I corvi

di La Mutaforma
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Ho mangiato boccone dopo boccone quel cuore bugiardo.
Ho mentito a me stesso. E l’ho divorato, e ho dato la colpa a lui.
(In fondo, stiamo tutti cercando qualcuno a cui dare la colpa)
(E la notte torneremo a dormire. E la notte sarà ancora notte)
Ho disegnato una rondine sulla mia mano. Ed è rimasta qui.
Aspetto la primavera. Forse tornerò. Insieme alle rondini.
(Mi stai aspettando? Mi stai aspettando)
 
Uccelli neri volano sopra la mia testa.
E non so se stiano partendo, o stiano tornando  a casa.
Li seguo con gli occhi finché il sole non si perde, dal lato scuro della nostra ignoranza; quel foglio su cui non hai avuto il coraggio di scrivere. 
Il riflesso delle loro ali gracchia nel mio occhio.
Li ho seguiti. E lì c’era il vuoto.
 
(Sono passati prima di noi. L’hanno visto. Ma io ci sono caduto dentro. Ci sono dentro)
Non erano rondini.
Erano i corvi neri che cantavano la tua solitudine.
E mi hanno accompagnato dove tu non c’eri.
Dove non sei mai stato.
Era la linea di confine con cui non mi potevo impiccare.

 
 
 





La Mutaforma commenta: 
L'ho visto, il corvo. Aspettavo che mi guardasse e mi gracchiasse "Mai più". Ma nemmeno lui poteva dirmelo. 
Ci siamo visti e lo sapevamo entrambi che sarebbe sempre stato così. 
Che non c'era nessun "mai più". 


 




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