Pillole di vita di Teddy Lupin

di TeddyLup
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Estate del 2002. Teddy Lupin era un bambino molto attivo; si poteva dire che il piccolo fosse esattamente come tutti i suoi coetanei. Non proprio però; sarebbe stato un bambino normale solo se nelle sue vene non fosse scorso sangue magico.
La sua famiglia era composta da un solo componente, Andromeda Black, vedova Tonks. 
I suoi genitori erano morti in una battaglia due dozzine di giorni dopo la sua nascita. Erano martiri, guerrieri caduti nel tentativo di assicurarsi che tutte le persone a loro care, ed il figlio appena nato, avrebbero potuto vivere e crescere in luogo pacifico, un mondo dove la gente non dovesse nascondersi, se non dai babbani -così vengono chiamate le persone prive di poteri magici-.
Teddy non frequentava la scuola come tutti i bambini della sua età: veniva istruito ed educato dalla nonna con un metodo che permettesse al piccolo di scoprire quasi da solo il mondo che lo circondava.
Ogni giorno, Andromeda temeva che il nipote potesse rivelare una “capacità” ereditata dal genero, Remus. Egli era un lupo mannaro, ogni notte di luna piena perdeva il controllo di se stesso e si trasformava in una grande belva priva di qualsivoglia coscienza. Al resto, alla magia, era abituata poiché lei era una purosangue nata in una antica famiglia di maghi.
Nonna e nipote passavano ogni giorno più tempo possibile all’esterno, all’aria aperta affinché lei potesse distrarsi totalmente, non pensare alle persone che più amava sul pianeta Terra - sua figlia Dora ed il suo più che amato marito Ted. In casa c’erano troppe foto, troppi oggetti che la mente la facevano sempre ricondurre a loro. Le mancava immensamente il suo compagno di vita, tanto amato da essere ripudiata dalla famiglia. Un uomo così buono e puro non l’aveva mai conosciuto. Era la sua ancora di salvezza ed ora resisteva affinché Teddy potesse trovare un’ancora in lei.
E la figlia - oh, se le mancava! - era un vulcano sempre attivo, un terremoto vivente che portava gioia e bontà ovunque andasse. La sua piccola era un vero e proprio tesoro. Tanta purezza d’animo e coraggio in una ragazzina dalla stazza minuta non era cosa comune. Ed i suoi capelli, che si notavano a distanza di chilometri. Ogni volta che ci pensava, Andromeda non poteva evitare di finire per singhiozzare.
Le era rimasto Teddy, il più grande dei tesori. In lui sopravvivevano il sorriso del marito e della figlia, e gli occhi del padre.
La donna aveva una grande missione, un grande desiderio: crescerlo nel migliore dei modi, a qualunque costo. Era l’ultima cosa che le rimaneva da fare, in onore dei suoi cari deceduti.
Il tocco di una manina gelida fece tornare Andromeda alla realtà. Teddy stava seguendo i lineamenti del volto della nonna con le dita, bofonchiando qualcosa. Era diventato freddo ed era ormai ora di cena.




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