Perdono
Perdono
Credevo non ci fosse più alcuna possibilità, anche se non
passava giorno in cui non pensavo a te.
A te, che sei forse il mio peccato più grave, ma che al
tempo stesso sei l’unico peccato di cui non sono affatto pentito.
Non potrei mai essere pentito di aver strappato qualcuno
come te dalle braccia della morte.
Ho temuto davvero che non ti avrei mai più rivisto, che non
ti avrei ritrovato nonostante tutti i miei sforzi e che tu non avresti mai
cercato di ricongiungerti a me.
Ho temuto che mi odiassi, perché sono stato io a farti
questo.
Ma Dio mi è testimone, Edward. Lo rifarei. Pur di non vedere
mai il tuo cadavere privo di vita, lo rifarei.
E probabilmente mi macchio di peccati ancora più gravi
pensandola in questo modo. Perché so che durante questi anni che non hai
trascorso accanto a me hai spezzato tante vite. E della fine di quelle vite,
forse ancora più di te, il responsabile sono io. Io, che ti ho trascinato in
una realtà che, da parte mia, non ho mai davvero accettato. Io, che nonostante
tutti i miei dubbi e le mie riserve, non ho esitato a condannare te, ragazzino
indifeso di diciassette anni, alla mia stessa sorte.
Perché tua madre mi ha chiesto, mi ha implorato di salvarti
la vita, certo. Ma non è questo il mio solo movente.
Non volevo più essere da solo. Volevo qualcuno accanto a me,
qualcuno che sapesse tutto, qualcuno con cui non sarei stato costretto a
fingere. A cui insegnare ad affrontare la sete e sconfiggerla senza fare del
male ad altri esseri umani. E tu eri la migliore occasione che mi fosse mai
capitata.
Ti volevo con me, Edward, e ti ho preso. Ti ho tenuto la
mano mentre urlavi di dolore e il tuo corpo bruciava, mentre il calore
abbandonava per sempre le tue membra lasciandole fredde come il marmo.
Se i vampiri hanno un’anima, Edward, come mi piace
continuare a credere, sono certo che durante le tue ore di agonia un brandello
della mia anima si è staccato dal resto. Ho avvertito in maniera troppo netta
la lacerazione nel mio petto, il desiderio di strapparti a quel dolore che io
stesso avevo provocato e di chiederti perdono.
Dopo tante ore hai riaperto gli occhi. Sapevo già che quello
splendido verde brillante, così… vivo, non ci sarebbe stato più, che al suo
posto avrei visto solamente il profondo baratro nero di una sete che è condanna
eterna. Ma mi ha fatto male ugualmente.
Mi hai fissato impaurito, ti sei sollevato a fatica sui
gomiti, hai lanciato uno sguardo colmo di preoccupazione alla tua mano ancora
stretta nella mia.
E hai ascoltato la mia voce che, chiara e precisa, formulava
la tua condanna, la nostra condanna.
Quando te ne sei andato, stanco di me e della vita a cui ti
costringevo, non ho potuto davvero biasimarti, perché in realtà la colpa di
tutto era soltanto mia. Ho cercato di convincerti a rimanere, ma sapevo già che
non mi avresti ascoltato.
E adesso, dopo tutto questo tempo, sei di nuovo qui. Nei
tuoi occhi di nuovo preoccupazione e timore, stavolta timore di non ricevere il
mio perdono, di venire rifiutato.
Sarebbe esattamente lo stesso sguardo di allora, se solo i
tuoi occhi, questa volta, non fossero rosso sangue.
Non devi avere paura, Edward, non ti direi mai di andare
via. Insieme, faremo in modo che i tuoi occhi non siano più di questo colore.
Non è a me che spetta concedertelo, ma insieme riusciremo a
ottenere il Perdono. Tutti e due.
Ti poggio una mano sulla spalla e ti sorrido.
“Bentornato a casa.”
FINE
Nota
dell'autrice: la mia prima, brevissima fanfiction per questo fandom. Un
ringraziamento speciale va a Cinziaca, che ha letto in anteprima il
brano e mi ha dato i suoi preziosi consigli ^__^
In realtà la storia
supera di poco i limiti di una flashfiction, altrimenti l'avrei
segnalata come tale. Spero vi sia piaciuta, e spero di avere presto
qualche altra idea per infestare questo fandom. Alla prossima! Sonsimo
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