- Io l’avevo detto che era una trappola! – sbotta
Marvel, gettando con rabbia la propria lancia a terra –
Maledizione! Quel fumo era troppo denso e visibile per esser stato
acceso da un tributo sbadato! In pieno giorno poi!
Mi mordo la lingua infastidita, serrando le dita attorno al manico del
coltello che avevo sguainato al momento dell’esplosione, e
getto un’occhiata nervosa a Cato: ha appena fatto fuori Noah,
il piccolo incapace del Tre, non credo reagirà bene alle
parole di Marvel.
Sorprendentemente, il mio compagno di Distretto si limita a fulminare
con lo sguardo il ragazzo dell’Uno, poi tira un calcio ad un
pezzo di legno bruciacchiato, osservando con una smorfia quel poco che
resta delle nostre provviste.
- Spero tanto che il dannato bombarolo sia saltato in aria con la
nostra piramide di scorte –sibila a denti stretti –
Almeno, lo spero tanto per lui.
- Stasera lo scopriremo – intervengo spiccia, urtandolo di
proposito con la spalla – Ora vediamo di trovare una
sistemazione migliore.
Sto cercando di contenermi, ma sono davvero furiosa: ci siamo fatti
fregare come allocchi, non abbiamo ucciso nessuno ed abbiamo perso le
nostre provviste, cosa che ci costringerà a muovere le
chiappe per la foresta in cerca di cibo, alla stregua di un banalissimo
tributo dei Distretti Poveri.
Cato è un vero idiota, si è montato la testa con
questa storia del Leader. Fa tutto di testa sua, senza riflettere un
solo secondo e senza ascoltare le idee degli altri. Le sue geniali
decisioni ci hanno portato soltanto casini finora.
D’accordo, forse io dovrei essere l’ultima a
parlare, sono ancora più impulsiva di lui dopotutto, ma
visto che non spetta a me il compito di guidare ciò che
resta di noi Favoriti, penso di potermi permettere il lusso della furia
omicida sfrenata.
Serro i pugni per il nervoso, mentre Marvel mi si avvicina, poggiando
una mano sulla mia spalla.
- Ho ancora qualcosina da mangiare nello zaino, magari
basterà per stasera… tu hai l’acqua
giusto?
Annuisco con un sospiro, mordendomi nervosamente il labbro inferiore: -
Non sono infastidita per il cibo. E’ tutta questa situazione
che mi innervosisce.
Il ragazzo dell’Uno dà un’alzata di
spalle, gettando un’occhiata all’hovercraft in
avvicinamento. Non so davvero come abbia fatto a sbollire la rabbia
così in fretta, ma in un certo senso devo ammettere che non
mi dispiace affatto il suo atteggiamento riflessivo e rilassato. E poi
trovo piacevole potermi sfogare con qualcuno quando Cato fa il
gradasso.
- Sono sicuro che domani andrà meglio – mi
assicura, abbozzando un lieve sorriso – Siamo noi quelli
forti qui, Clove. Siamo noi gli Angeli della Morte. Gli altri devono
solo avere paura.
In qualche modo, viene spontaneo sorridere anche a me.
- Che significa?
Sto tremando come una foglia, ma non per paura. Fisso Cato con rabbia,
i pugni chiusi, i denti tanto serrati tra loro da farmi male. Comincio
quasi ad avvertire in bocca il piacevole gusto ferroso del sangue.
Il mio compagno emette un sibilo scocciato, alzando gli occhi al cielo:
- Significa esattamente quello che ho detto: Marvel è morto.
Era suo il corpo portato via dall’hovercraft. Siamo rimasti
solo noi due, Clove.
Per un attimo, un fastidioso groppo alla gola comincia a tormentarmi.
Marvel.
Non è da me prendere così male la morte di
qualcuno, sono riuscita a superare quelle di Glimmer e di Marina senza
problemi, nonostante avessi stretto un rapporto abbastanza buono con
entrambe – almeno secondo i miei standard.
Vorrei riuscire a trattenermi, a mandare giù il groppo alla
gola ed andare avanti a testa alta come ho sempre fatto,
infischiandomene di tutto, ma questa volta l’istinto ha il
sopravvento.
