per salvarci la pelle? Penso sia una delle idee
più cretine che ti siano mai venute in mente!”
sbottò scandalizzata e lui si strinse nelle spalle,
tranquillo.
“Perché?
Loro se la stanno cavando bene. Con la regola dei vincitori dello
stesso Distretto saremmo stati a cavallo.” Finnick ci tenne a
rimarcare il suo punto di vista, ma Johanna dissentì
ulteriormente.
“Tu
sei convinto che quegli strateghi bastardi li lasceranno vincere
così facilmente? Solo uno resta vivo negli Hunger Games,
Odair. E più che vincitore è un sopravvissuto
miracolato, specie se viene da un Distretto che non è
favorito.”
“Io
continuo a dire che Haymitch sta facendo un ottimo lavoro con il
pubblico.” Ribadì serio.
Johanna si
portò le dita alla testa e si massaggiò le
tempie; quella conversazione stava diventando scomoda e snervante. Per
non parlare poi della sua totale e completa inutilità.
“Vogliono
lo spettacolo e questa storiella d’amore campata per aria
ottiene audience. Guarda, tutti li adorano! Persino un ubriacone come
Haymitch sarebbe riuscito a far guadagnare loro un pubblico fedele.
Gliel’hanno servita su un piatto
d’argento.” Commentò beffarda.
Finnick non
sembrò turbato, anzi, la guardò furbo, come se in
tutta quella faccenda ci fosse un dettaglio che solo lui aveva intuito
e che era la chiave per dipanare la matassa.
“Ricorda,
Jo, che in tutte le storie c’è un fondo di
verità. Se hanno studiato questa strategia, significa che
Haymitch ha avuto del materiale sul quale impostare il piano da fargli
seguire.”
Eccolo, il
dettaglio, il pezzo mancante, l’idea sulla quale Finnick
basava tutte le sue macchinazioni: lui credeva che ci fosse qualcosa di
vero.
“Oddio,
quindi quei due sono veramente innamorati? È davvero
rivoltante... e assurdo.” Disse la ragazza ruotando gli occhi
al cielo, allibita. Finnick non le badò, continuò
anzi ad illustrarle le sue ipotesi.
“No,
non lei. Lei lo sta facendo solo perché ormai quello
è un copione da rispettare. Ma il ragazzo…glielo
si legge in faccia.”
“Tradotto
sarebbe solo lo sfortunato innamorato del Distretto 12…bene,
suona decisamente meglio. Amore unilaterale e palesemente non
corrisposto.” Replicò sarcastica.
“Chissà,
magari con i giochi lei si accorgerà di lui e
cambierà idea.” Aggiunse Finnick con un sorriso
enigmatico. Johanna inarcò un sopracciglio, scettica.
“Io
non ci giurerei.”
Stettero
ancora un po’ in silenzio ad osservare le luci del tramonto
che lambivano i palazzi dalle vetrate a specchio della capitale.
“Quindi
se fossimo venuti dallo stesso Distretto anche noi saremmo stati degli
Sfortunati Innamorati?”
Finnick non la
guardò neglio occhi. Quella domanda scivolata casualmente
dalle sue labbra lo fece sentire leggermente imbarazzato. Per una volta
si pentì di aver dato fiato alla bocca, ma non aveva
resistito alla tentazione di provocare ancora un po’ la sua
amica, che si dichiarava così infastidita dalle faccende
amorose.
Quello scambio
di battute, però, prese una piega inaspettata quando gli
rispose sferzante e sicura:
“Chissà…di
sicuro il tuo sarebbe stato un amore non corrisposto.”
Finnick
batté le palpebre ripetutamente, punto nell' orgoglio.
“E perché scusa?”
