The White Panther - L'arrivo di Valery

di Marra Superwholocked
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Pane e Nutella


« Quarta G, tutti qui! » urlò la professoressa di francese col suo accento tolosano e gli occhiali da sole verde marcio sul naso.
La mandria di ragazze si avvicinò alla sua guida madrelingua, lasciando perdere un invitante negozietto che vendeva caramelle a forma di insetti.
Lione li avevi accolti due giorni prima con un'ondata di luce che avrebbe potuto benissimo cuocere una bistecca sul tetto ripido di una casa nei dintorni della piazza, che i ragazzi avevano descritto ai genitori come Piazza Duomo di Milano, e il terzo giorno di gita era rimasto caldo esattamente come il primo.
« Allora, ragazze, l'altra classe non arriverà se non fra mezz'ora, perché una di loro ha dimenticato il suo giubbotto in uno Starbucks e sono tornate indietro. Mannaggia a quelle stordite che non sono altro. » Patricia, la professoressa col cuore di bambina, questa volta non inciampò nei tempi verbali e nemmeno sugli accenti. Si ritrovò attorniata da quattordici studenti: tre ragazzi e, la restante parte, galline che si divertivano come matte.
« Prof, è questo il Museo della seta che dobbiamo visitare oggi? » chiese Mattia, il ragazzo-collante che, con la sua euforia effeminata, riusciva sempre a far ragionare e sorridere chiunque, evitando inutili liti.
« Sì, Mattia, è questo. » Patricia si voltò e diede un'occhiata fugace al vetro della porta d'entrata sporco. Me lo aspettavo diverso, pensò storcendo il suo nasino a punta. « Comunque, ora entriamo. Mi raccomando: fate silenzio e non comportatevi come siete solite fare. » Guardò le sue alunne facendo l'occhiolino ad un paio di soggetti che, all'interno della classe, trascinavano tutti nel caos più totale.La scolaresca si fece coraggio e si preparò a passare un'oretta all'interno di quella sottospecie di museo ricavato da un ex café littéraire. Patricia li avrebbe intrattenuti giusto il tempo necessario per fargli vedere i vecchi telai, i tessuti tipici delle altre culture – specialmente quelle asiatiche – e le veloci diapositive con delle immagini che ritraevano giovani bruchi e crisalidi da cui si ricava la seta.
E così fu: usciti da lì, la piccola carovana si sentì più completa, più saccente. Fino ad un'ora prima pensavano che il baco producesse già da sé i fili; adesso, invece, erano consapevoli dell'antica e complicata lavorazione che c'è dietro ad un capo che chiunque reputerebbe troppo costoso se acquistato con l'ignoranza.
La professoressa Dupont stava raccogliendo gli ultimi volantini con le pubblicità di pizzerie lionesi per i suoi affamati studenti, quando un cestino posato sul bancone della cassa la fece sorridere. Chissà quale sarà la loro reazione?, si chiese prendendo una manciata di crisalidi con bachi ormai morti. Mise i volantini al sicuro dagli occhi famelici di Giulia, la più affamata della classe, salutò la proprietaria del mini museo e tornò sul marciapiede, dai suoi alunni.
Una volta distribuite le crisalidi, Patricia si divertì a guardare le loro smorfie nel tenere un bruco essiccato tra due dita e riporlo in borsa. Era stata la sua stessa reazione quando suo padre l'aveva portata in un museo simile, sempre a Lione: aveva solo sei anni e una paura matta di qualsiasi essere vivente che strisciasse. Suo padre l'aveva lasciata due mesi prima della gita, ma lei non si era data per vinta. È sempre stata una combattente. Le lacrime arrivarono, sì, ma le ricacciò indietro perché doveva dare il buon esempio davanti alle sue ragazze.
Alzò il braccio al cielo e urlò per farsi seguire fino alla fermata dell'autobus che li avrebbe riportati nei pressi del loro hotel a tre stelle. Nulla di speciale, ovviamente, ma comunque adatto ad un piccolo gruppo di studenti italiani.


Sfiniti, affamati e con i piedi doloranti. Ecco come si sentivano le due classi e le tre insegnanti che avevano acconsentito ad accompagnarle. E pensare che per arrivare al ristorante dove avrebbero cenato dovevano percorrere circa tre chilometri. Di certo, Giorgia non poteva lamentarsi, dato che sarebbero passate davanti ad una palestra i cui atleti erano più che invitanti. Ogni volta che le passava di fianco un bel ragazzo francese non poteva far altro che fissarlo a bocca aperta. Per fortuna c'era sempre la sua amica Marilena a ricordarle che a casa, nella frenetica Milano, c'era il suo ragazzo che l'aspettava con ansia.
La cena si presentò amara come la sera prima: pollo troppo saporito, fagiolini crudi, una specie di banana split senza banana e acqua calda. Insomma, la compagnia di Milano tornò in albergo con lo stomaco vuoto e una voglia irrefrenabile di mangiare pane e Nutella. Cosa che Giulia fece.
Una volta ritornati in camera, Giulia, Mattia e Guia non avrebbero voluto altro che fare piazza pulita delle ultime scorte che si erano portati da casa, ma ahimé erano già sparite la sera prima. Con la tristezza negli occhi e lo stomaco che piangeva, Giulia cercò di addormentarsi, rigirandosi più volte nel lettone che condivideva con gli altri due, nonostante ci fosse un altro letto singolo a pochi passi da loro. Sudava per lo sforzo enorme che faceva nel mantenere la calma e il controllo: non-doveva-avvicinarsi-al frigo.
Oh! Al diavolo la dieta!, pensò Giulia. Si scoprì lentamente e mise giù prima un piede, poi l'altro. Facendo attenzione a non emettere nemmeno un suono, scivolò fino alla porta della camera. Mattia era al centro del letto con Guia, una gigantessa bionda, che lo abbracciava come fosse stato un orsacchiotto di peluche.
Coltello, pane e vasetto monodose di crema alle nocciole. Sembravano chiamarla sottovoce e, mentre lei si affrettava silenziosamente verso il frigo, la crisalide essiccata abbandonata sul tavolo tremò.





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