Con un grido furibondo mi avvento sul mio unico alleato rimasto in
vita, aggrappandomi con forza alle sue spalle e cercando di serrare i
denti attorno alla sua gola.
Lo odio. Lo voglio morto. In questo momento non riesco a pensare ad
altro.
Cato riesce in qualche modo a tenere il mio viso lontano dal suo collo,
così, con uno scatto fulmineo, volto la testa e gli azzanno
con forza il braccio sinistro. Con un urlo di dolore, il mio compagno
cerca di scrollarsi dalla mia presa, ma le mie unghie cominciano a
graffiare la sua carne con rabbia. Non mi importa nemmeno
più di ucciderlo, in questo momento voglio solo fargli male.
Deve provare il dolore che sto provando io, non m’interessa
se fisicamente o moralmente.
Non ho ancora staccato i denti dal suo braccio che una manata tremenda
mi colpisce il lato destro del viso, insieme all’orecchio.
Senza preavviso, cado a terra su un fianco, l’impatto mi
provoca un leggero colpo di tosse.
Provo a rialzarmi di scatto, ma un fastidioso giramento di testa mi
costringe ad accasciarmi nuovamente al suolo, ansimando, la guancia
tormentata da un insopportabile bruciore.
Porto il palmo della mano a coprire l’orecchio destro, che
è assillato da un fastidioso ronzio, e, con gli occhi
iniettati di sangue, alzo lo sguardo verso Cato: anche lui ha il
fiatone, tiene la mano premuta contro il braccio sinistro e gli occhi
azzurri rivolti a terra.
Non appena si accorge che sto strisciando verso di lui come una vipera
pronta all’attacco, si getta prontamente su di me, poggiando
il ginocchio contro la mia schiena e immobilizzandomi le spalle a terra
con le sue enormi mani.
- Lasciami! – grido furiosa – Se non mi lasci
subito giuro che ti ammazzo!
- Clove, calmati – mi ordina lui seccamente – Non
fare la stupida.
- Sei tu lo stupido qui! – urlo in risposta, dimenandomi
selvaggiamente – Sei un idiota, un pallone gonfiato e un
bastardo! Lasciami, porca puttana!
Cato sospira scocciato, serrando maggiormente la presa. Continuo a
divincolarmi per un po’, ma alla fine crollo esausta con la
faccia premuta contro il terreno morbido e umidiccio. Per quanto sia
odioso da ammettere, è impensabile che una quindicenne di un
metro e sessanta possa competere contro un colosso pompato di muscoli,
in quanto a forza fisica.
Serro i pugni attorno a dei ciuffi d’erba ingiallita e, senza
preavviso, qualcosa di caldo e bagnato comincia a scorrere lungo le mie
guance. Lacrime.
Per un momento mi verrebbe da gridare di nuovo, nonostante abbia ormai
la gola in fiamme, ma poi mi rassicuro: non sto piangendo
perché sono debole, ma perché sono arrabbiata.
Tanto arrabbiata.
Cato aspetta che mi sia calmata un po’, quindi allenta la
presa fino a lasciarmi andare. Sarebbe il momento giusto per
attaccarlo, ma ormai non ne ho più né la forza
né la voglia.
Lo guardo un po’ di sbieco, mentre si siede
sull’erba a pochi passi da me e sospira. Non so dire se sia
abbattuto o semplicemente stanco.
Senza alzare il volto da terra, cerco di reprimere ulteriori lacrime e
sibilo maligna: - E’ tutta colpa tua.
Lui volge lo sguardo verso di me, socchiudendo appena gli occhi: - Lo
so. E mi dispiace, se la cosa può farti sentire meglio.
Nemmeno io volevo che Marvel morisse, ma siamo agli Hunger Games,
Clove, prima o poi doveva succedere.
- Questo lo so benissimo – ansimo a denti stretti, facendo
perno sulle braccia per alzarmi – Eppure non mi sento affatto
meglio. Doveva succedere, ma non adesso. Non così.
Cato scuote la testa, mettendosi in piedi e caricandosi il mio zainetto
sulle spalle: - E’ meglio spostarsi da qui. Potremmo aver
attirato qualche strana bestia con le nostre urla.
