Il fiore di Mileto

di Green_Fairy
(/viewuser.php?uid=542290)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Il fiore di Mileto

La gente la osservava, ma lei non sembrava curarsene. Gli uomini sentivano infiammarsi i lombi nel desiderarla, le donne percepivano l'amaro dell'invidia nel rimirarla. Avvolta nelle sue belle vesti colorate come i fiori di campo, Aspasia incedeva con passo lento tra la folla, che si apriva ad ala quando passava lei. Fu in un giorno di questi che la notò Pericle per la prima volta: quella donna così sicura di sè, così affascinante, così... diversa, non sapeva come altro definirla. Trovava davvero sconveniente che tutti ad Atene la additassero come un'etèra, elegante e raffinata, sì, ma pur sempre una prostituta, almeno agli occhi del popolo. Aspasia non lo era affatto: era una perla rara in quel mare di mediocrità.
Quando una sera, ad una cena, l'aveva udita discorrere su argomenti che di solito non interessavano le donne, era stato completamente rapito: la voce di lei era armoniosa come le note della lira, si insinuava nelle orecchie come una piacevole brezza, solleticava i timpani e costringeva l'interlocutore a guardarla per rendersi conto dell'umanità celata dietro quel suono divino. Distesa sul triclinio, Aspasia conversava amabilmente sia con gli uomini che con le loro accompagnatrici, rideva contagiando i presenti, ascoltava sgranando i suoi irresistibili occhi da cerbiatta, producendo un sussulto in chi le parlava. Pericle rimase molto tempo assorto nella sua contemplazione, prima di rendersi conto che anche lei aveva cominciato a lanciargli occhiate fugaci, più che altro incuriosite dall'insistenza dello sguardo dell'uomo. Per quella sera, però, lui non fece nulla, limitandosi ad assorbire quanti più dettagli poteva su di lei: come beveva il vino dalla coppa, come si sistemava la stola, come si attorcigliava un boccolo scuro sull'indice, come socchiudeva gli occhi prima di rispondere ad una domanda. Lo stava seducendo senza esserne cosciente.

La rivide alla cena seguente, in casa di un amico. Lei non accompagnava nessuno, era lì per il semplice piacere di una buona compagnia nella lunga notte ateniese. Questa volta Aspasia gli rese lo sguardo sorridendogli e si incamminò verso il terrazzo della casa, sfiorandogli le spalle mentre gli passava accanto. Pericle rimase per un po' incerto se accettare l'invito o meno, ma poi, scuotendo la testa, bevve un sorso di vino e la raggiunse, trovandola seduta sul sedile di pietra che costeggiava il parapetto colmo di fiori e arbusti. Lei aveva lo sguardo perso all'orizzonte, il chiarore della lucerna le modellava ombre sul viso. Il vestito rosso cupo faceva risaltare la sua bella pelle, che lui immaginava liscia come il marmo, ma non fredda, bensì calda e palpitante. Il cinto riccamente decorato era probabilmente lo stesso che indossavano Era o Afrodite, ne era certo. Non seppe mai quanto tempo rimase a guardarla in silenzio, finchè lei non decise di voltarsi e rivolgergli la parola. Come ebbe modo di verificare, Aspasia era una creatura unica: sebbene avessero solamente parlato a lungo, Pericle si sentiva stordito e appagato come dopo aver goduto delle gioie dell'intimità.
Al momento di congedarsi, lei gli sussurrò che avrebbe gradito molto rivederlo e, dopo avergli regalato uno dei suoi sguardi ammaliatori, di cui lui era stato oggetto per tutta la serata, gli posò un lieve bacio sulle labbra, accarezzandogli con la punta delle esili dita la barba ricciuta, prima di salire sulla lettiga per far ritorno alla propria dimora. Pericle la guardò allontanarsi, assaporando il dolce miele che la bocca di lei aveva lasciato sulla sua e, per la prima volta nella sua vita, si sentì completamente inerme.


                                 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2539026