“Hai
anche il coraggio di chiedermelo?” fece lei con un sorriso
irriverente e canzonatorio. “Io non mi sarei mai potuta
innamorare di un damerino, bellimbusto e sciupafemmine come te! Saresti
corso dietro a tutte le belle gonnelle che si sarebbero parante davanti
ai tuoi occhioni verdi! Ed io per insegnarti le buone maniere sarei
stata costretta ad evirarti con un colpo secco. E così
avresti perso ogni tua utilità, caro mio!”
esclamò con fare teatrale e si alzò di scatto
dalla panchina su cui erano seduti, ben decisa a porre fine a quella
pagliacciata.
Finnick, che
non voleva assolutamente lasciarle l’ultima parola sulla
questione, fu veloce a raggiungerla, la prese per il polso e la
costrinse a voltarsi.
La avvolse tra
le braccia, tenendola contro il suo petto.
La
guardò con quella sua maschera da gatto sornione stampata su
quel viso che tutte le ragazze adoravano. L’espressione
pulita da angelo che celava una natura perfida non appena il sole
calava all’orizzonte.
“Magari
ti saresti accorta di me nell’arena e avresti cambiato
idea…O forse avresti solo dovuto imparare a conoscermi per
apprezzare le mie qualità
più…nascoste.” Le sussurrò
all’orecchio con un tono di voce roco e suadente, carico di
sottintesi.
Johanna, colta
alla sprovvista da quel contatto ravvicinato, sentì i
battiti del suo cuore accelerare.
“Andiamo Jo,
è solo Finnick e sta facendo il cretino come al
solito.” Si costrinse a recuperare
l’autocontrollo, non lasciando assolutamente trasparire il
disagio che derivava dalla sua vicinanza. A ben rifletterci, non erano
mai stati così stretti prima di allora in un abbraccio che
di amichevole sembrava non avere niente.
Il silenzio
carico di parole non dette, quel gioco di sguardi, la presa su di lei,
tutto andava interrotto subito. Non poteva permettersi di apparire
così vulnerabile, desiderosa anche solo delle briciole di un
contatto umano che si negava da troppo tempo.
Un contatto
che, proprio lui, non poteva
e non doveva
darle.
Perché
era pericoloso per entrambi.
Perché
le aveva raccontato tutto della sua storia con Annie.
“Rendigli
pan per focaccia, Jo. Con te non può usare gli stessi flirt
da quattro soldi che adopera con le sciocche di Capitol City. Tu non
hai bisogno di questo.”
Si riscosse
dal torpore e prontamente elaborò la sua strategia.
Gli
passò le mani sul petto in una carezza gentile,
inclinò il capo e, sorridendogli languida, con un movimento
diretto e preciso gli diede uno spintone che lo fece arretrare di
qualche passo. Finnick, sbilanciato, riuscì a salvarsi in
corner grazie al suo senso dell'equilibrio, evitando di rovinare al
suolo.
“Ma
senti un po’ il buffone! Le tue scenette con la faccia da
cucciolo bastonato con me non attaccano! Addio!”
sbandierò ai quattro venti la sua risoluzione e gli diede
velocemente le spalle, cominciando a camminare a passo di marcia.
Finnick la
guardò allontanarsi e si trovò suo malgrado a
sorridere. Aveva dato inizio lui a tutto e sapeva che, in
quel preciso istante, la sfumatura rossastra della luce solare sarebbe
stata un tenue rosa pastello in confronto al viso imbarazzato di
Johanna.
E
sancì che per lui il rossore sulle gote della ragazza, era
già di per sé una grande vittoria.
***
Sei
sopravvissuta agli esami? Sì.
Hai toppato
con la precedente one shot? Sì.
Ti convince
questa qui? No.
Perché
l’hai postata? Per mettere a tacere le voci nella mia testa,
probabilmente. E masochismo, sicuramente.
Vuoi
ringraziare i lettori e augurargli un buon weekend? Certo che
sì, ovviamente! :D
Ora tornerai
nella tua caverna a fare la maratona degli episodi di Sherlock?
Sì, certamente u_u
Adieu!
|