Vorrei tanto tirargli un pugno in faccia per il suo atteggiamento di
sufficienza, ma stavolta non posso negare che abbia ragione.
Con passi lenti e pesanti lo seguo in direzione della Cornucopia,
cercando di cancellare con cura tutti i segni lasciati delle mie
lacrime.
Sono passati un po’ di giorni dalla morte di Marvel. Ormai
è quasi giunta l’alba.
Appostati tra gli alberi, io e Cato teniamo lo sguardo fisso verso la
Cornucopia, in attesa che il festino cominci. Mi domando chi dei nostri
avversari farà la prima mossa…
- Tutto a posto?
Il sussurro di Cato mi fa quasi sobbalzare. Mi volto verso di lui,
aggrottando la fronte: - Che vuoi dire?
I graffi che gli ho lasciato stanno cominciando a sparire,
così come la furia omicida che ho provato nei suoi confronti
negli ultimi giorni.
Forse è stato quando Templesmith ha annunciato la nuova
regola , quella che consente a due finalisti dello stesso Distretto di
tornare a casa, che ho cominciato a vederlo di nuovo sotto una luce
diversa. Mi sono resa conto che, in fondo, Cato è tutto
ciò che resta del posto in cui sono cresciuta.
All’improvviso i miei occhi non hanno più visto
l’idiota sbruffone che amava fare il tiranno, ma il ragazzino
con cui qualche volta avevo giocato ai gladiatori, che aveva una cotta
per mia sorella Ruby nonostante fosse ben più grande di lui
e che si divertiva a prendere sulle spalle la mia sorellina Myrtle
quando veniva a trovarmi in Accademia.
Ormai non devo più considerarlo un nemico: possiamo vincere
tutti e due e riprendere le nostre vite da dove le avevamo lasciate.
Anche se c’è ancora un pensiero che continua a
trattenermi dal mostrare un minimo di simpatia nei suoi
confronti…
- Credi che sia ancora arrabbiata per la storia di Marvel? –
domando infine, giocherellando distrattamente con uno dei mie coltelli
– Probabilmente sì. Non sono tanto arrabbiata da
volerti morto, ma non posso fare a meno di pensarci. Sei stato tu a
mandarlo da solo in avanscoperta…
-Lo so – replica lui calmo.
- Capisco che saremmo stati costretti a vederlo morire alla fine, se
non ad ucciderlo noi stessi, eppure non riesco proprio a
capacitarmi di quello che è successo e non so
perché…
- Perché era tuo amico – mi interrompe Cato, con
il tono più naturale del mondo.
Per un attimo, una strana sensazione di gelo si impadronisce di me.
Amico… da quanto tempo non pensavo a questa parola?
Da quando sono entrata nell’Arena mi sono limitata a termini
come “compagno”,
“alleato”… “amico”
è qualcosa di decisamente intimo, profondo, pericoloso in
circostanze simili. Le persone che chiamiamo
“amici” sono quelle con cui stringiamo un legame
vero e proprio, che va al di là della semplice
collaborazione e provoca dolore quando si spezza. Un legame che mai
avrei pensato di potermi permettere.
Cato osserva per qualche secondo la mia espressione confusa, poi si
lascia sfuggire una risatina: - Siamo pur sempre esseri umani, Clove,
è una cosa normale, per quanto possa considerarsi poco
intelligente all’interno degli Hunger Games. Non so cosa ti
sia stato insegnato, ma non possiamo spegnere completamente i nostri
sentimenti, perlomeno non troppo a lungo. Io l’ho capito
quando è morta mia madre: tenermi tutto dentro e fingere che
non fosse successo nulla è stato impossibile. Se vuoi un
consiglio, visto che non puoi trattenere per sempre le tue emozioni,
trova il modo di farle uscire trasformandole in qualcosa di diverso,
come rabbia o furore, ad esempio. Ti assicuro che funziona.
Mi mordo il labbro, domandandomi se potrei davvero essere capace di
fare una cosa simile, ma vengo distratta da un movimento furtivo nei
pressi della Cornucopia. Ci metto poco a realizzare.
- Merda!
Cogliendo tutti di sorpresa, la ragazza del Cinque esce di corsa dal
corno di metallo, afferra uno degli zaini appena comparsi dal nulla e
sfreccia come un fulmine verso il fitto della boscaglia, decisamente al
di fuori della nostra portata.
- Dobbiamo muoverci – sussurra Cato, avanzando di qualche
passo verso lo spiazzo aperto, ma io gli afferro il polso, tenendo gli
occhi fissi avanti a me.
- Aspetta – sibilo bramosa, mentre un sorrisetto sadico mi si
dipinge sul volto – Guarda chi c’è.
Il mio compagno aguzza la vista e trattiene a stento
un’imprecazione: la ragazza del Dodici, quella stronzetta che
finora ci ha causato solamente problemi, sta uscendo allo scoperto
furtivamente. Non è molto distante da noi, posso benissimo
coglierla di sorpresa.
- Io credo che sia stata lei ad uccidere Marvel – borbotto,
stringendo la presa sul manico del mio coltello più affilato
– E’ stata lei, ne sono sicura…
- Vai.
Mi volto incredula, cercando di cogliere un filo d’ironia in
quella singola parola. Cato abbozza un lieve sorriso: - Và a
prenderla, Clove. E’ giusto che sia tu ad ucciderla.
La sorpresa lascia il posto all’eccitazione: sì,
lei è la mia vittima, non permetterò a nessun
altro di togliermi il piacere di ucciderla.
Faccio un passo in avanti, assaporando già il dolce aroma
della vendetta, quando il mio compagno mi poggia la mano sulla spalla:
- Promettimi soltanto una cosa.
Inarco un sopracciglio sospettosa: - Cioè?
Cato mi osserva per qualche secondo, poi il suo sorriso si allarga: -
Regala a quelli di Capitol City un bello spettacolo. Falla gridare fino
a quando non avrà esaurito tutta la voce. Ci vediamo tra
poco.
Per la prima volta, mi viene spontaneo rispondere ad uno dei suoi
sorrisi. Forse potrei quasi pensare di considerare anche lui mio amico,
dopotutto, non saremo nemmeno costretti a scannarci se arriveremo
entrambi in finale.
Le mie gambe ormai si muovono da sole, le dita sono pronte al lancio
del primo coltello.
Avanzo sempre più velocemente verso la mia futura vittima,
individuando il flusso di emozioni che sta animando la mia folle corsa.
Eccitazione: ormai è mia.
Impazienza: le mie lame bramano di bagnarsi col suo sangue.
Dolore: Marvel, il mio amico, è morto per mano sua.
Le accumulo nel petto, comprimendole per qualche secondo, le miscelo
per bene tra loro ed infine le faccio uscire tutte insieme, trasformate
in un’unica sensazione: rabbia. Rabbia cieca, violenta,
omicida, pronta a scatenarsi.
Avverto il lieve pulsare dell’insignificante vita della
Ragazza in Fiamme, il lieve pulsare che presto spegnerò per
sempre. Ormai non ha più scampo. Riesco quasi già
a sentire l’odore del suo sangue.
***
Angolo dell’Autrice: Okay, ho scritto questa OS in un
pomeriggio perché ero particolarmente ispirata.
So bene che ormai chiunque all’interno del fandom ha scritto
qualcosa su Clove, ma visto che io, invece, non avevo mai provato a
scrivere qualcosa dal suo punto di vista, beh… ecco qua!
Spero di non essere risultata banale o di essere andata OOC, mi sono
limitata a descrivere cosa immagino sia successo durante questi tre
particolari momenti dei 74esimi e cosa penso possa aver provato Clove.
Ah, tendo a precisare che io ho sempre pensato a Marvel come un ragazzo
intelligente e ponderato. Nel film sembrava un pochino idiota e la cosa
non mi andava molto. Magari sarò strana io, ma la mia idea
del personaggio era questa XD
Per quanto riguarda la sorellina di Clove di nome Myrtle, ella
è opera della Regina Suprema delle Ship, darkangel98, e fa
parte di una OTP suprema che è impossibile non shippare,
altresì nota come Wirtle (Will/Myrtle). Chiunque sia curioso
di saperne di più, può fare un salto nel profilo
di darky. *pubblicizza senza ritegno*
Boh, non so che altro dire, bao a tutti e grazie per aver letto.
Tinkerbell92
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